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Amore e Psycho (Floreale)
Amore e Psycho (Floreale)
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Amore e Psycho (Floreale)

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About this ebook

Alma Gòmes è una giovane donna di trent’anni di origine ispanica che vive a New York nel suo modesto appartamento nel quartiere di East Harlem. La sua vita amorosa è sempre stata abbastanza disastrosa, al punto tale che nessun uomo riesce ad attirare seriamente la sua attenzione. In fuga dall'ennesimo appuntamento fallimentare, rientrando a casa, trova uno sconosciuto ubriaco che piange nella sua cucina.
Biondo, occhi verdi, pelle dorata e ali candide, dichiara di essere Eros, il Dio dell'Amore.
Alma crede di avere le allucinazioni mentre Eros le spiega che, a causa della sua vita sentimentale tribolata, lui rischia la sua carriera e la sua immortalità, e annuncia che non andrà via di lì fin quando non avrà trovato l'uomo perfetto per lei. Sarà così che comincerà una collaborazione forzata e non sempre facile, ma certamente esilarante.
Amore e Psycho è una storia romantica narrata con ironia, è una libera interpretazione e rivisitazione in chiave moderna della celeberrima storia di Apuleio, "Amore e Psiche".

Altri libri della collana:
"Il diario di Ilary"
"Come la pioggia"
"Felice perché ho te"
"L'inverno nei suoi occhi"
"Profumo di zucchero e vaniglia"
LanguageItaliano
PublisherPubGold
Release dateFeb 5, 2018
ISBN9788894839234
Amore e Psycho (Floreale)

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    Book preview

    Amore e Psycho (Floreale) - Claudia Simonelli

    (Legge 633/1941).

    A Noemi, Letizia e Maria che hanno creduto in questa storia dal primo istante, spingendomi a scrivere qualcosa che mi sembrava impossibile. A mia nonna, una Donna che mi ha insegnato che l’amore può superare lo spazio e il tempo. E anche l’Olimpo.

    Capitolo 1

    L’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia.

    (Barbara Alberti)

    Un disastro. Provengo dritta dritta dall’ennesimo appuntamento disastroso della mia vita. Non si sa bene come, ma ogni volta che adocchio un uomo appetibile, poi si scopre che sotto sotto è orribile, noioso, senza alcun gusto nel vestire, privo di argomenti interessanti... insomma, il genere maschile è alla deriva. Sono esausta, ho trent’anni e la mia vita sentimentale è ridotta a un colabrodo, nel senso che i maschi della mia specie sono come acqua incolore e insapore che cola dai buchi della mia vita.

    In parte è colpa mia, poiché dietro al mio aspetto tutto sommato femminile nascondo un lato nerd da amante di libri, fumetti e videogiochi. Vi direte: Semplice. Mettiti con un nerd e hai svoltato!

    Sbagliato. Neanche i nerd stanno al mio passo, e poi ho un sacco di interessi al di fuori dei videogiochi e delle letture fantasy. Sapete com’è, ogni tanto mi piace uscire di casa.

    Lo so che vi sembrerò selettiva e rompiscatole, e in un certo senso lo sono; ma chi è che ha davvero voglia di cambiare per amore? La risposta è: un sacco di gente. L’amore è compromesso, e a me i compromessi non piacciono neanche un po’.

    Ed è questo il motivo per cui me ne sto tornando a casa dopo solo un drink, o meglio dire... una birra. Perché io ho preso una birra che ho bevuto a canna, mentre LUI ha preso un Apple Martini, con tanto di fettina di mela verde che ha smangiucchiato scartando la buccia. Ditemi se questa immagine non ha distrutto tutta la carica sessuale per l’intero genere maschile. Per carità, preferisco star da sola.

    Proprio per questo l’ho salutato e l’ho lasciato lì a godersi l’ultimo sorso di Appletini verde e ho preso un taxi al volo. Me ne torno a casa a vedermi una puntata di Lost, anzi metterò su un bel disco dei Beatles mentre mi faccio un bagno caldo pieno zeppo di bollicine al melograno, e tanti saluti a tutti. Per fortuna sono quasi arrivata a destinazione, infatti il taxi sta svoltando l’angolo. Proprio in questo portone grigio antracite, al terzo piano, si trova il mio modesto ma adorabile appartamento che ha una caratteristica che lo rende il miglior rifugio del mondo: è tutto mio!

