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Lei non deve sapere
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Lei non deve sapere

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About this ebook

Due famiglie, due storie parallele.

Geraldine e Greg, due giovani innamorati, vengono divisi con l’inganno quando lei aspetta un figlio, frutto del loro grande amore. Geraldine cresce Peter da sola, tra mille difficoltà. Lui sa che il padre è morto, ma alla soglia dei trent’anni, scopre cos’è realmente accaduto prima che lui nascesse.

Mindy, figlia di un magnate dell’industria, rimane sola dopo un incidente d’auto che si porta via la madre, la sorella gemella e forse anche il padre, dal momento che non si trova il suo corpo. E’ stato un incidente o un omicidio? Il ritrovamento di una misteriosa lettera, la spinge a scavare nella vita della sua famiglia, con l’aiuto di Tommy Evans, il suo amico giornalista. E se anche lei fosse in pericolo? Quando finalmente incontra Patrick, la sua vita sembra prendere la giusta piega ma a pochi giorni dal suo matrimonio…
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 13, 2017
ISBN9788892671003
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    Book preview

    Lei non deve sapere - Giusy Amato

    SOMMARIO

    PREFAZIONE

    PROLOGO

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

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    NOTIZIE SULL’AUTRICE

    DELLA STESSA AUTRICE

    GIUSY AMATO

    LEI NON DEVE SAPERE

    Tutti i diritti riservati © 2017 Giusy Amato

    vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata se non previa autorizzazione dell’editore.

    ISBN: 9788892671003

    Youcanprint Self-Publishing

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in modo fittizio. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, esistenti o esistite, è del tutto casuale.

    A mia madre.

    PREFAZIONE

    Questo è un romanzo di azione. Anzi no, è un romanzo d'amore, ma anche un romanzo psicologico.

    No, è un thrilling o se volete un giallo.

    Ancora no: questo romanzo è un po' tutte queste cose insieme, una miscela di emozioni da catturare mano a mano che la storia - anzi, le storie - si dipanano. Sorprendentemente ma anche inevitabilmente. Ci sono personaggi forti, ognuno ha qualcosa nella borsa della sua esistenza, piano piano quella borsa verrà aperta... Fino alla fine, una fine che lascerà domande in ogni lettore.

    Giusy Amato alla sua seconda prova si conferma scrittrice talentuosa nello sperimentare storie umane con un linguaggio lucido e appassionato, senza un finale  convenzionale, che, già nel titolo Lei non deve sapere, sceglie di non dare risposte.

    Stefania Ferretti

    giornalista Rai

    PROLOGO

    Due famiglie, due storie parallele.

    Geraldine e Greg, due giovani innamorati, vengono divisi con l’inganno quando lei aspetta un figlio, frutto del loro grande amore. Geraldine cresce Peter da sola, tra mille difficoltà. Lui sa che il padre è morto, ma alla soglia dei trent’anni, scopre cos’è realmente accaduto prima che lui nascesse.

    Mindy, figlia di un magnate dell’industria, rimane sola dopo un incidente d’auto che si porta via la madre, la sorella gemella e forse anche il padre, dal momento che non si trova il suo corpo. E’ stato un incidente o un omicidio? Il ritrovamento di una misteriosa lettera, la spinge a scavare nella vita della sua famiglia, con l’aiuto di Tommy Evans, il suo amico giornalista. E se anche lei fosse in pericolo? Quando finalmente incontra Patrick, la sua vita sembra prendere la giusta piega ma a pochi giorni dal suo matrimonio…

    1

    Geraldine Cooper direzionò la sedia a rotelle verso la libreria, aprì l’anta in basso e a fatica estrasse un vecchio album di foto ben nascosto dietro cartelline zeppe di documenti e ricevute di pagamento. Il figlio aveva minacciato di bruciarlo se l’avesse trovato ancora in giro e lei aveva individuato quel nascondiglio, tutto sommato non così difficile da scoprire, ma era fermamente convinta che se si vuole nascondere bene qualcosa, la si deve lasciare sotto al naso di chi la cerca.

