All'ombra di Sherlock Holmes - 12. Gli impiccati di Kensal Green
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Info su questo ebook
Giallo - romanzo breve (67 pagine) - Due uomini vengono ritrovati impiccati allo stesso albero del cimitero di Kensal Green. Un'indagine atipica per Sherlock Holmes che deve vedersela con suo fratello Mycroft
Due uomini vengono ritrovati impiccati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro allo stesso albero del cimitero di Kensal Green. Holmes e Watson indagano sul passato dei due ma questa volta le conclusioni del principe dei detective saranno sorprendentemente confutate dal suo fratello maggiore, Mycroft.
Giacomo Mezzabarba: di un tale che va sotto questo nome (che potrebbe anche essere uno pseudonimo), autore di vari scritti, si sa poco o niente. Le notizie su di lui sono confuse e contraddittorie, a cominciare dal suo luogo di nascita e addirittura riguardo l’epoca della sua venuta al mondo. C’è chi crede che sotto tal nome si celi un prete lombardo, notorio falsario, che assieme a fra Giovanni Pantaleo di Castelvetrano fu al seguito di Garibaldi nell’impresa dei Mille, pur senza essere mai ascritto nei ruoli di quella gloriosa milizia e che a partire dalla fine dell’Ottocento scrisse falsi racconti di Sherlock Holmes, come molti facevano in tutta Europa. Altri invece menzionano un omonimo avvistato negli anni Settanta del secolo scorso in una scuola della Valtellina, e altri ancora credono di riconoscere in lui un insegnante in uno sperduto paesino del Cilento, all’incirca negli stessi anni.
Anche se de minimis non curat praetor, come saggiamente sentenziavano i nostri padri, citiamo a solo titolo di curiosità la seguente notizia, risalente a un erudito sannita, noto per essere un grande cultore di Bacco. Costui afferma che nella capitale dell’ex Regno delle Due Sicilie esisterebbero tracce di un tale (di cui però si guarda bene dal fornire il nome) che potrebbe essere identificato col Mezzabarba di cui sopra, in servizio presso un Ateneo vesuviano. Secondo un gazzettiere cui fu rivelata la cosa nel corso di un simposio, e sempre che sia lui il soggetto di cui si ragiona, questo impostore si spaccerebbe per un discendente diretto di Sir Arthur Conan Doyle in linea materna, cianciando di aver ereditato una cassa contenente i manoscritti inediti del suo celebre avo; ma con tutta evidenza trattasi di goffi e puerili tentativi di camuffare la sua vera natura di volgare plagiario. Se questo soggetto sia poi proprio lui l’autore di dieci falsi racconti che vorrebbe proditoriamente e surrettiziamente attribuire all’illustre penna del dottor Watson, l’amico dell’impareggiabile signor Holmes, è cosa degna di nessun interesse. Bene disse Don Abbondio: Carneade. Chi era costui?
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Anteprima del libro
All'ombra di Sherlock Holmes - 12. Gli impiccati di Kensal Green - Giacomo Mezzabarba
a cura di Luigi Pachì
Giacomo Mezzabarba
All'ombra di Sherlock Holmes
12. Gli impiccati di Kensal Green
ROMANZO BREVE
ISBN 9788825406580
© 2018 Giacomo Mezzabarba
Edizione ebook © 2018 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/4 20139 Milano
Versione: 1.0
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Indice
Il libro
L'autore
All'ombra di Sherlock Holmes - 12. Gli impiccati di Kensal Green
Introduzione
Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
In questa collana
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Il libro
Due uomini vengono ritrovati impiccati allo stesso albero del cimitero di Kensal Green. Un'indagine atipica per Sherlock Holmes che deve vedersela con suo fratello Mycroft
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L'autore
Giacomo Mezzabarba: di un tale che va sotto questo nome (che potrebbe anche essere uno pseudonimo), autore di vari scritti, si sa poco o niente. Le notizie su di lui sono confuse e contraddittorie, a cominciare dal suo luogo di nascita e addirittura riguardo l’epoca della sua venuta al mondo. C’è chi crede che sotto tal nome si celi un prete lombardo, notorio falsario, che assieme a fra Giovanni Pantaleo di Castelvetrano fu al seguito di Garibaldi nell’impresa dei Mille, pur senza essere mai ascritto nei ruoli di quella gloriosa milizia e che a partire dalla fine dell’Ottocento scrisse falsi racconti di Sherlock Holmes, come molti facevano in tutta Europa. Altri invece menzionano un omonimo avvistato negli anni Settanta del secolo scorso in una scuola della Valtellina, e altri ancora credono di riconoscere in lui un insegnante in uno sperduto paesino del Cilento, all’incirca negli stessi anni.
