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Il cammino del cretino: Consigli utili al vagabondaggio
Il cammino del cretino: Consigli utili al vagabondaggio
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Ebook187 pages2 hours

Il cammino del cretino: Consigli utili al vagabondaggio

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Giugno 2011. Nico Colucci e Michael Anzalone, rispettivamente un danzatore ed un cantante, decidono di inventare un cammino e percorrere tutta la costa adriatica compresa tra Ravenna e Santa Maria di Leuca, zaino in spalla. Lo fanno senza alcun criterio, come due bambini che si lanciano in piscina. Affrontano una dopo l’altra tutte le difficoltà che un viaggio a piedi può presentare, scoprono il loro paese da nuovi punti di vista, incontrano personaggi stravaganti, attirano forze misteriose, in un susseguirsi di situazioni spesso tragicomiche, scevri da sofismi e permeati di ironia. Ascoltano storie, raccontano la propria, creando sentieri secondari che viaggiano nel tempo e si intrecciano con il loro lento procedere.
“… ogni uomo dovrebbe passare un po’ della propria vita per strada, non per evadere dal mondo ma per entrare in contatto con il mondo, quello vero.”
LanguageItaliano
PublisherNico Colucci
Release dateJun 16, 2017
ISBN9788826455983
Il cammino del cretino: Consigli utili al vagabondaggio

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    Il cammino del cretino - Nico Colucci

    www.ilcamminodelcretino.it

    PREPARATIVI

    Avremmo potuto spacciare l’idea per una folgorazione patriottica che ci ha colpiti nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia; avremmo potuto dire che la scelta di compiere un cammino fosse dettata da esigenze spirituali e mistiche; avremmo potuto vantarci di voler mettere alla prova i nostri corpi con una sfida al di là della nostra immaginazione; avremmo potuto far passare la scelta per forma di protesta contro globalizzazione, inquinamento, Governo e Confindustria. Certo, sì, avremmo potuto, ma la verità è che tutto è nato perché un cretino si è preso la briga di proporre una follia nel momento in cui uno scemo passava di lì.

    Il cretino si chiama Michael Anzalone e lo scemo sono io.

    Lanciate le vostre idee al vento: per quanto assurde e sciocche possano sembrarvi, troverete sempre qualcuno che ne afferri una, seminandola con voi e aspettando che germogli.

    Nessuna idea ha più potenziale di quella che in tanti scarterebbero a priori.

    Voglio essere chiaro, però: se stai cercando un romanzo con arzigogolati intrecci, eleganti esercizi di stile e colte citazioni di eccelse opere immortali, lascia pure questo libro dove l’hai trovato o usane le pagine per un bel falò - mi assicurerò che i fogli siano facilmente infiammabili.

    Non che io disprezzi chi sia capace di fare letteratura, per carità, semplicemente non è la necessità che mi ha spinto a mettere nero su bianco la nostra storia. Più forte è ed è stato il bisogno di raccontare la verità, di dire le cose come stanno, di narrare quanto l'assurdo esista e sia lì fuori ad aspettarci. Nulla di quello che segue è vittima di compromessi letterari, nulla. Puoi immaginare quanti editori ho dovuto mandare a quel paese ogni volta che mi hanno chiesto di inventare elementi che arricchissero la trama o di eliminare persone ed episodi non funzionali al racconto.

    Chi parte, chi viaggia, ha bisogno della verità, sente la necessità di una realtà senza filtri, non di racconti edulcorati da necessità di cronaca o di mercato. Quindi vaffanculo. No, non tu. Scusa, pensavo ancora agli editori di cui sopra.

    Per cominciare ti basti anche sapere che sono un estimatore della gente fuori di testa, una specie di mecenate di outsider, e non solo perché li assecondo, ma perché divento inevitabilmente attuatore e promotore dei loro deliri. Così, alla proposta di Michael Anzalone di attraversare l’Italia a piedi, mi si illuminarono gli occhi e risposi: «Quando si parte?»

    E noi ci ritrovammo a pianificare un’idea che ai più avrebbe suscitato sarcasmo, al meglio ironia.

