Edictum Rothari Regis: Editto di Rotari
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Il libro contiene il testo latino del famoso Editto di Rotari emanato il 23 novembre del 643 e le aggiunte fatte dai successori. Si tratta di un importantissimo documento storico che assieme alla Historia Langobardirum ci fornisce una grande quantità di informazioni scritte sui longobardi e sulla loro struttura sociale.
Ma si tratta anche di un importante documento giuridico confrontabile con il Diritto Romano, un corpo di leggi antecedente a quello carolingio.
Buona lettura.
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Anteprima del libro
Edictum Rothari Regis - Scriptorium dell'abbazia di Bobbio
Scriptorium dell'Abbazia di Bobbio
Edictum Rotharis Regis
Editto di Rotari
UUID: 576b14e0-de9d-11e8-acc9-17532927e555
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Indice dei contenuti
Contenuto del libro
Editto di Rotari
Autore
Cos'è l'Editto di Rotari
Edictum Rotharis Regis
Grimualdi leges
Liutprandi leges
Ratchis leges
Ahistulfi leges
Le parole longobarde
Note veloci
Immagini
Instagram link
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Ringraziamenti
Contenuto del libro
Il libro contiene il testo latino del editto di Rotari emanato il 23 novembre del 643 d.C. anche le aggiunte fatti dai successivi Re Longo bardi preceduto da una breve introduzione e seguito da note veloci E altri link di approfondimento.
ISBN 9788822814661 CARTTACEO 9788822898722
ISBN 9788822882547 CARTACEO 9788826053431
ISBN 9788822812841
ISBN 9788822812841
ISBN 9788826464893
ISBN 9788827516478
ISBN 9788822814661
Editto di Rotari
Emanato il 23 novmbre del 643 dC.
Scriptorium dell'Abbazia di Bobbio
Testo latino
Edizione italiana
Mini eBook
Piccolo Foro lBarbarico
Volume 4
GBL Grande Biblioteca Latina
Sito Web: https://www.grandebibliotecalatina.com
email: grandebibloitecalatina@gmail.com
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Libro ottimizato per ipo vedenti e non vedenti
In copertina una immagine ispirata ad un anello sigillo longobardo
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Autore
Scriptorium dell'Abbazia di Bobbio
La tradizione ci racconta che l'Editto è stato materialmente scritto nello Scriptorium dell'Abbazia di Bobbio consacrata a San Colombano. Il rapporto tra la Corte Regia e l’Abbazia di Bobbio è cosa certa, è quindi probabile che questa tradizione corrisponda al vero e che siano stati i religiosi a trascrivere il pensiero della Corte Longobarda.
L’Abbazia di Bobbio fu fondata nel 614 d.C. da San Colombano, in questa località nella provincia di Piacenza a non molta distanza da Pavia, ai tempi già capitale del Regno. La presenza di religiosi istruiti collegati alle istituzioni ecclesiastiche pavesi, porta ben presto ad uno stretto collegamento tra questo luogo e la Corte Longobarda, così che non pare assurdo, anche se non storicamente completamente accertato, che l’amministrazione Regia si avvalesse dei più raffinati latinisti bobbiesi piuttosto che affidarsi a collaboratori interni poco più che alfabetizzati o comunque poco prestigiosi, soprattutto se messi a confronto con coloro che si occupavano del Diritto Romano, ben presente nella penisola ove Esarcato, Pentapoli e Papato ne facevo largo uso, oltre che un vanto e strumento di potere.
Ad ogni modo, il padre legittimo fu colui che lo volle, lo finanziò e se ne prese la responsabilità, ovvero colui che gli ha anche dato il nome, Re Rotari.
Rotari fu uno dei più importanti Re Longobardi, è noto soprattutto per il famosissimo Editto, ma anche un condottiero tant’è che occupò quasi tutta la Liguria ed ottenne una schiacciante vittoria contro i Bizantini in Emilia.
Nasce a Brescia nel 606 d.C. e muore nel 652, la sua sepoltura è dubbia, dall’Historia di Paolo Diacono sembra sia stato sepolto nella chiesa di San Giovanni Battista a Monza ma non ve ne è certezza anche perché, in Pavia vi era un altra chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Il nome latino è Rothari, anche citato come Chrotarius, era di stirpe Arodingia, che forse stava ad indicare una popolazione specifica, gli Arudi, originari dell'odierna Danimarca ed in particolare dello Jutland, era questa una delle tante stirpi scandinave che i Longobardi assorbirono lungo la loro lunga marcia verso l'Italia.
Fu Duca di Brescia prima che Gundeperga, moglie del defunto Re Arioaldo, lo scegliesse quale marito e quindi Re dei Longobardi; era questa una prassi già usata ai tempi di Teodolinda.
Rotari era di fede ariana, mentre la moglie era cattolica e collegata alla stirpe Litingia. Il matrimonio fu politicamente felice, unificò le due componenti cristiane presenti nel popolo longobardo e rafforzò l'istituto regio sempre bisognoso di essere consolidato.
