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Il figlio del diavolo: La vera storia di Dracula
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Il figlio del diavolo: La vera storia di Dracula
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Il figlio del diavolo: La vera storia di Dracula

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Vlad III Draculea, detto Tepes, cioè l’impalatore, è una persona rilevante dal punto di vista storico, ma la sua vicenda è stata deturpata da un’accanita propaganda, orchestrata da detrattori suoi contemporanei ed incredibilmente, dal successo di un’opera letteraria di dubbio gusto britannico, che ancora oggi imperversa nella cultura sommaria ed esoterica del vampirismo. Ne è scaturito un mistero difficilmente districabile con approccio scientifico, ma affascinante se la ricerca è finalizzata ad un’esemplificazione ideale.
Il suffisso determinativo e diminutivo “ul-ea” indica la discendenza e si riferisce esplicitamente al titolo di Drac, drago ovvero diavolo, di cui il padre si fregiava essendo riuscito ad entrare nel prestigioso Ordine del Drago, fondato da Sigismondo a difesa della Cristianità del XV secolo. Un nome suggestivo che anche oggi ricorre, allusivo, nelle alte sfere del potere finanziario.
Il racconto si astrae dai complessi ed inconcludenti intrecci che i potenti dell’epoca imbastivano, inseguendo successi e ricchezze a scapito di popolazioni inermi, né più né meno come succede ai tempi nostri.
L’immaginario percorso spirituale del Principe Vlad III è ricostruito attraverso l’intenso rapporto con un modesto parroco di campagna, casualmente incontrato durante la lunga residenza forzata a Pest, sotto la protezione del re d’Ungheria.
I dialoghi serrati lasciano emergere le contraddizioni del protagonista, ma anche la sua profonda aspirazione a definire il senso, anche di una vita pazzesca come la sua.
Il finale sorprendente, anch’esso non privo di esatti riferimenti storici, rivela l’abbraccio dell’uomo alla sua morte: momento cruciale per chi è disposto ad accettare la verità, pur di raggiungere il traguardo della libertà.
LanguageItaliano
PublisherMarti Gruter
Release dateMay 17, 2017
ISBN9788826085043
Il figlio del diavolo: La vera storia di Dracula

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    Il figlio del diavolo - Marti Gruter

    GRUTER

    PREMESSA DELL'AUTORE E SINOSSI

    Vlad III Draculea, detto Tepes, cioè l’impalatore, è una persona rilevante dal punto di vista storico, ma la sua vicenda è stata deturpata da un’accanita propaganda, orchestrata da detrattori suoi contemporanei ed incredibilmente, dal successo di un’opera letteraria di dubbio gusto britannico, che ancora oggi imperversa nella cultura sommaria ed esoterica del vampirismo. Ne è scaturito un mistero difficilmente districabile con approccio scientifico, ma affascinante se la ricerca è finalizzata ad un’esemplificazione ideale.

    Il suffisso determinativo e diminutivo ul-ea indica la discendenza e si riferisce esplicitamente al titolo di Drac, drago ovvero diavolo, di cui il padre si fregiava essendo riuscito ad entrare nel prestigioso Ordine del Drago, fondato da Sigismondo a difesa della Cristianità del XV secolo. Un nome suggestivo che anche oggi ricorre, allusivo, nelle alte sfere del potere finanziario.

    Il racconto si astrae dai complessi ed inconcludenti intrecci che i potenti dell’epoca imbastivano, inseguendo successi e ricchezze a scapito di popolazioni inermi, né più né meno come succede ai tempi nostri.

    L’immaginario percorso spirituale del Principe Vlad III è ricostruito attraverso l’intenso rapporto con un modesto parroco di campagna, casualmente incontrato durante la lunga residenza forzata a Pest, sotto la protezione del re d’Ungheria.

    I dialoghi serrati lasciano emergere le contraddizioni del protagonista, ma anche la sua profonda aspirazione a definire il senso, anche di una vita pazzesca come la sua.

    Il finale sorprendente, anch'esso non privo di esatti riferimenti storici, rivela l’abbraccio dell’uomo alla sua morte: momento cruciale per chi è disposto ad accettare la verità, pur di raggiungere il traguardo della libertà.

    Il figlio del diavolo - I

    Non riuscivo a riprendermi dalla sorpresa e da un imbarazzante disagio. Sudavo e mi agitavo intorno al tavolo, spostando libri e spazzando a terra le poche briciole sopravvissute al pranzo. Il camino era quasi spento e non avevo il coraggio di ravvivarlo perché avrei voltato le spalle al legato pontificio. Avevo già dimenticato il suo nome mentre balbettavo:

    Eminenza, accomodatevi...

    Impassibile, eretto come un’enorme statua, rimaneva in mezzo alla stanza. Il suo volto ben rasato e grassoccio concedeva un bonario sorriso, ma gli occhi esploravano la mia anima, spietati:

    Padre Joso, calmati e per l’amor di Dio... accendi quel fuoco!

    Che impressione quel latino colloquiale, fluente... perfetto. Nulla a che vedere col mio, ormai rigidamente solo liturgico.

    Spostai la mia ansiosa attenzione dalle nappe del galèro, alle sue piccole mani nascoste in guanti altrettanto rossi e immacolati. L’anello cardinalizio spiccava sproporzionato: una pietra blu, avvolta nell’oro più luminoso che avessi mai visto...

