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Il sogno che non ritorna
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Il sogno che non ritorna

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Il sogno che non ritorna è il racconto di una vita che si spezza, che si interrompe improvvisamente. È la storia di un piccolo mondo chiamato famiglia, che si frantuma in minuscoli frammenti di disperazione da quando il suo più piccolo e delicato elemento viene strappato via. Benito Donato perde la sua giovanissima figlia nella strenua battaglia contro un male incurabile, il "mostro" che divora impietoso le creature di questo mondo imperfetto e difettoso, incompleto nel lasciare che il suo più bel fiore appassisca avvizzito dal dolore, che i padri seppelliscano i propri figli come in tempo di guerra. È l'amore pertanto che, come d'incanto, fa rivivere una figlia nel ricordo; persino nelle svariate iniziative in cui Benito, artista eclettico e talentuoso, donerà tutta la propria opera creativa, è l'amore che fa da filo conduttore tra l'immortalità della memoria e il senso civico della solidarietà. Nelle righe di dolore di questo libro struggente e delicato, colpisce infine la testimonianza di fede di una famiglia devota che, rimanendo sempre all'interno di questa comunione spirituale, non può però esimersi dal levare un grido di dolore che chiamerà come testimone lo stesso Dio.
LanguageItaliano
PublisherBenito Donato
Release dateFeb 13, 2017
ISBN9788826022109
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    Il sogno che non ritorna - Benito Donato

    Benito Donato

    Il sogno che non ritorna

    Revisione testi ed editing a cura di Pasquale Allegro

    Edizioni: Gigliotti Editore

    Via XX settembre 93, 88046 Lamezia Terme

    Tel. 0968.21784 - 1905553 - Fax 0968.1904868

    Disponibile nel formato libro:

    Stampa: Grafiche Gigliotti srl – Gennaio 2017

    info@grafichegigliotti.eu

    ISBN 978-88-86273-58-9 (relativo al libro stampato)

    © Copyright 2017

    Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, dei testi.

    Considero il contenuto di questo libro

    il mio testamento spirituale.

    Esso è dedicato ai miei cari e a tutti coloro

    che sono vittime di questo male.

    Possa, questo mio scritto,

    dar loro un po’ di conforto.

    Premessa

    Sono trascorsi dieci anni ormai dal primo libretto stampato in tipografia, periodo nel quale abbiamo vissuto tra alti e bassi nella consapevolezza di vivere solo di ricordi pensando alla nostra amata figlia che non è più con noi.

    In questa edizione editoriale, in occasione del decimo anniversario della sua scomparsa, ho voluto colmare alcune lacune e riportare inoltre testimonianze di vicinanza dopo la sua morte.

    Tuttavia non è stato per niente facile esprimere, ancora una volta sotto forma di scrittura, l’esigenza che avevo di raccontare la tragica esperienza della morte di mia figlia Donatella, ma tanto era intenso il desiderio di imprimere al dolore un’ineludibile valenza di ricordo, che alla fine tutti i miei dubbi e le mie incertezze dovettero farsene una ragione.

    Certo volevo rivedere e raccontare il mio vissuto, ma non sapevo in che modo determinare lo svolgimento in maniera chiara e comprensibile. Del resto era più che naturale che avessi incontrato delle difficoltà, visto la mia totale estraneità al mondo della scrittura. Ho provato dunque quello che gli scrittori chiamano l’incubo della pagina bianca. Poco male, in fondo il modo di esprimermi che mi è più congeniale è quello legato al linguaggio pittorico, alla comunicazione attraverso i colori.

    Rimane a questo punto l’occasione per ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine con affetto e premure in questi lunghi anni di dolore, di smarrimento e di tristezza dopo la scomparsa di nostra figlia. Ringraziare le tante persone che hanno sognato Donatella, le quali, con tanta sollecitudine, sono venute poi a casa a raccontarcelo. Felicissimi per le tante persone che hanno trovato conforto nel leggere il primo libretto, trovandosi in situazioni simili alle nostre. Vicinissimi a chi si è impegnato a divulgare e distribuire quel libretto di poche pagine. A chi ha voluto bene a Donatella. A chi la ricorda con amore e tenerezza; a chi, pur non avendola mai conosciuta, le porta ancora oggi una rosa quando fa visita ai suoi cari.

    In questa edizione, troverete tanti momenti per riflettere. Sarete ancora vicini e coinvolti dai miei sentimenti genuini che vi trascineranno fuori dalla quotidianità. Troverete voi stessi e osserverete un punto di vista finora sconosciuto o trascurato.

    Grazie a tutti voi dal profondo del cuore.

