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Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze
Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze
Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze
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Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze

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Tecnologia - saggio (317 pagine) - L’obiettivo del presente testo è quello di comprendere, in un avvicendarsi di interferenze e convergenze, come agire e come proteggere il software in funzione della sua peculiare struttura costituita da due elementi, tecnologico (che ne definisce la sua applicazione pratica) e descrittivo (che ne definisce la sua forma espressiva), assumendo quindi un articolato dibattito dottrinale sulla dicotomia diritto d’autore/brevetto rispetto al dualismo forma/contenuto


Lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e la loro diffusione hanno condotto dottrina e giurisprudenza a dover misurarsi con nuovi istituti e categorie giuridiche, a dover trovare una propria collocazione giuridica al fine di poter sviluppare un’adeguata disciplina di protezione nell’ambito della Proprietà intellettuale. Oggetto dell’analisi è il software, ossia quella “creazione intellettuale” che in quanto tale per essere giuridicamente protetta dovrebbe essere sottoposta ad una tutela ben definita. L’obiettivo del presente testo è quello di comprendere, in un avvicendarsi di interferenze e convergenze, come agire e come proteggere il software in funzione della sua peculiare struttura costituita da due elementi, tecnologico (che ne definisce la sua applicazione pratica) e descrittivo (che ne definisce la sua forma espressiva), assumendo quindi un articolato dibattito sulla dicotomia diritto d’autore/brevetto rispetto al dualismo forma/contenuto: è possibile una “complementarietà” delle due tutele?

Abbiamo assistito sino ad oggi ad un cambiamento della tecnologia e dell’utilizzo del software che ha comportato il passaggio graduale da una tecnologia analogica ad una tecnologia digitale, secondo diverse modalità di distribuzione delle opere dell’ingegno e diverse forme di controllo ed esecuzione. In seguito quindi allo sviluppo sempre crescente della tecnologia informatica (che comprende gli apparecchi digitali e i programmi software) e telematica (che si esprime nelle reti telematiche), il cui compito è di adempiere alla crescita della conoscenza e allo sviluppo delle capacità umane, la dottrina si è assunta l’incarico di studiare ed interpretare il tema del software, di Internet e della Rete. Le nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione costituiscono i due pilastri su cui si regge la cosiddetta Società dell’Informazione.


Maria Alessandra Monanni: Legal Specialist in Proprietà Intellettuale, Copywriter e Blogger – Laurea magistrale in Scienze Politiche e Laurea triennale in Giurisprudenza, con master di specializzazione in Diritto della Proprietà Intellettuale, dopo anni di lavoro dipendente – durante il quale si è occupata in particolare di Proprietà industriale e intellettuale nel settore dei brevetti e ha vissuto un’esperienza anche nel settore dei marchi – ha voluto unire la sua passione per la comunicazione e il marketing con il patrimonio di esperienza e conoscenza professionale acquisita nel tempo, al suo amore per la scrittura. La vera espressione di questa creatività è il suo blog www.sandyeilweb.com dove condivide emozioni e importanti spunti di riflessione sul mondo del web e delle nuove tecnologie allo scopo di tutelare i nostri diritti e sfruttare al meglio le potenzialità. Collabora come autore con SPRINT – Sistema di Proprietà Intellettuale – una banca dati giuridica e portale di informazione quotidiana sulla Proprietà Industriale e Intellettuale e con FAIRPLAY – Antitrust, Mercato, Consumatori – una banca dati giuridica e portale di informazione quotidiana.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateSep 18, 2018
ISBN9788825406849
Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze

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    Tutela del software e diritto d'autore. Convergenze e interferenze - Maria Alessandra Monanni

    consumatori.

    L’immaginazione è più

    importante della conoscenza. La

    conoscenza è limitata,

    l’immaginazione abbraccia il mondo,

    stimolando il progresso,

    facendo nascere l’evoluzione."

