Io ti possiedo
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Nikos è a capo della multinazionale Zeck Technologies che comanda con fermezza e senza scrupoli. Per lui, l’unica cosa che conta è quella di avere sempre il controllo su tutto e tutti.
Quando s’incontrano, lui ne rimane affascinato e decide di aiutarla, ma mentre lei inizia a provare gratitudine e un nuovo senso di sicurezza sotto la sua ala protettrice, Nikos intuisce il potere che ha su di lei man mano che se ne prende cura.
Con il tempo queste sensazioni diventano più forti. L’attrazione fisica tra di loro comincia a non lasciare più nessuna via di fuga per entrambi. Lily si ritrova inaspettatamente ad amare quell’uomo così forte e sicuro di sé ma con un lato oscuro pronto a emergere, mentre Nikos sviluppa per lei una vera e propria ossessione che trova pace solo con il controllo e il desiderio che divampa tra loro ogni volta che sono vicini.
In un vortice di amore e passione, Lily scoprirà che non sarà facile stare con Nikos e per riuscire a donargli il proprio cuore dovrà iniziare una lotta contro lo stesso uomo di cui è innamorata.
ROMANZO AUTOCONCLUSIVO
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Book preview
Io ti possiedo - Melissa Castello
Melissa Castello & Josephine Poupilou
Io ti possiedo
ISBN: 9788898304523
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
IO TI POSSIEDO
I. Lily
Prima parte
II. Lily
III. Lily
IV. Lily
V. Nikos
VI. Lily
VII. Lily
VIII. Nikos
IX. Lily
X. Lily
XI. Lily
XII. Nikos
XIII. Lily
XIV. Lily
XV. Nikos
XVI. Lily
XVII. Lily
XVIII. Nikos
XIX. Nikos
XX. Nikos
XXI. Lily
XXII. Nikos
XXIII. Lily
XXIV. Nikos
XXV. Lily
XXVI. Nikos
Seconda parte
XXVII. Lily
XXVIII. Lily
XXIX. Lily
XXX. Nikos
XXXI. Lily
XXXII. Nikos
XXXIII. Lily
XXXIV. Nikos
XXXV. Lily
XXXVI. Nikos
XXXVII. Lily
XXXVIII. Lily
XXXIX. Nikos
Terza parte
XL. Lily
XLI. Lily
XLII. Nikos
XLIII. Nikos
XLIV. Nikos
XLV. Lily
XLVI. Lily
XLVII. Nikos
XLVIII. Lily
XLIX. LIly
L. Nikos
LI. Lily
Note
IO TI POSSIEDO
Melissa Castello & Josephine Poupilou
Quando tutto è perduto, tutto è possibile.
(Robert Inman)
Non arrenderti mai, perché quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio.
(Jim Morrison)
I. Lily
Nikos!
Erano bastati quella voce e quello sguardo per farmi cadere nel baratro.
«Sono tornato a prenderti» mi aveva detto, prima di sentirmi risucchiare da quella voragine oscura che mi trascinava verso l’unico uomo che fosse mai stato capace di controllarmi e possedermi completamente per anni.
Ero scappata da lui.
E ora lui era tornato.
Tornato per riprendermi.
Il terrore mi serpeggiò gelido e sinuoso in tutto il corpo.
Alzai lo sguardo alla ricerca di quegli occhi neri e fiammeggianti che l’ultima volta mi avevano giurato vendetta.
Ero sua e non avrei mai potuto ribellarmi a quello.
Ma io l’avevo fatto.
L’avevo tradito, ingannato ed ero scappata lontano, cambiando città e paese più volte, in fuga da quegli occhi e da quella voce che erano sempre riusciti a piegarmi al suo volere, ai suoi desideri, al suo corpo e alla sua determinazione.
Avevo passato anni plasmata da lui e percepivo che quel controllo che aveva avuto su di me non era mai cessato del tutto.
