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Le ali della farfalla
Le ali della farfalla
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Le ali della farfalla

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Narrativa - romanzo (238 pagine) - Un omicidio difficile da comprendere, oscure trame che si allacciano al passato dell'avvocato Morelli, che dovrà impiegare tutta la sua abilità investigativa per risolvere un'indagine che non avrebbe mai voluto affrontare


Cleo, una sedicenne drogata, portata in una Comunità terapeutica per disintossicarsi, il giorno del suo compleanno fugge e se ne perdono le tracce. Tre settimane dopo viene trovata morta in un cantiere in costruzione sulla riviera di Pescara. È la figlia di un vecchio compagno di scuola dell’avvocato Morelli, che riceve l’incarico di scoprire cosa sia accaduto. Non sarà facile perché la ragazza viveva con un compagno (Osvaldo) che l’aveva avviata verso la prostituzione. Questi viene arrestato perché sospettato del delitto e, messo agli arresti domiciliari, riceve una visita che non si attendeva. A questo punto è difficile dire per quale ragione Cleo sia stata assassinata: la droga? Qualche cliente insoddisfatto o geloso? Uno zio troppo preso dal fanatismo religioso? O qualcuno che aveva conosciuto nella Comunità di frate Filippo?

Sarà compito dell'avvocato Morelli scoprire la soluzione…


Luigi Grilli, nato a Ortona nel 1939, vive in campagna, sulle colline circostanti la città di Pescara. Sposato con due figli, si dedica alla scrittura e al suo hobby preferito, la coltivazione delle rose.

Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza a Bologna nel 1962 è entrato in magistratura nel 1965 e vi è rimasto fino al 2008, quando ha scelto di andare in pensione. In magistratura è stato in servizio come pretore e come giudice presso il tribunale di Pescara. Poi, ha svolto le funzioni di procuratore della Repubblica a Lanciano e, quindi, di sostituto procuratore generale a L’Aquila. Ha concluso la carriera come presidente del tribunale della sua città.

Nel corso degli anni ha pubblicato, con le case editrici Giuffré e Cedam, diciotto volumi di diritto penale, processuale penale e civile. Esordisce ora nel campo del romanzo giallo, ambientando nel suo tribunale e nella sua città le storie poliziesche che, rielaborate dalla fantasia, traggono origine da vicende che ha vissuto in prima persona.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateJun 12, 2018
ISBN9788825406245
Le ali della farfalla

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    Le ali della farfalla - Luigi Grilli

    9788825404791

    Il maestro chiese: – Cosa accade alla farfalla che perde le ali?

    Il discepolo rispose: – Cade a terra.

    Chiese il maestro: – Cosa accade se qualcuno la calpesta?

    Rispose il discepolo: – La farfalla muore.

    Il maestro: – Dimmi, Ezdo, uccide la farfalla chi le brucia le ali o chi la schiaccia con il piede?

    Il discepolo: – Non lo so, ma con il tempo lo scoprirò.

    (Da una filastrocca medievale)

    Personaggi principali

    Antonio Morelli, avvocato

    Biagio Mosca, sostituto procuratore della Repubblica

    Dottor Spada, vice questore

    Cleo Sammarco, tossicodipendente

    Osvaldo Salsi, fidanzato di Cleo

    Carlo Sammarco, padre di Cleo

    Annalisa Fiore, psicologa

    Lia Biancofiore, compagna di Cleo

    Lucilla Mastromatteo, tossicodipendente

    Giorgio Cammarota, amico di Lucilla

    1

    Il cantiere sul lungomare

    Nino Mancuso, vigile della polizia municipale di Pescara, addetto al settore urbanistica e tutela dell’ambiente, si trovava insieme con il collega Brunetta nell’ufficio del comandante, il maggiore Roselli.

    Era stato lui ad apporre i sigilli, tre mesi prima, nel cantiere dell’ingegner Bruni, situato sul lungomare Matteotti, e ora spettava a lui andare a toglierli.