    Da sei mesi ho lasciato la mia numerosissima famiglia di origine ispanica, con tutti quegli adorabili fratellini rumorosi e me ne sono venuta a vivere qui da sola in santa pace. Pago il tassista e apro il portone con le chiavi che ho in tasca. Sto già pregustando un’altra birra ghiacciata dal mio frigorifero. Sono fortunata, mi sono scansata un’altra checca isterica e l’ascensore è al piano terra che mi aspetta. Lo prendo al volo, sale veloce e mi lascia sul pianerottolo del terzo piano. L’appartamento adiacente al mio è vuoto, invece dall’altra parte del pianerottolo ci vive un ragazzo che avrà più o meno la mia età e che non incrocio quasi mai.

    Infilo le chiavi nella toppa e spalanco la porta d’ingresso, finalmente sono a casa ma... ho lasciato la luce accesa? Sembra venire dalla cucina. E se c’è un ladro? Sono nervosa e mi sudano le mani. Possibile che l’intruso non abbia sentito il rumore delle chiavi? Oh bene, c’è l’ombrello nel portaombrelli integrato all’attaccapanni, quello grande con la punta di ferro. Lo faccio secco, ‘sto ladro schifoso. Improvvisamente sento dei lamenti, qualcuno che piange. Rimango con l’ombrello in mano a mezz’aria e la porta d’ingresso spalancata. Non solo è ladro, è pure scemo e piange urlando a squarciagola. Lo avrà già sentito mezzo condominio. Faccio un respiro profondo, è ora di affrontarlo. Chiudo la porta con un calcio e parlo a voce alta, in modo che mi senta chiaramente dalla cucina: «Ok ladro da due soldi, adesso sei finito!»

    Sono talmente incavolata che con pochi passi arrivo in cucina e non riesco a credere ai miei occhi. Deve essere un mezzo pazzo, ma come avrà fatto un tizio del genere a entrare in casa mia? È seduto al tavolo della cucina, a torso nudo e con delle ali da angelo, bianche ampie e piene di piume. Ma da quale manicomio è arrivato? Sta piangendo disperato.

    «Amico, ma chi diamine sei?» gli domando nel panico.

    «Tu, maledetta! Sei la rrrrovina della mia intera esistenza, e ti possssso assicurare che la mia esistenza non è così breve!» sta urlando puntando contro di me un dito, con la mano che mantiene una bottiglia di birra ancora mezza piena.

    «Adesso ti alzi e te ne vai!» gli ordino perentoria, «anzi, chiamo la polizia e ti faccio portare dritto al manicomio dal quale sei venuto.» Frugo nella mia tasca in cerca del cellulare.

    «Ooooh... fffai purrre» strascica le consonanti, è completamente sbronzo.«Tanto quando arriveranno non mi troveranno e tu passerai per pazza e ti beccherai anche una multa. Non si chiama la polizia senza motivo.»

    «Ce l’ho un motivo, visto che c’è un pazzo seduto nella MIA cucina a sbronzarsi con la MIA birra.»

    «A proposito di questa» mi interrompe alzando la bottiglia dalla quale sta bevendo, «lo vuoi capire o no che devi passare al vino?»

    «Il vino non mi piace, nella mia cavolo di cucina bevo quello che mi pare!» Perché gli rispondo invece di piantargli la punta dell’ombrello dritta in mezzo alla fronte?

    Lui si alza e mi si avvicina minaccioso: «Bruttttttttta impertinente ignorante, il vino è il nettare degli Dei! Questa birra è una porcheria di basso livello.»

    Mentre mi viene addosso con l’alito fetido di alcool non posso non notare che indossa un perizoma bianco in stile Gesù e le ali ricoperte di piume bianche sono enormi.

    «Mi spieghi perché vai a rubare negli appartamenti conciato così? Non vedi che dai troppo nell’occhio?» gli dico per fargli notare quanto è stupido, «e poi puzzi di sbronza, allontanati da me.»

