L'uomo dalle ali di carta
By Daniele Bodini V. and It
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About this ebook
La ricerca della felicità percorre strade inattese e di fermate obbligate.
Questa è la storia di Jason, e del suo viaggio senza meta. Ciò che lo attenderà sarà un volo straordinario, grazie alle
ali di carta che solo una persona poteva donargli.
"IL LETTORE VIENE COINVOLTO IN UN ABILE GIOCO DI CONTINUI COLPI DI SCENA E SORPRESE INATTESE"
Esperto Edizione BookSprint
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Book preview
L'uomo dalle ali di carta - Daniele Bodini V.
L'uomo dalle ali di carta
Daniele Bodini V
Prefazione
Quando ero poco più che un bambino, amavo immergermi nei temi liberi che la maestra Margherita assegnava a tutta la classe ogni lunedì della settimana.
Per i miei compagni di classe era una tortura, io invece amavo il lunedì perché in quella occasione avrei avuto l'opportunità di scoprire realtà inesplorate e dipingere il foglio con i colori della fantasia.
Imbrattavo il quaderno di ciò che in seguito scoprii essere la creatività.
Regolarmente il mio tema veniva letto all'intera classe e poi iniziava il consueto percorso che mi portava nelle terze, nelle quarte e quinte classi.
Provavo imbarazzo, molto imbarazzo, le maestre a turno leggevano il mio racconto nella speranza che gli altri ne percepissero i colori, ed io dovevo accompagnarle.
Rimanevo lì a testa bassa, evitando gli sguardi dei ragazzi che neppure conoscevo, donando loro i miei pensieri più intimi, regalando parte di me.
Mi chiamo Daniele, e sono trascorsi da allora trent'anni.
Oggi, per la prima volta da quei giovani anni, scelgo di raccontare una storia a chi vuole lasciarsi imbrattare.
Daniele Bodini V.
Gli inizi
Camminavo in modo incerto a motivo dell'età.
No, non é il racconto della mia vecchiaia, ma un ricordo della mia fanciullezza.
Mi sollevarono sul tavolo del grande salotto e divenni l'attrazione per una serata. Barcollavo a causa dei miei pochi anni di vita, e malgrado questo, intrattenni i parenti con qualche goffo passo di danza. Più mi muovevo e più tutti ridevano felici. Dal tavolo vedevo il mio mondo da un'angolazione diversa, il pavimento mi appariva lontano, molto lontano, mentre le persone grandi mi sembravano bambini come me.
Potevo quasi toccare il soffitto con un dito.
Mamma e papà erano i più felici, ricordo che ridevano di gusto.
Mio padre si inginocchiò al bordo del tavolo e lo vidi come non lo avevo mai visto, mi appariva piccolo e basso e potevo vedere la sua testa con pochi capelli.
Alzò ed allargò le braccia nella mia direzione e mi disse:
Buttati, dai piccolo, buttati !
.
Osservai gli amici vicini a lui e dalla loro reazione compresi che potevo farlo, allora mi avvicinai al bordo del tavolo, ma tentennai, feci un passo indietro come se volessi delle conferme, allora lo guardai negli occhi come se gli chiedessi di trasmettermi un po' della sua forza e del suo coraggio, lui annuì con ogni espressione del viso, poi allargò ancora di più le braccia e con le dita mi fece cenno di buttarmi.
Col volto sereno presi la rincorsa e spiccai il volo, e quel giorno scoprii che non c'è nulla che meriti d'essere ricordato quanto quattro ali che si uniscono nello stesso volo.
Se la mia vita fosse proseguita proprio come iniziò, probabilmente ora non scriverei la mia storia.Oggi sono un uomo e il mio nome è Jason !
Il colloquio
Si accomodi, il direttore la riceverà tra breve
.
Con imbarazzo evidente mi dirigo verso la sedia metallica posta davanti a me.
La stanza pareva un ufficio troppo ampio e spazioso per poter contenere parte della mia vita futura.
Colori freddi, direi grigi, profumi altrettanto plastici e collosi.
Fotocopiatrice che indicava la sua presenza grazie al suono continuo e perpetuo ed alla luce che emetteva sul soffitto ogni qual volta un foglio di carta ne usciva.
La scrivania davanti a me era imponente, proprio come il resto della stanza. Pochi oggetti ordinati uno accanto all'altro. Matite colorate riposte in un portapenne di legno intagliato con raffigurato un viso di donna, penne adagiate come se fossero state utilizzate poco prima.
A lato una fila di faldoni tutti etichettati, tranne uno. Non potevo resistere, sin da piccolo ero attratto da tutto ciò che era privo di scritte o etichette e con passo rapido e felpato mi avvicino per scoprire cosa nasconde quel solitario archivio senza nome.
Lo estraggo ma non trovo altro che conti e fatture.
Infastidito lo ripongo al suo posto e torno a sedermi.
Comincio a pensare alla persona distinta che mi sarei trovato davanti e alla mia imprevedibile reazione.
Non vedo l'ora di finire questo strazio
dissi a bassa voce.
Lo sguardo fissava prima una parete e poi l'altra, ma non cercavo quadri o riconoscimenti appesi, ma finestre dove scappare con la mente.
In effetti la trovai, ed era semiaperta, e chissà se il mio istinto mi avrebbe spinto in quella direzione, ma non ne ebbi il tempo perché proprio in quel momento avvenne l'incontro.
Apparve quello che doveva essere un uomo con fare distinto e sopra le righe, occhiali al seguito, cravatta poco appariscente solo per non nascondere il suo ego... ed invece no.
Era una donna con fare deciso e sbrigativo, capelli rossi e non so dirvi altro, non ricordo quasi nulla di ciò che mi chiese e di ciò che gli risposi, semmai gli risposi.
Quello che ricordo furono le mie mani pesanti che si appoggiarono al tavolo solo per sollevarmi; la sedia con un leggero rimbalzo mi spinse in avanti, oggi direi verso l'ignoto. Ricordo, come fossi davanti al finestrino di un treno in corsa, gli innumerevoli titoli affissi al muro che mi scorrevano davanti agli occhi.
Tutto sfuggente e velocizzato dal mio passo, la mano verso la maniglia della porta, ma mi attraversa un dubbio... almeno saluta caro neoassunto a vita.
Allora faccio una rapida giravolta, dirigo il mio sguardo verso il nemico, ma non lo trovo perché la simpaticissima direttrice regala il suo sguardo ai suoi veri collaboratori, cioè ai fogli posti davanti a lei e allo schermo del suo telefono.
La ringrazio per avermi dato questa opportunità
. Ma che frase senza senso ho appena detto, dissi a me stesso.
Va beh, sono certo che la risposta non sarà da meno, e con un sorriso ironico attendo quelle parole che non saprò mai accettare, quelle sciocche