    Albert Einstein

    Introduzione

    Il presente elaborato si propone di affrontare in maniera giuridico-interpretativa l’iter che, tra interferenze e convergenze, ci porta a definire quale sia la più idonea tutela da applicare al software come nuovo prodotto dell’era digitale.

    Si parte dall’analisi interpretativa della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 3 luglio 2012 (causa C-128/11)¹ che ha dato una notevole «scossa» in tema di commercializzazione del programma per elaboratore (c.d. software)² «usato» (ossia già utilizzato da terzi) e della sua utilizzazione economica, anche su Internet e su supporto digitale, rendendola legittima e sicura, in virtù del principio di esaurimento del diritto di distribuzione.

    L’elaborato si compone di quattro capitoli.

    Nel primo capitolo verranno esposti i concetti fondamentali che si evincono dalla sentenza C-128/11, base interpretativa del presente lavoro. Tali premesse definitorie hanno la finalità di sviluppare adeguatamente tutte le tematiche oggetto di trattazione, quali: la figura del programma per elaboratore³ (software); il contratto di licenza d’uso del software e la disciplina contrattuale; il contratto di compravendita e il suo rapporto con la licenza d’uso; la definizione e applicazione del principio di esaurimento del diritto (art.64-bis della Legge sul Diritto d’Autore, Legge 633/1941 e art.5 del Codice di Proprietà industriale – D.Lgs.10 febbraio 2005, n.30).

    Nel secondo capitolo verrà analizzata la tutela giuridica del software attraverso una disamina della normativa internazionale (OMPI, Accordi TRIPs e Trattati WIPO), nazionale (Legge 633/1941 e D. Lgs.518/1992) e comunitaria (Direttiva 2009/24/CE). Inoltre si procederà ad illustrare le complesse interpretazioni della dottrina per determinare quale sia il corretto inquadramento giuridico del software in riferimento alla tutela del sistema brevettuale e alla tutela del diritto d’autore. Per poi procedere, negli stessi termini, alla interpretazione giurisprudenziale che si è susseguita nel tempo, sia attraverso sentenze italiane che sentenze della Corte di Giustizia europea, con la finalità di comprendere quale sia secondo i giudici la destinazione giuridica del software.

    Il terzo capitolo partendo dalla esposizione della sentenza C-128/11, esaminerà come attraverso la normativa – in particolare la Direttiva 2009/24/CE – dottrina e giurisprudenza siano riuscite a rispondere al seguente quesito: se il principio di esaurimento del diritto possa essere soggetto ad una interpretazione restrittiva o estensiva e se i diritti legati alla distribuzione del software si esauriscono dopo la prima vendita. Si procederà di seguito a definire le origini, le tipologie e l’applicazione del principio di esaurimento del diritto e ad approfondire il concetto di «prima vendita» rispetto al concetto di licenza «usata», e quindi di «rivendita», in riferimento ai supporti fisici e al download.

    Nello svolgimento della trattazione del terzo capitolo, occorrerà, innanzitutto determinare, attraverso una interpretazione dottrinale, quale sia la figura contrattuale di riferimento nella trasferibilità del software, se la cessione o la licenza, allo scopo di valutare in tal senso l’operatività del principio di esaurimento. Nel riconoscere quale sia il corretto inquadramento giuridico del programma per elaboratore in termini di trasferibilità, sarà opportuno, dopo un confronto tra diritti morali e diritti patrimoniali, esaminare i rapporti tra il diritto di commercializzazione del software e i diritti di utilizzazione economica, quali il diritto esclusivo di distribuzione, il diritto di riproduzione e di modificazione. Inoltre si approfondirà l’importanza del principio di inscindibilità tra software e contratto di licenza: con l’introduzione di questo principio si esamineranno gli ulteriori aspetti legati al principio di esaurimento del diritto di distribuzione, e cioè i requisiti di cedibilità, il divieto di scissione e il diritto di controllo sulla distribuzione.

