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Sotto La Luna Neon
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Ebook103 pages1 hour

Sotto La Luna Neon

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About this ebook

Zach vive da solo, ha perso il lavoro e deve pagare l’affitto. Pensa di conoscere anche la sfortuna più nera, ma, in realtà, deve ancora incontrarla.

Al liceo, Mal era un ragazzo d’oro. Poi si è lasciato coinvolgere da strane compagnie. Una volta ritornato in carreggiata, si è iscritto al college e sta cercando di costruirsi un futuro.

Non si erano mai conosciuti, ma durante una notte d’estate, arrivarono i cambiamenti. Si trovarono nei guai, intrappolati e legati insieme nell’oscurità.

La luna è alta nel cielo e Zach nota i primi cambiamenti su Mal. All’improvviso, Zach ha cose più importanti a cui pensare – è intrappolato in una cella, con un uomo che diventerà un lupo mannaro alla prossima luna piena.

LanguageItaliano
PublisherTKB Books
Release dateMar 16, 2017
ISBN9781507177211
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    Sotto La Luna Neon - Theda Black

    Cover Art

    by Sonja Triebel

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    Sotto La Luna Neon

    Theda Black

    Traduzione di Maddalena Sabbatini 

    Sotto La Luna Neon

    Autore Theda Black

    Copyright © 2017 Theda Black

    Copyright © 2017 illustrazione originale di Sonja Triebel

    Traduzione di Maddalena Sabbatini

    Progetto di copertina © 2017 Sonja Triebel

    Titolo originale dell’opera:

    Beneath the Neon Moon

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi riferimento a fatti o luoghi reali o a persone realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Tutti i diritti riservati

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    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    1. Lo Scantinato

    AVEVA SEDICI ANNI ed era solo, suo padre, sicuramente, ubriaco o svenuto da qualche parte, da qualunque parte, se poi non fosse morto.

    Erano arrivati in città circa un mese prima. Suo padre aveva affittato un vecchio garage abitabile con muri blu-grigio screpolati; erano praticamente tre piccole stanze appoggiate su un vicolo. A Zach piaceva, più che altro perché non c'erano vicini né verso su né verso giu. Sentiva di poter respirare liberamente e di immergersi totalmente nella quiete.

    Le stanze erano piccole ma ordinate, la cucina e il frigorifero vecchi e consumati ma puliti. Erano anche vuoti da quando suo padre se ne era andato tre giorni prima senza dire quando ritornasse. La lampadina bianca illuminava le pareti bianche e gli scaffali del frigorifero, e non importava quante volte lo avesse aperto, restava comunque vuoto. E le dispense, anche. Pensò di andare a bussare al proprietario e chiedergli un po' di cibo, ma decise di non farlo. Aveva troppo paura che poi iniziasse a riempirlo di domande su dove suo padre fosse, su quanto sarebbe stato fuori, su quante volte lo avrebbe lasciato solo, etc. Era già successo e non voleva che succedesse di nuovo.

    Quando lo stomaco iniziò a fargli male sul serio, fu costretto ad uscire per provare a trovare un po' di cibo o per rubare qualcosa. Scese le scale e si ritrovò nel vicolo, mentre camminava, fissava i giardini di fronte alla fila di case davanti e dietro di lui.

    Le inarrestabili precipitazioni di Giugno facevano in modo che l'erba crescesse e che le piante rampicanti, il muschio e la pervinca si attorcigliassero intorno ai tronchi d'albero. I denti di leone sembravano controllare l'erba dall'altra parte dell'asfalto. Era il giorno della raccolta dei rifiuti e la via era piena di cestini. I cani del quartiere avevano già fatto un bel giretto per rovesciarli tutti. C'erano scatole inzuppate e incollate all'asfalto, buste di plastica strappate e i loro contenuti sparsi sull'erba puzzavano di putrido. Zach cercava, ma non trovava niente da mangiare.

    La mattina dopo sul presto, suo padre tornò a casa. Il suo colorito era giallognolo e le sue mani tremavano. Teneva in mano una busta unta con dentro quattro salsicce, e Zach le mangiò così velocemente che quasi vomitò.

    Solo un altro giorno, un'altra città, un altro bar dove il padre avrebbe perso se stesso.

