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Il sospiro di Medusa
Il sospiro di Medusa
Il sospiro di Medusa
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Il sospiro di Medusa

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Nell’epoca in cui si rincorre la bellezza artificiosa elevando a status l’immagine effimera si se stessi, l’unica maniera di affrontare il mostro che alberga in noi o che percepiamo negli altri e avere la salvezza è aggirarlo alle spalle, coglierlo nel sonno e decollarlo, cancellandone il volto, negare perciò quella identità che risiede nei tratti somatici che lo scorrere del tempo acuisce, svilisce, rende sempre più marcati e caratteriali. Tagliare la testa di Medusa vuol dire quindi rendere sopportabile il mostruoso, il diverso, esponendo solamente il suo simulacro, la sua icona, il suo trofeo. Così facendo saremo protetti dalla morte, dal sesso femminile che potrebbe risucchiare tutto. La chirurgia plastica portata al parossismo, tenta di fare questo, cancellare lo scorrere del tempo, impedirne il dominio sul nostro volto e intervenire per apportare quelle correzioni artificiose che finiscono per creare distorti prototipi di bellezza, icone grottesche di un’epoca desolante che per combattere i propri mostri ne crea di nuovi. Ogni epoca, di fatti, ha i propri mostri da distruggere, da decapitare, da affrontare evitando di guardarli negli occhi per non sentirne il peso e la storia.
LanguageItaliano
Release dateAug 1, 2018
ISBN9788833281353
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    Il sospiro di Medusa - Morena Oro

    Cover

    Resilienza

    Non un angelo

    ma un drago

    Hai posto sapientemente

    accanto alla mia culla.

    Sempre l’alito focoso

    del suo respiro,

    la brace rossa

    del suo sguardo,

    ha fatto del mio cuore

    il suo roccioso eremo,

    il picco delle vertigini

    dei suoi voli repentini

    e roteanti,

    la grotta cava

    che esala incensi sacri.

    Sempre il suo vivere nascosto

    nei miei battiti ha acceso

    lingue e fiamme dalla verità

    fragile del mio buio primigenio

    per innalzarlo alla definitiva Luce

    che non ha nulla da dichiarare,

    a nessuno,

    per farsi riconoscere.

    I poeti son comete

    Cercate forse voi quella educata poesia,

    così sognante, che chiede

    quasi il permesso di esser letta?

    Quella poesia ben studiata, azzimata,

    che sta bene un po’ con tutto?

    Io amo invece il poeta empio,

    trasandato, ignaro delle metriche

    se non quelle fra le vene e la propria mano,

    che maledice quel che scrive

    perché è un flusso che lo dissangua

    e assillato dal bacio rapace

    dei versi che lo lasciano spossato,

    indolenzito fin dentro al suo midollo,

    la poesia infine la maledice.

    Cerco un poeta che la poesia

    se la pulisca di dosso

    con vergatura impetuosa,

    che la scagli lontano in

    meteore sfreccianti, bagliori rapidi

    che trapassino l’aria facendola

    sibilare tra lo stupore.

    La poesia... io la voglio

    che piombi giù dal cielo

    cieca e arroventata

    come la cometa di Majakovskij.

    La voglio così, esplosione

    che non distrugge,

    paralizzante orizzonte di tutti gli eventi.

    Quel che rimane

    Spengo la candela

    con un soffio.

    L’odore di cera

    quel che rimane.

    Come una svogliata

    malinconia,

    nella stanza, in volute

    si spande e il sonno

    par dileguarsi

    da questo corpo

    che macina giorni

    e fatica come fosse

    fatto di fil di ferro.

    Ti forgio come un’arma,

    compagno, amico, salvatore.

    A te mi affido,

    la tua muscolatura

    sottomette le prove della vita,

    le ossa ammortizzano

    ogni stanchezza.

    Non ci possiamo fermare.

    Quel che ci è dato, amato mio,

    è un divieto di sosta, nessuna brezza.

    Inerzia

    Su… su… su

    Fra lune… stelle…

    Chimere…

    Distratte comete e

    collerici dèi

    Su… su…

    Al cielo imploriamo

    pietosi come pidocchi

    vani come sputi.

    Avevo voglia di dormire.

    E ho dormito.

    Avevo voglia di mangiare.

    E ho mangiato.

    Che altro?

    Chi… chi… chi altri?

    Quel che non passa

    Tu sai che c’è quello che non passa,

    che il tempo è un difetto degli altri,

    le grandi finestre dell’anima

    sono spalancate sui grandi spazi fissi

    che non tramontano mai.

    Sempre nuove albe, continue rinascite,

    laboriose metamorfosi che trasmutano

    quello che non passa in cieca esultanza.

    Tu, divenuto mio gene, mia particella,

    mio elicoidale filamento,

    non esisti,

    non sei

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