L'Orizzonte. Un saggio in cinquanta questioni
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«Sotto la guida di Céline Flécheux si dispiega davanti a noi una grande varietà di orizzonti, cominciando proprio dalla scoperta che l’uso plurale del termine s’impone solo in tempi recenti, quando giunge a maturazione una nozione che, come mostra brillantemente l’Autrice, ispira – fra antico e moderno – l’antica astronomia greca e il cinema, la visione albertiana della pittura, la fisica di Einstein e le pagine di Henri Michaux sul magico disparire di ogni orizzonte» («Le Monde des Livres», 14 febbraio 2014).
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Book preview
L'Orizzonte. Un saggio in cinquanta questioni - Céline Flécheux
Percorsi
Studî di Estetica, Poetica e Retorica
Collana fondata da Emilio Mattioli
Nuova Serie
Diretta da Baldine Saint Girons e Giovanni Lombardo
Céline Flécheux
L'Orizzonte
Un saggio in cinquanta questioni
traduzione di
Giovanni Lombardo
Mucchi Editore
© STEM Mucchi Editore s.r.l.
Via Emilia Est, 1741 - 41122 Modena
www.mucchieditore.it
info@mucchieditore.it
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twitter.com/mucchieditore
instagram.com/mucchi_editore
Edizione digitale: luglio 2017
Produzione digitale: Mucchi Editore
ISBN: 9788870007572
INDICE
Collana
Frontespizio
Colophon
Ringraziamenti
Prefazione all'edizione italiana - La persistenza dell'orizzonte
Introduzione - I paradossi dell'orizzonte
1. Perché l'orizzonte sollecita il pensiero speculativo?
Capitolo primo - Dov'è l'orizzonte?
2. Perché l’orizzonte ha un così forte potere evocativo? E perché si sviluppa in àmbiti piuttosto eterogenei come il paesaggio, l’economia, l’arte?
3. Com’è possibile che l’orizzonte indichi, insieme, un’apertura e una chiusura?
4. In che senso l’orizzonte può essere considerato il fatto primario dell’astronomia
5. Che cos’è l’orizzonte astronomico?
6. Dopo Copernico, l’orizzonte astronomico perde forse il suo senso?
7. Esiste ancora l’orizzonte astronomico?
8. A quale distanza si situa l’orizzonte? Occorre un osservatore umano per vederlo?
9. Come si spiega che l’orizzonte persista anche quando la Terra non funge più da punto d’orientamento? Cosa succederebbe se l’orizzonte ci fosse sottratto
?
10. Se l’orizzonte è chimerico, può comunque offrire un punto d’appoggio?
Capitolo secondo - Le estremità del mondo. L’orizzonte arretra
11. In che modo si sono moltiplicati gli orizzonti? Perché, scrutando l’orizzonte, possono venire le vertigini?
12. Esiste un orizzonte originario?
13. Fino a che punto si può fare allontanare l’orizzonte nel cielo? E quali regioni alternative esso ci dischiude?
14. Si può respingere l’orizzonte al di là della Terra?
15. Viaggiare significa cambiare orizzonte?
16. Quando ci si sposta nello spazio, l’orizzonte arretra o sparisce?
17. L’allargarsi dell’orizzonte produce un ingrandimento o una diminuzione delle dimensioni del mondo?
Capitolo terzo - Orizzonte/Orizzontale L’orizzonte nella visione prospettica
18. In quale momento l’orizzonte comincia a diventare un problema artistico?....
19. Qual è la funzione dell’orizzonte nella teoria albertiana della prospettiva?
20. In che modo, all’epoca di Alberti, i pittori rappresentavano l’orizzonte?
21. In che modo l’orizzonte è diventato una linea?
22. Come e quando l’orizzonte cessa di designare la finitudine di un piano?
23. L’orizzonte si può disfare della prospettiva?
24. Possono le lontananze essere rappresentate in una forma diversa da quella di una riduzione proporzionale delle grandezze percepibili all’orizzonte? I colori non contribuiscono anch’essi a generare l’impressione che, in profondità, il mondo si svuoti? L’orizzonte dipende necessariamente dal piano geometrico o può affermarsi senza prestabilire una linea di costruzione?