Mi aveva insegnato a sottomettermi a lui, a dipendere da ciò che mi dava, fino ad arrivare ad amarlo.
Sì, ero arrivata ad amare tutto di lui, anche l’oscurità che lo circondava e che spesso si era abbattuta su di me senza pietà.
Per un attimo mi sembrò di risentire le corde logore e ruvide sui polsi, i segni con cui adorava marchiare la mia pelle per ricordarmi sempre che ero sua e che mi possedeva, la scia di baci con cui riusciva sempre a farmi sentire bellissima e desiderata, il batticuore che avevo ogni volta che mi guardava con quegli occhi da predatore, quel languido e dolce dolore tra le cosce dopo ogni spinta feroce, avida, potente e impetuosa con cui mi penetrava ogni volta che la passione diventava incontrollabile e inesauribile come un fuoco che non si spegneva mai.
Un giorno mi aveva detto: «Voglio che il tuo corpo mi appartenga. Voglio che sia così sensibile e marchiato, da ricordarsi solo di me. Finora ho avuto la tua mente, i tuoi pensieri sempre rivolti verso di me. Ora voglio che sia il tuo corpo a pensare a me, a eccitarsi per me, a desiderarmi anche quando non ci sono. Voglio tutto di te, Lily. Anima e corpo» e io gli avevo dato tutto. Anche il mio cuore, solo per poi essermelo ritrovato ridotto a brandelli.
Troppo tardi avevo capito che Nikos non voleva amarmi ma solo possedermi, imprigionarmi nel suo mondo cupo e perverso, fatto di ossessioni e controllo.
Troppo tardi mi ero resa conto di essere io la sua ossessione principale e che il controllo che smaniava di avere su di me non sarebbe mai bastato, perché Nikos era così: voleva sempre di più e… con me otteneva sempre di più, finché non mi aveva spezzato il cuore.
Purtroppo scappare da un uomo pericoloso e potente come il milionario greco Nikos Damianides non era stata una cosa semplice.
Avevo dovuto imparare a nascondermi, pregando sempre di non essere trovata, di non finire, un giorno, dentro l’ascensore di un grattacielo e di trovarmi da sola con lui.
Proprio come in quel momento!
Lo vidi fare un passo avanti e tutto il mondo iniziò a vorticare.
Cosa vuoi farmi? Come mi punirai questa volta per essere fuggita da te?
Avevo passato notti insonne a pensare a cosa Nikos mi avrebbe fatto se mi avesse trovato.
E ora stavo per scoprirlo.
Prima parte
L'incontro
II. Lily
Sette anni prima
Spingere per riuscire a entrare in ascensore non era altro che la metafora della mia esistenza: combattere con le unghie e con i denti per ottenere qualcosa dalla vita. Dal semplice tentativo di ritagliarsi uno spazio in un ascensore sovraccarico a quello più difficile di vincere la selezione per un posto di lavoro ben pagato e sicuro, per il quale avevo studiato e sacrificato tutti quegli ultimi anni.
Eccomi lì: stipata come una sardina, in mezzo a una dozzina di persone con l’aria tesa e l’espressione agguerrita, tutte indirizzate al ventesimo piano, verso la sala riunioni delle Risorse Umane della Zeck Technologies. Tutte pronte ad accaparrarsi l’unico posto disponibile come interprete per una delle più grandi e fiorenti aziende produttrici di prodotti tecnologici altamente sofisticati.
Dato lo spazio risicato, riuscii a malapena a muovere la testa per guardarmi intorno.
Gli altri candidati presenti sembravano tutti perfettamente a loro agio nel loro completo di alta sartoria, con la camicia inamidata e la cravatta di varie fantasie, l’unica variante che mi avrebbe fatto distinguere gli uni dagli altri.
