Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Un carlino, tre uomini e infiniti disastri
Un carlino, tre uomini e infiniti disastri
Un carlino, tre uomini e infiniti disastri
Ebook339 pages4 hours

Un carlino, tre uomini e infiniti disastri

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Kay, giovane impiegata, ingenua e pasticciona, trascorre la vita insieme al suo compagno Johannes, ragazzo super inquadrato, fanatico maratoneta e vegano estremo. La sua amica Klara deve trascorrere un anno all'estero per lavoro ed è alla ricerca di una persona fidata che si occupi della sua magnifica casa, ma soprattutto del suo tanto amato, quanto capriccioso, carlino Bernd. Kay, non più felice della sua vita e tantomeno del suo soffocante e noioso rapporto, decide di piantare tutto e tutti per andare a vivere da Klara e occuparsi di Bernd. All'inizio tutto sembra andare splendidamente: può lavorare da casa a un nuovo progetto e il carlino si dimostra affettuoso e simpatico. Ma poi ogni cosa va a rotoli, soprattutto l'educazione e la gestione di Bernd. Ci penserà Ludger, un focoso e colto veterinario, a ridare il sorriso a Kay, peccato che il carlino non lo possa nemmeno vedere…

Un romanzo divertente, pieno di situazioni vivaci ed esilaranti (per noi) e disastrose e imbarazzanti (per la povera Kay!) ma che racconta anche una bella storia d'amore e di riscatto.

Se amate gli animali e le commedie "disastroamorose" in stile Bridget Jones non potete perdervi questo libro!
LanguageItaliano
PublisherDryas Verlag
Release dateOct 20, 2017
ISBN9783940855503
Un carlino, tre uomini e infiniti disastri

Related to Un carlino, tre uomini e infiniti disastri

Related ebooks

Humor & Satire For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Un carlino, tre uomini e infiniti disastri

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Un carlino, tre uomini e infiniti disastri - Tina Voß

    „Io non mangerò mai qualcosa chiamato Alfalfa!"

    Per quanto potesse suonare infantile non m’importava. Incrociai le braccia sul petto aspettando la solita osservazione di Johannes. Ancora qualche secondo e avrebbe detto che: la resa vitaminica, comparata alle poche calorie, era una cannonata!

    I germogli, in relazione al loro valore energetico, hanno un contenuto di vitamine che è una bomba!

    Oh bene, ora lasciava da parte il cannone e, senza passare dal via, era arrivato alle bombe!

    Il cioccolato al marzapane, in relazione al suo contenuto di grassi, ha un sapore che spacca!

    Cioccolato?! sbuffò. Per niente vegano, per niente.

    Alfalfa?! Per niente gustosa, per niente!

    Ma ottima per il peso, ribatté lui dandomi un pizzicotto su quel rotolino della pancia che proprio non ne voleva sapere di entrare nei jeans. Chi aveva progettato questi pantaloni di certo odiava le donne! Tutto sbrodolava fuori. I pantaloni dovrebbero arrivare fino alle costole. E tutto ci sarebbe stato dentro perfettamente. Per riuscire a pizzicare Johannes avrei dovuto farlo nei suoi bulbi oculari, o nei testicoli. Probabilmente le uniche due parti del suo corpo non toniche. Ma i testicoli poi avevano muscoli? Gli occhi di sicuro, se no non li si potrebbe roteare. Ma i testicoli? Se ne stavano solo lì appesi senza motivo. Chissà se qualcuno se l’era mai domandato. Avrei dovuto cercare su Google.

    Mi piegai e afferrai la mia borsetta.

    L’automobile si fermò di colpo e io sbattei con la testa sul vano portaoggetti, lasciandoci pure un’impronta della mia fronte.

    Ahi!

    Siamo arrivati, disse Johannes e uscì.

    Mi massaggiai la fronte mentre cercavo di liberarmi dalla cintura. Nel frattempo, fuori, Johannes stava facendo il giro dell’auto, come una specie di cane da pastore, per assicurarsi che le gomme fossero tutte diritte nella stessa direzione. Feci appena in tempo a uscire che lui era già corso in avanti raggiungendo il vano di plexiglass dei carrelli.