    Si ricordava della vicenda perché ne avevano scritto anche i giornali: l’ingegnere aveva deciso di ampliare il suo stabilimento balneare con l’aggiunta di alcuni locali destinati alla ristorazione. Non aveva avuto la pazienza di aspettare che gli rilasciassero la concessione edilizia e s’era messo a costruire senza farsi tante preoccupazioni.

    Mancuso ripensò a come era arrabbiato il proprietario dell’immobile confinante, che si era rivolto al giudice, dal quale aveva ottenuto il sequestro del cantiere.

    Il collega Brunetta, giovane e inesperto, nel tentativo di capirci qualcosa, gli chiese: – Se l’abbiamo sequestrato appena tre mesi fa, com’è che adesso andiamo a restituirlo? Ci facciamo una brutta figura!

    Nino Mancuso arricciò le labbra e rispose: – Non lo so. Ci stanno di mezzo gli avvocati. Sembra che un altro giudice la pensi diversamente dal primo. Lascia stare. Che te ne importa?

    – Niente. È che con questa gente piena di soldi non mi ci ritrovo.

    – A chi lo dici!

    Girò lo sguardo verso il comandante e notò che si stava innervosendo. Non si sbagliava perché quasi subito Roselli, che li stava scrutando tutto torvo, rivolto verso Mancuso, gli disse: – Dura assai questa chiacchierata? Ci vogliamo fare notte?

    I due vigili si guardarono e se ne stettero zitti.

    – Statemi a sentire – disse il comandante. – Chiamate il proprietario o il direttore dei lavori. Avvisate anche l’avvocato e scrivete il verbale in modo chiaro. Controllate quello che c’è nel cantiere e non vi immischiate in queste liti perché non si sa con chi si ha a che fare.

    Guardando fisso negli occhi Mancuso e agitando il dito indice a mo’ di minaccia aggiunse: – Non fare casini perché la faccenda è piuttosto semplice: Andate, scrivete e tornate. Mi sono spiegato?

    Nino Mancuso che, per essere il più anziano, si sentiva responsabile dell’intervento, non era convinto che la faccenda fosse così semplice come la stava mettendo il comandante.

    Gli era accaduto altre volte che, nel restituire un edificio, il diretto interessato avesse lamentato che mancava qualcosa. Proprio mesi prima aveva dovuto affrontare un contadino che, nel vedersi restituire un cascinale, che stava trasformando in una villa, aveva protestato perché non aveva ritrovato il maiale che, secondo lui, si trovava sul posto il giorno del sequestro. La situazione stava degenerando e solo il pronto intervento del maresciallo dei carabinieri aveva scongiurato il peggio. Il suino non si trovava. Il mancato allevatore aveva presentato una querela e voleva che gli si pagassero i danni.

    – Scusi, comandante – replicò Mancuso, – se non abbiamo il verbale di sequestro ci manca il documento per stabilire cosa si trovava nel cantiere quando è stato chiuso. Non vorrei perderci la mattinata con qualche furbastro dell’ultima ora, uno di quelli che speculano su tutto.

    – Stai a pensare ancora al maiale? – gli rispose il comandante. – Rilassati e va’ sul posto. Controlla che il materiale del cantiere ci sia ancora. Se qualcuno si mette a strillare, scrivi tutto sul verbale e pensa alla salute. Nino mio, siamo a giugno, la stagione balneare sta per iniziare e quello è così contento di riavere la struttura che nemmeno ti vede.

    Mancuso non avrebbe voluto insistere, ma sentiva in cuor suo che quel verbale gli sarebbe stato utile. – Ho capito, ma ho chiesto all’ufficio protocollo una copia di quel verbale e non me lo hanno consegnato.

    – Come mai? – chiese il comandante.

    – Dicono che se lo sono perso.

    L’altro si alzò dalla poltrona, fece un mezzo sorrisetto e concluse: – Se il verbale non si trova, lo puoi chiedere alla parte, che di certo ne ha una copia. Se va tutto storto, vuol dire che ne fai a meno. Adesso, andatevene perché ho altro cui pensare. Fate le cose con calma e vedrete che andrà tutto bene.