    La sentenza della Corte di Giustizia del 3 luglio 2012 stabilisce che il principio di esaurimento possa essere applicato sia alle copie tangibili che a quelle intangibili del software, legittimando quindi la sua estensione anche alle copie che al momento della prima vendita siano state scaricate tramite Internet e legittimando la rivendita della relativa licenza di «seconda mano».

    Nell’ultimo capitolo si procederà ad esaminare le modalità di applicazione di quanto espresso dalla sentenza in esame alle imprese, dichiarando la legittimità del mercato dell’«usato», i vantaggi che possano derivare da esso e le notevoli opportunità di business che esso offre a tutte le società che intendano comprare o vendere licenze di programmi usate. Sono molte infatti le imprese che hanno approfittato di questo nuovo mercato, a partire dalla Germania con la società tedesca UsedSoft, che ha iniziato nel 2003 a stabilire il mercato del software usato, fino ad arrivare in Italia con la nascita, nel 2014, della società Resoft – specializzata nel supportare da un lato le imprese che vogliano vendere licenze di software che non utilizzano più e dall’altro imprese che invece preferiscano acquistarle di seconda mano, approfittando del notevole risparmio.

    Sostenendo poi che il software è un nuovo prodotto dell’era digitale, si procederà ad approfondire il passaggio dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale con il fine di analizzare il sistema di Internet e la rete nell’ambito della cosiddetta Società dell’informazione, sviluppando in tal senso il concetto di accesso e di connettività. Inoltre si introdurrà il concetto di «divario digitale» che si crea tra soggetti che hanno le possibilità e la conoscenza per accedere ad Internet (gli inclusi) e i soggetti che per ambito territoriale, arretratezza tecnologica e scarsa disponibilità finanziaria non sono in grado di accedere alla rete (gli esclusi), creando in tal modo una forma di disuguaglianza nell’accesso alle tecnologie di comunicazione.


    ¹. Si veda sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 3 luglio 2012, C-128/11, UsedSoft GmbH c. Oracle International Corp., in Foro It., 2012, p. 377 ss.

    ². Nella trattazione si procederà ad utilizzare il termine «software» e il termine «programma per elaboratore» come sinonimi ma è bene tenere presente che il primo termine abbraccia un’accezione più ampia del secondo in quanto comprende anche altri elementi quali la descrizione del programma e il «materiale di accompagnamento» dello stesso. – GUARDA P., Software e diritti di proprietà intellettuale, in PASCUZZI G., Il diritto dell’era digitale, Editore Il Mulino, Bologna, 2016, p.215.

    ³. Definito programma per elaboratore nella terminologia legale, art. 1 l.d.a.

    I. Premesse definitorie

    1. La nozione giuridica del software

    In termini generali, il programma per elaboratore (software) rappresenta insieme all’elaboratore elettronico (hardware), la parte costitutiva del computer:⁴ questi due elementi possono essere acquisiti separatamente sul mercato ma, inevitabilmente, dovranno integrarsi nel momento in cui si mette in funzione il «sistema informatico»,⁵ ossia quel sistema «destinato a ricevere dati e informazioni (c.d. inputs) per elaborarli secondo un predeterminato corpo di istruzioni (c.d. programma) e produrre un certo risultato finale (c.d. output) o informazione elaborata».⁶

    Nello specifico l’elaboratore elettronico costituisce «la parte meccanica, ossia il complesso di circuiti e unità che lo compongono», quindi le parti fisicamente tangibili, che «svolgono specifiche funzioni nel trattamento e nella trasmissione delle informazioni».⁷ Fanno parte dello stesso anche le cosiddette periferiche, quali ad esempio lo schermo, le tastiere e le stampanti.

    Il software invece costituisce la «componente logica», ossia ciò che consente al sistema informatico di poter svolgere la sua funzione di «elaborazione dei dati»:⁸ si costituisce pertanto come insieme di applicativi che, una volta installati nell’elaboratore elettronico, consentono all’utente di operare,⁹ e si distingue in due tipologie:: il programma «di base» (o «sistema operativo») e il programma «applicativo» (o software dell’utente).

