La sposa: racconto (Tradotto): versione filologica a cura di Bruno Osimo
Di Čechov
Descrizione
Tra rumori di grondaie, insonnie, incubi, quadri di donne nude, acqua corrente nelle case più tecnologiche dell'epoca, sensi del dovere, sensi di colpa, senso della volgarità delle cose andanti e voglia di vivere, si dipana un vero capolavoro della produzione di Čechov.
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Anteprima del libro
La sposa - Čechov
Antón Pàvlovič Čechov
La sposa
(1903)
versione filologica del racconto
a cura di Bruno Osimo
Copyright © Bruno Osimo 2020
Titolo originale dell’opera: Невеста
Traduzione dal russo di Emanuele Bero, Francesca Fiacco, Cristina Ferloni, Eleonora Cavalli, Matteo Traficante
Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica
ISBN 9788898467549 per l’edizione cartacea
ISBN 9788898467389 per l’edizione elettronica
Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it
Traslitterazione
La traslitterazione dei nomi è fatta in base alla norma ISO 9:
â si pronuncia come ‘ia’ in ‘fiato’ /ja/
c si pronuncia come ‘z’ in ‘zozzo’ /ts/
č si pronuncia come ‘c’ in ‘cena’ /tɕ/
e si pronuncia come ‘ie’ in ‘fieno’ /je/
ë si pronuncia come ‘io’ in ‘chiodo’ /jo/
è si pronuncia come ‘e’ in ‘lercio’ /e/
h si pronuncia come ‘c’ nel toscano ‘laconico’ /x/
š si pronuncia come ‘sc’ in ‘scemo’ /ʂ/
ŝ si pronuncia come ‘sc’ in ‘esci’ /ɕː/
û si pronuncia come ‘iu’ in ‘fiuto’ /ju/
z si pronuncia come ‘s’ in ‘rosa’ /z/
ž si pronuncia come ‘s’ in ‘pleasure’ /ʐ/
Antón Čechov, La sposa
I
Erano quasi le dieci di sera e sul giardino splendeva la luna piena. In casa Šumin era appena finita la vsenošnaâ [¹] ordinata dalla nonna Marfa Mihàjlovna e ora Nadâ – era uscita un attimo in giardino – vedeva che in sala stavano apparecchiando per i zakuski [²] , e che la nonna si affaccendava nel suo elegante vestito di seta; padre Andrej, protoereo [³] della cattedrale, parlava di qualcosa con la madre di Nadâ, Nina Ivànovna, e in questo momento la madre, alla luce serale che filtrava dalla finestra, sembrava, per qualche motivo, molto giovane; accanto c’era il figlio di padre Andrej, Andrej Andreič, e ascoltava con attenzione.
In giardino c’era silenzio, era fresco, e sul terreno si allungavano ombre scure, tranquille. Da lontano, molto lontano, evidentemente da fuori città, si sentivano gracidare le rane. Si sentiva maggio, il dolce maggio! Si respirava profondamente e veniva voglia di pensare che non qui, ma da qualche parte sotto il cielo, sopra gli alberi, lontano dalla città, nei campi e nei boschi, stava sbocciando ora una propria vita primaverile, misteriosa, bellissima, ricca e sacra, inaccessibile alla comprensione dell’uomo debole, peccatore. E per qualche motivo veniva da piangere.
Lei, Nadâ, aveva ormai ventitré anni; dall’età di sedici sognava ardentemente il matrimonio e ora, finalmente, era promessa sposa ad Andrej Andreič, quello stesso che stava dall’altra parte della finestra; a lei lui piaceva, le nozze erano