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Tutte le nuvole del cielo
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Tutte le nuvole del cielo

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About this ebook

«Il romanzo narra la storia fra Dorcas e John nella città di New York. Una storia come tante, vissuta all’ombra di quella piattaforma simbolica che fu il crollo della borsa americana del 1929. Fu proprio quell’evento a determinare l’incontro fra i personaggi del romanzo che trovano, pur negli eventi drammatici di quel tempo, la forza di continuare a vivere e sperare. I ricordi della loro vita, come per gioco, tornano a rivivere in un ciclo di eventi e suggestioni che appartengono al mistero ed al sogno. Saranno proprio i ricordi, infatti, a far rivivere quel passato, e sarà il passato ad unirli per sempre nella vita. Sulle orme del filone letterario americano, ho tratto lo spunto e l’ispirazione per uno stile narrativo diverso. Uno sguardo, forse l’ultimo, su un mondo olografico, una visione, quella dei personaggi su quella linea dei fuochi e poi davanti a loro un vuoto senza vita. Ma era davvero così il mondo che avevamo sempre prefigurato, un mondo senza nemmeno più la fiaccola della speranza?»
 (dalla Nota dell’Autore)
 
LanguageItaliano
Release dateApr 27, 2018
ISBN9788856790061
Tutte le nuvole del cielo

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    Tutte le nuvole del cielo - Antony Nelson

    vita

    Nota dell’Autore

    Il presente romanzo, seppur un racconto di fantasia, ha ben precise implicazioni emotive e storiche che ci rimandano ad un periodo della storia forse dimenticato, quello che va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta.

    Il romanzo narra la storia fra Dorcas e John nella città di New York. Una storia come tante, vissuta all’ombra di quella piattaforma simbolica che fu il crollo della borsa americana del 1929. Fu proprio quell’evento a determinare l’incontro fra i personaggi del romanzo che trovano, pur negli eventi drammatici di quel tempo, la forza di continuare a vivere e sperare.

    I ricordi della loro vita, come per gioco, tornano a rivivere in un ciclo di eventi e suggestioni che appartengono al mistero ed al sogno. Saranno proprio i ricordi, infatti, a far rivivere quel passato, e sarà il passato ad unirli per sempre nella vita.

    Forse nella nostra esistenza a volte compiamo un salto ideologico, un eroico combattimento di liberazione, un disperato quanto inedito richiamo a un mondo sepolto.

    Tutte le nuvole del cielo è anche la storia di due ufficiali, John e Stevenson. In realtà uno dei due personaggi, John, era un pilota americano in Vietnam che per la sua capacità di colpire l’avversario era soprannominato il falco.

    Quella generazione di uomini non aderì a quella forte e pervasiva cultura della morte, non vi volle aderire in Cambogia, né Vietnam né nel Laos e fu l’ultimo baluardo in difesa della vita; ma fu anche una reazione ideologica: il rifiuto della cultura delle armi, del potere, della morte.

    Fuori da ogni metafora, la storia segna un confine tra il Bene ed il Male. Un viaggio nell’infinito in un universo olografico, all’interno del quale una metodologia evolutiva era stata capace di determinare l’esistenza di creature mitiche, le falene, donne con grandi ali. In quell’universo metapsichico, i personaggi del racconto sembrano disancorarsi profondamente dalla vita, quell’universo ancestrale sembra aver contaminato la loro anima.

    I personaggi – Stevenson, John, Dorcas e Dorothy – sembrano destinati ad un viaggio interiore in un mondo olografico, in cui ogni prospettiva di vita sembra destinata a corrompersi.

    Non ci resta allora che nostalgicamente tornare, come in un sogno, alle rive dell’anima, a quel regno incombente dei sogni, che è forse l’ultimo domicilio conosciuto e l’unico riflesso auto-mitografico della vita.

    Sulle orme del filone letterario americano, ho tratto lo spunto e l’ispirazione per uno stile narrativo diverso. Uno sguardo, forse l’ultimo, su un mondo olografico, una visione, quella dei personaggi su quella linea dei fuochi e poi davanti a loro un vuoto senza vita. Ma era davvero così il mondo che avevamo sempre prefigurato, un mondo senza nemmeno più la fiaccola della speranza?

    Quell’angolo incontaminato dall’uomo era un mondo esoterico nascosto tra le pieghe del tempo, una storia di piccoli uomini John e Stevenson... e poi le magiche virtù di Dorcas, una strega che aveva il potere della luna, quello di far piovere dal cielo e di far sollevare l’acqua del mare.

    Il romanzo, pur nella sua narrazione fantastica, ha un forte carattere introspettivo, ci interroga sul nostro destino di uomini al quale, prima o poi, tutti siamo chiamati a rispondere.

