NINA
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Questa volta però l’amore è un prezzo che Nina non è disposta a pagare e sa che l’unica cosa che può realmente fare per non perderlo, è restare e lottare.
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Book preview
NINA - GIULIA VITTUOZZO
NINA
DI GIULIA VITTUOZZO
NINA
di giulia vittUozzo
Prima EDIZIONE 2017
iSBN 978-88-99972-66-0
Lello Lucignano Editore
Tutti i diritti sono riservati. © Copyright LFA Publisher
Via A. Diaz n°17 80023 Caivano - Napoli – Italy
Tel. e Fax 08119244562
www.lfaeditorenapoli.it - www.lfapublisher.com - info@lfapublisher.com
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A Lena,
che mi ha dato la mano per non cadere.
UNO
Nina fumava la sigaretta nel vialetto di casa sua. Era seduta sul primo dei tre scalini che portavano alla porta d’ingresso e il suo respiro usciva in piccoli sbuffi di fumo nell’aria gelida di Dicembre. La casa di fronte alla sua era addobbata con centinaia di luci colorate e stupidi babbi natali canterini.
E avrebbe voluto prenderli a pugni ogni volta che emettevano quel fastidioso ‘oh, oh oh’.
Aveva imparato ormai, stando seduta lì, che le luci si alternavano ogni tre secondi, rosse, blu, gialle e così via, finché guardarle non ti faceva male agli occhi. Nina odiava il Natale.
Non si reputava credente e quella ricorrenza sembrava inutile ai suoi occhi. Sapeva per certo però che in quel paesino nessuno pensava al valore simbolico del Natale, tutto troppo appariscente e superficiale.
Il Natale era solo un pretesto per fingere di essere una famiglia. Un pretesto per ricevere qualcosa e mangiare senza sosta per ore intere.
Per Nina il Natale era solo una scusa e lei odiava le scuse e le perdite di tempo.
Il telefono accanto a lei era spento. Dopo due anni aveva deciso di spegnerlo. Sapeva che nessuna chiamata le sarebbe arrivata quel giorno o almeno non quella che avrebbe voluto, non quella di sua madre.
Lo aveva spento dicendo a se stessa che non voleva sentire nessuno ma la verità era ben diversa: Nina era sola.
Con il suo ritorno non aveva trovato nessuna famigliola felice ad attenderla in stazione. Non aveva trovato amici che le davano il benvenuto. Nessuna festa di bentornata, nessun palloncino o festone, nessun abbraccio. Non aveva trovato niente ad aspettarla.
D’altronde lei non si aspettava più nulla.
Casa sua era dannatamente vuota. Il camino, che un tempo sembrava sempre acceso pronto a scaldare chiunque entrasse in quella casa, ora era spento. In realtà lo era da un po’.
Suo nonno era chiuso nel suo studio da ore e passava lì le sue giornate, senza parlare con nessuno, senza parlare con Nina.
Nessuno sapeva cosa facesse lì dentro tutto quel tempo. Nina lo vedeva solo scendere per prendere qualcosa da mangiare e tornare su.
Nina non si aspettava chissà cosa, eppure quel silenzio la faceva sentire come se avesse sbagliato qualcosa, non sapeva però, se quello che le sembrava sbagliato fosse stato andarsene o l’essere tornata a casa.
Era tornata da una settimana circa e tutto ciò che aveva trovato era un cassetto pieno di ricordi e una casa vuota.
La sigaretta era terminata da un pezzo e il mozzicone giaceva a terra sull’asfalto freddo.
Accanto a lei il suo telefono era accompagnato da una bottiglia di birra aperta.
Fumo e alcool non sembrava il mix perfetto ma ormai niente sembrava perfetto nella sua vita.
Stava per rientrare dentro quando una macchina nera inchiodò di colpo di fronte casa sua. Il finestrino scuro si abbassò rivelando un ragazzo dai capelli biondi alla guida.
Lei aggrottò le sopracciglia cercando di ricordare il suo volto ma senza risultati.
I suoi dubbi furono risolti quando pochi secondi dopo lo sportello del lato passeggero sbatté con violenza.
Una ragazza dai capelli neri e ricci da un lato e dall’altro rasati si fece avanti con un sorriso sulle labbra ed un’espressione totalmente stupita.
Nina la riconobbe subito.
«Jem.» Sussurrò più a se stessa che alla ragazza ferma davanti a sè.
«Nina Cooper! Non ci credo!» affermò l’altra, alzando il tono della voce.
«Neanche io.»
DUE
«Sei tornata» disse la giovane dopo quelli che parvero minuti di silenzio. Il suo tono sembrava scottato. Come quando il vetro cade a terra e cerchi di raccogliere il tutto stando attento a non tagliarti con i pezzi più grandi, ma a quelli più piccoli non ci fa caso nessuno e allora non lo senti nemmeno quell’unico frammento che ti scava nella pelle. Vedi solo il sangue colare, non lo senti il dolore, lo vedi soltanto. E Nina era lì e Jem la vedeva.
