La casa dello strego
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Info su questo ebook
Essi vivono con noi e poco parliamo di loro, o spesso, quando ne parliamo, li consideriamo alla stregua di oggetti di peluche o di giocattoli meccanici, privi di anima.
Essi invece hanno un’anima, carattere, personalità individuale, sentimenti, forse pensieri, articolati non in parole, ma nella sintassi delle azioni.
Vivono con noi da tanto tempo, c’erano prima di noi, ci saranno dopo.
Veri democratici, stanno accanto alla gente più modesta e a quella più importante, senza fare differenze.
Che cosa pensano di noi? Che cosa hanno pensato degli eroi, dei santi, dei navigatori, e dei geni che avevano accanto? Non lo sappiamo, ma su questo troverete nel libro molte divertenti ipotesi.
Età: dai 9 anni in su.
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Anteprima del libro
La casa dello strego - Licia lisei
Licia Lisei
Piero Marcialis
La casa dello strego
Illustrazioni di Licia Lisei
ISBN 978-88-7356-881-0
Condaghes
Indice
Il manoscritto della casa dello strego
Ulisse e il cane Argo
Afrodisia di Mantinea
Il cagnetto di Gesù Bambino
Il lupo di Gubbio
Ghisola del Mugello, la gatta di Dante
Il gran gatto di Marco Polo
Arnault di Giovanna d’Arco
Balente di Eleonora d’Arborea
Biliuzza, la gatta di Leonardo
Lanterna, la gatta di Colombo
Il gatto della Cappella
Baldo di Ludovico Ariosto
Cornacchia di Caravaggio
Amleto di Shakespeare
Lucrezio di Artemisia
Medoro di Galileo
Sarastro di Mozart
Fidel di Garibaldi
Sick, il cane di Florence
Gatto Renato di Madame Curie
Gli ultimi versi dello strego
Gli Autori
La collana Il Treninoverde
Colophon
Il manoscritto della casa dello strego
è stato durante i lavori di ristrutturazione di una vecchia casa diroccata nell’antico comune di Posada, che è stato ritrovato un manoscritto con venti sonetti, non troppo perfetti, che una mano anonima scrisse probabilmente durante gli anni della prima guerra mondiale e celò poi nel segreto di una soffitta.
Il comune di Posada è famoso per il suo castello detto della Fava
, in cui si narra che gli assediati liberarono un piccione dalle mura dopo averlo rimpinzato di fave al solo scopo di convincere gli assedianti di non essere ridotti alla fame, come invece erano.
Il trucco riuscì, l’assedio fu tolto e il castello ebbe il suo nome.
La vecchia casa dello strego, sotto il castello, invece non divenne mai famosa, per quanto fosse temuta negli anni della sua esistenza in vita, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
Lo strego, ovvero su bruxu come dicono i sardi (dallo spagnolo brujo), non aveva in sé nulla di particolarmente pauroso, a vederne il ritratto, tranne forse quella strana fissità dello sguardo, quasi che quegli occhi nerissimi leggessero dentro i cuori, dove solo può giungere, dicono sempre i sardi, sa punta ‘e sa lepa, la punta del coltello.
Quello che ispirava un sacro terrore era ciò che avveniva dentro quelle mura, così che le donne, passando per quella strada stretta, spingevano i figlioli rasente al muro opposto, e facevano loro schermo con le ampie gonne, ad evitare che li colpisse il malocchio, s’ogu pigau.
Quell’uomo parlava cun sas animas, con le anime dei morti, leggeva nella cenere, nei visceri delle bestie, capiva la lingua dei cani e dei gatti e aveva cento libri aperti tra il materasso di crine e sa ziminera, il camino dove il fuoco era sempre acceso, perciò conosceva le sacre parole, is brebus, sas paraulas, meglio del parroco.
E se dal prete si andava di giorno per le cose normali, da lui si andava di notte per le cose speciali.
E una notte morì, nell’incendio della sua casa: il fuoco si mosse dal camino ai libri, dai libri al materasso di crine e in mezzo a quelle fiamme egli gridava, ma non per il dolore. Gridava profezie. E le donne in strada coprivano le orecchie ai bambini perché non sapessero quale futuro il vecchio annunciava per loro.
Spesso lo avevano spiato i ragazzi curiosi mentre scriveva su un grande libro nero che nascondeva subito se bussavano alla porta. Quel librone bruciò ai suoi piedi e mentre bruciava le parole scritte si alzavano danzando per aria come oscuri fantasmi.
Ma torniamo ai nostri sonetti. Sembra chiaro che con essi il vecchio stregone volesse dare a intendere che non solo parlava con le bestie, che non solo parlava con le anime dei defunti, ma che addirittura parlasse con le anime delle bestie defunte!
E con ciò dando a credere non solo che le bestie abbiano un’anima, cosa che non tutte le filosofie e religioni dichiarano, ma che abbiano un aldilà dove soggiornano e