Sissel e gli Altri
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Età: dai 10 ai 14 anni.
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Anteprima del libro
Sissel e gli Altri - I bambini dell’Iqbal Masih
I bambini dell’Iqbal Masih
Sissel e gli altri
Lavoro collettivo di ricerca
delle classi 5e C-D
dell’Istituto Iqbal Masih
di Quartu Sant’Elena
ISBN 978-88-7356-882-7
Condaghes
Indice
Citazione
Introduzione
Insegnare la Shoah e il Porrajmos con la metodologia dell’apprendimento cooperativo
Composizione e incarichi dei gruppi cooperativi
Cronologia della Shoah e del Porrajmos
Storia di Eva Heyman
Testimonianza di Liliana Segre, sopravvissuta
Le leggi razziali in Italia
Storia di Sissel Vogelmann
Il Ghetto di Terezin: il lager dei bambini
Storia di Sergio de Simone
Testimonianza di Salmen Lewental
La scuola dei barbari
Emanuele Pacifici: il nostro nonno amico
Il Porrajmos del popolo zingaro
L’eroica resistenza degli zingari ad Auschwitz
Presso il Bugus la casa è grande
Testimonianza di Hugo Höllenreimer, Sinti tedesco vittima degli esperimenti di J. Mengele
Poesie
Cinque ragazzi molto speciali
Riflessioni dei bambini sulla metodologia dell’apprendimento cooperativo
Appendice
Scheda sui maggiori lager nazisti
Lessico del lager
Bibliografia per ragazzi sulla Shoah e sul Porrjamos
Filmografia per adulti e per ragazzi
Sitografia
Gli Autori
La collana Il Trenino verde
Colophon
«Ognuno tenti di ricordarne uno solo,
uno che è stato o uno che sarà.
Può darsi che la somma dei nostri pensieri
e del nostro lutto si avvicinerà a quello
che noi dovremmo veramente piangere.
E forse da questi pensieri potremmo
estrarre la forza per deciderci:
ottenere che coloro che oggi piangiamo
in anticipo tuttavia sopravvivano,
che il terribile non accada.
In questo pensiero
e in questa decisione,
nata dal lutto,
vi prego di alzarvi in piedi».
Günther Anders
Introduzione
Genocidio è un termine che significa ‘annientamento di un intero popolo’.
Un termine di valenza talmente negativa, ed evocante tali abissi di orrore e sopraffazione, che la prima domanda che un qualsiasi insegnante si pone davanti ad esso non può che essere la seguente: si può parlare
agli alunni di una scuola elementare di genocidio e genocidi? O, in altre parole, si può affrontare insieme a loro un tema così difficile e lacerante, facendo in modo che essi, collettivamente e individualmente, non ne restino sopraffatti?
E infine…: è giusto affrontarlo?
Le risposte a queste domande, per quando su di esse abbiano pesato e pesino ancora dei comprensibili dubbi, sono entrambe positive. Perché non omettere eventi di tale portata dall’insegnamento della Storia, è innanzitutto un obbligo stabilito dalle norme vigenti in materia di curricolo. Perché ai fini della costruzione di una coscienza critica capace di guardare al futuro avendo ben presenti le distorsioni del passato, è necessario coltivare il principio della conservazione della Memoria. E infine perché utilizzando le giuste metodologie, e facendosi carico per intero dei problemi che tale insegnamento comporta, è certamente possibile costruire un percorso di conoscenza anche rispetto a un così difficile tema.
Il secolo appena trascorso, non a caso definito dagli storici il secolo feroce e breve
, è stato purtroppo ricco di genocidi. Da quelli più sottaciuti dalla storiografia ufficiale, come lo sterminio del piccolo popolo namibiano degli Herero ad inizio del ‘900, ad opera delle truppe imperiali tedesche. A quello ancora poco conosciuto degli Armeni nella Turchia governata dalla giunta dei Giovani Turchi
, ovvero il Medz Yeghern (in lingua armena il ‘Grande Male’), che vide il massacro di un milione e mezzo di innocenti. A quello, certamente il più terribile perché scientificamente pianificato, perpetrato dal regime hitleriano nei confronti degli ebrei e degli zingari.
Una tragedia, quest’ultima, che ha due nomi. Per gli ebrei è la "Shoah" (che significa ‘sterminio’ e non ‘olocausto’, come troppo spesso ed erroneamente si dice); per gli zingari¹ è il Porrajmos (termine in lingua romanes che si può tradurre come ‘annientamento, divoramento’).
È della Shoah e del Porrajmos, che nel corso di questo anno scolastico ci siamo occupati. Con la consapevolezza che nel vasto panorama delle tragedie che hanno segnato il Novecento, questa costituisce un unicum con il quale si possono certo fare paragoni, ma al quale niente altro si può anche solo accostare in termini di premeditata ferocia e di profondità del male.
La Shoah e il Porrajmos dunque, spiegate ai bambini, Correndo spesso sul filo dell’emotività e dell’indignazione, ma anche sorretti dalla determinazione ad andare avanti, per conoscere e soprattutto per capire.
Lungo questo percorso i bambini hanno preso in esame numerose fonti: testi di storia, immagini, testimonianze in audio e video. Hanno avuto così modo di venire prima di tutto a conoscenza delle motivazioni razziali che hanno portato allo sterminio, e successivamente quali sono state le sue tappe, le sue forme, i suoi esiti. Su questo materiale e su queste conoscenze hanno poi lavorato, con l’aiuto degli insegnanti per quanto riguarda la stesura dei testi introduttivi ai documenti storici pubblicati, alla composizione di Sissel e gli Altri
: un libro che vuole certo essere una testimonianza del percorso svolto, ma insieme anche uno strumento di divulgazione che possa tornare utile ad altri ragazzi che decideranno di affrontare questi argomenti.