25. In che senso la prospettiva sarebbe un freno alla costruzione della profondità su una superficie piana? L’esempio di Leonardo da Vinci
26. Come collegare l’orizzonte, la prospettiva e il paesaggio?
27. Gli artisti contemporanei si curano ancora dell’orizzonte? L’orizzonte è oggi il simbolo vuoto di un mondo desueto che ormai non può più essere contemplato? Oppure l’orizzonte conserva ancora la sua forza creativa?
28. L’orizzonte conduce alla riconciliazione?
Capitolo quarto - L’orizzonte: figura o sfondo?
29. In cosa consiste il rapporto tra la figura e lo sfondo? E come può questo rapporto contribuire al pensiero dell’orizzonte?
30. In quale misura il cielo costituisce uno sfondo?
31. In che senso si può parlare di una verticalizzazione dello sfondo?
32. In pittura, il paesaggio costituisce lo sfondo della storia?
33. In un paesaggio, l’orizzonte è neutro? Come può influire sul modo in cui viene percepito? In che senso un paesaggio di guerra ridefinisce il rapporto con l’orizzonte?
34. L’orizzonte è necessariamente un fattore di concordia e di speranza? Non può anche configurarsi come una forza separatrice e implacabile?
35. Il conflitto percettivo è collegato all’opposizione animato vs. inanimato?
36. Il potere esplicativo degli orizzonti consente di capire meglio gli avvenimenti?
37. Ma è proprio vero? Non si stabilisce qui una frettolosa equivalenza tra il potere esplicativo dell’orizzonte e l’accettazione di ciò che esso ha spiegato? Il potere esplicativo degli orizzonti conduce ad accettarne sempre le ragioni?
Capitolo quinto - L’orizzonte: distanza e prossimità
38. L’orizzonte è esclusivamente visivo? Nei casi di cecità congenita o acquisita, è possibile trovare nell’àmbito degli altri sensi un equivalente dell’orizzonte?
39. Che ne è della lontananza, della distanza e della prossimità nell’esperienza dei ciechi? Il racconto di un non vedente come John Hull può fornirci qualche indizio?
40. Quali sono le differenze che il cieco John Hull rileva tra il mondo visivo e il mondo sonoro?
41. La cecità, privando il mondo di un orizzonte, lo priva anche di uno sfondo?
42. Com’è possibile che l’orizzonte assuma un altro significato?
43. Qual è dunque la differenza tra l’orizzonte del paesaggio e l’orizzonte dello spazio geografico?
44. L’orizzonte è uno sfondo per la percezione? Da chi è visto l’orizzonte di Melacholia I?
45. Nei sensi e nelle arti diverse dalle arti visive, si può ritrovare un equivalente dell’orizzonte?
46. In che misura si può parlare di un orizzonte nel cinema?
47. Con la fenomenologia, non si è forse prodotta un’assimilazione tra lo sfondo e l’orizzonte?
48. È concepibile un orizzonte nella scultura?
Conclusione
49. Come separare l’orizzonte dall’utopia?
50. «Che fare»? E come fare?
Immagini
Bibliografia
Indice dei nomi
Ringraziamenti
Questo libro si è avvalso di numerose e fruttuose discussioni con alcuni miei amici e con alcuni miei parenti. I sensi della mia gratitudine vanno anzitutto a Baldine Saint Girons, a Didier Laroque, a Giovanni Lombardo e a Jean-Patrice Courtois, ma voglio esprimere la mia riconoscenza anche a Claude Lothier, a Caroline Finez, a Stéphanie Dupouy, a Mark Wexler, a Violaine Chavanne e a Clélia Nau. Preziose citazioni sul tema dell’orizzonte mi sono state segnalate da Philippe Guillermin, da Emmanuel Levaufre e da Emmanuel Hermange. Sono poi grata a Belinda Cannone e a Jean-Marc Loubet, che hanno accolto il mio libro nella collezione delle «50 Questions» presso le edizioni Klincksieck. Grazie specialissime e profonde rivolgo infine a mio marito, Colin Cook, che mi è stato sempre vicino dall’uno all’altro capo dell’orizzonte. C.F.