    Eravamo a Milano, nei camerini del teatro Nazionale, alle prese con lo spettacolo MAMMA MIA! Io e Michael siamo due performer, termine anglosassone con cui si indica un artista che dovrebbe saper ballare, cantare e recitare. L’evoluzione dell’arte ha portato alla poliedricità e alla creazione di questi cerberi dello spettacolo, per cui essere bravi in qualcosa non è più sufficiente. Devi saper fare tutto, anche le uova al tegamino, bendato, mentre canti un’aria del Barbiere di Siviglia. Sinceramente io preferisco definirmi un danzatore che se la cava nelle altre discipline, così come Anzalone è un bravo cantante che recita molto bene, ma definirlo un ballerino potrebbe causare l’arresto cardiaco degli insegnanti che hanno cercato di infondergli i principi dell’arte coreutica.

    Non ricordo il giorno preciso dell’illuminazione, so che eravamo agli sgoccioli della stagione teatrale, probabilmente i primi giorni di primavera del 2011, e mentre le gemme iniziavano a schiudersi e il sole a scaldare le strade di Milano, il nostro progetto iniziò a prendere forma.

    Prima di tutto bisognava decidere il punto di partenza e la meta, poi il percorso, e così via, fino al numero di paia di calzini da portarsi dietro.

    Ravenna - Santa Maria di Leuca!

    Secondo Michael, Leuca sarebbe stata la meta ideale, visto che si trova in un punto più di fine che di confine. La scelta riscosse un gran successo. Perché partire da Ravenna e non Trieste o Mestre? Perché suonava meglio. Provate a dire tutto di un fiato Trieste-Santa-Maria-di-Leuca, capirete che c’è qualcosa che non va. Ravenna-Santa-Maria-di-Leuca invece no, non fa una piega.

    Tutta la costa adriatica, cinque regioni da attraversare, mille chilometri da percorrere in piena estate.

    Non ci scoraggiammo e, grazie ai prodigi della rete, calcolammo un percorso approssimativo puntellato di mete giornaliere. La prendemmo sul serio. Ci incontravamo, prima della convocazione a teatro, nel mini appartamento in cui viveva Michael. Quarto piano senza ascensore, tra cucina e letto c’era a malapena lo spazio per un tavolino, riscaldamento mal funzionante e porticina da hobbit che immetteva in un sottoscala che fungeva da ripostiglio, ma che secondo noi nascondeva macabri segreti. Adoravo quel posto.

    Il nostro piano si concretizzò in una traversata di trentacinque giorni, con una media di oltre trenta chilometri giornalieri e senza la benché minima idea di dove cibarsi o passare la notte. Ma cosa potevamo saperne noi, poveri artisti in una soffitta di un palazzo di Milano?!

    In questi casi, si sa, se ci si fanno troppi problemi si finisce per non partire. Nulla poté fermarci.

    Bisognava darsi delle regole e così facemmo:

    1) La distanza deve essere ricoperta a piedi;

    2) Si possono prendere mezzi di trasporto solo in casi di emergenza;

    3) Vietato fare autostop, ma se viene proposto un passaggio spontaneamente si può accettare;

    4) Vitto e alloggio a discrezione dei camminatori.

    Poi c'erano le regole personali:

    1) Fare stretching una volta al giorno, possibilmente all’alba, eseguendo il saluto al sole;

    2) Tenere un diario;

    3) Accendere il cellulare per due ore al giorno.

    I preparativi furono abbastanza semplici, qualsiasi grande catena di articoli sportivi ha tutto l'occorrente per un’esperienza del genere. Zaino e scarpe da trekking erano l'equipaggiamento base, ma nel provvedere scoprii una miriade di articoli con cui riempire il carrello. Mi domandai se quanto stavo per comprare fosse veramente necessario, capii che non tutto lo era quando ne saggiai il peso sulle spalle.

    Un esempio? Un fornelletto da campeggio poteva essere sfizioso, persino utile, ma non necessario.