    Il «sistema operativo» si occupa di gestire tutte le risorse dell’elaboratore elettronico, di fornire una piattaforma comune, di attivare e di controllare tutte le applicazioni: esso una volta caricato, si pone in attesa di ricevere gli opportuni comandi da parte dell’utente. Quando viene inviato un comando, il sistema verifica la sua natura e, se corretto, lo esegue o altrimenti ne segnala l’errore e si rimette in attesa. In caso di fallimento, a seguito dell’esecuzione di un’operazione, il sistema operativo informa l’utente con un «messaggio di diagnostica».¹⁰ A seconda del sistema operativo utilizzato, l’utente può scegliere tra due modalità per ottenere risultati: quelle «a comandi, ossia una richiesta di prestazione attraverso un comando, ovverossia una frase in un linguaggio artificiale composto da parole chiave, seguita da opzioni e parametri (ad es. DOS)»; oppure la modalità «a menù ad icone» secondo la quale «le prestazioni disponibili sono presentate in finestre video che elencano menù di funzioni o maschere di dialogo (ad es. Windows)».¹¹

    Il programma «applicativo» invece è costituito da software che svolgono «una funzione per l’utente finale e che trasformano il computer in una macchina per svolgere un compito specifico».¹² I più diffusi sono gli elaboratori di testo, i fogli elettronici di calcolo, i sistemi di archiviazione o database, le soluzioni di grafica.

    Il programma per elaboratore dunque è quell’insieme di istruzioni informatiche che costituiscono il c.d. «codice informatico», il quale si compone di un «codice sorgente» e di un relativo «codice oggetto».¹³ Per «codice sorgente» si intende la «sequenza di informazioni e di istruzioni logiche (semantiche e sintattiche), scritte in un determinato linguaggio di programmazione (C, Visual Basic, Java)»,¹⁴ le quali, considerate nel loro complesso, costituiscono il software e ne determinano l’operatività. Difatti, afferma infatti che questo «codice, affinché sia eseguibile dall’elaboratore, deve essere tradotto in "codice oggetto (o codice macchina")»¹⁵ sotto forma di cifre binarie (binary digit, c.d bit) per mezzo di un compilatore, il quale può essere elaborato dall’Unità di Elaborazione Centrale.¹⁶ Quando un software viene scritto, l’autore ne elabora il codice sorgente e «ogni volta che si rende necessario apportare delle modifiche, delle integrazioni o degli aggiornamenti al programma stesso, è proprio sul codice sorgente che si deve operare».¹⁷

    Il procedimento attraverso il quale il codice sorgente (intellegibile all’uomo), viene tradotto in codice oggetto (intellegibile solamente all’elaboratore), viene definito processo di «compilazione», ossia «un’operazione automatizzata, che non richiede alcun apporto creativo o autoriale, svolta da appositi programmi per elaboratore, denominati compilatori»,¹⁸ e qualificata come «un’operazione essenzialmente unidirezionale». Questo significa che una volta che essa sia stata eseguita, non è possibile risalire dal codice oggetto verso il codice sorgente nella sua formulazione originaria. Il compilatore infatti nel processo di traduzione dal codice sorgente al codice oggetto «ne ottimizza la forma, rimuovendo diverse informazioni assegnate dal programmatore ai moduli e alle strutture di dati inutili ai fini dell’interpretazione del programma operata dalla macchina».¹⁹

    Per ottenere questo scopo occorre porre in essere una complessa attività di analisi e decodificazione del codice binario,²⁰ definita attività di «decompilazione».²¹

    La conoscenza del codice sorgente permette quindi di comprendere l’intera architettura del programma, la logica posta alla base della sua realizzazione ed inoltre permette di operare qualunque intervento modificativo o strutturale su di esso, «ampliandone la funzionalità o conseguendone una interoperabilitಲ od integrazione con altri programmi».²³

