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Dei e Semidei dell'Antico Egitto
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Dei e Semidei dell'Antico Egitto

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L'antico Egitto ha lasciato segni tangibili e incisivi della sua religione attraverso i monumenti e gli scritti. I templi abbondano d'immagini a bassorilievo e a tutto tondo, dipinte con vivaci colori, complete di didascalie e iscrizioni. Le tombe regali e nobiliari non sono da meno e sono queste che ci hanno tramandato figure e testi di grande finezza artigianale. Gli scritti funerari e magici sono degli esempi unici di miniaturistica grafica delle entità divine e di descrizioni dell'aldilà. Dall'osservazione di queste testimonianze, emerge un numero infinito di divinità, principali, secondarie, demoni e semidei. Questa folla di entità antropomorfe, ma spesso zoomorfe o miscuglio di varie parti umane e animali, lasciò disorientati i primi egittologi, dando origine a una congerie d'ipotesi, interpretazioni alcune volte distorte, e duelli letterari di vario genere.
LanguageItaliano
Release dateJul 17, 2018
ISBN9788885519718
Dei e Semidei dell'Antico Egitto

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    Dei e Semidei dell'Antico Egitto - Pietro Testa

    PIETRO TESTA

    DEI e SEMIDEI dell’ANTICO EGITTO

    © Tutti i diritti riservati alla Harmakis Edizioni

    Divisione S.E.A. Servizi Editoriali Avanzati,

    Sede Legale in Via Volga, 44 - 52025 Montevarchi (AR)

    Sede Operativa, la medesima sopra citata.

    Direttore Editoriale Paola Agnolucci

    www.harmakisedizioni.org

    info@harmakisedizioni.org

    I fatti e le opinioni riportate in questo libro impegnano esclusivamente l’Autore.

    Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.

    ISBN: 978-88-85519-718

    Luglio 2018

    © Impaginazione: Leonardo Paolo Lovari

    A volte vi è più saggezza nei

    sogni che nella realtà del risveglio.

    Cervo Nero (Hehaka Sapa-1853-1950; Tribù degli Oglala).

    PREFAZIONE

    L’antico Egitto ha lasciato segni tangibili e incisivi della sua ‘religione’ attraverso i monumenti e gli scritti. I templi abbondano d’immagini a bassorilievo e a tutto tondo, dipinte con vivaci colori, complete di didascalie e iscrizioni. Le tombe regali e nobiliari non sono da meno e sono queste che ci hanno tramandato figure e testi di grande finezza artigianale. Gli scritti funerari e magici sono degli esempi unici di miniaturistica grafica delle entità divine e di descrizioni dell’aldilà.

    Dall’osservazione di queste testimonianze, emerge un numero infinito di divinità, principali, secondarie, demoni, e semidei. Questa folla di entità antropomorfe, ma spesso zoomorfe o miscuglio di varie parti umane e animali, lasciò disorientati i primi egittologi, dando origine a una congerie d’ipotesi, interpretazioni alcune volte distorte, e duelli letterari di vario genere.

    Non si può negare l’esorbitante numero di divinità che si presenta agli occhi dello spettatore che ancora oggi può restare disorientato. Questa folla di entità non è però frutto di fantasia sfrenata o ottusa, ma risultato di un ragionamento logico che ha le sue basi nella preistoria. Attraverso il cammino intellettuale della civiltà egiziana, il ricordo è divenuto mito e ha acquistato una sua completa organizzazione nella sistemazione e ordinamento delle manifestazioni del dio creatore.

    Qui entriamo in un dominio delicato che ha qualche punto in comune con il nostro modo di pensare, ma che pure è da esso differente: il pensiero speculativo.

    La speculazione è un modo di conoscenza intuitivo che trascende l’esperienza tentando di spiegarla, unificarla e coordinarla, distinguendosi quindi dalla mera speculazione oziosa.

    Nell’antico Egitto, e in genere nei popoli dell’antico Medio Oriente, la speculazione trovava illimitate possibilità di sviluppo, non essendo ristretta alla ricerca di una verità di carattere scientifico, e quindi disciplinato. Non esisteva una netta distinzione tra natura ed essere umano. I cosiddetti popoli primitivi e gli antichi consideravano l’essere umano come un tassello facente parte del regno della natura: due mondi non contrapposti e che non richiedevano distinti modi di conoscenza. Se per noi il mondo fenomenico è innanzitutto un ‘che cosa?’, per l’antico è un ‘Tu’.

