Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il Grande Padrone del Nord
Il Grande Padrone del Nord
Il Grande Padrone del Nord
Ebook167 pages2 hours

Il Grande Padrone del Nord

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

La nostra realtà è solo una patina, decorata ad arte, per nascondere i meccanismi del vero potere. David è il medico di un Grande Padrone, gli uomini più potenti del pianeta. La sua altolocata posizione, il suo essere al di là del velo oltre la nebbia, non colmano la sua solitudine. Vuole un adorabile prepotente. Bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, specie al loro livello. Potenti leve si muovono nell' ombra. Qualcuno ha notato il giovane dottore.

Attenzione Scene di sesso esplicito. Sottomissione tra adulti consenzienti.

LanguageItaliano
PublisherLucrezia
Release dateApr 21, 2018
ISBN9780463097472
Il Grande Padrone del Nord
Author

Lucrezia

Lucrezia è un'appassionata lettrice e narratrice di yaoi. Iniziando con autoproduzioni negli anni novanta è ora giunta alla versione digitale delle sue novelle.

Related to Il Grande Padrone del Nord

Related ebooks

Related articles

Reviews for Il Grande Padrone del Nord

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il Grande Padrone del Nord - Lucrezia

    Il Grande Padrone del Nord

    Lucrezia

    Copyright©2018Lucrezia

    Tutti i diritti riservati

    Ringrazio con tutto il cuore le mie fantastiche Beta: Pina, Manu e Federica.

    Capitolo Primo

    David sedeva sconsolato nel lussuoso bar. Tavoli di legno pregiato, luci led e aromi creavano la giusta atmosfera. Davanti a lui lo attendeva, inutilmente, il bicchiere di liquore che costava molto più di un anno del suo finto stipendio. Non ne aveva davvero voglia. Non aveva voglia di niente. In realtà aveva molte voglie, ma si riassumevano in una terribile ed odiosa invidia. Voleva solo essere al posto di Alessandro. Come suo medico personale, e come suo amico, era stata necessaria la sua presenza alla cerimonia ufficiale dove sposava James. Suo marito e Grande Padrone dell’Est. La cerimonia legale era stata splendida. Quella dei Grandi Padroni troppo eccitante. Anche se era dannatamente imbarazzante. Cioè essere legato, spogliato, essere in completa balia del suo uomo, del proprio padrone doveva essere eccitante da morire. Solo che farlo in pubblico, davanti a tutti. Da una parte era esibizionismo, dall’altra urlavano al mondo di essere fieri di essere una coppia. Sognava di trovare anche lui un uomo gentile che si prendesse cura di lui. In cambio lo avrebbe reso felice. Solo che, ogni volta che si affacciava su quel mondo, incontrava pervertiti folli che gli proponevano frustate e bastonate, e pratiche troppo lontane dalla sua sensibilità, al cui pensiero gli si rivoltava lo stomaco. Non credeva possibile per lui provare piacere nell’essere colpito. Voleva appartenere a qualcuno, ma senza violenza. Il suo psicologo gli aveva spiegato che lui voleva avere un rapporto di sottomissione, che gli piaceva il bondage, l’essere legato e amato. Non il sadomaso. Peccato che molti confondessero le due cose. Voleva un uomo forte e gentile, che si prendesse cura di lui, che lo legasse e gli facesse provare sensazioni fantastiche. Non un sadico torturatore. Alessandro era davvero fortunato. Era brutto che invidiasse il suo amico. Era stato proprio lui a proporre come cura alternativa il dominio di un Grande Padrone. Alessandro aveva un disturbo comportamentale, mentale, che lo portava ad isolarsi completamente. Una speciale forma di autismo era stata definita da alcuni; peraltro era uno dei più talentuosi violinisti al mondo. Viveva per la sua musica e il suo silenzio. Fino all’arrivo di James. James era il Grande Padrone dell’Est. Il padre di David era un suo vassallo e uno dei suoi medici. Grazie a lui aveva potuto studiare nelle migliori scuole ed era giunto, a meno di trent’anni, ad essere un medico di un certo livello. Gli appassionati delle ipotesi di complotto sarebbero impazziti se avessero potuto scorgere la verità. Da secoli, e fino all’anno noto come 2018, la società terrestre era realmente un enorme feudo, gestito da alcuni Grandi Padroni, di cui era impossibile sapere numero e nome. Lui conosceva solo James, che gestiva tutto l’Est del mondo. Dall’Inghilterra alla Nuova Guinea tutti prendevano ordini da lui: governanti e burocrati non erano altro che vassalli e valvassori.

