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Il Fuoco Segreto di ALTEA. Il Tesoro di Vjnlan
Il Fuoco Segreto di ALTEA. Il Tesoro di Vjnlan
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Ebook267 pages3 hours

Il Fuoco Segreto di ALTEA. Il Tesoro di Vjnlan

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About this ebook

Mentre ad Altea gli Arconti Ombra, affrontano feriflammi e velocipedanti con l’aiuto di Taryn e di un petulante medaglione parlante e la bottega difende se stessa dai tentativi di intrusione, Ailan e Marill si trovano invece catapultati a Vjnland, un mondo aspro e spazzato da venti impetuosi, dove il popolo dell’aria domina e opprime il pacifico popolo del mare.
Scopriranno antichi segreti, incontreranno creature mitiche e popoli dalle usanze bizzarre e scopriranno che l’amore, anche se contrastato dal volere degli altri, dalle differenze di cultura e di stato, dalle incomprensioni e da mille difficoltà, non può essere davvero fermato.
Per cercare la chiave del Prisma Stellato, i due amici dovranno evadere da una prigione a strapiombo sul mare, affrontare antichi mostri volanti e sciamani scontrosi e si troveranno coinvolti in un’epica battaglia tra due popoli nemici da sempre, dove non tutto è come sembra e il potere è costruito sulla paura e sulla menzogna.
LanguageItaliano
Release dateAug 30, 2018
ISBN9788831927031
Il Fuoco Segreto di ALTEA. Il Tesoro di Vjnlan

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    Il Fuoco Segreto di ALTEA. Il Tesoro di Vjnlan - Isabel Harper

    Progetto e realizzazione editoriale: Storybox Creative Lab, Milano

    Coordinamento editoriale: Isabella Salmoirago

    Editing: Fabiola Beretta

    Grafica: Yuko Egusa Far East studio

    Direzione artistica: Elisa Rosso

    Illustrazione di copertina e mappa del mondo di Altea: Daniele Solimene

    © 2018 Storybox Creative Lab S.a.s.–Milano per l’edizione digitale

    info@story-box.it

    © 2018 per l’edizione a stampa in lingua italiana: Edicart Srl

    Il dislocatore

    Nel Bazar delle Meraviglie regnava un silenzio solenne. Anche il ronzio dei macchinari e delle invenzioni dimenticate sembrava essersi fermato. Le parole di Dedalus e Amandine, i due arconti ombra di Altea, parevano ancora aleggiare nell’aria, come polvere attraversata da un raggio di sole.

    Leolani, la guerriera di Keola che era stata per anni la custode invisibile e silenziosa di Ailan, osservava in silenzio le scaffalature colme di oggetti dalle forme più strane, immobile come un’antica statua.

    Ailan e Marill tacevano, mentre le frasi pronunciate da Dedalus pochi istanti prima si sedimentavano lentamente dentro di loro. – Noi vi abbiamo scelto come nostri discepoli... Il vostro primo compito è riportare ad Altea i due pezzi mancanti della chiave... E quando tornerete... sarete voi a inserire la chiave nel Prisma Stellato e a liberare la Fiamma di Altea.

    Fu Ailan a interrompere il silenzio, battendo le mani, sarcastico. – Belle parole. Molto commoventi. La Fiamma, il popolo di Altea... andate a Keola e a Vjnlan a cercare i due pezzi della chiave... al vostro ritorno faremo una bella cerimonia... Ma chi ci assicura che riusciremo a tornare vivi?

    – Ailan ha ragione – esclamò Marill. – È da pazzi! Come ci arriviamo a Keola e a Vjnlan? Attraversando l’oceano con una barca a remi?

    Dedalus ridacchiò. – Per carità! Noi abbiamo sistemi più rapidi. – L’arconte ombra si alzò dal tavolo. Accennò un inchino, disegnando con la mano uno svolazzo a mezz’aria. – Signori, se volete seguirmi. Sto per presentarvi una delle meraviglie della mia bottega.

    Pochi istanti dopo, Ailan e Marill fissavano sbigottiti uno strano oggetto basso e largo, con quattro piedini scolpiti a zampa di leone.