    Nino Mancuso, detto il caporale, non ne era convinto, ma sapeva anche che mettersi a discutere con il comandante era tempo perso.

    Salutò e, seguito dal vigile Giovanni Brunetta, si diresse verso il lungomare di Pescara, dove si trovavano le varie strutture balneari. Tra queste c’era anche quella dell’ingegnere Adalberto Bruni, dal nome promettente di Sirena del mare.

    Prima di lasciare il comando fece avvisare l’avvocato della parte, una brava persona che conosceva da tempo e con il quale non aveva mai questionato. Sapeva di poterci ragionare con l’avvocato Morelli e il vigile Mancuso, che temeva le discussioni più della suocera, si sentiva tranquillo se aveva a che fare con una persona di buon senso.

    L’avvocato Antonio Morelli si trovava sul posto quando arrivarono i due vigili urbani.

    Era riuscito a parcheggiare la Porche nei pressi del cantiere e ne era rimasto contento perché aveva i minuti contati per un altro impegno che l’attendeva in tribunale. Era convinto che ci avrebbe impiegato poco tempo perché conosceva bene il vigile Mancuso e sapeva che era una persona di esperienza.

    Era una giornata di primavera inoltrata e un bel sole stava riscaldando la città. Un paio di ragazze, con le tute azzurrine e attillate, passarono lì vicino mentre correvano e un signore anziano passeggiava sul lungomare portando al guinzaglio un labrador, che si fermava ad annusare ogni cespuglio e ogni pianta che trovava sul suo percorso. Molti camminavano lentamente come se fosse estate piena. Non lo era, ma quel sole traeva in inganno e l’aria era dolce, gradevole. Un leggero venticello portava sulla città il profumo del mare.

    Quelle ragazze gli fecero tornare alla mente quando, da giovane, anche lui faceva jogging sul lungomare. Ora, con una famiglia sulle spalle e il lavoro, che aumentava sempre di più, non se lo poteva permettere. Rimaneva il ricordo e non poté fare a meno di sorridere.

    Dopo i saluti del caso entrarono nel cantiere.

    La porta era aperta. L’avviso che visualizzava il sequestro si era staccato e giaceva a terra; il sigillo di ceralacca che avrebbe dovuto trovarsi sullo stipite era rotto.

    Il vigile Brunetta se ne accorse per primo e, rivolto verso l’avvocato, gli disse: – Qualcuno ha rotto i sigilli e sarà entrato nel cantiere.

    Prima che Morelli potesse rispondere intervenne Mancuso: – Che t’aspettavi? Sono più di tre mesi che questo posto è abbandonato. Se ci troviamo dentro qualcosa sarà un miracolo.

    Morelli: – Non vi preoccupate. Si sa che, quando si sequestra un cantiere, ci si ritrova poca roba. Il mio cliente non ha voluto metterci un custode e adesso si prende quello che c’è rimasto.

    Entrarono.

    Nella parte del vecchio stabilimento balneare non trovarono nulla. Ma, nemmeno se l’aspettavano.

    L’avvocato passò nella zona in costruzione e salì nel piano superiore, seguito dagli altri due. Anche qui, terra bruciata.

    Mancuso, tenendo in mano il verbale di sequestro, che si era fatto dare dall’avvocato Morelli, gli disse: – Secondo questo, nel piano di sopra ci dovrebbero essere dodici scatole di piastrelle, venti sacchi di cemento e della minuteria da carpentiere. – Si guardò intorno e concluse: – Non c’è più niente.

    L’avvocato, con un sorrisetto ironico, gli rispose: – Che si aspettava? Fesso quello che non ha messo al sicuro almeno gli attrezzi.