    Peter era uscito presto e non sarebbe tornato prima di sera. Da un po’ di tempo Geraldine era preoccupata per quel figlio che diventava sempre più silenzioso e irascibile. Evitava di fargli troppe domande, terrorizzata dall’idea che andasse via di casa come aveva fatto qualche tempo prima. Era sparito per quasi un anno e lei per poco non era morta di dolore. A causa del forte stress, così le dissero i medici, e nonostante la sua ancora giovane età, un ictus l’aveva costretta sulla sedia a rotelle. Malgrado ciò, non aveva mai colpevolizzato il figlio per quel suo stato di invalidità, era troppo felice di riaverlo nuovamente a casa.

    Cominciò a sfogliare l’album chiedendosi dove fosse finita la ragazza innamorata e sorridente immortalata in quelle foto. Rimase a fissare un ritaglio di giornale che riportava l’immagine dell’uomo che le aveva promesso amore eterno e al quale non aveva mai detto di aver partorito suo figlio.

    Nonostante gli anni trascorsi, Geraldine ricordava ogni minuto del giorno in cui, emozionata e piena di gioia, aveva comunicato a Greg di essere incinta. Lui l’aveva guardata con occhi pieni d’amore e stretta a sé talmente forte che le aveva persino fatto male. Poi era accaduto il resto, quello che in un attimo ti può cambiare la vita, come se un regista invisibile e crudele avesse deciso all’ultimo minuto di cambiare la scena finale di un film… e i protagonisti non avrebbero affatto vissuto felici e contenti.

    Un rumore la fece sobbalzare e istintivamente nascose l’album dietro la schiena.

    «Chi è?»

    «Chi vuoi che sia, il principe azzurro?»

    La voce di Angela la tranquillizzò. Non poteva restare da sola per troppe ore perché per lei anche le piccole e banali azioni quotidiane, come lavarsi o prendere qualcosa poggiata qualche centimetro più in alto, erano ostacoli a volte insormontabili, nonostante la sua buona volontà. Le persone tendono a pensare che se si è costretti su una sedia a rotelle soffri perché non puoi correre o scalare una montagna, non si rendono conto che anche poter fare semplicemente la pipì da soli sarebbe una gioia infinita.

    Con Angela si erano conosciute in ospedale quando a Geraldine, dopo l’ictus, avevano comunicato che quasi sicuramente non avrebbe più camminato. Angela era una ragazzona italiana che all’epoca faceva la volontaria in quello stesso ospedale, l’unica persona dotata di umanità, a detta di Geraldine. Per lei, dopo la degenza e con la fine del ricovero, si prospettava un baratro a cui avrebbe preferito la morte. Solo la speranza che Peter potesse tornare a casa e l’incontro con il suo angelo custode, Angela, le avevano fatto scegliere di continuare a vivere.

    «Oggi hai l’aria di un cane bastonato e le borse sotto agli occhi.»

    «Grazie, avevo proprio bisogno di una parola di conforto!» Lo disse facendo finta di arrabbiarsi, ormai era abituata alle battute sarcastiche di Angela, alla sua voglia di scherzare sempre e in qualunque circostanza. Era stato uno dei motivi che l’avevano incoraggiata a condividere la sua vita con quella donna.

    «Guarda che ho visto cos’hai dietro la schiena! Adesso vado a fare un buon caffè italiano con la moka, come piace a te, ma quando torno voglio che sparisca!»

    «Oh, piantala! Non ti ci mettere pure tu!»

    «Ma cosa pensi, che a furia di guardare quelle foto Greg venga a bussare alla tua porta affinché tu possa raccontargli quello che hai scelto di non dirgli per una vita?»

    «No, certo che no! È che… ogni tanto ho bisogno di conferme. A volte ho l’impressione di non essere mai stata felice, giovane o innamorata... è come se fossi nata su questa maledetta sedia, fredda come il mio cuore!»

    Angela le si avvicinò e le accarezzò la testa come si fa con i bambini per rassicurarli.

    «Tutti facciamo scelte che ci portano a conseguenze con le quali siamo costretti a convivere. Questo non è un buon motivo per rinunciare alla vita attaccandosi morbosamente al passato.» Si allontanò dirigendosi verso la cucina. «E poi lo sai che non ti sopporto quando ti piangi addosso, diventi brutta!»

    Riusciva sempre a strapparle un sorriso, anche nei giorni in cui era più depressa del solito, e questo era uno di quelli. Riprese a sfogliare l’album, incurante delle bonarie minacce di Angela.