    Somigliava vagamente a una vecchia stufa di ghisa, alla quale però era fissata un’enorme campana di ottone, simile alla corolla di un fiore. L’intero marchingegno era avvolto da un garbuglio di tubi flessibili e ventose, come tentacoli di una piovra.

    Amandine e Leolani osservavano senza commentare.

    Cos’è, uno scherzo? – domandò Marill.

    – Non è uno scherzo – rispose Dedalus. – È un dislocatore.

    Ailan alzò un sopracciglio. – E a cosa serve, di preciso?

    – Serve a dislocare.

    Ailan e Marill si scambiarono uno sguardo perplesso.

    – È molto semplice – continuò Dedalus. – Voi pensate intensamente a un luogo e il dislocatore vi ci porta all’istante. Per prima cosa andrete a Keola. Poi ci occuperemo di Vjnlan. – Dedalus accarezzò orgoglioso il dislocatore. – Grazie a questa meravigliosa invenzione, sarete a Keola in un batter d’occhio.

    – Risparmierete almeno una settimana di tempo – aggiunse Leolani.

    – E come faremo a tornare ad Altea?

    – Nessun problema – assicurò Dedalus. – Vedete quella leva rossa? Se la alzo, il dislocatore vi porta nel luogo desiderato. Se la abbasso, vi riporta indietro. Fra quindici giorni esatti vi faccio rientrare.

    – Ehm, Dedalus...

    – Sì?

    – A che cosa dovremmo pensare? Io a Keola non ci sono mai stato. Come faccio a pensare a un posto che non ho mai visto?

    – Lo stesso vale per me – si aggiunse Marill.

    – Bravi, ragazzi, avete fatto centro! – disse l’arconte ombra. – In effetti, questa è esattamente la ragione per cui non vi ho proposto il dislocatore per farvi entrare nella caserma dei velocipedanti o a Villa Amantea.

    – E adesso, non è la stessa cosa? – domandò Ailan.

    – Abbiamo capito – borbottò Marill spazientita. – Il dislocatore non serve a niente.

    – In apparenza sembrerebbe proprio così – rispose Dedalus – ma...

    – ...ma?

    – Aspettate qui.

    Ailan e Marill si guardarono con aria interrogativa.

    L’arconte ombra ritornò dopo qualche minuto, reggendo un quadro. Siccome gli ostacolava i movimenti e gli nascondeva la visuale, si muoveva in modo goffo, urtando gli oggetti al suo passaggio.

    – Ecco – disse una volta posato il dipinto davanti ai due ragazzi. – Questo dovrebbe risolvere il nostro problema.

    – Ma è quello che ho portato io qualche giorno fa! – esclamò Ailan.

    – Esatto. E non è forse Keola quella che vedi dietro la barca?

    – È solo una striscia di terra sullo sfondo.

    – È Keola. Al dislocatore non serve altro. Voi pensate a ciò che vedete qui e questa macchina vi ci condurrà. Ah, a proposito: vi conviene trovarvi un salvagente. Forse vi toccherà nuotare un po’. – Dedalus si soffermò qualche istante a riflettere. – Dovrei averne due o tre, da qualche parte.

    Qualche minuto dopo, i ragazzi erano pronti a partire, schierati tra il quadro e il dislocatore. Entrambi reggevano un salvagente a ciambella bianco e rosso, Ailan sopra la divisa da feriflamma e Marill sul lurido pigiamone da prigioniero che indossava da quando era fuggita da Villa Amantea.

    – State per compiere una grande missione – annunciò Leolani.

    – Non mi sono mai sentito più stupido di così – mormorò Ailan. Zill, il suo inseparabile mimure, lo fissava perplesso, inclinando il capo. Le sue antennine vibravano, incerte.

    Dedalus strizzò l’occhio. – Funzionerà. A proposito: non dimenticatevi il Trigamma. Vi servirà per trovare il pezzo di chiave.

    Ailan prese l’antico stendardo su cui era ricamata la mappa delle Tre Terre, lo arrotolò e lo passò a Marill. La ragazza lo prese e lo infilò subito nella sborsa miniaturizzante che portava a tracolla.

    Amandine, invece, le consegnò una piccola scatola di latta. – Qui dentro ci sono dei dolcetti speciali. Mangiateli quando sarete molto affamati, o magari un po’ scoraggiati. Vi aiuteranno.

