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I racconti di Villa Sissi
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I racconti di Villa Sissi
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I racconti di Villa Sissi

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A una mostra d'arte succede che il quadro più bello risulti la ragazza della reception, ingaggiata per l'occasione come ragazza immagine, raggiante, al centro di una cornice dorata all'ingresso. E un mecenate americano se ne accaparra il possesso, senza scandalo di nessuno, decretando il successo della mostra, la fortuna della ragazza immagine.
Chiamato d'urgenza da una vecchia signora per una crisi cardiaca, un medico trova poi che c'era da visitare il cagnolino e non la signora. E deve farlo, perché la signora puntandosi una pistola alla tempia minaccia di uccidersi, se il dottore si ostina a rifiutarsi.
Una veggente di Piacenza, ospite del Grand Hotel Imperial, dove si tramanda che abbia soggiornato la Principessa Sissi, una sera si convince di sentire Sissi che suona il pianoforte; e in preda alla suggestione vaga per l'albergo illusa di vivere un contatto esoterico con Sissi.
Tutta la materia narrativa di questa raccolta di racconti  è un'alternanza tra reale e surreale, assurdo e visionario, quasi che un fatto per farsi racconto avesse bisogno di un progetto trasfigurativo. Diffusa è la connotazione di ambiente medico di tutti i fatti narrati, essendo l'autore medico di mestiere. Aspetto prevalente è inoltre il mondo turistico alberghiero di Levico Terme, nel Trentino, dove l'autore ha soggiornato per lavoro e scritto queste pagine sotto la spinta ispirativa del posto.
LanguageItaliano
Release dateJun 27, 2018
ISBN9788869826603
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    I racconti di Villa Sissi - Michele Stellato

    (AL)

    Preambolo

    Sono arrivato a Levico Terme la prima volta di sera tardi, verso la mezzanotte. Ero atteso al Grand Hotel Imperial. Non trovando la strada giusta, per orientarmi mi sono fermato davanti all'ingresso principale del Parco Asburgico. E l'ho visto in alto, il Grand Hotel Imperial, in cima al parco, immenso, cinque piani di luci accese, sbucato all'improvviso dall'oscurità come una visione più fantastica che reale. Mi ha fatto la stessa impressione, di sogno, del transatlantico Rex che naviga scintillando di luci, nella notte, al largo dell'Adriatico, nell'Amarcord di Fellini.

    Le pagine di questa raccolta – I RACCONTI DI VILLA SISSI – sono state tutte scritte nel corso della mia permanenza, come medico delle terme, al Grand Hotel Imperial, ospite della società delle terme. Dal 2005 al 2014, stanza numero 308, con vista sul Parco degli Asburgo. Un ambiente che vuole testimoniare cultura e tradizione asburgica, coltivando in particolare il mito della principessa Sissi, a cui è dedicato un centro benessere, una suite, una sontuosa sala ristorante, e una dependance in stile Liberty, detta Villa Sissi, che ospita attualmente gli uffici dell’APT. In ossequio verso questa nobile tradizione – a cui è difficile sottrarsi pernottando nell'albergo – ho voluto far riferimento nel titolo a tanto mito. Alcuni dei racconti quindi sono ambientati esplicitamente nella dimora in questione, facendo riferimento a Sissi; molti altri no, divergono, portano lontano verso altre destinazioni. Ma per tutta la raccolta si riconosce un unico e giusto incubatore, identificabile in questo luogo di soggiorno, a Levico Terme, estrema periferia dell'ex Impero Austroungarico; capace di suscitare suggestioni e fughe nel tempo

    L'autore

    1

    LA RAGAZZA DELLA CORNICE

    La mostra all'Azienda di Promozione Turistica registrava uno scarso successo di pubblico. E anche di qualità. I pochi visitatori lasciavano la sala storcendo la bocca, solo rozzi quadri di montagna, mai viste montagne così brutte, vedute sordide e tristi. Perché non tutti i pittori di montagna hanno l’arte di Segantini, che dipingeva vedute di montagna e faceva quadri da favola. Eppure la sede della mostra era prestigiosa, già questo avrebbe dovuto richiamare gente, il curatore l’aveva valutato bene: Villa Sissi, una dependance del Grand Hotel Imperial di Levico Terme, dove secondo quanto si tramanda ha soggiornato la Principessa Sissi. Quindi un richiamo sicuro, nessuno si chiede se leggenda o storia, nel pieno della stagione turistica.