    Accanto alla nostra altalena familiare svedese, un regalo forse anche un po‘ troppo lungimirante dei genitori di Johannes, qualcuno stava parcheggiando una Mercedes Kombi nera splendente. Non appena l’auto si fermò, si aprì il portellone posteriore e ne saltò fuori uno Yeti che atterrò su quattro zampe. Con un urlo stridulo mi gettai all’indietro finendo contro la nostra Volvo. Ma gli Yeti non dovrebbero camminare in posizione eretta? E anche se così non fosse, gli Yeti quadrupedi non sono pericolosi? Anche questo avrei dovuto cercarlo su Google. Lo Yeti drizzò le orecchie e trottò verso di me. Oh, cielo! E se mi avesse mostrato i denti? Ma dove erano i suoi padroni? Che cosa si doveva fare in questi casi quando si veniva minacciati da tali bestiacce? Quando ogni tanto andavo a correre con Johannes, lui mi aveva detto che cosa fare in queste situazioni. E ne aveva anche parlato sul suo blog di consigli sulla corsa. Ma quali cavolo erano questi consigli?! Il cane–Yeti era sempre più vicino. Ecco la padrona. Una donnetta in jeans dai capelli biondo paglia scese telefonando dal Mercedes. Ci lanciò una breve occhiata e poi, tranquilla, continuò a parlare al telefonino. Ehi pronto! Il suo predatore mi aveva adocchiata e lei se ne stava lì a spettegolare?! Forse la padrona era troppo molle e non sarebbe riuscita comunque a dominare quella bestia, quindi preferiva buttarle in pasto degli ignari sconosciuti.

    Infine mi venne in mente! Alzare le braccia, rotearle e gridare. Ecco com’era! Se la sarebbe data subito a gambe!

    AAAHHHH! AHAHHAHA! VIAAAAA! VIAAAA! AAHHHH! Urlai, muovendo le braccia in circolo come le pale di un mulino a vento.

    Alla biondina dai lunghi capelli cadde il telefonino di mano. Mi fissò a bocca aperta. Il cane-Yeti abbassò la testa, buttò lì un paio di bau e la rialzò subito. Fece due tre saltelli, corse dalla sua padrona, s’inchinò e poi con due balzi fu di nuovo da me. Ok, rifacciamolo!

    AHIIIII! VIAAAA VIAAAA! Urlai di nuovo muovendomi.

    Speravo che le braccia non mi si staccassero!

    Il cane dal folto pelo gettò la testa all‘indietro e ululò come una sirena. Che fosse l’urlo d’attacco? Con la coda dell’occhio vidi che Johannes aveva piantato lì il carrello e stava correndo verso di me. La tizia del cane si appoggiò al tettuccio della sua auto e si mise a… ridere! La sua bestia gigante mi voleva divorare e quella non si tratteneva dal ridere?! Johannes, davanti a me, mi bloccò immediatamente le braccia. Subito anche il cane finì di ululare.

    Dimmi, sei completamente impazzita? sibilò.

    Impazzita?! Se non avessi agito con questa presenza di spirito il mostro mi avrebbe divorata!

    Il cane ci stava osservando con la testa inclinata, ma senza osare avvicinarsi. Guardai il parcheggio. C’erano ovunque persone impegnate nelle varie attività: alcune stavano entrando dentro al supermercato, altre stavano caricando l’auto e altre ancora reggevano in mano dei sacchetti di plastica. Sembravano tutte congelate. Come se qualcuno avesse premuto il tasto di pausa. Tutti, immobili, stavano fissando noi. Qualche auto più in là qualcuno respirava affannosamente. La padrona del cane non aveva più fiato dal tanto ridere. Provò un paio di volte a dire qualcosa, ma riuscì solo a rantolare.

    Scusi, mormorò Johannes in direzione del Mercedes e mi trascinò via per il gomito. Lentamente, continuando però a ridere, i passanti si rimisero in movimento.

    Che cos’era questa specie di esibizione?

    Esibizione?! Non sei forse stato tu a dirmi ciò che si deve fare quando si viene assaliti da un cane?

    Ah, io?! Che cosa pensi di avere appena fatto?

    Urlare forte, sembrare più grande, e remare con le braccia. Proprio come hai suggerito tu sul tuo stupido blog.

    Johannes mi squadrò come un qualcosa di indefinito portato in casa dal gatto, poi scosse la testa.

    Tu non capisci niente di cani, vero?

    Perché mi fai questa domanda?

    Kay, tutto questo si deve fare quando ti corre incontro una mandria di mucche.

    Oh.

    Dentro al supermercato Johannes sembrò aver completamente dimenticato le mie attitudini da pastore di bovini. Come un Pacman guizzava qua e là tra gli scaffali, e i carrelli.