    Aveva conosciuto Greg trent’anni prima, quando era poco più che adolescente. Zio Danny, che l’aveva cresciuta come una figlia, era amico del padre di Greg nonostante la differenza di classe sociale. In effetti erano amici di bevute e di scorribande giovanili, niente di più. Dietro insistenza di Geraldine, suo zio aveva fatto in modo che l’estate successiva, alla chiusura delle scuole, la nipote andasse a lavorare nell’azienda dei Taylor. Non voleva che si distraesse troppo dagli studi, ma lei lo aveva tormentato con i suoi discorsi sull’indipendenza, sul diritto al lavoro e sull’autonomia delle donne. Zio Danny era un po’ preoccupato, non gli garbava l’idea di avere una nipote fanatica del femminismo, che in quel periodo (erano gli anni Sessanta) per alcune donne era quasi diventato una moda. Anche se, osservandola con attenzione, si rendeva conto che Geraldine non aveva atteggiamenti da maschiaccio e non era volgare e arrabbiata come altre sue coetanee, che spesso ostentavano un linguaggio non adatto a una signorina per bene.

    Fu così che lei conobbe il rampollo della famiglia Taylor.

    Greg era l’opposto del padre, con il quale non andava affatto d’accordo. Era un ragazzo sensibile, taciturno e dai modi gentili, ma non effeminato, come diceva il padre con tono provocatorio quando lo prendeva di mira.

    «Sei il mio unico figlio e quest’azienda un giorno sarà tua, se ti comporti come una femminuccia nel giro di qualche anno vanificherai tutti i miei sacrifici!»

    Greg non rispondeva e lasciava che il padre continuasse a sbraitare, un po’ per paura ma anche perché non aveva una forte personalità. Questo potrebbe sembrare un piccolo difetto paragonato a tutto il resto, ma può portare a fare scelte sbagliate o, ancora peggio, a non scelte, che possono cambiare il corso della propria vita.

    Con la madre invece erano tutte rose e fiori, anzi, entrambi avevano un rapporto quasi morboso. Lui era il cocco di mamma e per Greg non c’era madre, donna o moglie, migliore di lei.

    Geraldine era stata assunta come jolly nel reparto import ed export, ed essendo molto giovane e l’ultima arrivata, le facevano fare qualunque cosa, ma lei era felice lo stesso. In estate quello era un settore particolarmente attivo e un’impiegata stagionale faceva comodo a Bill Taylor, che invece aveva finto di fare un grosso favore al suo amico Danny, in nome dei vecchi tempi. In realtà Bill era un uomo che non conosceva il significato dell’amicizia o dell’amore. Per lui i sentimenti rendevano deboli e, probabilmente, questa sua inumanità lo aveva aiutato a costruire l’impero che aveva creato a spese del suo prossimo, famiglia compresa. Le sue aziende andavano dal settore immobiliare a quello dei trasporti, dall’arredamento alla tecnologia; se fiutava l’affare faceva ogni tipo d’investimento, e in quello era proprio bravo.

    L’incontro tra Geraldine e Greg fu un vero e proprio colpo di fulmine per entrambi e, nonostante la timidezza di lui e la quasi totale inesperienza di lei in fatto di rapporti con l’altro sesso, quell’estate furono travolti dall’amore e dalla passione.

    A zio Danny non sfuggì quella lucina negli occhi della nipote e, quando capì che la ragazza si era irrimediabilmente innamorata, pensò che fosse già troppo tardi per metterla in guardia, in ogni caso doveva fare un tentativo.

    «Tesoro, come va il lavoro? Mi sembra di capire che ti piaccia.»

    «Oh, sì zio, mi piace moltissimo!»

    «E con Greg come va?» Geraldine diventò paonazza e per poco non le caddero i piatti del pranzo che stava impilando nel lavello della cucina. Aprì la bocca nel tentativo di dire qualcosa, ma non le uscì un fiato. Zio Danny ebbe la conferma che temeva. Le sorrise cercando di alleggerire la tensione.

    «Guarda che rimanere zitellone come me non vuol dire non aver mai conosciuto l’amore o non essere mai stato innamorato! E comunque, non è necessario essere degli esperti per capire che quando una giovane donna sprizza gioia da tutti i pori, c’è la possibilità che sia innamorata!» Geraldine fece il tentativo di dire qualcosa, ma lo zio la bloccò alzando una mano, invitandola ad aspettare che finisse.