    È proprio sulla necessità di garantire l’interoperabilità che si esprime l’art.64-quater della Legge sul Diritto d’Autore (Legge 22 aprile 1941, n.633) al primo comma, lett b), secondo cui, qualora il legittimo licenziatario subisca un problema di interoperabilità, può "senza l’autorizzazione del titolare dei diritti, e a condizione che quelle stesse informazioni non siano diversamente disponibili», procedere alla decompilazione e di conseguenza «pervenire a regole base, idee e principi che formassero la struttura di base del programma».²⁴ Affinché l’attività di decompilazione possa essere considerata lecita occorre che siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) che essa «sia eseguita dal licenziatario, o da altri che abbia il diritto di usare una copia del programma, oppure da chi è autorizzato a tal fine»; b) che «le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità non siano facilmente accessibili; c) ed infine che essa sia limitata «alle sole parti del programma originale necessarie per poter conseguire l’interoperabilità» (art.64-quater l.d.a.). A tal riguardo secondo la dottrina²⁵ «l’interesse dell’utente a disporre del codice sorgente e della documentazione relativa confligge radicalmente con l’interesse del proprietario dei diritti di privativa²⁶ sul programma a mantenere segreto il codice sorgente. Disponendo di quest’ultimo, infatti, l’utente è in grado non soltanto di correggere e modificare il programma, ma anche, una volta compresone il funzionamento, di copiarlo con relativa facilità».

    In virtù di queste ragioni il codice sorgente di un programma per elaboratore è difficile che venga reso disponibile, infatti nei tradizionali modelli contrattuali adottati per la concessione in uso del programma, il titolare dei diritti si riserva ogni facoltà di accesso al codice vietando l’attività di decompilazione. In questo modo perciò non si consente mai all’utente di ottenere la disponibilità del codice sorgente, quale unico elemento che consente ogni possibile intervento alla struttura del programma.

    La definizione del concetto di programma per elaboratore, non è priva di ambiguità sia per le sue caratteristiche tecniche in continua evoluzione sia perché strumentale al suo inquadramento giuridico. Una prima definizione fu espressa dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI)²⁷ durante la riunione del Comitato di Esperti tenutasi a Canberra dal 2 al 6 aprile del 1984, ove il software fu qualificato come «espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni in qualsiasi forma o su qualunque supporto capace, direttamente o indirettamente, di far eseguire o far ottenere una funzione o un compito o far ottenere un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell’informazione ».²⁸

    Questa definizione ampia e generale si applica alle varie forme di programma per elaboratore e si colloca con rilevanza nell’ambito della evoluzione tecnologica, costituendo pertanto il punto di partenza per definire l’esatto inquadramento giuridico del software. In un contesto più strettamente giuridico invece essa viene sintetizzata dalla dottrina come «un complesso di tutte le istruzioni necessarie a far eseguire al computer un determinato lavoro».²⁹ Da queste definizioni si evince l’appartenenza del programma per elaboratore ai beni giuridici immateriali, e in particolare alla categoria delle creazioni intellettuali previste dal nostro ordinamento come «opere dell’ingegno» (ossia idee creative nel campo culturale) e come «invenzioni industriali» (ossia idee creative nel campo della tecnica).

    Il carattere «creativo», che si esprime attraverso il modo con cui «un soggetto (l’autore) costruisce, organizza e realizza l’opera»,³⁰ è un requisito fondamentale dell’opera dell’ingegno, come disciplina l’art.1 della Legge sul Diritto d’autore.³¹ Nella disposizione in esame, al primo comma, si afferma che il nostro ordinamento prevede tutela per tutte «le opere dell’ingegno di carattere creativo», tra cui si garantisce la protezione anche per i programmi per elaboratore, per cui è essenziale riconoscere una creazione intellettuale dell’autore, in relazione a «determinate scelte stilistiche e di organizzazione»,³² come personale e autonoma. Infatti il concetto di creatività nasce dal modo in cui l’autore assume la capacità di «rielaborare tra loro i contenuti, concatenarli, mescolarli e restituirli»³³ in funzione della loro produzione. Come ad esempio, nel caso del pittore nei cui confronti a determinare la creatività non sono i colori in sé ma la sua capacità di saperli mescolare tra loro in modo unico e originale. Come in ugual misura per il software, la creatività non è determinata dal linguaggio di programmazione ma dal modo con cui il programmatore assume la capacità di «concatenarlo al fine di rispondere ad un output specifico»,³⁴ al fine cioè di raggiungere un risultato finale in seguito all’elaborazione dei contenuti.