Rotari ebbe anche un importante impatto militare, attaccò i territori imperiali, nel 642 conquistò Oderzo in Veneto e tutte le città costiere della Liguria oltre all'importante centro di Luni nell'alta Toscana. Sconfisse spesso i soldati dell'Esarcato ma non riuscì ad affondare il colpo fino a Ravenna.
L'atto più importante e però quello emanato il 23 novembre 643, il suo Editto, che cancellò la prassi orale e vendicativa della giustizia longobarda per passare ad una legislazione scritta e basata sull'indennizzo monetario.
Alla morte gli succedette il figlio avuto da Gundeperga, Rodoaldo, lasciava un Regno molto più saldo, unito e forte, avviato ad un assorbimento della popolazione di tradizione Romana.
L'Editto ha altre parti aggiunte da Re successivi, alcuni con pochi articoli, altri con corpi cospicui di leggi.
Cos'è l'Editto di Rotari
L’Editto di Rotari o Edictum Rotharis Regis, come era chiamato in latino, venne emanato la notte tra il 22 e il 23 novembre del 643 d.C. per volontà di colui che gli ha dato il nome, ovvero re Rotari.
Il lavoro materiale venne eseguito, come già detto precedentemente, dallo Scriptorium dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio. Il risultato è un codice di leggi longobarde che rimanda al Codice Giustiniano, il Digesto del 533, che era diffuso e in vigore nei territori bizantini d’Italia e che i Longobardi lasciarono operativo per la popolazione d'origine italica. In sostanza nel Regno vi erano due legislazioni, una di tradizione romana per la popolazione non longobarda, ed una derivata dalla tradizione orale per il solo popolo longobardo. L’Editto, mettendo in forma scritta la tradizione orale Longobarda, mette le due leggi sullo stesso piano, anzi, mette la legge longobarda sopra al Diritto Romano.
La scrittura del Codice richiama in tutto e per tutto le formule legali usate dal Diritto Romano, ma i concetti espressi sono longobardi, solo l'aspetto pecuniario, che va quasi completamente ad eliminare la consuetudine barbarica della Faida familiare, riporta questo corpo di leggi in un ambito, per così dire, più civile e di tradizione urbana, tipica delle Cives romane.
Detto questo, si deve notare come i Longobardi abbiano dei loro concetti che sono abbastanza diversi dalla legislazione cristiano-romana. Alcuni di questi concetti sono entrati a far parte della nostra tradizione legale, per questo, si parla spesso dell'importanza del Diritto Romano per la nostra società moderna, ma se questo è certo ed assodato, non ci dobbiamo dimenticare che il Diritto Romano, per arrivare a noi, è passato dalla mediazione dei regni Romano-Barbarici. Il primo e più importante per le conseguenze avute è proprio quello Longobardo, anche perché da esso prende spunto quello Carolingio, Carlo Magno, dopo aver conquistato il Regno Longobardo ed essere entrato in contatto con la cultura italica, sentì la necessità di fare una cosa simile anche per il suo popolo e le genti a lui sottomesse, ovvero, per quel che verrà chiamato Sacro Romano Impero. Radunò nella sua Corte di Aquisgrana le menti più eccelse delle terre a lui sottoposte dando origine ad una comunità culturale che resterà alla base della legislazione europea per gran parte dei secoli a venire, almeno fino alla riscoperta rinascimentale dell'antica legislazione romana, più laica e adatta all’amministrazione delle entità statali che diverranno mature negli stati settecenteschi.
Oltre all'importanza storica dei concetti espressi in questo corpo di leggi, si deve guardare anche ad un’importanza linguistica, questo testo è infatti importante anche per lo studio della lingua longobarda, oltre che utile a mostrarci una progressiva alfabetizzazione del popolo barbarico che, unita alla cristianizzazione a cui fece seguito l'adesione al cattolicesimo, portò ad una incorporazione lenta ma costante della parte italica della popolazione sottoposta ai dominatori Longobardi.
Esistono due versioni originali di questo testo, una è conservata a Vercelli presso la biblioteca Capitolare e contiene anche le aggiunte dei successori di Rotari. Un'altra versione, più antica, è conservata in Svizzera, presso l'Abbazia di San Gallo, abbazia che risulta collegata a quella di Bobbio da San Colombano, questa versione del manoscritto sembra essere identica alla prima edizione del 643.
La lettura di questo documento storico è sicuramente interessante, anche se non appassionante e un po' ripetitiva come ogni codice legislativo, ma se visto con gli occhi curiosi di uno storico o di un appassionato di leggi, è capace di darci un affresco a tinte vivaci della società longobarda.
Edictum Rotharis Regis
Editto di Rotari
INCIPIT EDICTUM QUEM RENOVAVIT DOMINUS
ROTHARI VIR EXCELLENTISSIMO REX GENTI
LANGOBARDORUM CUM PRIMATOS IUDICES SUOS
Ego in dei nomine rotori, vir excellentissimus, et septimo decimum rex gentis langobardorum, anno deo propitianante regni mei octabo, aetatisque tricesimo octabo, indictione secunda, et post adventum in provincia italiae langobardorum, ex quo alboin tunc temporis regem precedentem divina potentia adducti sunt, anno septuagesimo sexto feliciter. Dato ticino in palatio.