    Al primitivo il mondo circostante non appare inanimato, ma pieno di vita sprizzante dall’essere umano, dall’animale, dalla pianta, dal tuono, dal sole: in poche parole dai costituenti del regno della natura. Dinanzi a un fenomeno, l’uomo antico non dice ‘cos’è?’ ma dice ‘Tu’: il ‘Tu’ rivela l’individualità, le qualità e la volontà del fenomeno. In questa prospettiva il fenomeno diventa esperienza di una vita rispetto a un’altra, impegnando le facoltà dell’uomo in un rapporto reciproco.

    Avviene che ogni esperienza di un ‘Tu’ diventa individuale, e tali esperienze sono delle azioni che si configurano in narrazione: questa diventa un mito in luogo di analisi e conclusioni. Il mito non serviva a divertire né a spiegare determinati fenomeni, bensì a esporre certi avvenimenti in cui era impegnata l’esistenza stessa dell’uomo, la sua esperienza diretta di un conflitto di forze ostili e benefiche.

    Le immagini del mito non sono metafora ma un velo accuratamente scelto per rivestire un pensiero astratto. Le immagini non sono separate dal pensiero, poiché rappresentano la forma in cui l’esperienza è diventata autocosciente.

    Gli antichi, dunque, esprimevano il loro pensiero emotivo in termini di causa ed effetto, spiegando i fenomeni in un ambito temporale, spaziale e numerico. Gli antichi, si badi bene, sapevano ragionare logicamente, altrimenti non avremmo le grandi civiltà che conosciamo: semplicemente spesso un’attitudine puramente intellettuale male si adattava alle esperienze della realtà, senz’altro più significative.

    Per l’uomo antico il contrasto tra realtà e apparenza non aveva significato. È il caso dei sogni, tenuti in grande considerazione, e di entità ibride e non, ispirate al dubbio dell’ignoto fisico. Lo stesso avveniva per una mancata distinzione tra mondo dei vivi e dei defunti, poiché i morti entravano nella realtà umana dell’angoscia, della speranza e del risentimento.

    Di dizionari sulle divinità dell’antico Egitto ve ne sono parecchi (la maggior parte in lingua straniera) dai più dettagliati ai generici. Il mio intento vorrebbe essere quello di dare al lettore un quadro mediamente dettagliato delle divinità importanti, secondarie, dei semidei e dei ‘demoni’ che popolavano la quarta dimensione dell’antico Egitto: il tutto nella nostra lingua italiana, ancora (semi)sconosciuta nel campo dell’egittologia.

    Ho ritenuto opportuno riportare i nomi geroglifici delle divinità, inserendo nel testo le illustrazioni più efficaci, con note esplicative e bibliografiche laddove era necessario. Naturalmente ho ritenuto utile fare precedere la lista delle entità da una breve introduzione sulla ‘religione’ egiziana e su alcuni suoi fenomeni che dovrebbero aiutare il lettore a comprendere meglio il tutto.

    Pietro Testa

    Napoli 2017

    CAPITOLO 1

    CENNI SULLA RELIGIONE EGIZIANA

    1.1. Generalità

    L’antico storico greco Erodoto, che si suppone abbia visitato l’Egitto nel V secolo a.c., descrive gli Egiziani come religiosi all’eccesso più di ogni altra razza umana. Parecchi di noi hanno la stessa impressione.

    A parte le tombe, la manifestazione più eclatante ed immanente dell’architettura egiziana è rappresentata dai templi; l’arte egiziana è dominata dalle figure degli dei; i nomi di molti Egiziani onorano gli dei; ed è difficile trovare un testo egiziano che non menzioni uno o più dei.

    L’asserzione di Erodoto però riflette una particolare nozione occidentale della religione che (a partire dai Greci) ha religioni distinte per le varie sfere dell’esistenza umana, come il governo, il comportamento sociale, la ricerca intellettuale e la scienza. Nell’antico Egitto non vi era tale distinzione.

    Ciò che noi chiamiamo religione egiziana non è altro che il modo con cui gli antichi Egiziani comprendevano il loro mondo e a esso si rapportavano. Credano o meno nell’esistenza di un dio (o di dei), molte società odierne guardano il mondo obiettivamente come un insieme di elementi e forze impersonali. Noi comprendiamo, ad esempio, che il vento nasce dalla differenza di aree di alta e bassa pressione; la gente si ammala a causa dei germi o dei virus; le cose crescono e cambiano a causa di processi chimici e biologici. Questa conoscenza è l’eredità di secoli di esperimenti e pensieri scientifici. Essa ci fornisce oggi una dettagliata comprensione di come va il mondo e come dobbiamo comportarci in relazione ad esso per vivere meglio e più comodamente.