    Il telo che mascherava una finestra si era rotto e Morelli si affacciò per dare uno sguardo all’arenile. Il mare era calmo, quasi piatto. Il cielo era sereno, la spiaggia quasi deserta a parte un gruppo di ragazzi che erano intenti a giocare con il pallone. Avevano conficcato sull’arenile dei bastoni per segnare le porte del campo e si affannavano a correre dietro una palla colorata. Erano allegri, contenti, forse degli studenti che avevano marinato la scuola. Si ricordò che erano gli ultimi giorni, le vacanze vicine e forse si divertivano ad anticipare l’estate.

    Si ritrasse e in quel momento sentì Mancuso che diceva: – Lo doveva fare il suo cliente.

    Morelli, mentre tornavano verso il piano terra: – Si vede che è fesso anche lui. Non vi preoccupate perché l’ingegnere nemmeno se n’è accorto che c’era questo materiale.

    Discesero con una certa cautela, in fila indiana, perché la visibilità era scarsa. La gradinata era grezza e senza protezione.

    L’attenzione del legale fu attratta da due carriole che si trovavano nel sottoscala, vicino a un mucchio di sabbia e ad alcuni sacchi di gesso. Sorrise e, rivolto verso i due vigili, disse loro: – Vedete? Non si sono presi proprio tutto.

    – È roba di poco valore – commentò Brunetta. – Cosa vuole che ci facciano con quella sabbia? Senza contare che quelle due carriole hanno più anni di mia nonna. Sono di ferro. Oggi si usano di plastica rinforzata.

    Morelli si spostò di pochi metri per controllare meglio il locale ed ebbe l’impressione di vedere un luccichio, qualcosa che per un attimo aveva brillato. Non ne era certo e fece un passo indietro. Un raggio di sole fece riflettere di nuovo un qualcosa. Doveva essere un oggetto piccolo e non riusciva a dargli corpo.

    Diede un colpetto con la mano sulla spalla di Mancuso, che lo precedeva, e gli disse: – Dietro questo mucchio di sabbia, nel sottoscala, potrebbe esserci qualche oggetto.

    – Cosa?

    – Non lo so, ma vale la pena di passare dall’altra parte e controllare. Potrei sbagliarmi ma, visto che ci siamo, verifichiamo.

    Mancuso ordinò all’altro vigile: – Va’ a vedere.

    Morelli, pur essendo l’ultimo della fila, notò che Brunetta si intrufolava nel sottoscala per cercare di vedere meglio quello che ci si poteva trovare. Nonostante fosse piccolo di statura e di corporatura, era evidente che aveva qualche difficoltà per entrare nel sottoscala.

    C’era quasi riuscito quando inciampò su un sasso e cadde a faccia in giù, sulla sabbia. Fece un gran tonfo e, rotolando su se stesso, spinto dall’inerzia, si ritrovò nella parte opposta. Per evitare di battere la testa contro il muro e cercare di frenare la caduta allungò la mano destra e la sprofondò nel mucchio di sabbia, artigliandola.

    Si ritrasse subito, come a voler evitare di essere folgorato da qualcosa di misterioso, senza capire di cosa si trattasse, ma guidato solo dall’istinto. Nel tirarsi indietro batté con la schiena sul muro e lo spigolo di un mattone gli ferì la spalla destra.

    Si ritrovò di nuovo sulla sabbia. A quel punto urlò che più non avrebbe potuto. Per la sorpresa? Per la paura? L’avvocato non riuscì a decifrarlo, ma di certo il vigile Brunetta emise un urlo.

    Morelli, dopo un attimo di smarrimento, più per la sensazione di freddo che l’urlo del vigile gli aveva creato, più per la sorpresa che per altro, fu il primo a reagire. Mancuso non gli era di alcun aiuto perché poco prima s’era fermato per accendere una sigaretta ed era rimasto con il cerino acceso. Nel sentire quell’urlo lo aveva gettato a terra e, con la sigaretta penzoloni tra le labbra, restava immobile come la statua di san Cetteo che troneggia sull’altare della cattedrale di Pescara.