    – Aspettate! – esclamò Marill infilando anche la scatola nella sborsa. – Non possiamo partire così. Che cosa dirà mia madre?

    – Giusto – disse Ailan. – Anch’io devo avvertire mio padre.

    Amandine sorrise. – Non vi preoccupate, parleremo noi con i vostri genitori. Partite tranquilli.

    Dedalus si avvicinò al dislocatore. Orientò la campana verso i ragazzi e scostò un paio di tubi di gomma che parevano tentacoli per liberare il pannello di comando. – Siete pronti? Concentratevi sul quadro! – Abbassò un interruttore e girò una manopola zigrinata.

    Il dislocatore emise un profondo ronzio. Alcune lancette iniziarono a oscillare nei loro quadranti.

    – Un momento! – esclamò Ailan. – Dedalus! E i miei ricordi? Avevi promesso che me li avresti restituiti!

    Ma Dedalus era troppo impegnato per dargli ascolto. Quando le lancette si furono stabilizzate, l’arconte ombra sollevò la levetta rossa.

    Un cono di luce dorata scaturì dalla campana di ottone e avvolse i due ragazzi. Dopo qualche istante le loro immagini si fecero incerte e iniziarono a sbiadire.

    – Funziona! – esultò Dedalus.

    In quel momento, Amandine gli toccò un braccio, allarmata. – Dedalus, guarda!

    L’arconte ombra si girò e si trovò a fissare cinque piccoli colibrì di metallo, fermi a mezz’aria. Cinque paia di occhietti rossi scintillavano e cinque becchi a trombetta vibravano in direzione del raggio di luce.

    – E questi, cosa sono?

    – Prendili! – lo incitò Amandine.

    Troppo tardi. I colibrì schizzarono come proiettili, infilandosi nel raggio di luce.

    Leolani scattò, fulminea, ma riuscì ad afferrarne soltanto uno.

    In quel preciso momento, il ronzio del macchinario aumentò d’intensità e si fece più acuto. Le figure sotto il cono di luce scomparvero del tutto.

    Leolani mostrò a Dedalus e Amandine il palmo della mano, dove il colibrì era rimasto attaccato con il suo becco a trombetta come una ventosa. Le ali avevano smesso di frullare, ma dalla testolina gli occhi sporgevano come quelli di un camaleonte e roteavano in ogni direzione, affamati di informazioni.

    Dedalus esaminò rapidamente il colibrì e trovò un minuscolo pulsante sopra la sua nuca. Come lo premette, gli occhietti color rubino si spensero e l’uccellino meccanico si immobilizzò. – Spie di Vimperion. Si attaccano con la ventosa e spiano ciò che accade attorno a loro.

    – Hanno seguito i ragazzi – esclamò Amandine.

    – Già. Dobbiamo avvertirli. Quei colibrì non devono assolutamente tornare da Vimperion.

    Leolani appoggiò la sua lancia, prese una fune e se la mise a tracolla. – Vado io – disse con tono deciso. – Distruggerò i colibrì prima che tornino ad Altea.

    – Molto bene. Allora mettiti in posizione.

    Leolani si piazzò davanti alla campana di ottone, armata solo del suo pugnale di ossidiana e con una fune legata a tracolla.

    – Ora concentrati sull’immagine che vedi raffigurata in quel dipinto.

    – Non ne ho bisogno. Conosco bene Keola.

    – È meglio se fai come ti dico – la avvertì Dedalus. – Altrimenti rischi di ritrovarti in un posto completamente diverso.

    Leolani si girò verso il quadro e lo osservò con attenzione. – Sono pronta.

    – Allora, partenza! – esclamò Dedalus. – Distruggi quelle spie alate, veglia sui ragazzi e riportali indietro sani e salvi.

    Leolani fece un cenno di saluto con la mano. Poi fu avvolta dal cono di luce e, dopo qualche istante, la sua immagine svanì.

    Una visita improvvisa

    Dedalus e Amandine osservarono lo spazio vuoto dove Ailan, Marill e Leolani erano stati fino a un istante prima, quando si erano smaterializzati.

    – Ora sono più tranquilla – mormorò Amandine. – Leolani avvertirà i ragazzi dei colibrì spia. E, se necessario, li proteggerà.

