Il santuario dei Re Italici: San Michele Maggiore di Pavia
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La leggenda d’un terribile terremoto, che avrebbe distrutto tutto, ha spinto gran parte degli studiosi e commentatori dell’ultimo secolo a datare la Basilica San Michele ad un’epoca “impossibile”: un ricco sacrario per incoronare i re, quando il regno non esisteva più!
Dopo i contrasti con Berengario del Friuli, primo re franco-italico, il vescovo Liutfredo impegnò tutte le proprie energie per controllare il potere civile, a partire da una ricca cornice per le incoronazioni, per rendere evidente che la sacralità del re dipendeva da quella corona, che il vescovo gli poneva solennemente in capo. Era l’anno 950, poco prima o poco dopo… dallo scrigno policromo del San Michele di Pavia trassero ispirazione gli Abati benedettini di Cluny, per fondare una nuova architettura.
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Il santuario dei Re Italici - Alberto Arecchi
Alberto Arecchi
IL SANTUARIO DEI RE ITALICI
SAN MICHELE MAGGIORE DI PAVIA
Elison Publishing
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ISBN 9788869631511
ALBERTO ARECCHI (1947), architetto e studioso di Storia dell’Arte, ha insegnato Storia critica dell’Architettura
all’EPAU (Scuola Politecnica di Architettura e di Urbanistica) di Algeri. Vive a Pavia ed è il Presidente dell’Associazione culturale Liutprand (www.liutprand.it). Si è occupato di studi sulla Basilica di San Michele da oltre cinquant’anni.
Indice
IL SANTUARIO DEI RE ITALICI, SAN MICHELE MAGGIORE DI PAVIA
LA CHIESA DEI RE
I SIMBOLISMI DELLA PIANTA
IL LABIRINTO
IL REGNO ITALICO
LA DATAZIONE DI SAN MICHELE
PERCHÉ SAN MICHELE MAGGIORE
?
LE RELIQUIE
BERENGARIO, IL PRIMO RE
L’INCENDIO DI PAVIA
LA TRASLAZIONE DI SAN COLOMBANO
IL VESCOVO LITIFREDO II
LA STIRPE DI BERENGARIO PRIMO
ABATI DI CLUNY NEL CORSO DEL SECOLO DECIMO
VESCOVI PAVESI NEL CORSO DEL SECOLO DECIMO
DOPO L’ANNO MILLE
LA COSTRUZIONE DELLA GRANDE BASILICA ATTUALE
I colori e i coloranti
Le coperture
I CICLI SCULTOREI
I SIMBOLI DI MORTE, GIUSTIZIA E REGALITÀ
I CAPITELLI DELLA REGALITÀ
SAN MICHELE PSICOPOMPO
I CAPITELLI DELLA MORTE
IL VOLO D’ALESSANDRO
…E A SAN MICHELE DI PAVIA?
ASTROLOGIA E ALCHIMIA
EVENTI DISTRUTTIVI
LA ROVINA DELLE VOLTE DOMICALI, NEL SEC. XV
NEL SECOLO XVII
I RESTAURI DEGLI ULTIMI CENTOCINQUANT’ANNI
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
IL SANTUARIO DEI RE ITALICI, SAN MICHELE MAGGIORE DI PAVIA
Alberto Arecchi *
* L’autore, architetto e studioso di Storia dell’Arte, ha insegnato Storia critica dell’Architettura
all’EPAU (Scuola Politecnica di Architettura e di Urbanistica) di Algeri. Vive a Pavia, è il Presidente dell’Associazione culturale Liutprand (www.liutprand.it). Si è occupato di studi sulla Basilica di San Michele da oltre cinquant’anni.
La Basilica di San Michele Maggiore è il più interessante monumento medievale della città di Pavia. Alcuni autori ne fanno risalire la prima fondazione all’epoca dei Longobardi, quando c’erano in città parecchie chiese consacrate San Michele. Si hanno notizie certe dell’esistenza di questo tempio a partire dal sec. IX, quando cominciò ad essere la sede delle cerimonie d’incoronazione di diversi re del Regno Italico.
I re longobardi erano nominati per acclamazione da parte dei nobili guerrieri e non risulta che celebrassero cerimonie d’incoronazione di matrice religiosa, almeno sino all’epoca di re Liutprando (sec. VIII).
Si legga in particolare l’espressione usata da Robolini: Si è già avvertito non essere in alcun modo dimostrato che nella Chiesa di S. Michele i Re Longobardi assumessero la Corona, come opinarono Gualla e Breventano
.{1}
Più tardi, in particolare nel periodo dei Franchi, invalse l’usanza dell’incoronazione in chiesa del re e dell’imperatore (ossia della consacrazione religiosa dei massimi poteri politici). I re d’Italia furono incoronati a Sant’Ambrogio di Milano oppure a Pavia, ove la Basilica di San Michele fu costruita espressamente per tali funzioni. Sappiamo che qui ricevettero la corona: Berengario I del Friuli (888), Ugo di Provenza (926), Berengario II d’Ivrea col figlio Adalberto (951), Arduino d’Ivrea (1002), Enrico II detto Il Santo
(1004). L’ultimo ad essere qui incoronato Re d’Italia in San Michele fu Federico Barbarossa, il 17 maggio 1155.