    L’avvocato prese un pezzo di legno, che si trovava a terra, lì vicino, e lo tese al povero Brunetta nel tentativo di aiutarlo a uscire dal buco in cui s’era intrufolato.

    Il vigile si trovava con la faccia in giù e dava tutta l’impressione di non sapere come uscire.

    Su consiglio dell’avvocato fece perno sulle ginocchia e ci mise parecchio tempo prima di uscire da quel sottoscala, che era diventato l’anticamera dell’inferno.

    – Cosa è stato? – gli chiese Morelli.

    – Non lo so, avvocato, proprio non lo so. Deve esserci un animale morto, qualcosa che è freddo. Si vede e non si vede perché è coperto in gran parte dalla sabbia.

    I tre si guardarono. Non si capivano, non ci stavano capendo niente.

    Fu Morelli a prendere di nuovo l’iniziativa.

    Con i suoi ottanta chili e le spalle da atleta non gli era possibile imitare Brunetta e decise di spostare le due carriole che ostruivano il passaggio. Scavalcato il mucchio di sabbia, si ritrovò dall’altra parte. In mancanza di una torcia o di qualcosa che facesse luce, decise di servirsi dello schermo del telefonino, che emanava una luce fioca, ma sufficiente.

    Proprio vicino al muro, in un anfratto, scoprì quello che aveva spaventato a morte Brunetta.

    – C’è un cadavere – disse agli altri due.

    – Di quale animale? – chiese Mancuso.

    L’avvocato rispose: – Non è un animale, è una persona, forse una donna. Non si può dire perché è buio ed è in parte sepolta sotto il sabbione.

    Seguì un silenzio, rotto subito dopo da Morelli: – Non tocchiamo nulla e chiamiamo la polizia. Penso che la faccenda sia seria ed è meglio se ne restiamo fuori.

    Gli altri due assentirono.

    Il vigile Brunetta seguitava a massaggiarsi il fianco, che doveva fargli male perché emetteva dei gemiti indecifrabili, intervallati, quasi ritmati, forse per il dolore, più probabilmente per i postumi della paura che l’aveva attanagliato poco prima. Nino Mancuso restava in silenzio. La sigaretta, che fino a quel momento era rimasta penzoloni tra le sue labbra, cadde a terra, ma forse lui non se ne accorse.

    L’avvocato Morelli, nel vederlo così silenzioso mentre si abbracciava da solo, gli chiese: – Che c’è? Che succede? Posso fare qualcosa?

    Il vigile smise di tremare e, abbozzato un timido sorriso, gli rispose: – Tutto bene, grazie, tutto bene o quasi.

    – Cioè?

    – Me lo sentivo questa mattina che ci sarebbe stato qualcosa che andava storto. Me lo sentivo proprio. Me ne dovevo restare a letto.

    Prese la copia del verbale di sequestro che aveva riposto nella tasca della giacca e, nel restituirlo a Morelli, chiese: – Per il verbale di riconsegna, come facciamo? Al comandante, che gli dico?

    – Mi preoccuperei di ben altro che non di quel verbale.

    Il vigile Mancuso forse non riusciva a mettere insieme i pezzi del mosaico perché esclamò: – Che significa?

    – Voglio dire – rispose Morelli, – che adesso la polizia procederà al sequestro di questo cantiere, dal momento che ci si trova un cadavere. Forse è una morte naturale, forse no, ma in ogni caso dovranno fare degli accertamenti. Penso che la soluzione migliore sia quella di lasciar perdere. Potremo procedere alla restituzione del cantiere in un secondo momento, quando si sarà chiarita la situazione. Racconti al comandante cosa è accaduto e vedrà che si risolve tutto. Tenga presente che non è il solo ad avere qualche grana con quello che abbiamo scoperto.

    – Non ho capito.

    – Pensi a me, che devo comunicare al mio cliente che tutto è fermo, quando quello si aspetta di riprendere i lavori.

    Mancuso: – Facciamo così. Ognuno si tiene i suoi guai, ma io sto peggio perché lei non conosce il maggiore Roselli. È un gran rompipalle.