    «Non è necessario che tu dica nulla, ma non voglio che tu soffra. E conoscendo bene i Taylor ho paura che questo sarà inevitabile.» Fece una pausa, come se stesse cercando le parole più adatte, mentre la nipote prese a tormentare lo strofinaccio con le mani.

    «Tesoro, quella è una famiglia potente, sono ricchi da fare schifo e Greg è il loro unico figlio. Non permetteranno mai e poi mai che una ragazza, seppur bella e intelligente come te, entri a far parte della loro famiglia. Bill saprà già della vostra relazione e sono sicuro che se ne starà compiacendo, ma solo perché la considera un passatempo per il figlio, un gioco, una conferma del suo ego maschilista illimitato. Nadine, poi, pur non avendo alcuna voce in capitolo in quella famiglia, è molto legata al figlio e vorrà il meglio per lui. Non che tu non lo sia, ma per quella gente il meglio viene misurato con il conto in banca, per questo voglio che tu faccia molta attenzione e che non ti lasci illudere sognando quello che non accadrà mai!»

    «Greg non è come il padre! Lui mi ama davvero zio, non mi farebbe mai del male!»

    «Non lo farebbe mai volontariamente, conosco quel ragazzo. Però so anche che non avrà la forza di mettersi contro i suoi genitori e, se mai fosse costretto a scegliere tra te e loro, non ho alcun dubbio su chi ricadrà la scelta.»

    Il tintinnio delle tazzine interruppe i ricordi di Geraldine. Angela poggiò su un tavolino il vassoio con le tazze del caffè.

    2

    Mindy finì di sistemare i fiori sotto la foto della sorella. A Miriam piacevano le rose di qualsiasi colore, lei invece preferiva le orchidee. Era una delle tantissime differenze che c’erano tra loro, pur essendo gemelle. Quante volte avevano scherzato su quelle diversità!

    Un giorno, quando erano poco più che bambine, dopo aver confabulato per ore chiuse nella loro camera, avevano deciso di affrontare la madre per farle confessare la verità. Era iniziato come un gioco, ma a furia di trovare ‘elementi inconfutabili’ si convinsero che non potevano essere figlie degli stessi genitori, erano troppo diverse.

    Mindy sorrise al pensiero di quel giorno e passò la mano sulla foto della sorella e della madre, come se volesse regalare loro una carezza. Andava spesso in quel piccolo cimitero, dove sperava di ritrovare quella serenità e quella spensieratezza sepolte per sempre insieme ai suoi cari. La sua non si poteva classificare una famiglia felice, ma sicuramente era un nucleo sereno prima che quel maledetto incidente d’auto si portasse via le persone che più amava al mondo. Spesso, invece di essere grata al Signore per averle concesso di continuare a vivere, si sentiva in colpa per non essere morta insieme alla sua famiglia, in quella che sarebbe dovuta essere una giornata di relax e divertimento.

    Una folata di vento fece cadere il piccolo vaso sotto la foto della sorella. Mindy lo rimise al suo posto. Sei la solita dispettosa! Non ti arrendi mai, eh? Un sorriso amaro le salì sulle labbra. Quanto le mancava Miriam!

    Il giorno della loro nascita, le gemelle se l’erano fatto raccontare decine di volte e nei minimi particolari. La madre assecondava quella specie di fissazione delle figlie, ripetendo ogni volta le stesse cose come un disco rotto e sperando che prima o poi la smettessero con tutti i loro dubbi. A volte le facevano domande a trabocchetto, nella speranza che la madre si tradisse.

    «Avevi detto che io avevo i capelli neri come Miriam!»

    «Ha ragione Mindy mamma, me lo ricordo pure io!» Quando si trattava di coalizzarsi contro qualcuno, erano in perfetta sintonia.

    «Ve l’ho già spiegato, ai bambini dopo un po’ di tempo possono cambiare il colore degli occhi e dei capelli!»

    «E perché sono cambiati solo a me?»

    «Non lo so, Mindy, non posso sapere tutto! Ma poi basta con questo interrogatorio, vi ho spiegato mille volte la differenza tra gemelli monozigoti e dizigoti, vi ho fatto vedere le foto mie e di vostro padre di quando eravamo piccoli e sono identiche alle vostre, cosa devo fare per convincervi che siete sorelle? E comunque, se vi può consolare, sappiate che la maggior parte dei figli pensa di essere stato adottato o di essere vittima di uno scambio di culla!»