    L’art.1 l.d.a fonda, in termini generali, la tutela dell’opera sul requisito di «creatività»,³⁵ la quale è identificata nella capacità dell’opera di esprimere il pensiero dell’autore e quindi di mostrare una precisa impronta della sua personalità, così recepita come «originalità» dell’opera stessa, al fine di ritenerla idonea a distinguersi rispetto alle altre. È evidente che oggetto della creatività non può essere «un’opera che sia frutto di una meccanica rappresentazione di fatto», ma deve essere presente una «personale ed individuale espressione dell’autore dell’opera».³⁶ Infatti una stessa idea, che è possibile sia alla base di diverse tipologie di opere, si differenzia dalle altre proprio a motivo della caratteristica di «creatività soggettiva», ossia della «forma della sua espressione, che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, viene rilevata ai fini della protezione».³⁷ Nel caso specifico del programma per elaboratore al fine di determinare se esso «sia frutto o meno di un’elaborazione creativa originale», occorre precisare che i due requisiti (creatività e originalità) «sussistono anche qualora l’opera sia composta da idee e nozioni semplici, a condizione che esse risultino formulate e organizzate in maniera personale e autonoma rispetto a quelle precedenti».³⁸

    In base a questa analisi si può quindi affermare che dal punto di vista giuridico il software è qualificato come creazione intellettuale e come tale la sua tutela giuridica nell’ordinamento italiano potrà essere ricondotta a due categorie:³⁹

    La prima vede il programma per elaboratore come invenzione industriale, tutelata attraverso il sistema brevettuale (ai sensi dell’art.2585 c.c.⁴⁰)

    La seconda vede il programma per elaboratore come opera dell’ingegno di carattere creativo, tutelata tramite il diritto d’autore (ai sensi dell’art. 2577 c.c.⁴¹).

    Sulla base di queste due categorie si avrà modo di approfondire, nel proseguo dell’analisi, l’inquadramento giuridico del software.


    ⁴. COLOMBO A., La tutela giuridica del software, in Filodiritto, 9 febbraio 2006, http://www.filodiritto.com/

    ⁵. MUSTI B., I contratti ad oggetto informatico, Giuffrè Editore, Milano, 2008, pp.10-13.

    ⁶. ROSSELLO C., I contratti dell’informatica. Spunti di riflessione in comparazione con l’esperienza statunitense e francese, in ALPA G, I contratti di utilizzazione del computer, Giuffrè Editore, Milano, 1984, p.80.

    ⁷. FARINA M., I contratti del software, Giappichelli Editore, Torino, 2011, p. 4.

    ⁸. MUSTI B., op.cit., pp.10-11.

    ⁹. COLOMBO A., op.cit., in http://www.filodiritto.com/.

    ¹⁰. BRACCHI G., FRANCALANCI C. e MOTTA G., Sistemi informativi per l’Impresa Digitale, 2010, McGrow-Hill Education, p.3.

    ¹¹. BRACCHI G., FRANCALANCI C. e MOTTA G., op.cit., p.3.

    ¹². BRACCHI G., FRANCALANCI C e MOTTA G., op.cit., p.3.

    ¹³. MORO VISCONTI R., La valutazione economica del software, in IDI, 2014, n.5, pp.421-422.

    ¹⁴. ZENO ZENCOVICH V. e SAMMARCO P., Sistema e archetipi delle licenze open source, in AIDA, 2004, pp.234-235.

    ¹⁵. FARINA M., op.cit., p. 5.