Ero così presa dalla mia indagine, cercando di non dare nell’occhio e al contempo di nascondere il bottone a penzoloni, che avevo come chiusura sul fianco dei pantaloni eleganti, e di sistemarmi meglio la vecchia giacca, pregando che nessuno si accorgesse di quanto fosse sgualcita dato che non avevo avuto il tempo di stirarla. L’unica cosa nuova del mio outfit erano le scarpe con un tacco vertiginoso e così scomode che dopo pochi passi ai piedi avevo già dovuto trattenere mugolii di dolore.
Ero ancora immersa nella mia analisi, quando le porte dell’ascensore si aprirono sul piano delle Risorse Umane e una fiumana di gente cominciò a uscire.
Anch’io venni trascinata ma proprio mentre stavo varcando l’uscio, sentii qualcosa trattenermi e poi strapparsi.
Mi voltai e feci appena in tempo a rientrare dentro l’abitacolo e accorgermi che la bretella della mia borsa aveva ceduto e che, cadendo per terra, aveva sparpagliato tutto il proprio contenuto sul pavimento.
«No, no, no, no, no!» urlai istericamente, vedendo tutti i miei avversari avviarsi allegramente verso il luogo della selezione, mentre le porte dell’ascensore si stavano richiudendo, trascinandomi con sé verso il trentesimo piano.
Guardai l’ora. L’appuntamento per il colloquio di lavoro era fissato per le otto di mattina e io avevo solo due minuti per raccattare le mie cose e tornare indietro.
Con il sangue che pompava come un pazzo nelle mie vene, mi misi a racimolare tutte le mie cose e a rimetterle in borsa.
Mi ero sempre vantata di portare il mondo, ma in quel momento era solo una grandissima perdita di tempo.
«Posso aiutarla?» mi domandò una voce maschile dietro di me.
Mi voltai e vidi un uomo chinarsi verso di me, porgendomi i fogli che rappresentavano il mio curriculum vitae.
«Sì, grazie. Sono in ritardo. Ho appena un minuto per presentarmi per le selezioni come interprete e questa maledetta borsa ha dovuto abbandonarmi proprio ora!»
«Dovrà correre se vorrà arrivare in tempo»
«È da stamattina che corro! I vostri uffici mi hanno telefonato un’ora fa per avvisarmi che il colloquio era stato spostato alle otto. Ho appena avuto il tempo di farmi la doccia e stampare il curriculum» sbottai nervosa, mostrandogli stupidamente una ciocca di capelli ancora umida. «A saperle prima certe cose! Insomma, non possono anticipare di un giorno e mezzo il colloquio e avvisarti solo un’ora prima. Cavolo, stavo dormendo dato che ho lavorato tutta la notte.»
«Comprendo perfettamente il suo disappunto, ma penso che sia una strategia usata proprio con lo scopo di valutare la reazione dei candidati sotto pressione. Con questo metodo, consideri che il numero di essi si è sicuramente ridotto del 30%. Un’ottima cosa per lei, non crede?»
«No, se non arrivo in tempo. Se questo ascensore non scende all’istante, farò anch’io parte di quel 30%».
L’uomo si mise a ridere e per la prima volta da quella mattina, mi fermai.
Lo osservai e rimasi subito colpita dal fascino ammaliante di quello sconosciuto.
Mascella squadrata e ben rasata, occhi penetranti, labbra seducenti e dal taglio affascinante, capelli neri sistemati alla perfezione e tirati indietro.
Corpo alto e atletico.
Sembrava una divinità greca.
Era più grande di me di una decina di anni e sembrava molto sicuro di sé, avvolto nel suo completo scuro, come i capelli e gli occhi neri e profondi.
Accortosi della mia curiosità, mi sorrise, mostrando una perfetta dentatura e una bocca carnosa e seducente.
«Questi, immagino, li voglia tenere» mi disse ad un certo punto, mostrandomi un pacco di biscotti disintegrati dentro la confezione di plastica.
«Sì, grazie. È che non ho fatto colazione» cercai di giustificarmi improvvisamente a disagio e con le guance in fiamme.
