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Kriya Yoga Darshan: Teoria e pratica
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Kriya Yoga Darshan: Teoria e pratica

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About this ebook

Kriya Yoga Darshan e il testo fondamentale per la conoscenza e la comprensione dello yoga sia da un punto di vista della pratica sia da quello filosofia.
Il testo contiene:
  • La descrizione dei vari aspetti delle tecniche del Kriya Yoga messi a confronto con le spiegazioni degli Yoga Sutra di Patanjali e illustrata da 15 tavole esplicative.
· La descrizione della tecnica del Kriya Yoga in relazione al sistema dei Chakra, dei Kosha, dei Mudra, dei diversi Frana ed un approfondito esame del sistema dei tre corpi.
  • Una dettagliata spiegazione dell'Astrologia Cosmica di Sri Yukteswarji ed un confronto tra il Kryia Yoga ed i cicli astrologici.
· La legge della creazione in rapporto alla cosmogonia spirituale indiana e il percorso dell'anima dal mondo allo Spirito.
LanguageItaliano
Release dateDec 30, 2017
ISBN9788869372704
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    Book preview

    Kriya Yoga Darshan - Swami Shankarananda Giri

    ​Glossario

    ​Prefazione all’edizione italiana

    Quando mi fu chiesto dall’Editore di ricercare dei testi fondamentali nella vasta letteratura sullo Yoga, che non fossero stati ancora tradotti, ho subito pensato a questo libro di Swami Shankarananda Giri sul Kriya Yoga.

    Il primo motivo per il quale la mia scelta è caduta su questo testo, è perché conosco Swamiji ormai da più di quin­dici anni e lo ammiro molto come maestro spirituale. Inoltre, essendo molto legato alla tradizione del Kriya Yoga anche attraverso gli insegnamenti di Paramahansa Yogananda, già dalla prima lettura, sono stato colpito dalla vastità e dalla profondità delle spiegazioni fomite in questo libro da Baba - o padre spirituale, come amano chiamarlo i suoi allievi. Pro­prio questa presentazione del Kriya Yoga, così diversa da altri libri sullo stesso argomento, mi ha catturato. Nelle suc­cessive letture ho sempre sentito che queste pagine trasmet­tevano qualcosa di più profondo dei semplici concetti espo­sti. E come quando ascoltiamo un canto che non ci stanca mai e si può riascoltare per ore e per giorni, perché quella voce ci accarezza V anima e ci guarisce in profondità. Questa è la seconda motivazione che mi ha convinto definitivamente della scelta fatta.

    Dopo VAutobiografia di uno Yogi di Paramahansa Yogananda, non ho trovato nessun testo sull’argomento che fosse alla sua altezza. Nel mio cammino spirituale ho incon­trato centinaia di ricercatori, anche su percorsi molto diversi, però ho notato che, come me, una grandissima parte di loro aveva mosso i primi passi sul cammino spirituale dopo aver letto il libro di Yoganandaji. Tantissime persone che ora, ter­minato l’iniziale vagabondaggio da una fonte all’altra, ho ri­trovato essere approdate alla tradizione cristiana o buddista, sono state risvegliate da quella stessa lettura, che come una fiamma ha acceso tutti i nostri cuori.

    Qual è il segreto di questo classico che ha mosso la coscienza di migliaia d’anime? Non è tanto la descrizione dei santi incontrati nella sua ricerca né le esperienze raccontate­vi, quanto, a mio avviso, un messaggio che colpisce diretta- mente il cuore e che scivola fluido tra gli scheletri dei nostri concetti mentali e le fortificazioni ideologiche delle nostre parole. E come il vento dello Spirito che non può essere imbrigliato, né guidato, né tanto meno sottomesso. È come una freccia che vola diritta contro il nostro cuore e ne rompe la dura scorza, trasmettendoci tutta la sua fortissima deter­minazione. È come un seme che inizia a germogliare, dopo un inverno stretto nella morsa dell’illusione. È un pensiero che sboccia con la nostra nuova coscienza: Anch’io voglio conoscere Dio. E come una nuova nascita che ci fa entrare in una nuova vita, pur conservando lo stesso corpo. Però tutto il nostro mondo interiore n’è rivoluzionato e successi­vamente anche l’ambiente circostante.