    Gli antichi Egiziani affrontarono lo stesso nostro universo fisico e, come noi, cercarono di comprenderlo e di comportarsi in relazione ad esso. Ma, senza il beneficio della nostra secolare esperienza, essi dovevano cercare una spiegazione dei fenomeni naturali e i mezzi per comportarsi di conseguenza. Le risposte che essi dettero sono ciò che noi chiamiamo religione.

    Laddove noi vediamo elementi e forze impersonali che agiscono nel mondo, gli Egiziani vedevano voleri e azioni di esseri più grandi di loro: gli dei. Ad esempio, non conoscendo l’origine scientifica di un malanno, loro potevano solo immaginare che qualche forza maligna era in esso. Anche se potevano, e facevano, sviluppare rimedi pratici per combattere i malanni, credevano anche che era necessario in primo luogo allontanare o pacificare la forza che aveva causato la malattia. I testi medici egiziani dunque contengono non solo descrizioni dettagliate di malattie fisiche e prescrizioni farmaceutiche, ma anche formule magiche da usarsi per combattere forze malvagie. Ciò che noi distinguiamo fra scienza della medicina e religione della magia, per gli Egiziani era la stessa cosa.

    Gli dei e le dee dell’antico Egitto non sono né più né meno che gli elementi e le forze dell’universo. Gli dei non controllavano questi fenomeni, come il dio greco Zeus con i fulmini: essi erano gli elementi e le forze del mondo. Noi esprimiamo questa peculiarità dicendo che gli dei erano immanenti nei fenomeni della natura. Ad esempio, il vento era il dio Shu; quando un Egiziano sentiva il vento in faccia, egli sentiva che Shu lo sfiorava.

    Come vi sono centinaia di elementi e forze in natura, così vi erano centinaia di dei egiziani. I più importanti, logicamente, erano i maggiori fenomeni naturali. Essi comprendevano Atum, la fonte originaria di tutte le sostanze, e la sua discendenza: Geb e Nut, la terra e il cielo; Shu, l’atmosfera; Ra, il sole; Osiride, la potenza maschile generatrice; Iside, il principio femminile della maternità. Ciò che noi considereremmo principi astratti di comportamenti umani, erano anche dei e dee: ad esempio, l’ordine e l’armonia (Maat), il disordine ed il caos (Seth), la creazione (Ptah), la ragione (Thoth), l’ira (Sekhmet), l’amore (Hathor).

    La potenza della regalità anche era un dio (Horus), personificato non solo dal sole come forza dominante della natura, ma anche nella persona del faraone come forza dominante della società umana. La nostra distinzione tra religione e governo sarebbe stata incomprensibile per un antico Egiziano, per il quale la regalità era una forza divina. Per quanto gli antichi Egiziani potevano, e lo facevano, ribellarsi contro dei re e addirittura anche assassinarli, non hanno mai sostituito il sistema faraonico con un altro metodo di governo. Sarebbe stato come sostituire il sole con qualche altra cosa.

    Gli Egiziani vedevano la volontà e le azioni dei loro dei nell’azione nei fenomeni della vita di ogni giorno: Ra, nel ritorno giornaliero della luce e del calore; Osiride ed Iside, nel miracolo della nascita; Maat o Seth, nell’armonia o nel disordine delle relazioni umane; Ptah e Thoth, nella creazione di edifici, arte e letteratura; Horus, nel re il cui governo era vita.

    In molti casi loro vedevano la presenza degli dei anche in alcune specie di animali: ad esempio, Horus nel falco che vola al di sopra di tutte le creature viventi, o Sekhmet nella ferocia e determinazione del leone. Quest’associazione è la chiave di lettura di numerose immagini di dei a testa di animale nell’arte egiziana. Per un Egiziano l’immagine di una donna leontocefala, ad esempio, faceva convergere due cose in una: primo, essa non era l’immagine di una donna e si riferiva a una dea; secondo, la dea in questione era Sekhmet. Queste figure non erano un tentativo di ritratto di come gli dei potevano apparire o come essi potevano essere visti; al contrario, esse non erano altro che degli ideogrammi ingranditi.

    Poiché gli Egiziani vedevano gli dei in azione in tutti i comportamenti naturali e umani, il loro tentativo di spiegare e trattare questi comportamenti si focalizzò nelle divinità. I miti egiziani sono la controparte dei nostri testi scientifici: entrambi spiegano perché il mondo è così

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