    A John per tutti i giorni ancora della sua vita.

    Dorcas

    14 febbraio 1930

    Sembra una storia incredibile quella che sto per raccontarvi.

    Il mio nome è Dorcas ed ho conosciuto John, sì, John Berenson, un uomo che ha cambiato la mia vita per sempre.

    Spesso la sera guardavamo la linea dei fuochi all’orizzonte e proprio dei fuochi grandi come soli esplodevano e scintillavano all’orizzonte.

    John aveva un grande potere, quello di parlare con le stelle, d’altronde non siamo fatti anche noi della materia delle stelle?

    Spesso anch’io la sera ascoltavo il canto delle stelle.

    E poi John aveva un altro potere, quello di far nascere e sbocciare i fiori ed era un grande potere, era quel dono che gli aveva fatto la madre ed era per lui come una protezione simbolica.

    Ci siamo conosciuti a New York in un freddo giorno di dicembre e da allora la nostra vita non ha più avuto fine.

    Dorcas

    Trascorrevamo gran parte della giornata al mercato del tempo alla ricerca di una mezza dozzina di desideri, Dorcas aveva da poco lasciato la scuola e solo per quella stupida passione per le chincaglierie d’epoca e, come se questo non bastasse, finiva per riempire la casa di inutili cose.

    L’ultima delle sue conquiste non era altro che una roulette degli anni Venti che aveva scovato non si sa dove e che faceva bella mostra di sé proprio su un tavolo inglese e lei tutte le volte che passava vicino al tavolo non poteva fare a meno di esprimere un desiderio.

    Il mercato del tempo così sì chiamava quel grande baraccone, un’area che delimitava il percorso della 23° Strada con un’insegna gigante sulla soglia di quell’effimero gioco dei ricordi, di tutto ciò che era stato nel passato e che ora non era più dimenticato per sempre nell’oscurità del tempo.

    Dorcas accennò a un sorriso, poi timidamente si avvicinò ad uno stand ed iniziò a ronzargli intorno, non so cosa l’attirasse in modo particolare, ma era proprio questo che la incuriosiva più di ogni altra cosa, il desiderio forse di conoscere vecchie cose del passato; il suo entusiasmo non era affatto diminuito e non smorzava affatto la sua ansia di cercare e cercare ancora...

    Quella mattina a New York c’era un sole splendente, presi allora Dorcas per la mano e andammo a prendere un buon cioccolato caldo.

    Il bar era davvero singolare, una vecchia rimessa di auto che era stata adattata, forse un po’ kitsch nel gusto ma piuttosto retrò, anni ’50, che ricordava vagamente il film Gioventù bruciata.

    Una fantasia che sembrava affiorare dal passato, un passato che era ancora lì ed incombeva su di noi con la sua presenza, una presenza fortemente auto-mitografica e severa. Forse l’ultimo di quei mercatini da strapazzo che sì incontravano spesso nelle periferie delle grandi città, altrove come a New York.

    Dorcas aveva una predisposizione naturale alla magia. Il suo linguaggio aveva spesso messaggi esoterici complessi, aveva una linea di discendenza diretta da sua nonna Ester.

    Ester era la sua guida spirituale e gerarchica, una forza teocratica, una manifestazione segreta che confermava ancora una volta l’esistenza di un mondo magico.

    L’identità sociale di Dorcas era attraversata da sempre da riti magici, era l’unica strategia d’attacco che conosceva. E quel simbolismo genetico era sostanzialmente un potere mistico, il regno di una dimensione sconosciuta. Era la nascita di un’antropologia dei sogni e delle illusioni che l’uomo aveva dimenticato per sempre, di una cultura antropologia sempre più vicina a una dimensione sconosciuta. E quel richiamo esplicito a un mondo sovradimensionale era solo un segno di forza: Dorcas era figlia delle stelle.

    Quando ero con Dorcas, ero in presenza di un quanto mai complicato groviglio di situazioni, esercitava su di me una protezione simbolica che solo il mistero estatico poteva richiamare alla memoria. Dorcas era tutto questo, una creatura misteriosa di una bellezza sovrumana, capace di evocare quell’unione estatica perduta. Dorcas rappresentava per me un amore proibito, un amore impossibile, spesso mi raccontava di quel giardino dei sogni, un giardino incantato che era scritto nella sua fantasia.

    Ma forse era venuto il momento di sapere che cosa effettivamente mi legasse ancora di più a Dorcas e non era solo un motivo simbolico per assegnare alla ragione una qualche risposta che carcasse di essere definitiva.

    Aprii la porta del loft, la nostra nuova casa e Dorcas era intenta a leggere un libro che le avevo appena regalato.

    «John l’ho letto tutto d’un fiato» e

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