    Hai messo le batterie nuove? chiesi. Solo a guardarlo mi veniva il mal di testa. Johannes accennò un sorriso e corse verso il reparto delle verdure.

    Perché se è così te le tolgo subito, mormorai alla sua scia di vento.

    Non pianificavamo vacanza che non includesse una – sua – maratona. Lui correva e io dovevo starmene giubilante sulla pista con la macchina fotografica.

    Possibilmente cambiando varie postazioni, in modo che gli amici potessero poi rimanere stupiti di quanto lui fosse fico durante tutta la corsa. Lui mi stampava prima la mappa della città e mi segnava i tempi e i posti dove io avrei dovuto aspettarlo.

    Con la sua mandria belante trotterellava, passo dopo passo, attraverso un percorso a prova di stupido di 42.195 km, mentre io, rispettivamente: a piedi, in bicicletta, in taxi, in metropolitana o con qualsiasi altro maledetto mezzo di trasporto, ero costretta a fiondarmi alla porzione prestabilita del tragitto solo per vedermelo passare davanti mezzo secondo, tutto gasato.

    Mezzo secondo appunto, poi dovevo infilarmi di nuovo lo zaino in spalla e affrettarmi a raggiungere la città successiva per il successivo punto strategico. Alla fine di una maratona io ero quella ridotta a uno straccio e lui il radioso corridore.

    Di ogni corsa conservava: la maglietta, il numero di pettorina e la medaglia, il tutto custodito nella sua Vetrinetta della Vittoria. Tutte le scarpe da corsa, con le quali aveva corso le sue maratone, alla fine del loro ciclo vitale, venivano rimesse nella confezione originale sulla quale erano scritti tutti i suoi tempi d’arrivo. Johannes mangiava solo fino a quando raggiungeva la quantità ottimale di calorie, naturalmente già calcolata in precedenza. Si pesava ogni giorno sulla sua bilancia wireless, che trasmetteva immediatamente il risultato a un programma che supervisionava anche la conta dei suoi passi e l’intensità del sonno. Al mattino, era arrivato in bagno sciabattando già di malumore ficcandomi il suo iPhone sotto al naso. Mi sono svegliato tre volte e le mie fasi di sonno profondo sono state troppo brevi.

    E allora? Fissavo lo schermo con il diagramma a barre e curve che, per quel che ne sapevo, avrebbe potuto anche rappresentare l’indice della borsa o la quantità di urina prodotta dal bestiame in un anno.

    Hai lasciato di nuovo il televisore acceso.

    Il mio subconscio apprende meglio se lo lascio acceso durante la notte. Risposi.

    Eh? Che cosa?

    Sì, davvero! Ora so un sacco di cose sui sistemi bellici del futuro, sui serpenti letali nel mondo o delle bombe invisibili nel corso della Storia. La verità era che riuscivo ad addormentarmi solo se c’era un documentario in sottofondo. Mentre il presentatore illustrava i vantaggi dei ponti XXL in Sud America io mi addormentavo sulla sua voce suadente. Seppellivo il telecomando sotto il mio viso in modo che Johannes non fosse in grado di spegnere il documentario durante la mia delicata fase di addormentamento. La maggior parte delle volte, il giorno successivo mi ritrovavo fino a mezzogiorno con una bella serie di numeri dallo 0 al 9 impressa sulla guancia e ogni tanto c’era anche un bel cerchio, regalo del tasto di spegnimento.

    Kay, ci sei?

    Trasalii. Mi ero imbambolata e Johannes era lì davanti a me con in braccio un mucchio di ananas. Poi li appoggiò delicatamente nel carrello. Prima che potessi rispondergli era già sparito a caccia di meloni, pomeli o alchechengi. Dopo, lo sapevo già, saremmo dovuti andare al negozio di prodotti biologici a comprare altre cose come: crema di mandorle, quinoa (che avevo dovuto googlare per sapere cosa fosse) e sciroppo d’acero. Diavolo! Che cosa c’è di male in queste polpettine di carne? Queste piccole, sfiziose cosine precotte del banco frigo?

    Bene, ora ho quasi tutto. Così potrai creare un fantastico sformato vegano di zucchine. Pensa che, in confronto a una lasagna, ha il diciannove per cento delle calorie in meno!

    Quando si allontanò nuovamente, con abile mossa, presi del cioccolato con marzapane, le polpettine e una bustina di orsetti gommosi e li gettai nel carrello.