    – Mia cara, li aspetta una dura prova, ma se vogliamo che un giorno diventino arconti, prima impareranno a cavarsela da soli e meglio sarà, non credi?

    – Forse hai ragione, forse no. Questo compito non sarà troppo gravoso per loro?

    – Lo sapremo solo alla fine. Ma sono certo che... – Fu interrotto da alcuni colpi alla porta della bottega. Dedalus trasalì. – Per la sacra Fiamma! Chi può essere a quest’ora?

    – Aprite, in nome di Altea, o buttiamo giù la porta! – gridò una voce prepotente. – E dopo non rispondo di ciò che potranno fare i miei uomini alle tue cianfrusaglie, vecchio!

    Dedalus e Amandine si sfilarono le tuniche scarlatte da arconti, che indossavano a ogni loro riunione segreta, e le nascosero in fretta.

    Quindi Amandine lasciò la bottega, scivolando via silenziosa dalla porta sul retro.

    Intanto i colpi alla porta si facevano sempre più insistenti.

    – Arrivo, arrivo, un attimo! – borbottò Dedalus. – Non vorrete mettere fretta a un povero vecchio!

    Sollevò il chiavistello e Kaspar Kayman, capo dei feriflammi, la polizia segreta di Altea, entrò di prepotenza nella bottega.

    Dietro di lui venivano una coppia di feriflammi dallo sguardo truce e due individui dall’aria spaesata. Questi ultimi erano Sberling e Coppins, ex velocipedanti, guardie civiche, attualmente degradati a semplici sorveglianti.

    – Stai attento a quello che fai – sibilò Sberling al compagno, assestandogli una manata sul coppino. – Non possiamo sbagliare questa volta!

    – Non è stata colpa mia se quel ragazzo ci è scappato di nuovo! – si lamentò Coppins, massaggiandosi la nuca.

    Kaspar Kayman li zittì. – Silenzio, voi due, o questa volta vi darò in pasto agli squaleoni del serraglio.

    I due tacquero, inghiottendo a vuoto.

    Kayman tornò a rivolgersi al custode della bottega. – Bene bene bene – disse. – Dulof Erwin Dagastik Admetus Labirent Ulunder Sakataranta detto Dedalus. Dovrei ringraziarti: finalmente mi hai offerto l’occasione che aspettavo per incastrarti. Sei accusato di favoreggiamento.

    – Favoreggiamento? – ripeté Dedalus con aria sorpresa. – E perché mai?

    – Perché hai fornito a un delinquente i mezzi per compiere i suoi misfatti! – Kayman allungò una mano senza voltarsi. – Passatemi le prove!

    Uno dei feriflammi si affrettò a consegnargli una strana fune di anelli d’acciaio.

    – La riconosci questa?

    Dedalus prese in mano la fune luccicante. – Certo che la riconosco. È uno splendido esemplare di palofune. Credo che nella mia bottega fosse l’unico oggetto di questo tipo. L’ha presa un ragazzo, qualche giorno fa.

    – È stata usata per penetrare nella caserma dei velocipedanti.

    Dedalus rispose con un sorriso disarmante. – Questa è una bottega. Non sono responsabile di come vengono usati gli articoli che vendo.

    Kayman ricambiò il sorriso di Dedalus con uno sguardo accusatore. – Non cercare di fare il furbo con me, vecchio. Il nostro arconte ha inviato cinque colibrì meccanici alla ricerca del ragazzo che gli ha rubato il medaglione da cerimonia. Lo stesso ragazzo che si è introdotto nella caserma dei velocipedanti. I colibrì sono entrati qui, il che significa che quell’Ailan Pintor deve essere nascosto qui, da qualche parte.

    Kayman gli si fece più vicino, inchiodandolo con un’occhiata di fuoco. – Non vorrai insinuare che i sofisticati colibrì dell’arconte hanno seguito una pista sbagliata.

    Dedalus non sembrava per nulla intimorito da quel tono minaccioso. – Non mi permetterei mai – rispose con un gesto deferente.

    – Sberling! Coppins! – ordinò Kayman. – Setacciate questa topaia! Intanto io e i miei feriflammi andremo a fare una visitina al padre del ragazzo. Gli ho fatto una promessa. E io mantengo sempre le mie promesse. – Poi uscì dalla bottega con passo deciso.