    Anche l’attrezzatura più leggera, se non indispensabile, in cammino peserà sempre di più di quanto è possibile rimediare per strada. Pensaci ogni volta che vorrai aggiungere qualcosa al tuo zaino.

    Di quei giorni non ricordo tanto la scelta dell'equipaggiamento, ma la smania, il desiderio di partire, il continuo andirivieni di pensieri in un calderone di domande. Adrenalina e paura.

    Lo stato d'animo di una persona in procinto di partire somiglia a una diga sul punto di straripare. Chi si appresta al viaggio aprirà gli argini e annienterà la pressione solo prendendo le sue poche cose e muovendo il primo passo. Continuando a chiedersi, così come me lo chiedevo io, in quale direzione andare, con un'unica certezza: non sopportare più l'immobilità delle acque stagnanti.

    L’idea di dover passare buona parte della vita a lavorare per poter godere di una dubbia, del tutto ipotetica tranquillità nella parte meno eccitante della stessa mi ha sempre lasciato perplesso. L'istinto, la curiosità, lo spirito di avventura, devono essere ascoltati e non soffocati dalle mille giustificazioni dietro cui nascondiamo le nostre rinunce.

    Per partire c’è bisogno di soldi, i soldi non bastano mai, quindi non potrò concedermi una lunga vacanza. Ecco, questo è il pensiero di un ragazzo indipendente, cresciuto in una famiglia di ceto medio che non può permettersi sperperi o grandi lussi. Ma se abbassi al minimo spese e pretese, se abbatti i costi di viaggio, se fai diventare il viaggio la vacanza stessa, nobilitando il cammino e liberandolo dallo status di noioso trascinarsi da un mezzo all’altro per raggiungere una meta, se metti alla prova i tuoi limiti e affronti le tue paure, rivaluterai ogni cosa. Fidati di me.

    Il consiglio? Cerca dentro te il coraggio di partire e, dopo averlo trovato, salpa solo se sei pronto ad accettare con un sorriso tutto ciò che potrebbe capitarti.

    La colonna sonora? Born to run, Bruce Springsteen.

    IL PRIMO GIORNO

    Prendere un treno da Bari a Ravenna per poi tornare indietro a piedi è fuori da ogni logica, ma se scopri che il treno su cui avevi intenzione di viaggiare è stato soppresso e devi partire tre ore prima con un Intercity notte sovraffollato a cui hanno anche levato due carrozze, cominci a pensare che l'idea di tornare a piedi non sia poi così assurda.

    Grazie alla prodigiosa efficienza delle Ferrovie dello Stato, mi ritrovai alle quattro di mattina, dopo aver passato una notte in bianco, su una panchina della stazione di Ravenna ad aspettare Michael che sarebbe arrivato tre ore e mezzo dopo, con l'unico treno disponibile.

    Lo capisco: ci eravamo lasciati a Milano e, almeno geograficamente, sto creando un pizzico di confusione, quindi faccio un piccolo passo indietro.

    Finito il contratto al teatro Nazionale, io tornai in Puglia, dalla mia famiglia, e Michael scomparve come al solito, impegnato con un altro breve lavoro a Bologna, dopo il quale tornò a casa, in quel di Bolzano. Nel frattempo le mie telefonate erano piuttosto regolari, avevamo preso un impegno e intendevo ricordarglielo; c'era una missione da portare a termine.

    Qual era l’obbiettivo di questa missione? Nessuno. E a noi andava bene così.

    Mi ritrovai all’alba di un giorno di metà giugno, armato di zaino e tanto spirito di avventura a guardarmi intorno per capire come passare quelle tre ore di attesa. Realizzai che da quel momento le mie giornate non sarebbero state molto diverse da quelle dei tre clochard che dormivano lì vicino, quindi presi esempio, e schiacciai un pisolino con loro.

    Azione e avventura, almeno per il momento, potevano aspettare.

    Michael arrivò, puntuale e biondo ossigenato. Come se ciò che stavamo per fare non fosse abbastanza folle, aveva deciso di dare un tocco di colore, presentandosi con i capelli gialli, pur avendo sopracciglia, barba e qualsiasi altro filamento sulla pelle neri come la pece. Orripilante. Esternai tutta la mia disapprovazione e dopo un sentito abbraccio ci dirigemmo al bar.