    Le gemelle si guardavano e senza parlarsi decidevano che, almeno per quel giorno, l’interrogatorio poteva finire lì.

    Per fortuna (della madre), verso i tredici anni smisero di tormentarla e si convinsero di essere sorelle, anche se ancora non capivano bene come potessero essere gemelle essendo così diverse in tutto, sia fisicamente che come carattere. Mindy era biondina, occhi azzurri, fisico esile e delicato, aveva modi gentili e un carattere dolce e sottomesso. Pur essendo nata in una famiglia più che benestante non dava importanza alle cose materiali, per lei il denaro non aveva nessun valore. Miriam era l’opposto della sorella, capelli e occhi scuri, formosa sin da piccola, aveva modi un po’ da maschiaccio e un carattere molto forte. Tra le due, Miriam era quella che chiedeva continuamente qualcosa: da piccola erano giocattoli, crescendo erano vestiti, poi il cellulare, lo scooter, la macchina… insomma, non ne aveva mai abbastanza. Quando Mindy faceva qualche richiesta ‘insolita’ i genitori capivano perfettamente che era stata istruita dalla sorella, alla quale ogni tanto tentavano di negare qualcosa.

    Nonostante tutto e ognuna a modo loro, le gemelle si amavano, di quell’amore istintivo che non ha modelli da seguire. I genitori, infatti, non erano un esempio di coppia felice, le ragazze non li avevano mai visti scambiarsi un bacio o una carezza, parlavano tra di loro con educazione e rispetto, mai una litigata, mai una scenata di gelosia, niente di niente. Calma piatta. Crescendo, Miriam si convinse che l’amore non esisteva, secondo lei era un’invenzione di scrittori e registi che illudevano donnette ignoranti destinate inevitabilmente a soffrire. Per questo trattava, anzi, maltrattava i ragazzi che in qualche modo si avvicinavano a lei. Mindy, invece, era un’inguaribile romantica, sognava a occhi aperti storie di principi azzurri e cavalli bianchi ed era convinta che prima o poi avrebbe incontrato l’amore vero, quello con la A maiuscola, cosa di cui si convinceva tutte le volte che qualche ragazzo, tentando un approccio, le diceva qualcosa di carino.

    Ovviamente, questo era un argomento tabù del quale non parlavano mai con i genitori; ne discutevano tra di loro, con i compagni di scuola e con la loro tata che, pur essendo, secondo loro, anziana, le ascoltava con interesse cercando di mediare gli estremismi di quelle due creature quasi abbandonate a se stesse. Era lei che le coccolava, parlava con loro, dava consigli ed era la custode dei loro piccoli segreti. D’altronde il padre era sempre assente, preso da mille problemi derivanti dal lavoro e la madre si occupava più di feste di beneficienza e di tutto ciò che non necessitava approfondimento di alcun genere. Si era perfino rifiutata di capire perché il marito l’avesse voluta sposare, dal momento che non aveva mai dimostrato una grande passione. Non che fosse opportunista, veniva da una famiglia borghese e i corteggiatori non le mancavano, semplicemente era fatta così. Anche quei suoi modi freddi e scostanti non ne facevano una persona cattiva, era semplicemente il suo modo di essere.

    «Signorina, è l’ora di chiusura.» Mindy si riscosse dai suoi pensieri e istintivamente guardò l’orologio; anche questa volta aveva perso la cognizione del tempo. Le piaceva stare lì, stava più volentieri in quel piccolo cimitero che nella sua enorme casa tristemente vuota.

    «Mi scusi, vado via subito!»

    «Non deve scusarsi, faccia pure con calma.»

    Il custode ormai la conosceva bene, sapeva che quando Mindy andava a trovare i suoi cari, cosa che accadeva spesso, era capace di stare lì per ore perdendo la cognizione del tempo, di conseguenza era meglio controllare che uscisse per non rischiare di chiuderla dentro.

    Mindy si avviò verso l’uscita e raggiunse il parcheggio semi vuoto dove aveva lasciato l’auto. Non riusciva a capire perché alla gente piacesse tanto la domenica. Lei,

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