    Certamente non possiamo percorrere tutti la stessa via spirituale, perché tutti abbiamo dei valori diversi da far sboc­ciare e soprattutto dobbiamo continuare quel percorso inter­rottosi nell’incarnazione precedente. Siamo, infatti, attratti da diverse tradizioni, perché nel nostro inconscio portiamo ancora i semi di quelle tendenze, esperienze e memorie. I cammini sono tanti, eppure la scintilla che ha fatto scattare questa reazione nella coscienza di migliaia d’anime è sempre la stessa: è la voce dello Spirito che chiama le sue pecorelle sparse nel mondo a ritornare nuovamente alla casa del Pa­dre, dopo tanto vagare nelle esperienze illusorie.

    Molti danno grand’enfasi all’illuminazione, al culmine della nostra ricerca, però a mio avviso, è quasi più importan­te il momento del risveglio, la scoperta della realtà spirituale, perché l’anima che vuole ritornare sinceramente alla casa del Padre, sarà continuamente guidata, direttamente o indiretta­mente, attraverso tutte le asperità e precipizi del sentiero spirituale. Nel risveglio iniziale c’è già tutta la forza, la gioia e la pace che incoroneranno il successo dell’incontro finale dell’atma con il Paratma. Molti continuano a cercare il testo che li illuminerà, eppure una sola scintilla è sufficiente per accendere tanti fuochi. E quando il fuoco dello Spirito è ac­ceso in noi, non abbiamo bisogno d’altre scintille, bensì di legna per alimentare e mantenere sempre vive le fiamme del­la coscienza.

    Molti altri testi di questa tradizione possono essere inte­ressanti, ma nessuno, a mio avviso, è così toccante, come questo libro di Swami Shankarananda. Il motivo è forse sem­plice: leggendolo sentiamo anche qui la stessa forza che Yoganandaji ha trasfuso nella sua Autobiografia di uno Yogi più di mezzo secolo fa. Questa forza deriva dalla stessa fon­te, la stessa carica che sa trasformare, la stessa fiamma che accende i nostri cuori e quell’amore che trasformò la vita di Yoganandaji e d’innumerevoli suoi discepoli. Questa forza è la potenza del Leone del Bengala, quell’anima meraviglio­sa che fu Swami Sri Yukteswarji.

    Infatti, Swami Shankarananda, anche se non lo conobbe personalmente, ebbe la fortuna karmica di essere stato molto vicino ad uno dei discepoli più cari di Swami Sri Yukteswar: Swami Narayana, chiamato anche Prabhuji. Prabhuji visse nell’Ashram di Puri, accanto al suo Guru per oltre vent’anni, servendolo e facendogli da cuoco, fino agli ultimi istanti del­la sua vita. Infatti, Swami Narayana fu vicino a Sri Yukteswar

    anche nel momento finale del suo Mahasamadhi.

    Leggendo ora il libro di Swami Shankarananda, possia­mo percepire molto forte questo messaggio di Prabhuji, testi­mone dell’infinita conoscenza di colui che viene anche chia­mato Jnana Avatar. Questa non è una semplice conoscenza intellettuale mediata attraverso la lettura d’altri testi, ma Dharma che si manifesta attraverso l’intuizione profonda di uno dei più grandi Maestri vissuti nell’India del secolo scor­so. A mio avviso, questa è vera conoscenza vedica che non si può apprendere solo leggendo i Veda scritti, ma quella conoscenza cui può attingere solo un Rishi, un veggente che può trasmettere la Verità suprema. Infatti, ritengo che Swami Sri Yukteswar fu veramente un Rishi che ha trasmesso que­sta conoscenza non solo al suo discepolo più caro - Yoganandaji - ma sicuramente anche a Prabhuji, che di se­guito la passò a Swami Shankarananda.

    Visitando dopo tanti anni l’Ashram di Puri, mi sovviene un episodio, che mi fu raccontato allora, sul genere d’auste­rità cui erano sottoposti i giovani allievi da parte di Sri Yukteswar. Questo per capire meglio i metodi di questo Maestro.