Scriveva il Natali, nel 1911: "Non si hanno documenti circa la sua fondazione prima e la sua riedificazione. Si ha da Paolo Diacono che una chiesa di S. Michele Maggiore esisteva a Pavia fin dalla seconda metà del sec. VII (a. 661); ma l’odierna basilica a volta a che età appartiene? Il Ruskin crede l’odierno S. Michele quello del secolo VII; il Robolini{2} e il Dartein{3} del secolo X; Giulio Cordero di S. Quintino{4} e il Merkel del secolo XI.{5} Oggi prevale l’opinione del Cattanco, il quale, dopo aver notato che il S. Michele non presenta nulla che sia anteriore al Mille, aggiunge: "Il progresso artistico che presentano le sculture di questa chiesa rispetto a quelle di S. Ambrogio, e la palese affinità delle decorazioni con quelle di S. Pietro in Ciel d’oro, chiesa che fu consacrata nel 1136, mi persuadono a credere che il S. Michele di Pavia sorgesse appunto nel principio del sec. XII, e forse dopo il famoso terremoto del 1117, che abbatté tante chiese dell’alta Italia e provocò quindi tante ricostruzioni. L’esame artistico, secondo l’opinione dell’antiquario Giovanni Teresio Rivoira, dimostra l’età del S. Michele posteriore a quella de la Chiesa di Rivolta d’Adda (1033-99) e del S. Ambrogio di Milano (1088-1128): perché, oltre al riscontrarvisi un organismo più sviluppato, palesa nelle rappresentazioni figurate un notevole progresso su quelle delle due anzidette fabbriche e anche su quelle del Duomo di Modena (1099-1106). È anteriore di qualche anno alla Chiesa di S. Pietro in Ciel d’oro: come dimostra, se non altro, il confronto della figura d’arcangelo che sovrasta il portale di questa chiesa, con le figure consimili dei portali del S. Michele, o il confronto delle sculture animali dei capitelli delle due chiese. Come risulta da documenti del Museo Civico, la Chiesa fu risarcita e rifatta nel 1489 da maestro Agostino de Candia, figlio di quel maestro Giacomo, che aveva con un suo fratello costruito nel 1487 l’odierna copertura centrale del San Pietro in Ciel d’oro.{6} Nel San Michele furono rifatte le vòlte centrali, riparate le laterali; si lavorò ai contrafforti, al coronamento della Chiesa, al tiburio, al presbiterio e alla tribuna, e si rinforzarono mediante chiavi di ferro le due botti del transetto: nei quali rimaneggiamenti fu adoperato il laterizio, mentre la precedente costruzione è in pietra calcare arenaria".{7}
LA CHIESA DEI RE
La Basilica dedicata a San Michele, con particolare devozione per il vescovo pavese Ennodio e per Eleucadio, terzo vescovo di Ravenna, fu progettata come una grande macchina scenografica, per accogliere il complesso rituale delle incoronazioni all’interno di spazi idonei articolati, con effetti di luce e di sonorità adeguati. Non è facile collocare le diverse parti delle cerimonie di incoronazione regale nelle esatte posizioni a ciò destinate, ma dobbiamo ritenere che i luoghi principali destinati alle incoronazioni fossero tre: la zona absidale, presso l’altare, il sacello decorato della testata sud del transetto e la posizione al centro della navata maggiore, tuttora segnata da quattro pietre nere, ove era posto il trono, che veniva colpita da un raggio di luce nel momento culminante della cerimonia. Nello stesso istante, sul presbiterio, il sole illuminava la figura del Re, al centro del mosaico con i mesi dell’anno.
Federico Barbarossa vi fu incoronato a metà maggio del 1155. Negli stessi giorni, 151 anni prima, Enrico II era stato incoronato nell’edificio più antico. La metà di maggio, al passaggio del sole dal Toro nei Gemelli, era il periodo delle incoronazioni (la transizione zodiacale avveniva intorno al 15 del mese, anziché intorno al 21, come è oggi). Dal palazzo reale, posto a nord della chiesa, il re raggiungeva una piazza che ancor oggi si apre di fronte al transetto settentrionale. Il transetto, nel San Michele, costituisce un volume quasi autonomo, come un’aula apposita, intersecata ad angolo retto con le navate della chiesa. In fondo, a sud, esiste un’archeggiatura trionfale, consacrata alla Madonna. Il percorso del re era dunque da nord (dalle tenebre) verso sud, e poi piegava da est verso ovest, presentandosi al popolo che guardava in direzione del sole nascente. Intorno alle 9 del mattino (ora solare di Pavia), il sole che entrava dalla cupola (se c’era sereno) veniva a colpire in pieno la testa del re, nel momento culminante dell’incoronazione. Per tutta la giornata i raggi del sole compivano un percorso simbolico tra i mosaici pavimentali e le sculture della chiesa.