L’edizione italiana mantiene la struttura erotematica della collana delle 50 Questions, che ospita l’edizione originale del libro e che, senza fare uso di note (né a piè di pagina, né in calce ai capitoli), prevede solo rapidi ed essenziali rinvii bibliografici, inseriti tra parentesi nel corpo del testo [Nota del Trad.].
Prefazione all’edizione italiana
La persistenza dell’orizzonte
I miei interessi per la nozione di orizzonte risalgono alla mia tesi di filosofia, redatta e discussa sotto la guida di Baldine Saint Girons. Qualche anno dopo averla pubblicata, in occasione di un convegno che si teneva in Sicilia, Belinda Cannone – direttrice presso l’editore Klincksieck di Parigi della collana delle 50 Questions – mi chiese di scrivere un nuovo libro sull’orizzonte. Ne avevo già studiato gli aspetti fenomenologici, pittorici, fotografici, ne avevo considerato le definizioni dei trattati sulla prospettiva e le applicazioni nella Land Art: mi sembrava dunque difficile dire qualcosa di nuovo. Ma, ogni volta che la precisazione teorica e storica di questo concetto mi creava difficoltà, proprio dalla flagranza dell’orizzonte, dalle sue maestose epifanie traevo nuove e più vigorose ispirazioni. Fu così che, contemplando l’incontro tra il cielo e il mare dalle alture di Catania, presi immediatamente coscienza di quella che vorrei chiamare la persistenza dell’orizzonte: lo spettacolo che io ammiravo era il medesimo che avevano ammirato gli antichi Greci di Sicilia e che avrebbero ancora ammirato i miei figli e le future generazioni. Mi resi allora conto che l’orizzonte è una realtà che attraversa i secoli e che riesce più coinvolgente quando lo si riscopre da una terra su cui la storia ha lasciato la testimonianza di tante civiltà. Il paesaggio grandioso e luminoso del mare Ionio, gli approdi e le partenze che esso evocava, le rotte lontananti che lo percorrevano mi indussero a tentare la nuova impresa.
Cominciai allora a riflettere sulla tenuta dell’orizzonte o, hegelianamente, sulla sua Haltung: la sua capacità di resistere ai capovolgimenti geopolitici, economici e storici. Allontanarsi dal già noto, volgersi all’inesplorato e ritornarne: ecco i motori dell’orizzonte, ecco quella sua plasticità che sollecita soprattutto la sensibilità degli artisti. Nel Rinascimento, la formalizzazione dello spazio esaltò la funzione strutturante dell’orizzonte in una maniera cosí convincente che, ancora oggi, l’arte contemporanea ne fa tesoro. Ecco perché ho voluto che sulla copertina dell’edizione francese del mio libro figurasse un’immagine realizzata da un artista contemporaneo: Francis Alÿs. La sua opera Untitled, 2004 (olio su tela, 24,5 x 20 cm) mostra il digradarsi di un orizzonte dipinto su un piccolo quadro segato in due parti da un fenditura longitudinale. Questa immagine riassume perfettamente la mia idea dell’orizzonte: una forza che se, da una parte, ci invita a sognare e a proiettarci verso un altrove; dall’altra parte, assicura un punto d’appoggio alla nostra realtà. Lungi dal disparire, l’orizzonte è sempre là, davanti a noi: ci punge all’azione, alla costruzione e pretende che vengano ben contrassegnati i punti di riferimento dell’esistenza dell’uomo – l’essere vivente caratterizzato da una posizione verticale che gl’impone di confrontarsi continuamente con l’orizzonte.
Attualmente, i miei studî si volgono alla nozione di atmosfera, un altro fenomeno reale e soggettivo che ci aiuta a comprendere fino a che punto ciò che ci sta di fronte può del pari rappresentare ciò che ci avvolge. Il limite ognora fluttuante dell’orizzonte si situa non solo nelle lontananze e nelle profondità, ma anche nella dimensione – non sempre adeguatamente indagata – della latitudine. Conchiuso in un’atmosfera, l’orizzonte esprime un’energia di dissolvimento e di riconfigurazione dei limiti che induce a nuove riflessioni. Presentare le mie ricerche ai lettori italiani è per me una magnifica opportunità per aprirmi appunto a nuovi orizzonti.