    Cercai di coprire il tutto alla meglio con gli ananas e mi diressi verso lo scaffale dei giornali dove c’erano le riviste di gossip con le peggiori rivelazioni sulle celebrità. (In copertina cosce scoperte con delle freccine e frasi come Ha la cellulite?! Chi l’avrebbe mai detto!).

    Non c’era niente di più piacevole che scoprire che le star, sempre così meravigliose, non erano poi così immacolate come volevano far credere.

    E dove cavolo era finito il carrello? L’avevo parcheggiato davanti allo scaffale dei preservativi. Quella zona era sempre abbastanza libera. O almeno non c’era mai nessuno lì che si mettesse a valutare con calma se fosse meglio prendere quelli sagomati, aromatizzati o doppiamente sicuri. Chi aveva potuto allora rubarmi il carrello?

    No, non potevo crederci! Guardai meglio e lo vidi! Johannes spingeva il nostro carrello davanti allo scaffale dei dolciumi e stava rimettendo al loro posto i miei acquisti.

    Grugnii.

    Pagherai tu dissi alla cassa.

    Ma tocca a te!

    Se avessimo comprato qualcosa che avrei mangiato di mia spontanea volontà, volentieri. Ma così?!

    Johannes alzò le spalle e pagò l’importo richiesto.

    Mentre cercavo di comprimere tutta quella piantagione di ananas dentro al sacchetto, lui si era messo a digitare qualcosa sul suo smartphone. Mi guardò interrogativo. Non abbiamo fretta vero?

    Prima che potessi rispondere qualcosa, il mio smartphone si mise a suonare. Per ragioni di mio gusto personale avevo sostituito il drin con il suono del sonar di un sottomarino. Klara Briese sta chiamando, c’era scritto sul display.

    Aspetta qui! Ho bisogno di fare ancora qualche passo. Sono sotto alla quantità di attività giornaliera mi urlò nell’uscire. Poi mi spinse verso il deposito dei carrelli e corse via.

    Risposi alla chiamata.

    Ehi, Klara, che sorpresa! Tutto a posto?

    Kay, cara! Ho la notizia del secolo! La voce di Klara strideva come quella di una groupie di Justin Bieber che aveva scoperto di poter trascorrere la notte con lui.

    Oh, Che cosa è successo?

    Ho avuto una conferma! Un altro partecipante si è ritirato senza preavviso e quindi posso andarci io.

    Andarci? E dove? Su Marte? A Hogwarts? Al centro della Terra? Klara sei troppo enigmatica.

    Zimbabwe!

    Zimcosa? Zimbabwe? E non ti stai riferendo al fast food del centro, intendi proprio il paese?

    Esatto.

    Rimasi in silenzio. Cercai di risistemare il mio cervello, che era rimasto in stand by sulla spesa, e di riportarlo alla sua capacità ottimale. Da qualche settimana Klara aveva concluso i suoi studi di medicina, e aveva festeggiato ampiamente con tutta la compagnia. Che ne dici? Non è il top?!

    Mentre me ne stavo lì a bocca aperta, fissando i sacchetti pieni di ananas e facendo la guardia al carrello, Johannes mi passò davanti correndo per la seconda volta, facendomi il segno di ok col pollice.

    Ma… tutto ciò è così… improvviso. Che cosa devi fare? E quando sarà? Ma la settimana prossima non saremmo dovute andare a fare shopping?

    Mi sa che dobbiamo posticiparlo di un anno. Anche perché le collezioni di adesso non mi piacciono nemmeno. Inizierò subito, non appena avrò sistemato tutto qui. Per questo ti sto chiamando.

    Emisi un urlo. Johannes mi aveva dato un colpetto con le sue ginocchia sul retro delle mie e ci era mancato poco che cadessi. Poi aveva continuato a correre.

    Ehi, non fare mai più un urlo del genere!

    È colpa di Johannes. Mentre ci stiamo parlando sta correndo attorno al supermercato, in modo da rimanere al passo col suo programma di training giornaliero.

    Johannes il podista. Sì lo so. Dimmi, hai per caso idea di chi potrebbe stare nel mio appartamento per un anno? L’affitto non sarebbe un problema, avrei solo bisogno che qualcuno pagasse le spese accessorie.