Per fortuna le porte dell’ascensore si aprirono, togliendomi dall’imbarazzo.
«Sono arrivato» m’informò l’uomo, uscendo.
«Grazie per l’aiuto»
«Di niente. Ascolti, se il colloquio dovesse andare male, passi da me prima di andarsene, ok?»
«Allora spero di non rivederla… No, cioè, non in quel senso… Nel senso che mi farebbe piacere rivederla… No, sì… cioè…» cominciai a balbettare come una stupida.
«Ho capito perfettamente. Ora vada. La staranno sicuramente aspettando».
Annuii timidamente e premetti il pulsante dell’ascensore con un sospiro di sollievo.
III. Lily
«Lei è in ritardo, signorina Marvin» mi bloccò subito il passaggio la segretaria alla reception del ventesimo piano.
«Ho avuto un piccolo incidente in ascensore e ho dovuto…»
«Mi dispiace, ma l’orario di ammissione al colloquio terminava alle otto»
«Sono solo passati due minuti e io sono qua»
«Mi rincresce ma è troppo tardi»
«La prego, per me è davvero importante questo lavoro»
«Se era così importante avrebbe dovuto arrivare puntuale» mi congedò, indicandomi l’uscita.
Provai a supplicarla ancora ma senza risultato.
Presa dallo sconforto e da quel groppo alla gola che mi assaliva spesso negli ultimi mesi, mi avviai all’ascensore.
Avrei voluto scappare lontano, ma alla fine decisi di andare al trentesimo piano, non tanto pe rivedere uno degli uomini più belli e affascinanti che avessi mai incontrato, quanto per ottenere qualche aiuto per avere un nuovo colloquio.
Quando arrivai al piano, vidi subito il mio sconosciuto parlare con una receptionist.
Appena si accorse della mia presenza, interruppe la conversazione e venne da me con un sorriso capace di scongelare anche il Polo Artico.
«Non l’aspettavo così presto»
«Non mi hanno neanche lasciato entrare» confessai mogia.
«Mi dispiace molto»
«Non c’è un modo per avere un’altra possibilità?»
«Per lei è così importante?»
«Sì, molto. Ho bisogno di questo lavoro» chiarii, scandendo bene le parole.
«Capisco. Mi segua nel mio ufficio e vediamo cosa posso fare, ok?».
Annuii e silenziosamente lo seguii in quello che era l’ufficio più ampio, arioso ed elegante che avessi mai visto: quasi un intero piano concentrato in quell’ufficio affacciato su due lati del grattacielo di vetro. La vista mozzafiato sulla città era spiazzante e incantevole, mentre gli arredi, i tappeti e i quadri erano tutti pregiati e di valore.
«È lei ad avere un ruolo importante nell’azienda oppure qui tutti hanno un ufficio bello come il suo?»
«Sono l’amministratore delegato della Zeck Technologies»
«Nikos Damianides?» bofonchiai scioccata.
«Mi conosce, a quanto pare»
«No, ho solo letto il suo nome quando ho cercato qualche informazione sull’azienda per non arrivare impreparata al colloquio. Tuttavia so poco di lei, perché mi ero prefissata di dedicare tutto il pomeriggio allo studio dell’azienda, ma poi hanno anticipato il colloquio e…»
«E così non le hanno permesso di conoscere meglio il suo potenziale futuro datore di lavoro» concluse lui per me, facendomi arrossire. «La prego, si accomodi. Ha detto che non ha fatto colazione, giusto?»
«Ecco, io…»
«Ora che l’adrenalina da pre-colloquio non c’è più, è sparita anche la sua grinta o è solo una mia sensazione?»
«Lei è Nikos Damianides» sussurrai con un filo di voce dall’imbarazzo, come se questo potesse giustificare ogni cosa.
«Sì, sono sempre io» mi prese in giro con un sorriso. «E lei come si chiama?»
