La partita più importante del mondo
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Età: 8-12 anni.
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Book preview
La partita più importante del mondo - Gianfranco Liori
Gianfranco Liori
La partita
più importante
del mondo
illustrazioni di Otto Gabos
ISBN 978-88-7356-872-8
Condaghes
Indice
Prologo
Il sorteggio
Una personalità politica in visita ufficiale
Maestri, pizzetti e grosse moto
Io, capitano
Caro maestro allenatore
Marco, Vale e io
Derby con le medie
Il maestro incavolato
La squadra degli assassini
Marco è impazzito
Un pomeriggio alla grande
Lo straniero
Foto sul giornale
Un grosso guaio internazionale
Proprio un’epidemia
In viaggio
La partita più importante del mondo
Un bernoccolo super
Epilogo
L'Autore e l'Illustratore
La collana Il Trenino verde
Colophon
Prologo
Mia madre, a scuola, non mi accompagna quasi mai. Può capitare tre o quattro volte durante l’anno: il primo giorno di scuola, l’ultimo, e quando becco una nota. Ma oggi non ho combinato niente di male: è il 7 giugno, ultimissimo giorno dell’ultimissimo anno delle elementari, e così mi tocca sorbire la sua compagnia. Parla senza sosta delle cose più banali e mi tiene per mano come se avessi ancora quattro o cinque anni.
– Non tenermi così stretto – le dico.
– Ehi, Sergio, non vorrai fare come quei bambini che si vergognano di passeggiare con i propri genitori?
– Ma no, figurati. Che dici, mamma. – È proprio così, per la verità, ma non posso dirglielo.
Stamattina ci siamo svegliati prima del solito e siamo arrivati a scuola con largo anticipo. Alle otto meno dieci non c’è ancora anima viva. Meglio, non voglio che qualcuno mi veda tenuto per mano dalla mamma come un bambinetto di sei anni. Alla prima occasione ne approfitto per lasciarla sola, davanti al cancello, e recarmi a dare un’ultima occhiata al nostro vecchio campo di calcio, che sta esattamente dietro il cortile della scuola.
Guardandolo così, alla luce del mattino, mi sembra più malconcio e desolato che mai, pieno di buche e avvallamenti dalle forme più strane.
Me ne sto lì per un bel po’, tirando calci alle pietre e ripensando a tutti gli avvenimenti che mi sono capitati durante quest’ultimo anno scolastico.
A poco a poco arrivano anche gli altri, quasi ci fossimo dati appuntamento qui dietro.
– Uelà, Sergio, mitico capitano. Come mai così presto? – I primi ad arrivare sono Gigi e Filippo, gli attaccanti della squadra della mia classe.
– Così.
Quasi subito arriva Marco, mio vecchio compagno di banco e migliore amico. – Questo campo faceva proprio schifo, a guardarlo bene, – dice.
Nessuno parla. Questa volta non abbiamo voglia di scherzare.
Luca tira un sasso per aria. Andre lo segue con lo sguardo.
Io tiro un sospiro lungo un chilometro.
Da lontano Valentina ci fa segno che la campanella è già suonata, ma nessuno si muove.
Per essere l’ultimo giorno di scuola dovremmo essere più felici.
Il sorteggio
Londra, 3 ottobre 20...
Nel salone dei congressi dell’Hotel Excelsior c’era un andirivieni di uomini in giacca e cravatta e capelli grigi. Alcuni portavano lo stemma della Federazione Internazionale cucito sul petto.
I commissari sportivi erano riuniti per sorteggiare le due squadre di ragazzi che avrebbero dovuto disputare la finale della Coppa dei Campioni.
Una giuria di esperti aveva selezionato un centinaio di squadre, tra le migliori di tutta Europa. Adesso si passava al sorteggio tramite estrazione (tipo lotteria). Sarebbe stata soltanto la fortuna (o quasi, come vedremo) a stabilire chi avrebbe dovuto giocare la partita.
Nel salone c’erano anche i dirigenti dei club più importanti che, telefonini squillanti in entrambe le mani, cercavano in tutti i modi (anche quelli meno leciti) di far disputare l’incontro proprio alla loro squadra.
Mentre si parlava del più e del meno, una bambina bionda, con lo stemma della Federazione cucito sul vestito azzurro, entrò dalla porta laterale. Si avvicinò ai commissari. Le telecamere iniziarono le riprese e il brusio cessò lentamente. Il sorteggio stava per cominciare.
Un anziano signore prese la parola e spiegò al microfono come si sarebbe svolto.
Quando questi terminò, la bambina salì sul podio, tenendo gli occhi bassi per la timidezza. Infilò la mano nel canestro, estrasse un bussolotto, e lo passò a un signore paffuto col naso a patata seduto vicino a lei.
Il sig. W.G. Morrison (W.G. stava per William Gordon) si guardò intorno smarrito senza avere il coraggio di dire una parola. In effetti aveva due buone ragioni per sentirsi in imbarazzo. La prima era che la bambina aveva sbagliato a passare il bussolotto a lui: avrebbe dovuto darlo al sig. O’Brian che sedeva più in là. La seconda ragione era che soffriva di una particolare forma di balbuzie che a volte gli faceva incastrare
le vocali. E questo suo balbettare aumentava quando si emozionava... E parlare davanti a un microfono lo faceva emozionare tantissimo.
Tutti stavano in silenzio con le orecchie puntate aspettando di sentire dalle sue labbra il nome della prima squadra prescelta.
Lui si guardò intorno, aprì il bussolotto, lesse il bigliettino e sospirò. Decise di farsi coraggio. Chiuse gli occhi per un attimo.
– Real Madrid – disse. E si meravigliò con sé stesso per averlo pronunciato tutto d’un fiato senza tentennare. Evidentemente la sua balbuzie aveva deciso di non fargli fare brutte figure.
Nella sala echeggiò un – Ooh! – e tutti i giornalisti presero nota nei taccuini.
Un commissario si alzò e scrisse «Real Madrid» su una lavagna.
Intanto la solita bambina aveva estratto dal canestro il secondo bussolotto che passò, come in precedenza, al nostro sig. W.G. Morrison.
Questi guardò il foglietto di