    Klara viveva in una meravigliosa villetta a due piani con vista sul boschetto della città. Noi invece vivevamo nel giardino dei genitori di Johannes, in una casetta prefabbricata finanziata da loro. Avevano pianificato due camerette per bambini e ci avevano fatto capire in diverse occasioni che avrebbero provveduto anche all’arredamento e a tutte le prime necessità se solo io mi fossi degnata di regalare loro il tanto atteso e desiderato nipotino. Era anche quella parola regalare che mi aveva inquietata. Che significava? Nel dubbio, da allora, avevo segretamente iniziato a prendere la pillola.

    Potresti farci anche dei soldi!

    Sì, però c’è un coinquilino: Bernd. La mia dolcezza non la posso portare in Zimbabwe e devo saperla in buone mani.

    Risi. Il carlino di Klara era fantastico. I carlini in generale non erano cani, ma un qualcosa di più. Umani quasi. Klara l’aveva chiamato come l’allevatore che gliel’aveva venduto e con cui, dopo la trattativa, era andata a letto. Durante il sesso questo ansimava nello stesso modo del suo cane. Il tutto si era ripetuto durante un’altra folle nottata. Poi i contatti si erano interrotti e Klara si domandava ancora il motivo.

    Se non trovo qualcuno che si prenda cura di Bernd non posso e non voglio partire sospirò Klara Non ti viene in mente proprio nessuno che sia fidato e a cui piacciano i cani?

    Johannes stava facendo dei piccoli sprint finali con vari cambi di direzione e sogghignava tutte le volte che, molleggiato, mi passava vicino.

    Ho un’idea su chi potrebbe…

    Di te posso fidarmi! Lo so. Chi sarà il mio dog sitter?

    Io.

    Sulla strada di ritorno verso casa me ne stavo seduta lì, seduta in auto accanto a Johannes, come se fossi dentro a una bolla, lontana da tutto. Che cosa avevo fatto? Come potevo umiliarlo così, dicendogli che mi dava talmente sui nervi da aver colto al volo la prima occasione che mi era capitata per fuggire? E fuggire dove poi, tra le zampe di un carlino! Come sarebbe stato tutto molto più facile se la ragione fosse stata invece un uomo. Un bel rotondetto e godereccio pantofolaio da divano! Qualcuno con cui guardare insieme stupide serie televisive fino alla nausea, piuttosto che dover andare a praticare sport all’aperto con qualsiasi condizione climatica! Qualcuno che durante le mie rarissime corsette non mi sarebbe corso dietro urlando e che poi avrebbe dissertato la mia prestazione sul suo blog podistico, definendomi un rapido bradipo.

    La chiamata di Klara era stata come una sorta di tappeto rosso per la fuga. Tutto all’improvviso mi era parso così ovvio e chiaro, come se mi avessero proiettato un film davanti, finalmente messo a fuoco. A proposito di proiettore… che cosa avrei fatto con Bernd, quando sarei dovuta andare al lavoro? Si potevano portare cani? Maledizione! A questo non avevo ancora pensato!

    Dovevo assolutamente chiamare Juli e parlare di tutto con lei. Avrebbe saputo di sicuro cosa consigliarmi. In confronto ai suoi problemi, la mia vita era uno zoo di carezze e ora con l’aggiunta di un carlino.

    Ehi, stai pensando già a cosa ti piacerebbe cucinare per noi? Ho già messo dei segnalibri sulle pietanze che mi piacciono nel nuovo libro di ricette.

    Sussultai e mi ritrovai immediatamente nel presente.

    Abbiamo preso della panna e del gouda in modo che possa gratinare qualcosa?

    Panna? Gouda? Ehi, pronto? La nostra alimentazione è vegana. I latticini sono assolutamente banditi!

    "Ah sì? E quando domani andremo dai tuoi per l’arrosto domenicale? Tua madre ha almeno una vaga idea del significato della parola vegana?"

    Lasciane fuori mia madre. È un’altra cosa.

    E perché magari non ne lasci fuori anche me? Anch’io vorrei continuare a bere il mio cappuccino. Col latte! Non alla brodaglia-mistura di soja! A proposito hai preso i chicchi di caffè?

    Johannes scosse clamorosamente la testa, come se io stessi continuando a sostenere che la Terra fosse piatta.

    Ho comprato il matcha. Che assieme al latte d’avena serve a fare il matcha-shake. È una bevanda rilassante e stimolante allo stesso tempo.