    «Lurida mortale saccente, come ti permetti di rivolgerti a me in questo modo? Io rubare? Per chi mi hai preso? Per Hermes? Hai bisogno di fare un po’ di ripasso gioia, non hai capito nulla.» Si allontana di un paio di passi e si mette in posa. Ha dei sandali legati ai polpacci e il torso nudo è scolpito e perfetto. La sua carnagione sembra dorata e le ali si muovono come se volesse spiccare il volo. I capelli sono biondo dorato, ricci e folti. C’è da ammetterlo, il costume è ben fatto. Avrà dovuto rubare in parecchi appartamenti per poterselo pagare.

    «Senti, sei uno svitato ubriacone. Restituiscimi tutto ciò che hai sottratto da casa mia e poi sloggia. Sono disposta a fare finta di nulla, non chiamerò la polizia. Però vattene.»

    Comincia a ridere prima sommessamente, poi sempre più forte. «Hai dei problemi seri se non mi riconosci, davvero» e così dicendo mi mostra la faretra con le frecce e l’arco che porta agganciati dietro la schiena. Alzo un sopracciglio, davvero non capisco.

    «Senti, sei decisamente fuori periodo per Halloween. Non è San Valentino. Forse sei un cosplayer? O magari un pazzo evaso da qualche casa di cura che crede di essere Cupido?»

    Sorride. «Sei spiritosa, davvero. Ed io sono sbronzo, ma non al punto da non cogliere la tua non tanto sottile ironia. La responsabilità della mia sbronza è da imputarsi solo ed esclusivamente a te, mortale saccente e pedante!»

    «Io tra poco ti farò accidentalmente cadere dalla finestra, e credimi, sarò davvero mortale per te.»

    «Mia cara, puoi buttarmi dalla finestra, spararmi, accoltellarmi o tentare di soffocarmi. Ti assicuro che io non morirò» mi risponde in tono di sfida.

    «Tu sei completamente squilibrato. Vattene da casa mia, subito» gli intimo, indicandogli la strada.

    «Ancora non hai capito, vero? Tu mi hai reso lo zimbello della famiglia, per colpa tua la mia fulgida carriera è andata in rovina. Non mi vogliono più a casa e io da qui non me ne vado fino a quando non avrò compiuto il miracolo!» mi dice puntandomi un indice contro. Poi si volta verso il tavolo, afferra la sua birra a metà e ne scola una lunga sorsata. «Compra del vino rosso, perché da oggi in poi io vivrò qui con te.»

    «Basta, io chiamo la polizia.»

    «Io sono Cupido! Nessun comune mortale può darmi ordini, e nessun poliziotto può arrestarmi.»

    «Cupido!» ribatto ad alta voce, con le mani rivolte verso il soffitto. «Di tutto l’Olimpo, proprio il più imbecille dovevate mandarmi?» mi volto verso di lui, «Non so se sei più matto o più sbronzo, ma vattene.»

    «Dunque, ti convincerò che dico il vero. Josè, prima elementare. Era un tuo vicino di casa. Pelle olivastra, capelli lisci e neri, amante delle macchinine. Ti portò una rosa il giorno del tuo compleanno. Liquidato senza pietà.»

    «Cosa? Ma co...»

    «Mark, terza media. Occhi azzurri, capelli castano chiaro. Ti fece una compilation su musicassetta dei Backstreet Boys. Ti accompagnava ogni giorno a casa dopo scuola. Ti diede il primo bacio e ti fece schifo. Troppo salivoso dicevi alle tue amiche. Lasciatelo dire, sei crudele ragazzina.»

    «Sei uno stalker» comincio a spaventarmi.

    «Non sono uno stalker mia cara, sono il Dio dell’Amore. Ogni stramaledetta coppia che si trova al di fuori di quella porta l’ho formata io in persona. Osservo, controllo le affinità e sparo le mie frecce. Io non fallisco mai, le persone che scelgo io si accoppiano sempre! Funziona con tutti da sempre e quando dico sempre intendo da un tempo indefinito e indefinibile che si chiama E-ter-ni-tà!»

    «Non è possibile» comincio a nutrire dubbi sulla mia stessa sanità mentale, «ho le allucinazioni. Mi hanno drogata.»