    Il curatore della mostra era disperato per questo insuccesso, si chiamava Loris Mottini. Si rimproverava di non aver intitolato l'esposizione Una mostra a Villa Sissi ma semplicemente Una mostra all'APT, come dicevano gli striscioni pubblicitari e anche i dépliant distribuiti dappertutto con generosità. Anche se in effetti nei saloni di Sissi s'era insediata l'agenzia di promozione turistica, ed era stato ritenuto giusto che la mostra avesse questa indicazione. Cosa molto prosaica in verità destinare ambienti con tanta storia a luogo dove distribuire depliant della sagra del radicchio di Bieno e del festival della castagna di Roncegno. Ma questi sono anche i capitomboli del destino umano.

    Loris Mottini non faceva che spiare l’ingresso aspettando qualche visitatore; quando si stancava lasciava la sua postazione e si metteva a girare, schiacciandosi la testa tra le mani, negli spazi dietro la sala di esposizione. Ne aveva motivo: affittare la sala per tre settimane, in alta stagione turistica, gli era costato; contava di pagare con la vendita dei quadri. Questo era il suo mestiere, campava così, una mostra qui una mostra là. Così non avrebbe ottenuto neppure il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune, promesso a condizione che la mostra avesse raggiunto un certo numero di presenze. E non stava andando così. Ecco perché il curatore per tutto l’orario di apertura della mostra un po’ spiava l’ingresso, un po’ misurava a larghi passi lo spazio dietro la sala, tormentandosi, la testa tra le mani. Finché capitò a visitare la mostra un petroliere americano del Texas. Una vera manna del cielo, capitato così per caso, ma si sa che a questo mondo tutto avviene per caso. Passò in rassegna tutti i quadri esposti. Si vedeva che aveva occhio per l’arte. Di fronte a ogni quadro si fermava attento, lo sguardo fisso, e ti dava l’idea, dall’espressione concentrata che faceva, che stava mettendo a fuoco l’opera che aveva davanti, radiografandola, trapassandola, pesandone valore di mercato e qualità. Non era giovane, ma non era neppure vecchio, era giovanile. Era estate, era vestito con abiti leggeri. Portava un completo di lino chiaro, con camicia azzurra senza cravatta, e un gilet estivo damascato. E un gran cappello di tela texano. Chiaro anche il cappello.

    Fece presto a visionare i quadri della sala. Poi rifece il giro e di nuovo, cominciando dal primo, li valutò uno per uno e davanti a ciascun quadro accennava discretamente a un’espressione di critica, che non lasciava appello, roba che non valeva niente. Subito cominciò a girare voce che era un petroliere col pallino dell'arte, che a Houston, la sua città, aveva un museo privato ricco di opere d'arte moderna ma anche classica. Che girava il mondo comprando quadri per arricchire il suo museo.

    Arrivato alla reception, disse al curatore della mostra che l’aveva seguito passo passo, spiando la sua reazione, come a pendere dalle sue labbra: «Compro questo! Quanto costa?»

    Il curatore della mostra aveva avuto una trovata originale, al banco della reception, dopo l’ingresso, aveva piazzato una bella ragazza, Greta Gospel, che accoglieva i clienti con amabilità, consegnava un depliant sulla mostra, faceva presente la disponibilità della direzione per notizie sugli artisti e sui prezzi dei quadri, augurava che la visita risultasse piacevole. Una cornice dorata poi contornava la sua figura dalla vita in su. Col lato inferiore la cornice poggiava sul tavolo, quindi la ragazza stava proprio come in un quadro. Un amore di ragazza, un volto pieno di carattere e grazia, quindi il quadro risultava meraviglioso. Grazie che il petroliere texano ne rimanesse conquistato, perché è proprio questo il quadro che indicava quando disse: compro questo!

    Il curatore rimase di stucco, non s’aspettava questa proposta e per l’imbarazzo rimase in difficoltà per un bel momento. Poi si riprese, pensò a uno scherzo dell'americano e per essere spiritoso da parte sua sparò una cifra spropositata: un milione di dollari! Il petroliere lo prese in parola, senza battere ciglio, con l’espressione ferma di chi è abituato alle trattative accettò: d’accordo, mi sta bene! Quando vuole stendiamo il contratto.