Questo libro è dedicato a Baldine Saint Girons e a Giovanni Lombardo, oggi direttori della benemerita collana «Percorsi», fondata dall’indimenticabile Prof. Emilio Mattioli, che ebbi l’onore di conoscere e di frequentare a Modena e a Parigi. Alla mia cara amica Baldine devo l’impulso a studiare l’orizzonte; a Giovanni devo la scoperta della poesia scientifica (cosí importante per lo studio dell’orizzonte) e la traduzione di questa edizione italiana. Un pensiero grato rivolgo anche a Maria Stella Barberi, che mi ha fatto ammirare il mitico orizzonte di Scilla e Cariddi dalla terrazza della sua casa messinese. Esprimo infine la mia riconoscenza alla redazione della Casa editrice Mucchi, per la preziosa cura editoriale di questo volume.
Céline Flécheux
Parigi, ottobre 2015
Introduzione
I paradossi dell’orizzonte
Secondo la teoria della forma, un fenomeno che venga mentalmente isolato può riuscirne modificato a tal punto da perdere la sua identità fenomenica.
Aaron Gurwitsch
1. Perché l’orizzonte sollecita il pensiero speculativo?
Nel 2009, pubblicai un libro in cui studiavo i rapporti che potevano stabilirsi tra l’orizzonte dal punto di vista della rappresentazione pittorica e fotografica e l’orizzonte dal punto di vista della fenomenologia. Alla fine del xix secolo, questi due tipi di orizzonte si erano infatti resi talmente indipendenti l’uno dall’altro da provocare conseguenze non trascurabili nei varî àmbiti del sapere e dell’arte. Volevo dimostrare che l’orizzonte funziona talora come un fattore di concordia: tale è il caso dei trattati rinascimentali sulla prospettiva o di alcuni testi di Edmund Husserl; talaltra volta come un fattore di discordia: tale è il caso dei quadri di Gustave Courbet sulle Onde, che trovano un parallelo filosofico nel rifiuto heideggeriano dell’orizzonte, in quanto struttura programmaticamente contrapposta all’avvento dell’essere. Appariva sempre più chiaramente che l’orizzonte non era tanto un luogo quanto una potenza in grado di fare convergere, senza dialettizzarli, elementi contrarî: era un legame e insieme una distanza, una cesura e insieme una sutura, un nodo e insieme una separazione. Un quadro di Courbet sull’Onda permetteva di porre il problema della focalizzazione: assumendo sul medesimo piano il cielo e i flutti, il pittore dava esistenza a un orizzonte la cui ampiezza era tutta da commisurare.
Dopo avere studiato questa concordia discors in pittura e in filosofia, avevo bisogno di allargare la ricerca ad altri àmbiti. La cosmologia, l’astronomia, la storia delle conquiste del mondo, la prospettiva, la percezione sono appunto alcuni fra i nuovi territorî che attestano quanto siano varie le sfaccettature dell’orizzonte che mi propongo di esplorare in questo libro. Limite che noi vediamo e che con noi sempre si sposta, l’orizzonte è un punto di riferimento stabile e tuttavia mobile, è una prima linea e un ultimo piano, è il disegno e l’appello d’un confine. In esso s’accordano e s’affrontano la lontananza e la prossimità, il transitorio e il permanente, il contingente e l’eterno.
Dati i paradossi che ne determinano il valore, l’orizzonte non si lascia circoscrivere ed è dunque difficile definirlo. Come avverte Aron Gurwitsch nel passo citato in epigrafe, il rischio è di attribuirgli un’importanza tale da sottovalutarne la collocazione ritratta: isolarlo potrebbe significare «fargli perdere la sua identità fenomenica» (Gurwitsch 1957: 106). Se infatti gli si puntano contro i riflettori, si rischia di mutare la sua natura e se lo si riporta in primo piano si smentisce la profondità in cui esso tende a rifugiarsi. Si tratta dunque di trovare una giusta misura che non deformi l’orizzonte per eccesso di isolamento.
Il mondo, le stelle, gli uomini, la storia, l’arte: tutto questo può provocare un senso di vertigine e può farci paventare le allusioni più scontate e le metafore più trite. Si è pertanto reso necessario scegliere un oggetto di studio che non fosse già precostituito, in modo da poterlo leggere con un occhio filosofico e da poterlo trattare come un corpo non omogeneo.