    «Non hai le allucinazioni carina. Puoi pure abbandonare la tua ridicola religione monoteista perché ti posso garantire che noi dall’Olimpo comandiamo tutto e sappiamo tutto. Infatti a causa tua mia madre non mi parla più! Mi sono ridotto a lanciare frecce ad una tua fotografia cercando di centrarti il naso...» comincia a piagnucolare. «Ventisette fallimenti. Per colpa tua le mie frecce hanno fallito ventisette volte. Mi hanno concesso altri tre tentativi, dopodiché mi cacceranno per sempre. Diventerò mortale!» La sua faccia è proprio davanti alla mia, mentre piange lacrimoni come un bambino. «Lo so cosa stai pensando, lo capisci o no che io sono un Dio sceso in terra? Io so tutto. Non sono una tua visione, sono Cupido in carne, ossa, bellezza indiscutibile e divinità venerabile. L’anno scorso, ti ho scagliato una freccia al centro commerciale. Eri seduta accanto a quel ragazzo coi dread, Steven. Una freccia a lui e un’altra a te... ma niente! Niente. Sei testarda, sembra che io non abbia potere su di te. Io sono un Dio, se ti do un comando non puoi semplicemente eseguirlo? Perché non ti innamori e basta?»

    «Perché mi fa schifo l’amore. Non voglio adattarmi ad un imbecille qualunque. Magari trovamene uno più interessante, forse non hai tanto gusto nello scegliermi gli uomini.»

    «Io? Ma se la settimana scorsa ho tentato la mia preziosissima, ventiseiesima freccia con un chirurgo plastico!»

    «Ah, quindi è colpa tua se quel cretino ha tentato di abbordarmi dicendo che mi avrebbe rifatto il naso gratis? Ti sembra un uomo da sposare quello?»

    «Bene, d’accordo. Sono disposto a scendere a compromessi pur di salvare le mie dorate natiche e tornare tra le mie soffici nubi lassù, sul cucuzzolo dell’Olimpo. Da oggi in poi lavoreremo insieme per cercarti l’uomo perfetto. Sceglieremo insieme le caratteristiche del compagno della tua vita. Dopo un’accurata selezione sparerò la mia freccia e me ne andrò lasciandoti qui innamorata e possibilmente prossima al matrimonio. Finalmente mi libererò della mia bestia nera – con tutto il rispetto – e potrò godermi il resto della mia favolosa eternità tra Dei, Ninfe e Amoretti. Non vedo l’ora...»

    Ho deciso di assecondare le mie visioni, per cui annuisco. «D’accordo, lavoreremo insieme. Adesso mi faccio un bagno e mi metto a letto, buona notte» gli dico, intenzionata ad abbandonarlo in cucina. Sicuramente sto sognando tutto.

    «Buona notte lurida mortale» gongola soddisfatto, come se mi avesse fatto un complimento.

    Capitolo 2

    Se Laura fosse stata la moglie di Petrarca, pensate che lui le avrebbe dedicato sonetti tutta la vita?

    (George Byron)

    La sveglia suona e io mi strofino energicamente gli occhi. Ieri sera sono andata a dormire più per disperazione che per sonno. Non so se ho bevuto o se ho qualche problema, ma ho cominciato a vedere cose strane e parlare con un essere inesistente. Cupido, Eros o Amore, comunque vogliate chiamarlo. Ieri sera io, Alma Gómes in persona, ho avuto allucinazioni riguardo un dio dell’Olimpo. Io vengo da East Harlem, non me ne frega niente di queste cretinate! Una come me non sogna di incontrare il Dio dell’Amore, una come me sogna di incontrare Eric Dane o Patrick Dempsey dopo essersi imbattuta in una replica di Grey’s Anathomy mentre faceva zapping.

    Comunque, a quanto pare, il sole è sorto irradiando la mia stanza di luce e attorno a me non vedo niente di strano. Sospiro e sussurro: «Grazie a Dio.» Poi sento un urlo in risposta dalla mia cucina: «Prego lurida mortale!»

    Ok, devo cercarmi urgentemente uno specialista. Deve essere di quelli veramente bravi,

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