    Il padre di Alessandro e il suo erano intimi amici da anni, oltre ad essere di pari livello nella scala gerarchica. Insieme si erano recati da James per chiedere aiuto, lui aveva avuto l’idea. Era bastato ad Alessandro accettare di diventare uno schiavo sessuale per James, per risolvere in sei mesi di dominio ventisei anni di problemi. Ora era un consorte, prima era stato una sposa virile. I Grandi Padroni definivano così i loro concubini. Raramente erano escort. Gli escort potevano parlare, scrivere libri e non avevano niente da perdere. Preferivano scegliere i loro compagni di letto tra professionisti di una certa fama. Gente visibile, ricattabile; duravano un po’. Alcuni Grandi Padroni tenevano un piccolo harem. Non troppe spose, due o tre al massimo. Più spesso avevano un solo compagno. Era stato chiamato spesso in uno di questi harem per curare una sposa cagionevole di salute. Non aveva mai visto il Grande Padrone locale, ma era, come James, gay.

    C’erano tre giovani maschi, coperti solo da morbidi veli, che indossavano polsiere di cuoio con anelli e collari, ma erano palesemente a loro agio. Indossavano maschere di seta. Quello che aveva curato aveva una tosse persistente. Una leggera bronchite. I suoi compagni si erano presi cura di lui. Era il più giovane, dimostrava ventisei anni. Due biondi e uno castano. Dovevano essere piacevolmente legati ogni sera. Aveva intravisto una panca del piacere e teche di oggetti vibranti. Il suo sesso si tese sotto i pantaloni. Con un sospiro mandò giù il liquore. La festa era in pieno svolgimento. Sarebbe stato brutto andarsene senza salutare. Gettò discretamente un’occhiata dentro la sala. Alessandro e James si stavano dando da fare sulla panca su cui il musicista era ancora legato. Il Grande Padrone ignoto, con i tre, vestiti di veli, era seduto discretamente in un angolo del salotto. Uno di loro era in ginocchio davanti a lui, la sua testa si muoveva ad un ritmo noto. C’erano in ginocchio a testa bassa, bendati, diversi professionisti ingaggiati per divertire gli ospiti single. Tutti i Grandi Padroni erano gay? Era una delle loro regole? Forse godevano di più a dominare un maschio. Si sfiorò il cavallo con discrezione. Era troppo eccitante, e frustrante insieme, stare lì. Voleva essere uno di quelli in ginocchio, seminudo, bendato, legato. Due uomini lo avrebbero portato in una delle sale per gli ospiti e lo avrebbero costretto a ricevere le loro bollenti carezze. Chiuse gli occhi inspirando. Una colonia delicata arrivò alle sue narici. Un odore speziato, di agrumi, persistente. Si girò a cercare. Non vide nessuno. Un ‘ombra scivolò dietro di lui. Percepì istintivamente la stessa magnetica energia che trasmetteva James, ma più sottile. Poi nulla. Il suo istinto urlò, ma era solo. Ora. Il suo cuore batteva forte. Smettila, sei da solo, non c’è nessuno. Vide James sollevare tra le braccia Alessandro; sul viso del suo amico c’era un’espressione di pura beatitudine. Si sentì bruciare dall’ invidia e si odiò. Si eclissò, non c’era alcun bisogno di lui. Palesemente.

    David rimase in attesa mentre il maggiordomo di James entrava discretamente nella stanza. Come immaginava uscì dopo qualche secondo scuotendo la testa e sorridendo. L’espressione di Alessandro era stata fin troppo eloquente prima. Un aereo privato lo avrebbe riportato alla sua fredda Londra. Ben lontano dall’opulenza del sud della Francia, dove c’erano le comode e lussuose ville in cui venivano, di solito, tenute le spose. Il jet impiegò meno di un quarto d’ora a riportalo nel piccolo aeroporto privato. La tecnologia di cui erano dotati i Padroni era di circa settant’anni avanti a quella conosciuta. Non doveva di certo fare il check-in. Sorrise tristemente mentre si spogliava e si faceva una doccia. Il suo appartamento aveva molti confort. Certo, non una Spa con autentiche acque termali come nella villa di James. Facevano un gran bene ad Alessandro. Bagni caldi, sesso, relax. Una vita da consorte. Gli sarebbe andato bene anche essere una sposa. No, invece. Una sposa era poco più di una concubina, spesso diventavano consorti, ma non sempre. Alessandro invece era diventato il consorte di James con la cerimonia ufficiale; si erano amati davanti agli altri. Non sarebbe mai riuscito a farlo. Alessandro, sorridendo, gli aveva detto che non poteva capire se non apparteneva a qualcuno in quel modo. Essere l’uno per l’altro, in un modo assoluto. Si stese sul letto, la sua mano sinistra scivolò nel cassetto a combinazione. Ne trasse il fedele vibratore e chiuse gli occhi. Cullandosi in una dolce fantasia fino al sonno. La sveglia suonò con un certo vigore. Si svegliò sbuffando; una doccia e tre caffè dopo era in metro per andare al lavoro. Odioso lunedì. Doveva incontrare anche il nuovo responsabile amministrativo. Maledetti burocrati. Il problema di ogni sistema. Ovviamente, avrebbe ricevuto istruzioni dall’alto di trattarlo bene e di non mettergli i bastoni tra le ruote. Il sistema era tanto invisibile quanto funzionale. In mattinata poi, doveva discutere con il nuovo Amministratore Delegato dell’Azienda Ospedaliera che gestiva il suo ospedale. Questo tizio avrebbe dovuto approvare il piano di investimenti necessario a continuare le sue ricerche sui deficit comportamentali. Era essenziale curare l’uomo, al centro di ogni dinamica. Le informazioni ricevute erano vaghe sul nuovo AD. Non c’era alcuna foto, strano. In genere sapeva tutto delle teste di paglia. Peraltro avrebbe dovuto esserci la foto in tutti i siti. Invece no. Il suo palmare non la riportava. Sorrise tra sé e sé rimanendo impassibile esternamente. Se il suo cellulare fosse caduto nelle mani sbagliate tutti avrebbero urlato alla prova dell’esistenza aliena. Era di decenni avanti alla normale tecnologia, ma abilmente contraffatto, sembrava un banale smartphone. C’era anche un’app per trovare gay vogliosi. James conosceva i suoi gusti. In aereo gli aveva fatto trovare un mercenario per un piacevole lavoro di bocca. Gustoso, ma triste. Lui voleva un vero uomo, tutto per lui, prepotente al punto giusto. Anche dolce. Scuotendo la testa entrò nell’ala dei burocrati. L’ufficio era triste, grigio in modo imbarazzante.