    In quel frangente realizzai che il bipede con zaino gigante e pezzatura singolare con cui stavo facendo colazione non era propriamente colui che avresti definito un grande amico. Lo conoscevo da meno di un anno e per i primi tempi ci eravamo ignorati pacificamente. Lentamente si era sviluppata tra noi una forma di stima reciproca, avevamo anche scoperto di avere parecchi interessi in comune, ma nonostante questo la nostra amicizia non aveva avuto grandi sviluppi. Tutto ciò non faceva che aggiungere altre incognite, visto che avrei dovuto condividere con Michael anche l'aria. Più che preoccupato, ero incuriosito.

    Esistono esseri viventi dotati di uno sguardo particolare, i cui occhi possiedono una luce che racchiude una forza vitale affascinante e misteriosa. Ho visto un bagliore simile in pochi sguardi, ma ho imparato a riconoscerlo: è inconfondibile. Durante le nostre sporadiche, prime chiacchierate, celata da mille inquietudini e foriera di quella stessa luce, intravidi una scintilla negli occhi di Michael. Era la persona giusta.

    Raggiungemmo la litoranea all'altezza di Ravenna e da quel punto in poi avremmo potuto e dovuto contare solo sulle nostre gambe. Prima di muovere il primo passo verso sud, un attimo di esitazione ci fermò. Ci voltammo e, di spalle, pronunciammo simultaneamente un sentito ma vaffanculo. Non era indirizzato a qualcuno o qualcosa in particolare, pensammo semplicemente che fosse l'incipit più appropriato per la nostra avventura.

    Da lì in avanti la nostra unica preoccupazione sarebbe stata camminare.

    La prima manciata di chilometri ci tenne lontani dal mare, costringendoci a un paio di deviazioni verso l'entroterra. Iniziammo a dubitare dell'esistenza di una strada che costeggiasse l'Adriatico in maniera costante e capimmo che le tangenziali e le strade statali sarebbero diventate presto nostre consuete compagne di viaggio. Fu una conseguenza inevitabile, perché per scelta consapevole non avevamo un percorso predefinito. Raggiunta Lido di Dante, mangiammo un boccone in una baracca in riva al mare e ci concedemmo un po’ di riposo. Avevamo percorso pochi chilometri, ma prima di pranzo ne approfittammo comunque per stenderci al sole. Io feci un tuffo con tanto di costume infilato sotto l’asciugamano e ci sembrò subito di essere in vacanza. Non avevamo capito niente.

    Fra noi e la meta successiva si estendeva la prima sfida: la riserva naturale Duna costiera ravennate e foce torrente Bevano. La planimetria del parco proponeva vari percorsi, quello che faceva al caso nostro, l'unico, serpeggiava nella riserva per sedici chilometri.

    Michael dubitò un attimo, non sapeva se inoltrarci nell'impresa o rimandare al giorno successivo. Obbiettivamente non avevamo fatto molta strada e lo convinsi a ripartire.

    Il primo tratto fu piacevole, una bella passeggiata fra gli alberi di un sentiero trafficato. Ci fermammo dietro un rovo per toglierci il costume e metterci comodi e, tornati sul sentiero principale, un ciclista con spiccato accento romagnolo ci chiese dove stessimo andando con quegli zaini giganti.

    «Stiamo andando a Leuca, a piedi. Siamo camminatori» risposi.

    «Sóccia! E da quanto siete in viaggio?»

    «Beh, veramente... siamo partiti stamattina» ribatté Michael.

    Lo sguardo del nostro interlocutore ci riportò bruscamente alla nostra condizione: quella di colui che si definisce già un ricercatore scientifico solo perché conosce la tabellina del nove.

    Il romagnolo verace ci mise davanti al nostro primo bivio.

    Per attraversare la riserva avremmo potuto guadare un fiume alla foce, senza vestiti, con lo zaino in testa - sul lato opposto, sulla spiaggia, c’era un campo

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