    La notizia si diffuse in un baleno, fece subito scalpore, cominciarono ad affluire visitatori a frotte.

    Loris Mottini pur ancora sconcertato, con molti lati della faccenda da meditare ancora, era intanto soddisfatto perché quanto accaduto confermava – lui gallerista di mestiere – una sua filosofia: la fortuna di una mostra non la fa l’artista che espone ma chi entra e compra. E come dargli torto? E Greta Gospel cosa ne pensa? La ragazza della cornice non mostrava nessuna preoccupazione, sempre sorridente e amabile, occhi chiari, i capelli lunghi in due bande laterali con la linea in mezzo; e quel sorriso serafico, quanto succedeva faceva parte del ruolo accettato. Un sorriso sicuro di sé. Controllato. Aveva fatto un contratto come ragazza in cornice per la mostra. Un collezionista poi aveva fatto una proposta, e le sembrava una evoluzione naturale con l’impegno che aveva firmato. Che sorpresa doveva avere? Cosa doveva temere? Perché preoccuparsi?

    Il texano, che era un bell’uomo, dai modi corretti e signorili, di una certa età ma senza un capello grigio, andava ripetendo che a un quadro così, senz’altro il più bel quadro che gli fosse capitato inseguendo la sua passione di mercante d'arte, avrebbe riservato lo spazio più prestigioso della sua dimora, nel salone delle feste. Sentiva anche la ragazza mentre diceva queste cose, ecco perché non tradiva la minima inquietudine, mostrandosi disinvolta, nessuna ansia di nessun genere per quello che l’aspettava. Poi aveva notato che il mercante aveva gli occhi celesti, aveva sempre sentito dire che quelli con gli occhi celesti sono buoni. Quindi cosa doveva capitarle, cosa doveva temere? Aveva sentito che anche qualche visitatore diceva – indicando il mercante – guarda, ha gli occhi celesti! E poi suo padre, suo padre che era buono come il pane aveva gli occhi celesti. Quindi nulla ebbe in contrario quando il curatore le chiese direttamente cosa ne pensava, se era d’accordo. Loris Mottini doveva pur sentire il suo parere, non poteva disporre del suo destino senza interpellarla. Al massimo, pensò la ragazza – accennando un sorrisetto compiaciuto – sarà un tipo stravagante, di quelli che essendo nati fortunati passano la giornata a studiare di essere originali. Così Loris Mottini accettò l’offerta e stilò il contratto di vendita, che il petroliere firmò prontamente. Pose una sola condizione il curatore, che il quadro poteva essere ritirato – come regola di ogni mostra d’arte – solo a chiusura dell’esposizione.

    Il via vai dei visitatori dopo la diffusione di questa notizia era incessante. La gente visitava i quadri esposti ma la curiosità era solo per la ragazza della reception. Ammirava la sua figura con grande interesse, cercando di capire i segreti di quella bellezza che aveva fatto colpo sul mecenate americano. Faceva anche commenti, la gente, a favore e contro. Per qualcuno la ragazza non doveva accettare, così si vendeva. In maggioranza sostenevano che era stata una fortuna, una roba da favola, perché non doveva accettare? Ti capita bene una volta nella vita, e ci devi pensare? Un mercante d’arte scopre un quadro che gli piace e lo compra. Non è tutto qui? Un mercante d’arte, capite? Uno che ha sensibilità e ama il bello, non è un rozzo riccone; quindi la tratterà bene, ne avrà cura, le tributerà stima e rispetto. E via di questo passo, commenti a non finire, ma tutti a bocca aperta davanti alla ragazza della reception bella e luminosa, in una cornice dorata, di un barocco discreto, pensando alla storia che stava vivendo. I commenti in fondo facevano bene alla ragazza, la sua soddisfazione cresceva, anche la sua vanità, come non essere raggianti per il fatto che la propria immagine aveva ricevuto quell’apprezza-mento straordinario? Loris Mottini di fronte a questo insperato successo di pubblico, intanto vendeva anche qualcuno dei brutti quadri esposti, pensò di prolungare la durata della mostra, addirittura. Ma l’APT (Agenzia di Promozione Turistica) che ha la gestione dello spazio espositivo non concesse l’autorizzazione, aveva altri contratti per la stagione turistica in corso.

