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Aspetti Antropologici della gratuità in Giuliano Agresti
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Aspetti Antropologici della gratuità in Giuliano Agresti

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Credo che questo debba essere il nostro punto di partenza accogliendo l'invito di mons. Agresti secondo il quale "l'ammirazione stupefatta e l'esultanza sono lo stato d'animo del credente di fronte alla «sovrabbondanza» del dono".

"Tutta la Rivelazione cristiana è annunzio della gratuità, cioè di ciò che non è dovuto, esigito, reclamato, ma dato gratuitamente per amore, per dono d'amore e di misericordia. La gratuità richiama il «gratis» e la «grazia» come un «più» inaspettato, di sorpresa, che prende la nostra vita, la rende partecipe della stessa vita divina con una fascia di doni che ci accompagnano fino alla vita eterna".
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 16, 2017
ISBN9788892653320
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    Aspetti Antropologici della gratuità in Giuliano Agresti - Pierluigi Montemagni

    pag.8.

    CAPITOLO 1

    CHI È L’UOMO PERCHÉ TE NE RICORDI?

    Ci siamo già posti la domanda sull’uomo e già abbiamo detto che è una domanda antica: Chi è l’uomo perché te ne ricordi? recita il Salmo 8, ed antica è anche la constatazione del mistero che in lui è racchiuso. Ciò che siamo è il dato più sicuro dal quale noi partiamo e il punto di appoggio per confrontarci col mondo che ci circonda.

    Il vescovo Agresti al riguardo scrive che non è una questione riservata solamente a filosofi e a teologi. È una questione di tutti. Perché ogni uomo è sempre in questione, finché è sulla terra. Lo è perché, in concreto è un limite aperto all’illimitato⁷.

    Il Concilio Vaticano II ci ricorda che ogni uomo è una questione non risolta, alla quale nessuno può sfuggire, soprattutto nei momenti più decisivi e importanti della sua vita⁸. Questa questione non costituisce un mistero irrisolto, quanto piuttosto il riflesso del mistero di Dio e la stessa pluralità di concezioni dell’uomo che noi troviamo nel nostro mondo, è già una prova di quanto andiamo dicendo.

    La preoccupazione per l’uomo è sempre esistita nella Sacra Scrittura ed è continuata in tutta la tradizione cristiana. Ma soprattutto lo smarrimento contemporaneo dell’uomo, sballottato dalle più diverse riduzioni ideologiche, «laiche» o «cristiane» che si dicano, non può tenerci inerti e distratti⁹.

    Nella stessa Gaudium et Spes al numero 22 troviamo che solo nel mistero del verbo incarnato si chiarisce il mistero dell’uomo.

    Questa affermazione di incalcolabile importanza ci spinge a vedere la relazione con Dio mediata da Cristo, come elemento fondamentale e costitutivo del nostro essere: l’uomo è l’unica creatura di questo mondo che Dio ha voluto per se stesso¹⁰. Questa relazione con Dio è messa in risalto nei due racconti di creazione del Genesi.

    Pur differenziandosi nella struttura e nei dettagli concreti, questi due racconti hanno in comune l’attribuzione all’uomo di un posto privilegiato rispetto al resto delle creature. Questo posto privilegiato è basato sulla relazione che egli instaura con Dio, per cui l’uomo non è una creatura in più, ma quella che dà a tutta la creazione il suo senso ultimo.

    Questa relazione unica che l’uomo ha con Dio, creato a sua immagine e somiglianza, formato dalle sue mani e vivificato dal soffio del suo Spirito, determina la sua peculiarità che lo caratterizza in modo esemplare nell’insieme degli esseri creati; rapporto che si articola poi nella relazione uomo-donna e uomo-mondo. Quindi la nozione di uomo che scaturisce dalle prime pagine della Scrittura è qualificata come relazionale.

    I primi capitoli del Genesi ci offrono un esempio privilegiato di questa relazione che però non è esclusiva di queste pagine; infatti, l’eccellenza dell’uomo su tutto il creato e la sua relazione con Dio che la fonda, vengono messe in evidenza anche in altri testi veterotestamentari.

    Ma per capire a fondo cosa la Scrittura ci dice dell’uomo, dobbiamo riflettere sulle nozioni e sui termini antropologici che in essa si trovano e che ci aiuteranno a completare la visione biblica dell’uomo che abbiamo iniziato ad analizzare.

    1. TERMINI ANTROPOLOGICI NELL’AT

    Se noi volessimo cercare una definizione di uomo, non troveremmo alcuna traccia nel Genesi e nemmeno in tutto il resto dell’Antico Testamento, soprattutto di quella nostra concezione di uomo inteso come composto di anima e corpo. Troviamo invece una serie di termini che ci mostrano una pluralità e una diversità di aspetti che configurano il suo essere e ci mostrano vari aspetti e sfaccettature dell’uomo.

    L’Antico Testamento ebraico ha diversi termini che designano l’uomo, fra cui ‘Is, ‘Issah, usati per designare indistintamente il maschio e la femmina sia nell’uomo che nell’animale: ma non sono questi i termini che più ci interessano in quanto non qualificano al meglio la specificità dell’essere umano.

    Il primo termine che merita la nostra attenzione è quello di basar, che significa carne – opposto di ossa¹¹ -, usato indifferentemente sia per l’uomo che per l’animale. Questo termine, a volte tradotto con soma corpo, a volte tradotto con sarx carne, è quello che maggiormente esprime la natura terrestre della creatura; questo è il termine che mostra la solidarietà dell’uomo con gli altri membri della sua famiglia; indica l’uomo in quanto essere caduco, debole, oppure incline al peccato¹²; indica inoltre la debolezza della sua condizione di fedeltà e obbedienza a Dio.

    Un altro termine di grande interesse per noi è nefes tradotto dalla Bibbia greca e poi da quella latina con psiuchè anima:. Il suo significato, il suo senso iniziale e più frequente nell’AT però non è questo: infatti indica l’indigente, il bisognoso, colui che non è auto-sufficiente¹³; indica il suo desiderio, il suo anelito¹⁴; indica inoltre la sede dei sentimenti e degli stati d’animo¹⁵. Anche nefes, come basar, può essere indicato per designare tutta la persona, intesa nella sua integrità¹⁶.

    Il terzo termine antropologico, più completo e che ci svela un altro spetto costitutivo dell’uomo è ruah. Questo termine è stato tradotto con pneuma spirito e non si riferisce direttamente all’uomo, ma a Dio; quindi potremmo definirlo un concetto teo-antropologico nel senso che esprime l’apertura dell’uomo a Dio oppure l’azione di Dio sull’uomo. Il termine ruah indica Soffio Vitale, quella forza dello Spirito che è propria di Dio; forza che può essere comunicata all’uomo con la quale gli viene concessa la qualità straordinaria di poter dialogare con il suo creatore, di poter instaurare una relazione con Dio¹⁷:

    La nozione di Spirito esprime quasi sempre una relazione dinamica tra Dio e l’uomo, il quale viene posto nell’ambito di Dio; infatti dobbiamo anche considerare che ruah, proprio di Dio, è il termine usato in contrapposizione a basar, proprio dell’uomo che mai invece viene usato per definire Dio. Ma è con il dono dello Spirito, che l’uomo, come accadde per i profeti, può parlare o agire in nome di Dio per

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