    ¹⁶. L'«unità di elaborazione centrale» (comunemente chiamata CPU, central processing unit o processore centrale) è così chiamata perché «coordina in maniera centralizzata tutte le altre unità di elaborazione presenti nelle architetture hardware dei computer di elaborazione delle varie periferiche interne o schede elettroniche». Il compito della CPU è quello di «eseguire le istruzioni di un programma presente in memoria centrale o primaria (la RAM) dopo averlo prelevato dalla memoria secondaria o di massa, (la ROM), o da altri dispositivi». Durante l'esecuzione del programma la CPU legge o scrive dati in memoria centrale. – ZANOVELLO D., Processore CPU: che cos’è? A che cosa serve?, in Informatica XXL, 17 dicembre 2014, http://informaticaxxl.altervista.org.

    ¹⁷. FARINA M., op.cit., p. 46.

    ¹⁸. JORI M.G, Diritto, nuove tecnologie e comunicazione digitale, Giuffrè Editore, Milano, 2013, p.46.

    ¹⁹. JORI M.G, op.cit., p.46.

    ²⁰. Codice binario: un programmatore crea un software che, una volta installato sul computer, è in grado di eseguire il compito per il quale è stato progettato: ciò avviene attraverso l’utilizzo del sistema binario. Per contare ed eseguire semplici calcoli, di solito si utilizza il classico sistema decimale (il quale, a sua volta, per poter rappresentare i diversi numeri, utilizza dieci cifre da 0 a 9). Invece per contare ed eseguire complicati calcoli (ma non solo), i calcolatori elettronici utilizzano un altro sistema che prende appunto il nome di «sistema binario» (costituito da due soli simboli: 0 ed 1). La scelta di questo sistema è data dal fatto che gli elaboratori elettronici, e in generale tutti i vari circuiti elettrici, comprendono solamente questi due simboli, attraverso i quali è possibile rappresentare sia tutti i possibili numeri, sia tutte le parole, le immagini, i video, i suoni e le varie tipologie di informazione digitale. In informatica le cifre binarie (cioè 0 oppure 1) vengono generalmente chiamate bit (dall’acronimo inglese binary digit): unità di misura fondamentale all’interno dell’elaboratore elettronico. La memoria nell’elaboratore elettronico viene normalmente organizzata in più celle da 8 bit, ogni cella prende perciò il nome di byte, il quale non è altro che una sequenza di 8 bit. In informatica, al posto del singolo byte, vengono però molto spesso utilizzati anche i suoi numerosi multipli, tra i quali: kilobyte, megabyte, gigabyte, terabyte. – BARILLARO A., Che cos’è il sistema binario? Che differenza c’è tra bit e byte?, in Informatica per tutti, 2016, http://www.informaticapertutti.com/

    ²¹. La «decompilazione» (detta anche reverse engineering, disciplinata dall’art.64-quater l.d.a) consiste nel «percorrere a ritroso le fasi attraverso le quali viene creato il software». Un programma è costruito secondo alcuni principi logico-matematici: «per individuarli occorre di solito procedere alla decompilazione ovvero alla sua destrutturazione fino a giungere alla sua essenza» – ZENO-ZENCOVICH V., La direttiva comunitaria sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore – in Dir. Inf., 1992, p. 33 – Il procedimento di decompilazione consente di risalire dal programma oggetto al programma sorgente il quale non sarà identico a quello originariamente scritto dal programmatore ma equivalente. Tale procedimento è necessario al fine di soddisfare le esigenze di interoperabilità tra programmi per elaboratore creati autonomamente. – FARINA M., op.cit., pp.8-9.

    ²². La nozione di «interoperabilità», contenuta nel considerando n. 12 della Direttiva 91/250/CEE, è definita come «la capacità di due o più sistemi informatici di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate» al fine (come si afferma nel considerando n. 10) di «consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e, con gli utenti, in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare» Infatti un programma per poter essere concretamente utilizzato deve essere compatibile con l’elaboratore (o con i programmi di base dell’elaboratore) e tale compatibilità viene effettuata attraverso le cosiddette «interfacce», ossia «dispositivi di collegamento in grado di assicurare la comunicazione tra due sistemi informatici, altrimenti incompatibili». – GUGLIELMETTI G., L’invenzione di software. Brevetto e diritto d’autore, Giuffrè Editore, Milano, 2 ed., 1997, p.314.