Quanta pro subiectorum nostrorum commodo nostrae fuit sollicitudinis cura, et est, subter adnexa tenor declarat; precipue tam propter adsiduas fatigationes pauperum, quam etiam superfluas exactiones ab his qui maiore virtute habentur; quos vim pati cognovimus. Ob hoc considerantes dei omnipotentis gratiam, necessarium esse prospeximus presentem corregere legem, quae priores omnes renovet et emendet, et quod deest adiciat, et quod superfluum est abscidat. In unum previdimus volumine conplectendum, quatinus liceat unicuique salua lege et iustitia quiete vivere, et propter opinionem contra inimicos laborare, seque sousque defendere fines. Tamen quamquam haec ita se habeant, utilem prospeximus propter futuris temporis memoriam, nomina regum antecessorum nostrorum, ex quo in gente nostra langobardorum reges nominati coeperunt esse, in quantum per antiquos homines didicimus, in hoc membranum adnotari iussimus.
Fuit primus rex agilmund, ex genere gugingus.
Secundus laamisio.
Tertius leth.
Quartus kildeoch, filius leth.
Quintus godeoch, filius kildeoch.
Sextus claffo, filius godeoch.
Septimus tato, filius glaffoni. Tato et winigis filii claffoni.
Octabus wacho, filius winigis, nepus tatoni.
Nonus walthari.
Decimus audoin, ex genere gausus.
Undecimus alboin, filius audoin, qui exercitum, ut supra, in italia adduxit.
Duodecimus clep, ex genere beleos.
Terdiusdecimus authari, filius clep.
Quintusdecimus adalwald, filius agilulf.
Sextusdecimus hariwald, ex genere caupus.
Septimusdecimus ego in dei nomine qui supra rotari rex, filius nandinig, ex genere harodos.
Nandinig filius noctzoni, noctzo filius adhamund, adhamund filius alamam, alaman filius hilzoni, hilzto filius weholini, weholino filius weoni, weo filius fronchnoni, fronchono filius faconi, facco filius mammoni, mammo filius ustbora.
1.Si quis hominum contra animam regis cogitaverit aut consiliaverit, animae suae incurrat periculum et res eius infiscentur.
2. Si quis cum rege de morte alterius consiliaverit, aut hominem ipsius iussionem occiderit, in nullo sit culpabilis, nec ille nec heredes eius quoquo tempore ab illo aut heredes ipsius requisitionem aut molestia patiatur; quia postquam corda regum in manum dei credimus esse, non est possibile, ut homo possit eduniare, quem rex occidere iusserit.
3. Si quis foris provincia fugire timtaverit, morti incurrat periculum, et res eius infiscentur.
4. Si quis inimicùs intra provincia invitaverit aut introduxerit, animae suae incurrat periculum et res eius infiscentur.
5. Si quis escamaras intra provincia caelaverit aut anonam dederit, animae suae incurrat periculum, aut certe conponat regi solidùs noningentos.
6. Si quis foris in exercitum seditionem levaverit contra ducem suum aut contra eum, qui ordinatus est a rege ad exercitum gubernandi, aut aliquam partem exercetum seduxerit, sanguinis sui incurrat periculum.
7. Si quis contra inimicùs pugnando collegam suum dimiserit aut astalin fecerit, id est si eum diceperit et cum eum non laboraverit, animae suae incurrat periculum.
8. Si quis in consilio vel quolibet conventu scandalum conmiserit, noningentos solidùs sit culpabiles regi.
9. Si quis qualemcumque hominem ad regem incusaverit, quod ad animae perteneat periculum, liceat ei, qui accusatus fuerit, cum sacramentum satisfacere et se eduniare. Et si tales causa emerserit et adest homo in praesenti, qui crimen mittat, liceat eum per camphionem, id est per pugnam, crimen ipsum de super se, si potuerit, eicere. Et si ei provatum fuerit, aut det animam, aut qualiter regi placuerit conponat. Et si provare non potuerit et cognuscitur dolusae adcusassit, tunc ipse, qui accusavit et provare non potuit, wergild suo conponat, medietatem regi, et medietatem cui crimen iniectum fuerit.
10. Si quis homo liber in morte alterius consiliaverit, et ex ipso consilio mortuos non fuerit, tunc ipse consiliator conponat solidùs viginti.
11. De consilio mortis.
Si hominis liberi inter se in morte alterius consiliaverint sine regis consilio et ex ipso tractato mortuus non fuerit, conponat unusquisque, ut supra, solidos viginti; et si ex ipso consilio mortuus fuerit, tunc ille, qui homicida est, conponat ipsum mortuum, sicut adpraetiatus fuerit, id est wergild.
12. Si duo aut tres fuerint hominis seu amplius liberi et homicidium penetraverint et voluerint se adunare, ut in unum conponant, sicut adpraetiatum fuerit, sit eis adunandi licentia. Et si aliquis se de ipsis subtraxerit et non potuerit se pureficare, sicut lex habet, quod nec plaga nec ferita in ipso homine, qui occisus est, non fecissit, tunc sit culpabiles sicut et alius qui eum conposuit. Et si