    Il vigile Brunetta non si era intromesso in quella conversazione ma, nel sentire le ultime parole del collega, annuì con il capo, in modo così plateale da strappare all’avvocato Antonio Morelli un sorriso.

    2

    Due ragazze in riva al mare

    Nel volgere di una decina di minuti, poco più, due auto della polizia si trovarono sul posto.

    L’avvocato Morelli, che s’era messo sul marciapiede in attesa del loro arrivo, vide scendere dalla prima auto il commissario capo della Questura, il dottor Tiepolo, ed ebbe la certezza che la sua prima impressione fosse quella giusta: La mattinata se ne sarebbe andata via senza la minima possibilità di potersi recare in tribunale. Un morto è un morto, e l’esperienza lo portava a prevedere il peggio.

    Appena il commissario giunse davanti al cantiere si salutarono.

    Tiepolo aveva l’aria seccata, un tantino anche preoccupata. Stringendo la mano di Morelli gli disse: – Mi scusi, avvocato. Metto in sicurezza la zona e poi ci sentiamo. È stato lei a chiamare?

    – Sì.

    – Bene. Mi dia un paio di minuti.

    Morelli si mise a osservare come operavano quelli della Questura. Vide che un paio di agenti si collocavano nell’ingresso dell’edificio per tenere a bada i soliti curiosi. Un terzo agente si era portato sull’arenile per evitare che qualche furbastro prendesse quella scorciatoia per entrare nel cantiere e un quarto agente si stava mettendo vicino al mucchio di sabbia, dove si trovavano ancora i vigili urbani.

    Nel vedere i due colleghi della municipale Tiepolo, non riuscendo a mascherare un certo disappunto, gli chiese: – Che ci fanno, qui? Chi li ha chiamati?

    – Non li ha chiamati nessuno. Erano qui con me perché stavamo procedendo al dissequestro di questo cantiere. Eravamo nell’interno per verificare lo stato dei luoghi quando abbiamo notato la presenza nel sottoscala di un cadavere. Ci siamo fermati subito e ho pensato di chiamare voi della Questura.

    – Ha fatto bene, anche se questa mattina avevo ben altri impegni. Mi sa tanto che devo riscrivere la mia agenda.

    Morelli non poteva e non voleva preoccuparsi dei problemi di Tiepolo, ne aveva già di suoi. – Che si fa?

    – La solita routine. Diamo un’occhiata al luogo in attesa della Scientifica e del patologo. Mi conferma che non avete toccato nulla?

    – Vada tranquillo. Appena ci siamo accorti della situazione ci siamo fermati. – Guardò il commissario con aria sconsolata e aggiunse: – Credo che ci vorrà del tempo. La mattinata è andata persa.

    – Non le so dare torto.

    Morelli non si sbagliava. Il commissario era arrivato in poco tempo ma, quanto a quelli della Scientifica, ci volle un’ora abbondante prima che portassero la loro attrezzatura sul cantiere.

    Erano le dieci del mattino, ma il sottoscala era al buio e ci volle altro tempo per far arrivare un generatore di corrente a batteria. Ne approfittò per telefonare a Lisa, la praticante dello studio, per darle le istruzioni sul lavoro da svolgere. Non poteva andare in tribunale, ma qualcuno ci doveva andare perché il cliente, che stava aspettando, non poteva essere lasciato solo.

    Fatto questo e sistemate un altro paio di incombenze grazie al solito e immancabile telefono cellulare, l’avvocato, in attesa che i tecnici svolgessero il loro lavoro, si avvicinò a Tiepolo. Non erano amici, non come lo era del sostituto della Procura della Repubblica, il dottor Biagio Mosca, ma si rispettavano e questo in certe occasioni aiuta.