    ²³. ZENO ZENCOVICH V. e SAMMARCO P., 2004, op.cit., p.236.

    ²⁴. JORI M.G, op. cit., p.46.

    ²⁵. ROSSELLO C., I contratti di manutenzione del software, in ALPA G. e ZENO ZENCOVICH V., I contratti di informatica. Profili civilistici, tributari e di bilancio, Giuffrè Editore, Milano, 7 ed., 1987, p.222.

    ²⁶. «Diritto di privativa» ossia il «potere dell’autore di utilizzazione esclusiva delle proprie creazioni intellettuali in un periodo limitato nel tempo». – FARINA M., op.cit., pp.19-20.

    ²⁷. Acronimo in inglese WIPO, World Intellectual Propriety Organization.

    ²⁸. PIVA A. e D’AGOSTINI D., La tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in Mondo Digitale n. 1, marzo 2003, p.66.

    ²⁹. BORRUSO R., Computer e diritto, vol.I, Giuffrè Editore, Milano, 1988, p.94.

    ³⁰. RINALDO A. – Software e tutela del diritto d'autore. Il codice sorgente, in Dirittiweb.it, 15 marzo 2015, http://www.dirittiweb.it/.

    ³¹. Art.1 l.d.a.– «Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche, ratificata e resa esecutiva con Legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore» – in http://www.altalex.com/

    ³². RINALDO A., op.cit., articolo in http://www.dirittiweb.it/.

    ³³. RINALDO A., op.cit., articolo in http://www.dirittiweb.it/.

    ³⁴. RINALDO A., op.cit., articolo in http://www.dirittiweb.it/.

    ³⁵. Requisiti dell’opera tutelata: 1) «Creatività»; 2) «Originalità» che non è riferita al contenuto dell’opera, bensì alla sua forma espressiva. Un’opera è originale in quanto costituisce il risultato di una elaborazione intellettuale che riveli la personalità dell’autore. Quindi, il «diritto d’autore non protegge un’idea, né il suo supporto materiale (salvo casi specifici quando la forma coincide col supporto, pensiamo alla scultura), bensì la forma espressiva dell’idea medesima. Il supporto in quanto tale diventa di proprietà di chi lo acquista, ma il diritto d’autore sussiste a prescindere, e per questo il proprietario del supporto subisce comunque delle limitazioni nell’utilizzo dell’opera». Ovviamente un'opera per essere tutelabile deve essere diversa dalle altre. 3) «Novità» è riferita alla forma esteriore dell'opera, ossia essa deve essere diversa da quelle precedenti nel modo concreto in cui è realizzata. 4) «Esteriorità» che è, invece, la «suscettibilità di estrinsecazione nel mondo esteriore», per cui l'opera è tutelabile per il solo fatto di essere stata creata ed nel modo in cui è in grado di essere diffusa. – SAETTA B., Diritto d’autore, 2 maggio 2010, in Internet e Diritto, http://brunosaetta.it/

    ³⁶. RINALDO A., op.cit., articolo in http://www.dirittiweb.it/.

    ³⁷. RINALDO A., op.cit., articolo in http://www.dirittiweb.it/.

    ³⁸. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n.581 del 12 gennaio 2007, ritenendo «legittimo, nella specie, il comportamento di una società che aveva ceduto in uso, con clausola di esclusiva, un programma informatico riguardante il controllo del carico degli automezzi nei depositi petroliferi, ad una società collegata a cui aveva successivamente venduto ad una società concorrente della prima cessionaria un programma, che era risultato costituire una rielaborazione del primo, dotato di una sua specificità, e la cui originalità consisteva nella capacità di adattare l’architettura applicativa al caso ed all’ambiente tecnologico particolare», Cass.

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