    Il giorno della chiusura della mostra il petroliere arrivò con la sua limousine a ritirare il suo quadro. All'aeroporto di Verona l'aspettava il suo aereo privato; appena fossero arrivati, l'opera d'arte che aveva comprato, la limousine, il suo entourage, tutti sarebbero decollati per Houston, nel Texas.

    Quando la ragazza lasciò la sala il mercante le andò incontro e le baciò la mano, accompagnandola poi fino alla macchina dove l’autista teneva la portiera aperta. La cornice dorata stava magicamente attaccata alla vita, così Greta entrò in macchina senza difficoltà, un quadro vivente che si muoveva, lei sempre al centro del quadro, senza sconquassi, niente che si alterasse di quella miracolosa composizione. C’erano due ali di pubblico, le televisioni, cronisti, fotografi, e tanti tra i curiosi con macchine fotografiche che scattavano foto in continuazione. Nessuna incertezza turbava la serenità del suo volto. La ragazza sorrideva con amabilità. La sua espressione era composta, consapevole che al suo ruolo s’addicevano modi controllati. Era a proprio agio. Era felice. Non era confusa, certa che la vita che l’aspettava non poteva serbarle che liete sorprese. Tutto pareva confermare che sarebbe andata così. Il mercante che l’aveva scelta faceva pensare questo e nient’altro, Greta lo leggeva nel suo sguardo, nel gesto premuroso con cui l’aveva invitata a entrare nella sua automobile, come se avesse voluto dirle, a lei, Greta Gospel, di entrare nella sua vita. La macchina si mosse tra due ali di pubblico festante. La ragazza salutò sorridente, con grazia, ma senza gesticolare, per non scombinare il quadro.

    2

    LA SIGNORA DEL CAGNOLINO

    E' successo questa estate, il giorno prima di andare in vacanza, all'inizio di agosto. Ero impegnatissimo con i preparativi della partenza, già ufficialmente in ferie dall'ospedale; ma nonostante, giunta la telefonata di una anziana signora che chiedeva una visita a domicilio, urgente per favore, perché in preda a dolori cardiaci, ho smesso di fare i bagagli e ho raggiunto l'abitazione della signora Tonetti. Molto di contraggenio e seccatissimo, devo ammetterlo, ma il mestiere del medico è fatto così; poi si trattava di una signora anziana già in cura per cuore senile come mi ha spiegato velocemente per telefono, che non era riuscita a rintracciare il suo medico di famiglia, né altri dottori perché è agosto e sono tutti al mare o in montagna. Quindi lo scrupolo professionale è prevalso, come sempre. Anzi, ho raggiunto l'indirizzo in men che non si dica, forzando l'acceleratore, con un sorpasso avventato, due semafori fatti col rosso.

    Ma a un altro semaforo rosso mi sono dovuto fermare a lungo, con mia grande gioia, e vi spiego perché.

    Io sono un fumatore clandestino, lo so che non è bello ammetterlo, e che sono un cattivo maestro, ma come diceva Oscar Wilde? L’unico mio difetto è che non resisto alle tentazioni. Io mi riferisco a quella del fumo. Dunque, sono un fumatore clandestino, in casa mia non mi fanno fumare, allora fumo fuori di casa, in macchina, specialmente ai semafori rossi, quando mi imbatto in una coda che sono il mio godimento; e ancora nella toilette del reparto dove io passo tanto di quel tempo quando sono sul lavoro con un continuo via vai, e tanta compassione da parte della mia suora, a cui ho detto che soffro di prostata. E chi soffre di prostata ha bisogno di urinare spesso.

    Ha cominciato la mia ultima figlia, Lucia, a combattere il mio vizio del fumo. Complice la maestra che ha plagiato la mia ultimogenita con le sue idee di un mondo più pulito. Io non è che sono contrario, ci mancherebbe, un mondo più sano lo voglio anche io. Ma questa crociata contro la mia compagna di una vita, incolpevole, presenza sicura, amica appassionata, sorella prediletta, e sincera, ricca di trasporto, infaticabile,

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