    Segaligno da far paura, alto quasi due metri, Tiepolo sapeva portare un bel vestito con un’eleganza tutta naturale, anche se poi riusciva a confondere le idee a chi si metteva a valutarlo per quei capelli lunghi che tanto mandavano in bestia i suoi superiori. Non era questo il suo unico difetto perché non una sola volta in vita sua era riuscito ad abbinare a quei bei vestiti delle cravatte degne di questo nome.

    – Come va?

    – Glielo dico più tardi – rispose Tiepolo. – Per ora, so solo che, dopo una settimana di pioggia, finalmente è venuto un bel sole e mi trovo sul lungomare, non per divertirmi, ma per lavorare. Bene non va, poi, vedremo! – Fece una pausa, indicò con un gesto della mano i vigili e aggiunse: – Ho parlato con loro e mi hanno riferito di come è stato trovato il cadavere. Brutta storia, vero?

    – Direi proprio di sì.

    – Se ho capito bene, lei era qui per tutelare gli interessi del proprietario dello stabilimento balneare.

    – Sì, è così. Il proprietario, l’ingegner Bruni, il costruttore, è un mio cliente. Mi occupo della pratica per l’abuso edilizio. Questa mattina i vigili mi hanno telefonato per dirmi che procedevano al dissequestro del cantiere. Avremmo potuto prevedere tutto tranne che trovarci quel cadavere. Sì, sì, una brutta storia, che penso le darà parecchio lavoro.

    Tiepolo accese una sigaretta e, non sapendo dove gettare il fiammifero, dopo averlo spento con un soffio, lo ripose in un pezzo di carta, che mise nella tasca della giacca. Poi, chiese: – Com’è questa storia del sequestro? Da quanto tempo il cantiere era chiuso?

    Morelli notò che il commissario aveva iniziato il suo lavoro e, tutto sommato, era la cosa più naturale. Trovare un cadavere in un luogo abbandonato porta subito a chiedersi da quanto tempo quel luogo non viene frequentato.

    Se il commissario era persona che non sarebbe uscito da casa senza essere vestito di tutto punto, in questo alla pari con il sostituto dottor Mosca, Morelli la pensava diversamente e ogni scusa era buona per indossare i suoi maglioni, alcuni dei quali, però, costavano più di un vestito. Era elegante, ma a modo suo. Quella mattina ne portava uno colore blu marina, su un paio di pantaloni grigio scuro, che si facevano notare perché in fondo avevano la piega, cosa del tutto fuori moda, ma che a lui piacevano proprio per questo.

    Rivolto verso il commissario, rispose: – Il cantiere è stato chiuso, giorno più giorno meno, verso la fine di marzo. Non ricordo la data esatta, ma si può verificare il verbale di sequestro. Ora siamo al tre giugno. Direi che il luogo è stato abbandonato per due mesi, anche più.

    – Come mai lo hanno già dissequestrato?

    – La Procura della Repubblica aveva disposto il sequestro per abusivismo edilizio e la faccenda sarebbe andata avanti per molto tempo per le denunce ripetute, quasi settimanali, del vicino. Ci aspettavamo che la vicenda sarebbe arrivata a fine anno, e anche oltre, ma una mia collega di studio si è accorta di un vizio di procedura e il tribunale del riesame ha disposto un temporaneo dissequestro. Non è una grande vittoria perché tra una settimana ci aspettiamo un nuovo vincolo ma, intanto, la situazione andava regolarizzata.

    Si fermò perché il telefono si faceva sentire.

    Rispose. Era un giornalista che chiedeva notizie. – Ciao, avvocato. Che mi dici del cadavere trovato sul lungomare?

    Riconobbe la voce di un suo conoscente. Non proprio un amico, ma certamente una persona con cui era in buoni rapporti. Si trattava di Nero Testa, da tutti conosciuto come Pul, che dovrebbe essere – per come l’avevano spiegato a Morelli – l’abbreviazione di premio Pulizzer. Non era simpatico ai più, anzi, era un tantino arrogante, ma era il migliore sulla piazza e sapeva scovare le notizie in un modo fantastico. Lavorava per un giornale locale e, quando poteva, sempre dietro qualche lauta cena,

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