Il titolo scelto per questo volume, infine, riporta il nome di una bambina che è diventata il simbolo della Shoah italiana. Sissel, che in lingua yiddish significa ‘dolce’, aveva pressappoco l’età dei nostri alunni. Figlia di Schulim Vogelmann e di Anna Disegni, partì insieme a loro da Milano il 30 gennaio del 1944, su un vagone ferroviario piombato, destinazione Auschwitz. Venne uccisa nelle camere a gas, insieme a sua madre, poche ore dopo il suo arrivo nel lager, poi scomparve per sempre in un forno crematorio.
Questo libro è dedicato alla sua memoria, al suo sorriso di bambina spezzato: e a quelli del milione e mezzo di bambini ebrei e dei centocinquantamila bambini rom traditi dal lato più oscuro del mondo adulto in quella immane tragedia che è stata la Shoah e che è stato il Porrajmos.
gli Insegnanti
1) In questo libro si utilizzerà il termine zingari
, nonostante da alcuni sia considerato troppo compromesso dalla sua matrice dispregiativa, perché esso consente di identificare tutte le diverse comunità di lingua romanes presenti in Europa, tra i quali i gruppi maggioritari la cui auto denominazione è Rom, Manush e Sinti.
Insegnare la Shoah e il Porrajmos con la metodologia dell’apprendimento cooperativo
Anche le comunità tradizionalmente
Cooperative non sono libere da conflitti.
Innumerevoli maniere
furono escogitate per gestirli
prima e dopo il loro sorgere.
Così tutti i gruppi umani hanno sviluppato strategie per rendere più facile la cooperazione e per
utilizzare il conflitto a scopi produttivi. Parte dello sviluppo di una comunità scolastica e di classe, è,
quindi, costruire metodi e quadri di riferimento per lavorare assieme a risolvere differenze di opinioni,
determinare le competenze necessarie e suscitare occasioni per praticare queste competenze e strategie.
(M. Graves & T. Graves, 1988)
La metodologia utilizzata per la stesura di questo libro è stata quella dell’apprendimento cooperativo strutturato. Tale strategia di lavoro muove da una molteplicità di motivazioni, alcune di carattere pedagogico e didattico, altre di carattere etico e culturale.
Si è pensato di utilizzare questa pratica di lavoro, perché attraverso essa si incoraggia, oltre al raggiungimento degli obiettivi cognitivi, l’assunzione di comportamenti positivi finalizzati a produrre il benessere di tutti e a sviluppare motivazione, autostima, fiducia in sé.
Si è cercato, quindi, di lavorare anche sull’acquisizione di comportamenti prosociali, con lo scopo di creare un comune tessuto connettivo sul quale si sviluppassero i processi d’interazione e di condivisione empatica necessari ad affrontare un tema così impegnativo e delicato. La scelta di tale metodo strutturato è stata fatta, infatti, anche e soprattutto in relazione all’età cognitiva ed emozionale degli allievi, posti di fronte a un argomento storico delicato come quello in questione.
È stato di fondamentale importanza creare un ambiente di apprendimento aperto, democratico, nel quale i bambini potessero trovare uno spazio e un tempo per riflettere, nel quale venissero incoraggiati a formulare domande e a porre in discussione i propri pensieri e le proprie paure, a condividere idee, opinioni e preoccupazioni, cercando risposte agli interrogativi storici e morali che l’argomento della Shoah e del Porrajmos non ha mancato di sollevare. Nelle unità didattiche specifiche, si è sempre cercato di fare in modo che il bambino, insieme ai compagni, identificasse i problemi, programmasse le procedure più opportune per individuarne i tratti salienti e affrontarli, raccogliesse nel contempo le informazioni più rilevanti e organizzasse, in modo cooperativo, le migliori modalità per portare a sintesi il lavoro.
L’utilizzo dell’apprendimento cooperativo ha così non solo potenziato le abilità sociali, ma ha anche sviluppato l’autostima e il senso di responsabilità, sia personale che di gruppo, poiché i bambini per raggiungere i loro obbiettivi, hanno dovuto contare sul lavoro comune, sostenendo gli sforzi di ognuno.
L’acquisizione delle abilità prosociali e sociali è uno dei punti qualificanti della metodologia applicata nei modelli di insegnamento cooperativo. Le abilità di questo tipo sono infatti di fondamentale importanza per la crescita dell’individuo, per lo sviluppo dei suoi processi di apprendimento, per l’acquisizione del principio del rispetto dell’Altro da sé, per l’acquisizione di una reale coscienza democratica. Per lavorare bene insieme c’è bisogno, infatti, di persone in grado di creare una interdipendenza positiva, che si realizza quando, all’interno di un gruppo, si risolve un problema con il contributo effettivo di tutti i suoi membri, impegnati con ruoli diversi a perseguire il medesimo obiettivo.
Al fine di creare la necessaria interdipendenza positiva, i bambini sono stati indirizzati a sviluppare e a mettere in atto un repertorio di comportamenti verbali e non verbali che viene definito come insieme delle competenze sociali; ovvero l’insieme dei comportamenti che una persona deve imparare ad adottare per poter lavorare in gruppo in modo costruttivo.
La modalità usata è stata quella del Jigsaw (letteralmente gioco di costruzione ad incastro
). Il tema da affrontare è stato suddiviso in parti distinte. E ogni gruppo, eterogeneo nella sua formazione, ma capace di trovare una sua sostanziale omogeneità di comportamenti, ha avuto una parte ben precisa di lavoro da sviluppare.
I materiali per la ricerca, ovvero le fonti di tipo testuale, visivo e auditivo, sono state così prese