Anche se de minimis non curat praetor, come saggiamente sentenziavano i nostri padri, citiamo a solo titolo di curiosità la seguente notizia, risalente a un erudito sannita, noto per essere un grande cultore di Bacco. Costui afferma che nella capitale dell’ex Regno delle Due Sicilie esisterebbero tracce di un tale (di cui però si guarda bene dal fornire il nome) che potrebbe essere identificato col Mezzabarba di cui sopra, in servizio presso un Ateneo vesuviano. Secondo un gazzettiere cui fu rivelata la cosa nel corso di un simposio, e sempre che sia lui il soggetto di cui si ragiona, questo impostore si spaccerebbe per un discendente diretto di Sir Arthur Conan Doyle in linea materna, cianciando di aver ereditato una cassa contenente i manoscritti inediti del suo celebre avo; ma con tutta evidenza trattasi di goffi e puerili tentativi di camuffare la sua vera natura di volgare plagiario. Se questo soggetto sia poi proprio lui l’autore di dieci falsi racconti che vorrebbe proditoriamente e surrettiziamente attribuire all’illustre penna del dottor Watson, l’amico dell’impareggiabile signor Holmes, è cosa degna di nessun interesse. Bene disse Don Abbondio: Carneade. Chi era costui?
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Introduzione
Il titolo di questa raccolta di racconti, All’ombra di Sherlock Holmes, vuole essere un omaggio all’ombra dell’uomo who never lived and will never die
, per riprendere un altro titolo, quello del volume che accompagnò qualche anno fa l’eccellente e suggestiva mostra al Museum of London dedicata al principe dei detectives e che quando visitai diede l’input a questa serie di racconti, che possono ben dirsi figli di quella mostra, anche se erano in gestazione da tempo in mente Dei. Ma se è vero l’apparente paradosso che Sherlock Holmes non visse mai e mai morirà, in una prospettiva più ampia dei nostri limitati umani orizzonti, che Holmes abbia o non abbia avuto esistenza fisica è del tutto irrilevante, dal momento che ogni cosa svanisce prima o poi e si confonde nell’indistinto trascorrere del tempo, che trascina incessantemente nel passato affetti, pensieri, persone reali o immaginarie, avvenimenti della storia effettiva (le res gestae) o della finzione letteraria. Stat Roma pristina in nomine, nomina nuda tenemus. Ciò che resta dopo è qualcosa di fittizio per definizione: l’ombra della nostra storia e della nostra cultura, provvisorio nutrimento per provvisori viventi, destinati a svanire e a far posto ad altri viventi, in una lunga serie di orbite ellittiche che noi chiamiamo anni. Resta qualcosa di umbratile come il mondo impalpabile della νέκυια omerica, dove precipitano gli eroi che muoiono in battaglia (Mentre parlava così la morte lo avvolse, la vita volò via dalle membra, e scese nell’Ade piangendo il suo destino, lasciando la gioventù e il vigore
: Iliade, XVI, 855 sgg.), dove vaga disincantata l’ombra di Achille e dove Ulisse non riesce ad abbracciare le fuggevoli sembianze di sua madre.
Ma questo titolo vuole anche significare che l’autore si pone umilmente all’ombra di un altro Autore, Arthur Conan Doyle, colui che forgiò l’immortale personaggio verso il quale, come è noto, nutriva un contrastante, ambivalente e psicanalitico sentimento di attaccamento e di fastidio.
Tutti i cultori del grande detective conoscono il rapporto conflittuale che lo scrittore mantenne con la sua creatura, per parecchi versi opposta, con la sua forma mentis razionalistica e positivistica, alle inclinazioni spiritistiche di sir Arthur e alle sue preferenze verso tutt’altro tipo di scrittura e di letteratura. E allora, se un autore come Conan Doyle scoprì una vena aurifera nei confronti della quale egli fu troppo spesso insofferente, dando la sua preferenza a vene d’argento, se non di ferro, che cosa ci sarebbe di male a sfruttare lo stesso filone? Forse che tutta la vita e le potenzialità di Sherlock Holmes si sono esaurite nei 56 racconti e nei 4 romanzi brevi che il suo inventore gli ha dedicato?
Consideriamo per un momento la letteratura alla stessa stregua delle scoperte scientifiche o delle arti. Se Leonardo fosse vissuto più secoli, avrebbe probabilmente costruito lui un aereo in grado di volare, che invece realizzarono i fratelli Wright. Allo stesso modo Caravaggio avrebbe potuto dipingere cento altri quadri (che poi dipinsero i caravaggeschi), Mozart comporre chissà quante altre sinfonie che hanno invece composto altri musicisti e così via e anche l’autore di Sherlock Holmes, sempre che avesse voluto, avrebbe potuto scrivere ancora molte avventure della sua saga. Ma tutti costoro – e in verità tutti in assoluto – devono fare i conti con la brevità dell’esistenza. Ars longa, vita brevis.
Il miracolo dell’invenzione,