La cosa più importante
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Anteprima del libro
La cosa più importante - Davide Galliani
Gioia.
INTRODUZIONE
C'è una frase che ho ascoltato anni fa dal mio pastore e che mi ha sempre colpito per la sua semplicità e profondità. Più o meno fa così: la cosa più importante è che la cosa più importante resti la più importante
. Chiaramente è un gioco di parole che, come spesso accade, nasconde una certa verità esprimendola in un modo facilmente memorizzabile. Il senso naturalmente è quello di non smettere di dare la priorità dovuta alle giuste cose nella vita così come nella vita di fede. Inseguendo miraggi affascinanti diventa infatti fin troppo facile trascurare quello che invece è concreto e prezioso, ma ormai dato per scontato. Quando una realtà ci appartiene per lungo tempo, frequentemente e a volte inconsciamente essa perde di valore ai nostri occhi, a causa delle tante faccende giornaliere che attirano costantemente la nostra attenzione.
Se ci pensiamo bene ognuno di noi nel proprio processo di crescita è portato a cambiare costantemente. Piccoli e grandi decisioni, ripensamenti e azioni sono all'ordine del giorno, e non può che essere così. Il cambiamento ci porta a maturare, a fare nuove esperienze e, auspicabilmente, a divenire più saggi. Questo è vero anche nella nostra società, che continua a progredire nella tecnica, nelle scienze e nei relativi dibattiti, sebbene certi problemi fatichino ancora ad estinguersi ripresentandosi ciclicamente. Questo perché per quanto nuove scoperte ed esperienze contribuiscano a rendere migliore la qualità di vita dell'uomo, il suo animo e le sue tendenze naturali restano sempre quelle, nel bene e nel male. In questo incessante flusso di cambiamenti, quindi, l'identità umana con le sue forze e debolezze può essere considerata la prima inevitabile costante che dobbiamo accettare. In un certo senso tutto cambia per restare uguale, in quanto pur cambiando l'essere umano rimane il medesimo. Ma questa non è la sola costante. Leggendo la Bibbia possiamo infatti ritrovare un altro aspetto immutabile che riguarda questa volta la natura di Dio e la sua volontà di riscattare l'uomo dalla propria precarietà e dal proprio stato di peccato per restituirgli una rinnovata dignità secondo il suo proposito iniziale. Anche questo è un aspetto ricorrente, che ad un certo punto arriva a compimento in un c ambiamento definitivo promosso dall'incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il Logos di Dio. Come sappiamo, questi eventi sono stati vissuti, compresi e diffusi dal primo cristianesimo che, nel corso della storia ha saputo a sua volta crescere e dialogare con ogni verità biblica per comprenderne il più possibile le relative implicazioni, conseguenze e applicazioni pratiche nella vita del singolo credente così come in quelle della collettività. Tuttavia, in questa espansione spirituale e intellettuale – quindi in questo decorso storico – non è purtroppo mancata anche una sclerotizzazione istituzionale e dottrinale che ha allontanato innumerevoli persone dalla genuinità del messaggio originario. Per reazione, moltissimi sono i movimenti religiosi che puntualmente hanno proposto, riproposto e perseguito un ritorno agli inizi, nella misura in cui questo poteva essere accettato e realizzato nel nuovo contesto storico e sociale. Osservando i due millenni di storia del cristianesimo, possiamo comprendere che questo continuo tira e molla
si è potuto riproporre a vari livelli: nella Chiesa universale tra cattolicesimo, ortodossia e protestantesimo, ma anche in ogni singola denominazione, e molto probabilmente in ogni comunità locale, se non addirittura nella vita di ogni singolo credente. Momenti di aridità e mero formalismo vengono alternati a momenti di risveglio spirituale, momenti di staticità ad altri di rinnovato dinamismo. In questo schema entrano poi in campo infiniti diversi accenti teologici che focalizzano la propria attenzione ora su questo e ora su quell'aspetto della fede cristiana da rivalutare e a cui dare la priorità. Ma in tutto questo sterminato oceano, qual è davvero la cosa più importante? Qual è quella cosa che deve rimanere la più importante? Ogni teologo in un modo o nell'altro ha dato la sua risposta a queste domande, descrivendo la sua prospettiva. E, in ultima analisi, ogni credente ha una sua idea in proposito. Sì, in un certo senso tutto può essere considerato come più importante, con il giusto equilibrio. Ma qual è questo giusto equilibrio? Anche in questo caso si potrebbe discorrere a lungo, sebbene possiamo concludere con un certo comune consenso che questo equilibrio debba essere quello biblico. Pur sapendolo, tuttavia, è per noi fin troppo facile scivolare ancora una volta verso preferenze a singoli aspetti di fede dettati da esperienze, aspettative ed interessi personali e tornare di conseguenza a immergerci nello stesso, solito problema auto-generante.
Come risolvere questa impasse, questa Idra di Lerna
concettuale? Secondo la mia opinione, possiamo trovare un aiuto determinante a questo riguardo nell'approfondimento individuale e accurato dei fondamenti della fede cristiana. O meglio, in quelli che gli apostoli consideravano come i fondamenti della fede. Molti studiosi antichi e moderni hanno saputo dare i propri inestimabili contributi in questo senso e io non ho di certo la possibilità o volontà di paragonarmi a loro. Con questo libro vorrei condividere in modo semplice, sobrio e personale, l'urgenza che avverto dopo questi miei primi dieci anni di preghiera, studio, servizio e insegnamento teologico cristiano. Un'urgenza che è rivolta a non lasciarci distrarre così facilmente da questioni secondarie – quando non addirittura futili – dando per scontate verità che per la loro centralità richiederebbero invece una nostra continua e completa attenzione. L'Ecclesiaste a ragion veduta afferma che l'occhio non si sazia mai di vedere e l'orecchio non è mai stanco di udire,¹ ma proprio questa naturale fame di novità che la nostra cultura fomenta assiduamente spesso ci è di ostacolo, impedendoci di mettere le radici nel posto giusto, vicino ai ruscelli che possono dissetarci.² Affinché una pianta possa mettere le radici serve parecchio tempo, servono diversi anni, e senza questi anni diventa impossibile arrivare a portare il proprio frutto a tempo debito. Forse che tanti errori, orgogli, scandali e peccati derivino dalle conseguenze di questo mancato tempo di lenta e invisibile crescita davanti a Dio? Lascio al lettore giudicare. Il mio desiderio, in ogni caso, è quello di indicare ciò che – per la mia comprensione – ritengo essere più importante. Qualcosa che non è di certo nuovo o sconosciuto, ma che di fatto può e deve essere comunque riscoperto ancora, ancora e ancora. La seconda lettera di Pietro, nel Nuovo Testamento, esorta a crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, insegnandoci in questo modo che si può crescere nella grazia e nella conoscenza dello stesso Signore, senza dover cercare altrove delle novità. Per questo motivo ho scelto di non andare più in là, ma di fermarmi davanti alla sua presenza per contemplare i suoi insegnamenti e la sua opera eterna. Per questo stesso motivo ho voluto scrivere questo libro, un modesto contributo in una comunità così eccezionalmente grande come quella cristiana. Del resto, in ogni comunità i suoi membri sono chiamati a fare la propria parte e,