Uno dei tanti Marò: New Edition
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In questo racconto si parla di un'esperienza, la mia, due anni intensi pieni di ostacoli e soddisfazioni.
Dal C.A.R al ritorno alla vita civile passando per la missione in Somalia, un'esperienza che ha contribuito a farmi diventare l'uomo che sono oggi.
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Book preview
Uno dei tanti Marò - Daniele Adamo
Biografia
Capitolo 1 Premessa
Superata da poco la soglia dei miei quaranta anni ho maturato la decisione di scrivere un documento che raccontasse gli eventi che hanno contraddistinto la mia vita e lasciato un segno indelebile nel mio cuore. I ricordi con il passare del tempo si frammentano, si offuscano, ma alcuni rimangono PER SEMPRE.
Chi sono i Maró del San Marco?, non sono guerriglieri, non sono mercenari, ma uomini, padri, ragazzi, figli e mariti che hanno scelto un lavoro difficile pieno di sacrifici, di lontananza dalle loro famiglie e dalla loro patria, addestrati ad obbedire ad ordini talvolta anche incomprensibili.
In questo racconto si parla di un'esperienza, la mia, due anni intensi pieni di ostacoli e soddisfazioni.
Dal C.A.R al ritorno alla vita civile passando per la missione in Somalia, un'esperienza che ha contribuito a farmi diventare l'uomo che sono oggi.
Capitolo 2 Prologo
Gennaio 1992
" Giunse il momento, partimmo con i nostri borsoni tra le lacrime delle madri e l’orgoglio dei padri che, come noi e prima di noi, avevano affrontato quell’avventura"
P rologo
Gennaio 1992, da poco diciottenne, già diplomato come perito elettrotecnico ma, soprattutto, come tutti i giovani di quell’età, ero alla ricerca di un lavoro stabile.
Per tirare la carretta lavoravo con un parente, rigorosamente in nero, con paga settimanale di circa 50.000 lire, occupandomi della vendita domiciliare di bevande, guadagnavo più con le mance, che ricevevo in particolare solo dalle famiglie più umili.
Con un compagno di classe ci recammo presso la Capitaneria di Porto della mia città, Messina, per tentare la carriera nelle forze armate.
Entrambi eravamo già abili per la Marina, dopo aver superato i tre giorni a Maricentro Taranto, durante i quali l’ufficiale medico mi disse idoneo BSM , anche se all’epoca non avevo capito di cosa si trattasse.
In Capitaneria facemmo due distinte domande, la prima per accedere alla scuola sottufficiali, la seconda per chiedere la rafferma di due anni denominata L2.
L’incaricato della Capitaneria, probabilmente notando la differenza con i giovani della nostra età, che si inventavano ogni scusa pur di non effettuare il servizio di leva, ci redarguì asserendo che confermando le domande saremmo stati chiamati con il primo scaglione utile.
Ebbe ragione, solamente dopo un paio di settimane arrivò la famigerata per qualcuno, ma attesa per noi, cartolina verde, avevamo una settimana di tempo per presentarci a Maricentro il 14 Febbraio 1992 per il C.A.R.
In fretta e furia con mia madre si corse alla Upim per comprare il necessario, comprai il mio primo pennello da barba che uso ancora oggi.
Giunse il momento, partimmo con i nostri borsoni tra le lacrime delle madri e l’orgoglio dei padri che, come noi e prima di noi, avevano affrontato quell’avventura.
Le prime settimane furono caratterizzate da una noia mortale, non era certo quello che mi sarei immaginato, ci tenevano rinchiusi in una sala cinematografica in attesa che tra i tanti nomi si udisse il proprio per l’implotonamento.
Un giorno, all’improvviso, insieme al mio compagno, ci chiamarono consegnandoci una lettera di viaggio per recarci a Napoli dove avremmo dovuto affrontare i test per il concorso da sottufficiale.
Il viaggio non fu facile, diversi cambi e lunghe attese nelle coincidenze dei treni, ma giungemmo a Napoli e dormimmo in caserma; il mattino seguente iniziò il concorso che sarebbe durato tre giorni.
Il Primi due giorni li superammo egregiamente si trattava di quiz di cultura generale e test psico attitudinali, il terzo ed ultimo giorno era dedicato alle visite mediche.
Sapevo di non aver nessuna malattia, come mi aveva ribadito l’ufficiale alla mia prima visita, quando mi diede l’idoneità per il BSM, dove bisognava essere perfetti fisicamente e psichicamente, pensavo che ormai fosse fatta, sarei diventato Sottufficiale della Marina Militare.
Con grande rammarico al termine del terzo giorno mi dissero che non ero stato ritenuto idoneo alle visite mediche, senza spiegarmene il motivo, mentre il mio compagno di scuola e d’armi superò anche l’ultima prova.
Ci rimandarono entrambi a Taranto per ultimare il C.A.R. dove le nostre strade si sarebbero separate.
Lui fu subito implotonato e passò le restanti giornate ad addestrarsi per la marcia della cerimonia del giuramento, io fui chiamato per effettuare delle visite mediche aggiuntive ritenute necessarie per la conferma dell’idoneità al Battaglione San Marco.
Non sapevo cosa volesse significare questo corpo, ma il mio compagno mi disse che ne aveva sentito parlare da suo fratello che era in Marina, mi disse << stai attento sono tutti matti li, rifiutati di fare le visite mediche inventagli una scusa così lo eviti>>.
Inconsapevole, curioso ed anche un po’ orgoglioso della situazione, decisi di effettuare ugualmente le visite; mi mandarono in ospedale ad effettuare delle radiografie al torace ed un elettrocardiogramma sotto sforzo.
Mi chiesero di effettuare un’innumerevole quantità di addominali, in vita mia li avevo fatti solo a scuola durante le ore di educazione fisica, ma non ero mai arrivato a più di dieci.
Al ritorno dall’Ospedale Militare venni deriso dal mio compagno e dagli altri in quanto, per via degli addominali, avevo evidenti dolori cagionati dall’acido lattico per lo sforzo fatto, ma superai la visita e mi implotonarono nell’ultima settimana alla fine del C.A.R. con categoria FCM/BSM (ndr. Fuciliere di Marina del Battaglione San Marco, categoria prima denominata Marò BSM).
Il 14 Marzo avvenne il giuramento, per l’occasione vennero a Taranto i miei familiari con la Fiat Ritmo di mio padre.
Dopo la cerimonia ci riunimmo per pranzo in un ristorante in città inconsapevoli che Taranto fosse peggio della tanto mal nominata Sicilia.
Alla fine del pranzo, ci accorgemmo con rammarico che gentaglia, per non definirla peggio, aveva rotto il deflettore dell’auto per aprire il bagagliaio ed impossessarsi dei due borsoni custoditi all’interno.
Già, due borsoni, quello con i vestiti sporchi, che avevo usato nel primo mese, e tutto il ricambio che mia madre, da brava mamma qual era, mi aveva portato.
Ci ritrovammo per la seconda volta alla Upim a comprare qualche capo di abbigliamento che mi sarebbe servito nei giorni a seguire.
La sera ci salutammo con l’incognita che non sarebbe stato possibile sapere quando ci saremmo rivisti o sentiti, come solito, in quel tempo, tramite cabina telefonica o via posta.
Il giorno seguente le strade con il mio compagno della prima avventura si separarono definitivamente, assieme ad altri commilitoni, tutti sconosciuti, ci caricarono sul treno per Brindisi.
Arrivammo alla stazione dove ci attendeva il sergente di ferro SGT P.E.