«Lily… Lilliane Marvin»
«Bene, ora che ci siamo presentati, possiamo fare colazione» mi propose gentilmente, facendo entrare nell’ufficio una segretaria con un vassoio in mano.
«Un caffè per me e una cioccolata calda per la signorina» le ordinò Nikos, prima di sedersi sul divanetto di fronte al mio.
Rimasi frastornata da quel servizio inaspettato e dalle impeccabili maniere della donna con cui stava apparecchiando il piccolo tavolino in mezzo a noi con tazze e piattini carichi di pasticcini e pane tostato.
«Io… Non era necessario» balbettai al culmine dell’imbarazzo, mentre mi veniva aggiunta della panna fresca e profumata alla vaniglia, sopra la cioccolata.
«Non faccia complimenti» m’invitò Nikos, cercando di mettermi a mio agio, dopo che ebbe congedato la sua impiegata.
«Grazie» mormorai, afferrando la tazza con mani tremanti e portando alla bocca un sorso di quella bevanda squisita. Adoravo la cioccolata calda e quella era così cremosa e gustosa da trasmettermi subito un effetto confortante.
Rilassata da quella coccola a sorpresa, mi sistemai meglio sul divanetto di pelle bianca e con un cucchiaino iniziai a mangiare lentamente il fiocco di panna sulla superficie.
«È di suo gradimento?»
«Moltissimo» risposi con un timido sorriso. «Adoro la cioccolata calda»
«L’avevo intuito»
«Da cosa?»
«Dalla quantità di scontrini di un bar che le ho aiutato a raccogliere in ascensore. Senza volerlo ho letto la scritta cioccolata calda
in alcuni di essi».
Ecco che si spiegava come avesse fatto l’affascinante e misterioso amministratore delegato della prestigiosa e multimilionaria Zeck Technologies a conoscere i gusti della sottoscritta, sconosciutissima ragazza di periferia.
Finii di bere la mia bevanda e mi azzardai anche a mangiare qualche pasticcino ripieno di crema. Per fortuna non temevo di ingrassare, dato che negli ultimi mesi avevo perso moltissimo peso a causa dei problemi che mi affliggevano ogni giorno.
Nel frattempo anche Nikos finì di bere il suo caffè tostato all’italiana. Senza zucchero. Al contrario di me, lui non mostrò alcun interesse per i dolci.
Di soppiatto, vagai con lo sguardo su di lui un po’ di volte.
Quell’uomo m’incuriosiva e mi affascinava.
Aveva una postura rilassata ma lo sguardo sempre vigile ed ebbi l’impressione che più volte si fosse accorto della mia ispezione.
Teneva le gambe accavallate e ogni suo gesto era così controllato, sicuro, misurato e preciso da mettere in soggezione chiunque, soprattutto una come me, da sempre priva di un vero e proprio equilibrio interiore.
Io mi sentivo sempre in balia degli eventi, spesso incapace a reagire con determinazione o con il giusto coraggio che richiederebbero certe situazioni.
Per questo ammiravo le persone come Nikos Damianides: così sicure e all’apparenza capaci di fronteggiare qualsiasi crisi della loro vita.
Sospirai affranta per quel senso di inadeguatezza che percepivo sempre e posai la tazza.
«Grazie per questa fantastica colazione. È stato davvero gentile da parte sua, ma io ora dovrei andare»
«Pensavo fosse venuta per un lavoro»
«Sì, ma…»
«Non vuole approfittare della mia generosità?» mi provocò con un sorriso divertito sulle labbra.
«Sì»
«Non le posso promettere il lavoro, ma posso farle il colloquio io stesso. Del resto, la persona richiesta dovrà lavorare a stretto contatto con me, quindi mi sembra giusto».
In un attimo l’agitazione riprese a pomparmi nelle vene con violenza.
«Ok» sussurrai tesa, porgendogli il mio curriculum. Quella poteva essere la mia