    Eminenza, abbiamo solo due cose sicuramente buone quassù, l’acqua e il vino... vi prego, ditemi che cosa posso offrirvi.

    Un po’ d’acqua andrà benissimo... concesse amabilmente mentre senza tante formalità, sceglieva con cura una mela dal vassoio sulla credenza.

    Preparare la caraffa con un paio di tazze ben strofinate mi distrasse e finalmente, mi accorsi che stavo ritrovando il mio equilibrio. Ecco come aveva detto di chiamarsi! Carafa, Cardinal Oliviero Carafa.

    Riuscii a ravvivare il fuoco e ad esibire un sorriso rassicurante, mentre osavo addirittura chiedere:

    A che debbo l’onore della vostra visita?

    Accompagnato dal fruscio dei ricchi tessuti, andò a sedere sullo sgabello davanti al fuoco, fissandolo assorto mentre con garbo, masticava.

    Nella stanza calò un lungo silenzio ritmicamente interrotto da sibili, scricchiolii e vampe di fuoco scoppiettante.

    Strano che esitasse. Forse stava solo gustando il caloroso benvenuto del camino... oppure, meditava o pregava. Improvvisamente, lanciò il torsolo sulle braci e rimanendo accanto al fuoco, mi rivolse uno sguardo gelido e solenne, ormai privo del paffuto sorriso iniziale:

    Il Santo Padre è interessato al principe Draculea Vlad III...

    Solo allora capii che non avrebbe mai iniziato a parlare prima di essersi accuratamente ripulito la bocca dai residui della mia mela, asprigna e legnosa.

    Anch’io riordinai le idee e mi presi una bella pausa prima di chiedere candidamente e semplicemente:

    Perché?

    Ero stato troppo diretto, forse sfrontato... ma non mi sarebbe spiaciuto rendergli almeno un po’ del vergognoso impaccio causato dalla sua comparsa.

    Rifugiò lo sguardo nel fuoco, nostro borbottante e discreto mediatore. Poi, con ostentato distacco e una voce improvvisamente arrochita, mi disse tutto quello che poteva dirmi.

    ...in altre parole, caro padre Joso, questo controverso personaggio potrebbe godere della benedizione di Roma se, convertito, espiasse le sue immani ed innumerevoli colpe, combattendo l’empia barbarie ottomana... fino all’effusione del sangue...

    Ero tentato di fare il finto tonto. Che c’entravo io, in quella storia? Ma preferii giocare a carte scoperte. Conoscendo la rete di informatori di Roma e la sua potenza, mi parve assai meglio approfittare di quella straordinaria occasione ed affrontare il problema per quello che era.

    A costo di sembrare sibillino, mi lanciai:

    Io mi occupo di anime, non di politica...

    Sembrò apprezzare la decisione di non tergiversare e offrendomi nuovamente il rubicondo sorriso, precisò:

    Già... e noi infatti, lavoriamo perché voi altri preti possiate continuare a farlo...

    Abbozzai. Non potevo certo avere la percezione dei piani d’invasione ma conoscevo il proselitismo a fil di spada e la miseria causata dai tributi sui territori occupati dalle orde islamiche.

    Cercai di rimediare:

    Che posso fare di utile? Ma invece di attendere la risposta, d’impeto aggiunsi:

    ...sono un vecchio prete di campagna, il mio gregge è fatto di famiglie contadine, montanari e pastori che hanno un solo scopo nella vita, superare l’inverno...

    Rise. In modo raffinato e persino gradevole, ma rise. Mi sentii nuovamente a disagio... non capivo.

    Oh, padre Joso... quarantotto anni portati bene, a quanto vedo! E poi, conosco le tue omelie... sei un predicatore coi fiocchi e se ora non mi servissi qui, ti trascinerei a Roma per dirozzare un po’ di alti prelati che poco o nulla capiscono di Nostro Signore Gesù Cristo e di Santo Spirito... burocrati incalliti, pavidi cortigiani e non di rado, delinquenti pervertiti...

    Anch’io sorrisi. Difficile dominare la soddisfazione per un riconoscimento così autorevole e spontaneo. Dovevo decidermi, collaborare con quell’uomo affabile e di fine intelletto, anche a rischio di cedere alla vanità... oppure arroccarmi nell’umile crogiolo del mio esclusivo, ascetico rapporto con Dio?

    Intuii che la seconda non precludeva una mia cauta partecipazione alla prima:

    Conosco appena il Principe...

    Si, lo so... ma ogni domenica che Dio mette in terra è qui ad ascoltare padre Joso, perché?

    Mi alzai per aggiungere un ciocco di noce sulle braci sibilanti e tornato al tavolo, mi versai un bicchiere d’acqua:

    Ci siamo incontrati un paio di volte, qui in chiesa dopo la messa... è un’anima in pena, sta cercando la sua strada...

    Si è mai accostato ai Sacramenti? chiese senza tanti scrupoli:

    Non qui… troncai.

    Non vorrei essere frainteso, non son qui per carpire segreti...

    Sembrava sincero:

    Prima di puntare su quest’uomo, il Papa vuole essere sicuro che il nomignolo che si porta appresso e la sua orrenda fama di seviziatore, sia solo frutto di denigrazione, propaganda nemica ben orchestrata contro un uomo coraggioso, risoluto difensore della cristianità e possibilmente, uomo di fede... ma su questo, solo tu puoi rassicurarci.

    Volli subito precisare:

    "Il sinistro nomignolo deriva da Vlad II che era soprannominato Dracul,

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