Nina guardò quella che un tempo era la sua migliore amica. Era cambiata. Il tempo aveva portato via con sé la sua innocenza. Non era più la ragazzina timida che conosceva.
Dopotutto neanche Nina era la stessa di una volta. Anche Nina non era più Nina.
«Non l’hai detto a nessuno» continuò Jem. Lo stupore iniziale era stato sostituito con un’espressione dura: Odio.
«Perché avrei dovuto farlo?» rise Nina. Sembrava ridicolo il solo pensiero.
«Non intendevo il tuo ritorno» sputò lei.
Nina la guardò confusa.
«Te ne sei andata senza dirlo a nessuno. Senza dirlo a me. Perché?» Quasi urlò.
«Non volevo nessuno che mi fermasse.»
Jem fece qualche passo avanti trovandosi di fronte alla mora «e sei scappata. Questo ti fa dannatamente onore, complimenti.» Rise spingendola.
Nina indietreggiò.
«Tu non sai niente» sibilò ma l’altra non le diede ascolto.
«Beh a questo punto potevi anche non tornare affatto. Scommetto che sei tornata qui con l’idea di trovare tutto come i vecchi tempi. Sei tornata con la convinzione di riprenderti ciò che un tempo era tuo.»
Il ragazzo biondo scese dalla macchina avvicinandosi alle due ma Jem continuò ad urlare.
«Beh mi dispiace tanto Cooper ma non sei più la benvenuta qui. Ti hanno dimenticato tutti Nina.»
Nina strinse i pugni, guardandola dall’alto in basso con disgusto. Ogni traccia di quella che un tempo era la sua migliore amica era decisamente scomparsa. Le sue labbra rosse mostravano un sorrisetto compiaciuto per le parole appena dette. Come se fossero state pensate apposta per ferire, come se non aspirasse ad altro, come se ci provasse gusto.
Eppure Nina non provò dolore e neppure tristezza.
Era diventata brava a non provare nulla se non rabbia.
La rabbia era l’unico sentimento che le accendeva qualcosa dentro che le dava quel po’ di speranza di cui aveva bisogno, tanto da farle credere che non era del tutto vuota e che stava ancora nel mezzo.
Ad un passo dal nero e ad uno dal bianco.
Molte persone credono che il bianco simboleggi la luce ed il nero l’oscurità. In realtà per Nina è sempre stato l’esatto contrario. Il bianco è troppo luminoso per gli occhi deboli degli umani. Così accecante che non si mostra mai per ciò che è davvero. Il bianco è la somma massima di luce, è tutto ciò che non potremo mai essere, tutto ciò a cui non potremo mai aspirare. Il bianco la spaventava.
Il nero, invece definito da tutti come l’assenza di colore, per Nina è tutto. È come spegnere la luce nella stanza e non vedere niente, ma sai che a destra c’è il letto, e poi un armadio, e magari anche una scrivania. Così nel nero, Nina provava a scorgere tutti i colori che non riusciva a vedere a primo impatto. Troppi colori per un colore solo. Un po’ come le persone. Troppe emozioni per un’anima sola. Eppure Nina ha sempre visto la luce negli occhi di chi ha tanto da raccontare.
Ha sempre visto la luce dove essa si nasconde.
Ma Nina non era il genere di persona a cui piacevano gli ultimatum. Non era tutto bianco o nero. Esisteva il grigio.
Così si teneva nel mezzo. La sua esistenza vagava in quello che Dante chiamava purgatorio.
«Non sono tornata per te.» Affermò la giovane guardandola direttamente negli occhi prima di continuare «la tua vita non m’interessa Jem. Sapevo non avresti capito, così non ho provato neanche a spiegartelo».
Jem assunse un’espressione stupita ma non ebbe il tempo di dire niente che Nina continuò. La sua espressione era una maschera fredda e distaccata.
«Sono tornata senza aspettarmi nulla e perché ho lasciato troppe cose in sospeso.»
«Ma è questo quello che tu fai Nina. Lasci sempre tutto in sospeso come se ti scocciassi della normalità.» La interruppe Jem.
«Non sono fatta per questa vita Jem. E tu dovresti saperlo. Sono tornata perché ovunque andassi, il dolore da cui scappavo mi seguiva, come se fosse dentro di me, come se fossi io stessa il mio dolore».
«Tu stai dannatamente male.» urlò la riccia.
Nina alzò le spalle, guardando verso il ragazzo che la fissava senza dire una parola.
«E tu sembri una prostituta. Sono cambiate tante cose Jem ma è la vita».
Solo queste parole.
Qualche secondo di silenzio prima che Jem le si scagliò contro buttandola a terra.
Nina la spingeva per togliersela di dosso ma due mani la precedettero.
«LASCIAMI NATE! GIURO CHE TI ODIO NINA. TI ODIO.»
«Calmati Jem. Andiamo via.» disse