    Matcha? E che diavolo è, ora? E poi se è rilassante e stimolante contemporaneamente a che serve?! Sarebbe lo stesso se io bevessi un bicchiere di acqua. Anzi, come se l’acqua mi causasse allo stesso tempo lo stimolo a urinare e me lo bloccasse. Potrei fare anche a meno di berla! Oppure una bevanda che mi facesse crescere pur restando bassa. Rimarrei sempre un metro e sessantacinque. Non capisco.

    Tu non vuoi capire!

    Alla sosta successiva il livello di frustrazione di Johannes era alle stelle. Potevo sentirlo chiaramente. Ma io ero solo all’inizio e lui stava bellamente ignorando i segni del mio crescente disagio.

    Il matcha è un tè verde con però un potere antiossidante maggiore di uno normale e poi era la bevanda culto dei samurai.

    Ah, quindi poi diventavano pronti a combattere e allo stesso tempo pacifisti? Sferravano un attacco e poi scappavano?

    Kay!

    Molto bene. Allora dovrò andare ancora da Juli e rubarle un po‘ di caffè.

    Dovresti essere un po’ più consapevole che ti stai nutrendo di caffè velenoso che proviene dal lavoro di bambini e da latte materno che esce da altre specie animali.

    Ora avevo raggiunto livelli alti io con la mia frustrazione! Iniziai a contare col pensiero, perché sapevo che dopo questi discorsi era l’unico modo per calmarmi. Di solito mi ci volevano almeno numeri a quattro cifre.

    Per ottenere un effetto calmante più rapido presi il mio smartphone e aprii il mio verme solitario: le chat di WhatsApp, che da anni strisciavano nel mio telefono. Prima o poi Il Signor WhatsApp mi avrebbe tolto il permesso di usarlo dato l’incredibile abuso che ne facevo.

    Io e Juli ci mandavamo soprattutto stupidaggini. Lei era la regina del Regno dell’Assurdo e io ne ero la degna damigella.

    Ho bisogno di rapido aiuto! Sto per diventare madre di un carlino, proprietaria di una villetta e… single.

    Dopo pochi minuti il mio telefono vibrò e aprii la chat.

    Disse che avrebbe portato i cartoni per il trasloco e lo champagne per brindare.

    Che cos’hai ancora da scrivere? Johannes cercò con lo sguardo di catturare qualche stralcio della mia conversazione sul telefono.

    Niente. Ah, come amavo quella risposta. Sin dai tempi dell’asilo.

    Mi coglievano sul fatto con il viso pieno di cioccolato. Che cosa stai mangiando? Niente. O rovistando nell’angolino segreto dell’armadio dei miei genitori. Che cosa stai facendo qui? Niente. O quando ho disegnato, con il lucido da scarpe marrone della mamma, un gigantesco elefante sulla parete bianca. Che cosa stai combinando? Niente!

    Sei a casa e hai tempo? digitai, avendo cura però di tenere, come facevo a scuola per non farmi copiare, la mano davanti allo schermo.

    Abbasso il ponte levatoio e aspetto la tua chiamata mi fece sapere Juli mettendo l’icona della principessa.

    Johannes condusse l’auto nel parcheggio coperto e scese. L’avevano costruito con il fai da te lui e suo padre durante il fine settimana, mentre le donne – sua madre e io – preparavano una bella torta. Per i nostri uomini, mi aveva sussurrato sua madre in tono cospiratorio.

    Credo che non ti abbia fatto bene leggere e scrivere durante la marcia.

    Spalancai gli occhi, mi premetti la mano sulla bocca e gonfiai le guance, come se stessi sul punto di vomitare dalla nausea.

    Fuori dall’auto! Fuori prima di sporcare i costosi sedili in pelle.

    Johannes saltò dal mio lato e aprì la portiera. Corsi fuori, andai a chiudermi in bagno e mi morsi la mano per non ridere troppo. Di certo una reazione contrastante. Ero sul punto di scuotere violentemente la mia vita e quella delle persone che ne facevano parte. Ogni volta, prima di una decisione importante, mi comportavo come una bambinetta. A pensarci bene mi accadeva anche quando ero stanca, o ubriaca.

    Sentii delle voci. Probabilmente erano vere, e non nella mia testa. Provenivano da fuori. Anche perché se fossero state dentro la mia testa, uno dei demoni avrebbe dovuto avere la voce rabbiosa della madre di Johannes. Oh, cielo! Se ero pazza almeno mi lasciassero scegliere da sola i protagonisti

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1