    Era da poche settimane arrivato un nuovo giovane deside­roso di ricevere gli insegnamenti del Maestro, però essendo fi­glio di una famiglia molto agiata, faceva molta fatica ad inserirsi nella routine giornaliera che era molto spartana. Rimaneva ben poco spazio per fantasticare e sognare ad occhi aperti l’illumi­nazione. Tra i tanti disagi, c’era la difficoltà a addormentarsi sdraiati su una sottile stuoia, mentre nella casa patema il nostro giovane usava adagiarsi su spessi e morbidi materassi.

    Un giorno, il padre fece visita all’Ashram per sincerarsi dell’avanzamento spirituale del proprio figlio e lo vide molto sofferente e con gli occhi segnati per le notti insonni. Venuto a sapere della ragione di tutto ciò, decise, essendo molto ric­co, di provvedere l’Ashram di spessi materassi da distribuire a tutti gli allievi. Pensando di fare una donazione, non infor­mò il maestro di questa sua decisione.

    Così alcuni giorni dopo, mentre Sri Yukteswar passeg­giava nel giardino, fu attirato da un forte vociare davanti al cancello dell’Ashram. Incuriosito si affacciò e vide degli operai che stavano scaricando alcune decine di materassi proprio davanti alla porta. Allora s’informò, poiché sicurafnente do­veva trattarsi di uno sbaglio, in quanto lui non aveva ordina­to tutto quel materiale. Proprio allora comparve il padre del nostro giovane che lo informò come tutti quei materassi era­no una sua donazione per l' Ashram. Inoltre per far cosa gra­dita, disse al Maestro che ce n’era uno speciale anche per lui.

    Dopo un attimo di silenzio, Sri Yukteswar senza scom­porsi e molto freddamente, ordinò, tra le proteste del genito­re, che tutti i materassi fossero nuovamente ricaricati e ri­portati a casa loro, poiché l’Ashram non sapeva cosa farsene di tutti quegli oggetti inutili. Naturalmente chiese che, as­sieme ai materassi, il padre si riprendesse pure il figlio che evidentemente non era fatto per vivere lì.

    Questa storia potrà forse sembrare esagerata, però in molte occasioni Yoganandaji ringraziò il suo Maestro pro­prio per la severa disciplina ricevuta, quando anch’egli era ancora un giovane sognatore più incline a cercare Dio nelle lunghe ore di pratica e preghiera, che nei momenti di lavoro e pulizia dell’Ashram. Non siamo tutti tentati a fare quello che ci piace e poco inclini ai doveri banali e pesanti?

    C’è un canto che era intonato molto spesso da Sri Yukteswarji, come testimonia Paramahansaji, assieme ai suoi discepoli e vorrei riportarlo per intero. A mio avviso, in po­chi versetti racchiude il sunto della sadhana, o pratica spiri­tuale, impartita con tanta severità, ma anche con tanto amore e libertà. Il testo del canto dice:

    "Desiderio, mio grande nemico, con i suoi sol­dati mi ha circondato e mi tormenta, oh Signore.

    Però quel nemico io sconfiggerò, rimanendo nel mio castello di pace. Giorno e notte nella Tua gio­ia, oh mio Signore, giorno e notte. Dimmi, oh Signore, quale sarà la mia sorte? - Il pranayam sia la tua religione, il pranayam ti darà la salvez­za, il pranayam è l’albero dei desideri, il pranayam è l’amato Dio, il pranayam è il Signore Creatore, il pranayam è il mondo cosmico. Controlla il pic­colo pranayam e diventerai l’onnipresente pranayam, allora non temerai mai più nulla."

    Sicuramente anche Prabhuji avrà intonato questo canto assieme al suo Maestro, come racconta Paramahansa Yoganandaji in una nota ai Canti Cosmici. Spesso intona­vamo questo canto nell’eremitaggio di Sri Yukteswarji nel Bengala (P Ashram di Serampore - N.d.T.), molto tempo fa. Il devoto chiede al Signore come sconfiggere il più grande nemico dell’uomo, il Desiderio. Dio risponde che il modo migliore per mettere l’avversario nel sacco, è con l’uso delle tecniche yogiche interiori del pranayam (letteralmente: con­trollo del prana, o forza vitale). (...) La pratica di questa tecnica, permette all’uomo di ottenere il controllo sulla pro­pria forza vitale interiore e realizzare l’unità con la sua Forza Cosmica Vitale. Con licenza poetica l’autore di questo canto chiama il Signore stesso Pranayam, anche se, a rigore di logica, Egli non è identificabile con nessun metodo o tecnica. Però di tutte le vie che conducono a Lui, il pranayam è la più rapida e la più santa.