Una cupola ottagonale copre l’incrocio tra il vano centrale e il transetto. Essa appoggia su una campata quadrata, sorretta da quattro arconi, e il raccordo del tamburo ottagonale si attua mediante trombe coniche, in due gradini ciascuna, negli angoli del quadrato. Una volta a catino copre l’abside e volte a botte coprono i due bracci del transetto. Le altre parti del monumento, ossia le navate, i matronei sopra le navatelle, la campata che precede l’abside e la cripta, sono coperte da volte a crociera.
Le volte a crociera che coprono la navata centrale sono oggi quattro, in numero doppio rispetto alle grandi campate originarie. Le volte attuali, su pianta oblunga, sono della fine del sec. XV. La loro costruzione non cancellò del tutto le tracce delle volte precedenti, i cui attacchi e i cui archi sono conservati lungo i muri laterali, in alto, sotto il tetto, insieme alle cornici delle finestre che furono oscurate con la ricostruzione. Secondo tali vestigia, una precedente copertura della grande navata si componeva di due grandi volte a crociera cupoliformi
, ossia molto sopralzate (meglio dette domicali
). Lo spazio coperto da ciascuna di tali volte era poco più lungo che largo.
Le volte precedenti erano molto spesse e bombate, quasi a cupola. Lo spessore della volta a botte del transetto nord misura cm 48 e le due grandi crociere, costruite sulla navata centrale e oggi distrutte, non dovevano essere meno spesse, mentre le attuali volte della navata maggiore presentano uno spessore di cm 20. Non solo le antiche volte erano massicce e pesanti, ma erano costruite molto in alto, per illuminare direttamente l’ambiente da sopra i tetti delle navate laterali. Le volte a botte dei transetti si sono conservate, perché si appoggiano su muri pieni, spessi, solidamente legati o contraffortati. La grande elevazione delle volte domicali e il loro peso eccessivo causarono invece problemi di instabilità. Esse spinsero verso l’esterno le parti superiori dei muri laterali e il muro di facciata.
La chiesa ha la pianta a croce latina, col braccio trasversale molto sviluppato, per la forte sporgenza dei transetti. Le tre navate sono piuttosto corte. Come abbiamo detto, la centrale aveva in origine solo due campate, mentre le laterali ne hanno sempre avute quattro ciascuna. Il presbiterio è ampio, sopraelevato, con una campata a crociera che precede l’abside. Il suo pavimento copre un’ampia cripta.{8} Davanti all’altare maggiore possono ammirare i resti d’un grande mosaico pavimentale, col Labirinto, i Mesi e l’Anno incoronato, altre figure simboliche di costellazioni celesti. Le navate laterali sono coperte da gallerie (matronei).
In alto, delle gallerie coprono le navate laterali e ne riproducono esattamente la disposizione. La chiesa ha una sola abside, poiché non potremmo chiamare con tal nome le nicchie praticate nei muri del transetto, profondamente incavate nelle murature. Il transetto, nel San Michele, costituisce un volume quasi autonomo, più alto della stessa navata centrale.
Il transetto è più alto della navata centrale. In fondo, a sud, esiste un tempietto
trionfale con archeggiature, che custodisce un antico affresco della nascita della Madonna. È il luogo più ornato all’interno della chiesa e attira subito l’attenzione. I suoi piedritti sono ornati da colonnine ben definite, con eleganti capitelli istoriati. La parte inferiore del muro in cui è praticata tale nicchia s’arresta seccamente, un poco al di sopra dell’arcata, a una piattaforma orizzontale che taglia le sue diverse sporgenze, e il muro prosegue in alto con un paramento liscio e uno spessore minore. Secondo lo storico Giuseppe Robolini,{9} la nicchia di cui parliamo potrebbe essere stata fatta proprio per contenere il trono dei re d’Italia. La supposizione appare ragionevole, se si riflette sul fatto che tale nicchia così ornata occupa un posto d’onore, che antiche tradizioni permettono appunto d’attribuire al sovrano.
Il percorso del re era dunque da nord (dalle tenebre) verso sud, e poi piegava da est verso ovest, presentandosi al popolo che guardava in direzione del sole nascente. Intorno alle 9 del mattino (ora solare di Pavia), il sole che entrava dalla cupola (se c’era sereno) veniva a colpire in pieno la testa del re, nel momento culminante dell’incoronazione. Per tutta la giornata i raggi del sole compivano un percorso simbolico tra i mosaici pavimentali e le sculture della chiesa.
Benché ciascuna delle ali dei matronei sia direttamente servita da