    Succedeva da quando la madre li aveva lasciati.

    Si ricordò di quanto gli facesse male lo stomaco al tempo, era sempre vuoto. Era sempre affamato da bambino, e ora succedeva di nuovo.

    Non se lo voleva ricordare. Ma quella volta, almeno, sapeva benissimo dove si trovava. Ora non poteva dire la stessa cosa.

    Zach aprì gli occhi, battendoli, e vide una flebile luce gialla allungarsi nell'oscurità. Era disteso sul fianco. Si girò sulla schiena. Per un momento, gli sembrò che la stanza girasse insieme a lui. Il capogiro passò in fretta, eppure continuava a sentire i morsi della fame. Si mise un braccio intorno allo stomaco e fece pressione, ma questo non lo aiutò.

    Alzò gli occhi verso la luce. Veniva da una serie di finestre sulla parte alta del muro opposto. Le sue dita grattavano una superficie fredda, e raccoglievano lo sporco su di essa. Forse... uno scantinato. Sì, doveva essere proprio in uno scantinato.

    Qualcuno mi ha chiuso e abbandonato qui dentro.

    Il suo cuore batteva velocemente, ma lui cercava di restare tranquillo. Aveva solo bisogno di pensare, e cercare di ricordare dove fosse stato l'ultima volta. Chiuse gli occhi di nuovo e lasciò vagare la mente, cercando di non sentire il dolore allo stomaco, il quale faceva di tutto per non essere ignorato, brontolando ed emettendo suoni di protesta.

    Anche la sua testa era dolorante, e lui completamente indolenzito. Non era la prima volta che si svegliava non sapendo dove si trovasse, e di certo non ne andava fiero. Aveva solo fatto festa da quando aveva perso il lavoro.

    Si ricordò che alcuni dei suoi compagni di costruzione lo avevano portato a bere qualcosa la sera prima, ma più cercava di ricordare altro e più i dettagli sfuggivano. Non c'erano. O perlomeno non ancora.

    L'ultima volta che aveva mangiato. Doveva concentrarsi su quello.

    Il troppo pensare gli fece venire in mente un ristorante fast food con arcate gialle e cibo insipido. Ma almeno riempiva. Mangiare cose che lo riempivano e lo facevano sentire pieno per un po' era importante da quando aveva perso il lavoro nel campo della costruzione.

    Non era stato licenziato. Era un buon lavoratore, sempre puntuale, fortemente motivato, ma quell'estate i turisti avevano deciso di risparmiare e di rimanere a casa.

    I turisti erano la parte più importante di tutto il suo lavoro in montagna, con chalet, capanne e un resort costruito appositamente negli ultimi anni.

    Tuttavia, il momentum non durò.

    L'economia rallentava e il business s'interruppe bruscamente, fino al punto che il personale fu ridotto. Zach aveva provato a cercare un altro lavoro, ma aveva trovato solo persone che si scavalcavano l'una con l'altra, zero possibilità di carriera e, ovviamente, niente stipendio.

    Così passava tutti i giorni lungo sul pavimento con una bottiglia in mano, cercando di sciacquare via la paura che cresceva in lui.

    E ora si trovava Dio solo sa dove, seduto in un buco nero e cercando di capire come ci fosse arrivato.

    Sentì un rumore, simile a un respiro affannoso o al fruscio di vestiti, e poi un movimento proprio di fianco a lui. Il cuore di Zach iniziò a battere forte. Si arrampicò sulle pareti intorno a lui, cercando di fuggire. Una catena sferragliò e la sua caviglia venne strattonata, facendogli perdere l'equilibrio. Cadde sulle ginocchia.

    Qualcuno respirò profondamente.

    Fermo, disse qualcuno debolmente, poi un gemito, talmente soffocato da poter essere sovrastato con un filo di voce.

    Ma che cazzo…? Gridò Zach, alzandosi in piedi.

    Smettila di tirare quella cazzo di catena! Questa volta la voce sembrava più rauca, come se chi parlasse avesse un nodo in gola.

    Perché diavolo dovrei smettere? Il panico fece tirare a Zach la catena, più forte questa volta.

    O Dio, fermati. Il dolore in quella voce fece partire un lungo brivido sulla schiena di Zach, che

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