    Dedalus si fece da parte con un inchino.

    Rimasto solo con i due ex velocipedanti, il custode della bottega si rivolse loro con il più amabile dei sorrisi: – Accomodatevi, signori, cercate pure! Venite, vi faccio strada. Da dove volete cominciare? Dal laboratorio? Dal magazzino? Oppure dalle cantine?

    I due ex velocipedanti si guardarono, sorpresi dalla disponibilità di quello strano vecchio.

    Sberling indicò un piccolo barile maleodorante. – Cos’è quello? – domandò con aria truce.

    Dedalus diede una leggera scossa al recipiente, liberando un odore stomachevole. – Un bidone della spazzatura. Mi dovete scusare, sono mesi che non lo svuoto. Volete che lo rovesci a terra, o preferite infilarci le mani voi stessi?

    Sberling arretrò, disgustato. – Lascia perdere, vecchio. Mostraci invece cosa c’è là dietro!

    L’ex velocipedante aveva infatti notato una porta chiusa, dalla quale provenivano sbuffi di vapore e un coro di rumori metallici molto sospetti.

    – Come desiderate. – Dedalus fece un mezzo inchino e si diresse verso la porta. – Devo avvertirvi, però, che è in corso un esperimento molto delicato e...

    – Poche storie, vecchio, apri!

    Dedalus si affrettò ad aprire. Chi l’avesse osservato mentre armeggiava con l’elaborata serratura del laboratorio, avrebbe notato un lampo di soddisfazione brillare nei suoi occhi azzurri.

    Sberling diede di gomito al compagno. – Coppins, ci siamo! Incastreremo il vecchio e verremo premiati! Riavremo i nostri velocipedi!

    – Riavrò la mia Bessie! – esultò Coppins. – E, che dici, riavrò anche la mezza tuba? E la sirena sul manubrio? Eh?

    Sberling zittì il compagno con uno schiaffone sulla nuca. – Riavremo tutto, stupido! Lascia fare a me.

    Intanto Dedalus faceva strada. – Vi prego, signori, prestate attenzione. Se entrate qui dentro, lo fate a vostro rischio: non sono in grado di garantire la vostra sicurezza.

    Senza badargli, i due ex velocipedanti entrarono nel laboratorio e subito si fermarono a bocca aperta davanti a un’intera parete di macchinari incomprensibili: quadranti, manometri, grosse valvole dai filamenti incandescenti, tubi, soffietti, spire di rame e strumentazioni varie.

    – Ma questa... – esclamò Coppins senza fiato – questa è opera di un tecnomago!

    – Via, signori – si schermì Dedalus. – È soltanto un piccolo esperimento per trasformare la paglia in sapone. Solo che non è ancora a punto. Vi prego di non toccare nulla.

    Sberling spinse da parte Dedalus e si diresse al pannello di comando. – Non sono qui a prendere ordini da un vecchio! – esclamò, schiacciando alcuni pulsanti a casaccio. – Perciò non dirmi che cosa devo o non devo fare.

    – Vi prego, signori, vi prego! – esclamò Dedalus, agitato. – Così rovinate il mio esperimento!

    Sberling si avvicinò ridacchiando a un quadrante da cui spuntava una lunga leva rossa.

    Dedalus impallidì. – Signori, vi prego! Non toccate quella leva!

    L’ex velocipedante si girò verso di lui. – Oppure?

    Dedalus tacque, sempre più pallido.

    – Che c’è, vecchio, hai paura? Forse perché questa leva apre il nascondiglio in cui si trova il ragazzo che stiamo cercando?

    I due ex velocipedanti sghignazzarono, dandosi di gomito.

    Sberling afferrò la leva e tirò con forza.

    Improvvisamente, i macchinari tacquero. Niente più ronzii né cigolii.

    Un gancio metallico calò dall’alto, afferrò Sberling per la cintura e lo sollevò a due braccia da terra.

    Uno sbuffo di vapore lo investì dal basso, facendogli rizzare i capelli come una cresta, e un pennello automatico li cosparse di pece. Un rasoio da barbiere falciò senza pietà

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