    Aprì la porta e si mise seduto, gli sembrava da fesso aspettare in piedi. Entrò in modo molto vigoroso un uomo alto, imponente, bruno, con gli occhiali.

    Niente male davvero. Slanciato. Capelli neri corti, ma folti e lucidi, portati indietro. Un bel viso regolare, occhi grigi con occhiali d’acciaio. Oltre il metro e ottanta, spalle larghe.

    -Si alzi e si qualifichi.

    Gli disse con tono perentorio.

    -Prego?

    - Si alzi e si qualifichi!

    Ripeté ancor più seccamente.

    -Sa benissimo chi sono, mi ha convocato lei…

    -Può andare grazie.

    Sospirando, David si alzò. Bello, ma stronzo.

    -Sono il Dottor Davenbauer, responsabile del reparto di ricerca.

    -Uhm.

    Borbottò l’altro.

    -Le diagnostico un grave caso di delirio da onnipotenza.

    Continuò David serenamente.

    L’uomo di fronte a lui alzò lo sguardo furente.

    Sorrise calmo. James lo avrebbe mandato a spalare letame se avesse saputo che maltrattava il migliore amico del suo Consorte. Il burocrate, Jim qualchecosa, non poteva opporsi; il suo progetto era nei piani di James e diventava molto utile per i Padroni.

    -Ha molta fiducia in sé, Dottor Davenbauer.

    -So molto di molti.

    Una frase sibillina che faceva sempre il suo effetto. Tutti avevano qualcosa da nascondere, specie le teste di paglia. Sicuramente per arrivare a quel livello doveva avere dozzine di scheletri nell’armadio. Peccato. Gli era diventato duro alla vista. Fossi stato un po’ meno stronzo ci saremmo divertiti. Magari. Jim Anister, ecco come si chiamava, si alzò dalla sedia e troneggiò su di lui; doveva essere di molto oltre il metro e ottanta. Era a un palmo da lui. Aveva un ottimo odore, fresco, pulito. Lo fissava con quegli occhi freddi, con distacco, dominio. Valutandolo. Sentì il proprio sesso premere con forza contro l’elastico degli slip. Pregò che se ne accorgesse, che non se ne accorgesse.

    -Non ne dubito.

    Il tono con cui lo disse lo raggiunse come una frustata. Significava: lo hai saputo a letto, puttana. Si eccitò e si arrabbiò contemporaneamente, ma era stato cresciuto da vassallo per cui rimase impassibile. Che voglia di prenderlo a schiaffi, poi di baciarlo. Rovesciami sulla scrivania. Eccolo, eccitato e furioso con un perfetto sconosciuto. Puttanella. Ti piace eh? Se continui se ne accorge. Sospirò teatralmente.

    -Comprendo che, essendo appena arrivato, lei abbia bisogno di marcare il territorio. Urinare sui dottori non è saggio, visto che dovremo lavorare insieme. Ok. Ricominciamo da capo. Sono entrato ed ero solo, – mormorò pazientemente come se si rivolgesse a un bambino. –Non aveva senso aspettare in piedi e mi sono seduto. Se ho violato il suo senso della territorialità o si è sentito invaso emotivamente, mi spiace.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1