    Riformulando un’affermazione fatta all’inizio, sulla na­tura della scintilla che questi Maestri ci trasmettono, vale a dire quel grido interiore: Anch’io voglio conoscere Dio, nasce spontanea la domanda come?. È il canto stesso a fornirci la risposta: con il pranayam, e in modo completo, in questo caso, con le tecniche del Kriya Yoga.

    Questo è lo stesso insegnamento che anche oggi Baba dà, non solo attraverso le pagine di questo libro, ma anche in tutti i suoi incontri e sat-sang, che lo portano così vicino a noi, nei suoi estenuanti viaggi dall’India all’Europa, come un eterno pellegrino che porta l’acqua di vita in questo deser­to spirituale, che è il nostro mondo occidentale.

    Certo questo libro non vuol competere, né togliere nul­la a quel classico che Yoganandaji ci ha donato, però a mio avviso, può affiancarlo per espandere ancora di più quella luce che può guidare la nostra vita verso una coscienza più elevata. Un fuoco che può veramente bruciare un’esistenza priva di senso, un fuoco che può trasformare la nostra vita in una rinascita completa.

    Inoltre Swami Shankarananda è così preciso e profon­do nelle sue spiegazioni, che consiglio questa lettura non soltanto ai kriyaban, per aiutare ed approfondire la cono­scenza della loro pratica, ma anche ad ogni ricercatore since­ro che ha bisogno di combustibile - del pranayam - per tenere vivo il fuoco dell’amore divino nel proprio cuore.

    Il Kriya Yoga è certamente una pratica speciale, come già sosteneva Yoganandaji, però Baba con la sua spiegazio­ne, accresce in noi il desiderio di assaggiare e gustare il frut­to divino di questa pratica. Per molti anni abbiamo inseguito la realizzazione di tanti desideri, però solo attraverso la pra­tica spirituale possiamo esaudirli tutti. Nello sforzo di perce­pire Dio - il nostro vero sadhana - esaudiamo il senso del- 1’esistenza e così l’anima creata ritrova il cammino per ricollegarsi al suo Creatore, perché alla fine la vita senza la percezione di Dio, che senso ha?

    Sono molto felice che mi sia stato affidato questo com­pito di presentare l’edizione italiana del libro sul Kriya Yoga, perché, proprio in questi giorni, ricorre l’anniversario del ventesimo anno da quando ricevetti la prima iniziazione al Kriya Yoga. È un’esperienza che ha segnato tutta la mia vita, l’ha trasformata radicalmente e mi ha accompagnato quoti­dianamente, senza mai lasciarmi attraverso tutte l’esperienze della vita. È un tributo che voglio dare a tutti i Maestri di questa via spirituale, da Babaji a Lahiri Mahasaya, a Sri Yukteswarji e Paramahansa Yoganandaji, che mi hanno sal­vato dall’illusione di questa vita, per accompagnarmi fino alla soglia della dimora divina nello Spirito.

    Un ringraziamento particolare va anche a Swami Shankarananda, che attraverso queste pagine ci fa rivivere l’antico Veda che il Rishi Sri Yukteswar ci trasmette ancora oggi attraverso queste fresche pagine di Sanathan Dharma, l’Eterna Verità, la Religione delle religioni.

    Il cammino c’è, l’anelito della nostra anima può essere esaudito. Noi pensiamo di cercare Dio, ma soprattutto è Dio che ci sta cercando con un desiderio ed un’intensità incredibili.

    Guru Purnima, 303 Dwapara Yuga

    Swami Nirvanananda Saraswati

    ​Introduzione

    Quando diventai monaco nell' ashram del mio maestro, presi la ferma decisione di non scrivere mai un libro, poiché non volevo indurre le persone a crearsi idee formali o super­ficiali sul Kriya Yoga.

    Sri Yukteswaiji era solito affermare che è meglio rimane­re in silenzio, piuttosto che scrivere o parlare di cose

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