L’idea centrale di questa ricerca si riassume in poche parole. Sembra che, con l’orizzonte, noi abbiamo da fare con un passaggio da un fenomeno fisico a una meditazione sul nostro posto nel mondo: da una dimensione fisica a una dimensione metafisica, dal sensibile al soprasensibile. La storia della nozione di orizzonte è scandita da momenti in cui l’attenzione ai fenomeni sensibili conduce a un capovolgimento del pensiero. Nella Grecia antica, l’orizzonte astronomico descrive un cerchio perfetto attorno all’uomo e d’altra parte, come si ricava dal trattato Sul cielo (1.1) di Aristotele, l’idea di perfezione è in qualche modo intercambiabile con la nozione di limite. Con Galileo, si verifica una nuova convergenza tra il limite dell’uomo e il limite dell’universo. Come osserva Hannah Arendt, «Galileo pose alla portata di una creatura terrestre, e del suo corpo legato ai sensi, ciò che in precedenza era sembrato al di là delle sue possibilità, aperto tutt’al più alle prospettive incerte della speculazione e dell’immaginazione» (Arendt 1991: 258). Alcuni secoli dopo, con la fenomenologia, l’orizzonte diventa la giuntura tra il visibile e l’invisibile, il fondo da cui si distacca qualcosa (Beaufret 1998: 92). Separato dall’oggetto, immerso nell’esperienza, l’orizzonte perderebbe ogni distanza da noi, se non fossimo qui a percorrere con il nostro sguardo una proprietà che non gli appartiene (Merleau-Ponty 1985: 9). Nei momenti cruciali della storia del pensiero, l’orizzonte è ritornato sul campo del sapere: trasformato e modificato, ma sempre scortato dai suoi paradossi. E forse proprio la fecondità di questi paradossi ne rende unitaria la presenza nel corso della storia.
Viviamo in un’epoca in cui l’accesso alla rete ci dà la sensazione di trovarci in un mondo sgonfio, senza orizzonte. Com’è possibile infatti sperimentare ancora la distanza, la profondità e la durata se ogni informazione, ogni spostamento, ogni contatto si realizza immediatamente? Attraversando le frontiere con la velocità con cui vengono scaricati telematicamente, i dati conoscono soltanto limiti contingenti e tecnici. Tutto è a terra, dunque tutto è aperto. Ma il nostro corpo porta in sé e con sé un orizzonte che ci immerge in un mondo comune in cui si affiancano non soltanto codificazioni informatiche ma anche corpi con i loro desiderî, la loro complessione, la loro finitezza. L’essere vivente non è un dato informatico privo di orizzonte: viene da qualche parte ed è orientato verso un altrove, proprio mentre si situa in un qui e ora
.
Scrutare l’orizzonte significa provare una vertigine simile a quella di cui è preda, in un bel racconto di Daniel Kehlmann, il personaggio del mago quando capisce che la curva davanti a lui proviene dall’infinito: «Ricordo che dovetti stringermi ai bordi della tavola sobbalzante quando per la prima volta ebbi a seguire la traiettoria di quella povera curva, assolutamente semplice: viene dall’àmbito degli umili numeri quotidiani, si solleva sotto i nostri occhi per poi tornare là donde viene. Ma essa era veramente là! Per amor del cielo, c’era veramente! Sotto il nostro sguardo, una linea – prodotto dei nostri freddi calcoli – ha superato i limiti del mondo e ritorna verso di noi come se niente fosse» (Kehlmann 2010: 48). Del pari, l’orizzonte è veramente là, sul confine del nostro campo percettivo, ma noi non possiamo raggiungerlo perché questo limite non è oggettivo. Eppure: quante volte abbiamo l’impressione di potercene avvicinare, di toccarlo, di passare al di sotto o al di là di esso? L’orizzonte si mostra proprio quando la mente diventa tangibile, quando «il mondo invisibile delle forme e quello troppo visibile dell’informe si fondono per un breve istante quasi irreale: per un secondo, l’infinita potenza della mente viene allo scoperto (ibid.: 36).
Ecco perché