    Benito Donato

    Prefazione

    C’è una bellissima frase di Fernando Pessoa che recita così: L’unica prefazione di un libro è la mente di chi lo legge. E quanto sia importante il cuore non ne fa menzione, ma è comunque assodato quanto un testo possa rappresentare un coinvolgente mezzo di trasporto emotivo.

    Perché ogni umore e sapore, ogni calore e pallore, le sensazioni tutte si fanno esplicite dichiarazioni di affetto e di solidarietà; divengono parte di noi, ci conquistano, perché fondamentalmente esse ci appartengono. Chi legge, dunque, entra in una storia e se ne rende partecipe fino in fondo, addossando su di sé la responsabilità di lasciarsi catturare dalle sensazioni di chi scrive, di appartenergli nella gioia e nel dolore, come in un’unione consacrata.

    Il sogno che non ritorna è il racconto di una vita di una creatura che si spezza, una vita che si interrompe improvvisamente e che chiunque può raccontare, perché chiunque può sperimentare.

    È la storia di un piccolo mondo chiamato famiglia, che si frantuma in minuscoli frammenti di disperazione da quando il suo più piccolo e delicato elemento viene strappato via.

    Benito Donato perde la sua giovanissima figlia nella strenua battaglia contro un male incurabile, il mostro che divora impietoso le creature di questo mondo imperfetto e difettoso, incompleto nel lasciare che il suo più bel fiore appassisca avvizzito dal dolore, che i padri seppelliscano i propri figli come fossimo in tempo di guerra.

    C’era stato, certo, anche un bellissimo momento in cui Benito e sua moglie Teresa avevano corrisposto alla bellezza e alla felicità, uno sprazzo di esistenza in cui avevano collaborato alla serena constatazione della realtà di tutti i giorni, quel momento in cui semplicemente passeggiando per le vie della città si accompagnavano al sorriso sempre gioviale di Donatella, incuranti di quanto un destino crudele stesse sogghignando beffardamente.

    E c’era tutta una valigia piena di attese e di sogni, da costruire e da creare, in una parola: da vivere. E c’erano gli anni più belli, gli amici, gli amori, i mille sapori, possibilità, certezze, desideri tutti. E ancora le stagioni, cadono le foglie e scende la neve. Si prende tutto, perché si è ancora e comunque per i sentieri della vita.

    E adesso non rimane che l’impossibilità di pensare a quanto sia ingiusto scomparire a soli ventidue anni, persino di fronte alla più atroce e insopportabile sofferenza. E quanto questo pensiero fosse inconcepibile in natura lo compresero con dignità i coniugi Donato, affrontando il faticoso calvario della malattia di Donatella, con la pazienza dei migliori e la fede dei santi, perché un singulto di speranza sgorgava ancora in un impeto d’amore.

    È l’amore pertanto che, come d’incanto, fa rivivere una figlia nel ricordo; persino nelle svariate iniziative in cui Benito, artista eclettico e talentuoso, donerà tutta la propria opera creativa, è l’amore che fa da filo conduttore tra l’immortalità della memoria e il senso civico della solidarietà.

    Questo non è, dunque, soltanto un racconto che si sviluppa intorno a una storia vera e drammatica che ancora non ha finito di raccogliere tutti i cocci di un’esperienza di vita frantumata. È soprattutto la traduzione, un grido di speranza, eco disumana di un dolore che viene da tanto lontano, da un viaggio attraverso i secoli, da quando il primo tra i padri ha pianto la morte del proprio figlio offerto in un sacrificio di rinnovamento, che è nuova vita, che è ancora amore per gli altri. È il messaggio, un insegnamento d’amore e di saggezza che l’autore immagina di aver ricevuto in un sogno tanto reale da sembrare vero, che potrà donare, a chi vorrà ascoltarlo, un gesto definitivo di fede nella terra, nel cielo e ancora oltre, un segnale che potrà essere di buon auspicio per la costruzione di una nuova era.

    E nell’attesa di un mondo così diverso, così lontano dalla sofferenza di quello in cui Dio ci ha condannato a sopravvivere, si distingue lo spirito eletto di chi ha percepito l’annuncio.

    Preghiera e redenzione, questi i sigilli impressi sul giusto metodo da adottare per riprendere il cammino verso la salvezza; come la preghiera e la sofferenza hanno fatto parte, per Benito Donato, di un privilegiato passe-partout – privilegio di cui ovviamente avrebbe fatto volentieri a meno – che gli ha permesso di intraprendere un viaggio onirico, intenso ed essenziale, nel senso di essenza, diretto al cuore dell’essere.

    Il sogno che non ritorna raccoglie tutto questo: sofferenza e gioia, amore e coscienza, pietà e sospensione dei sensi. Ciò che in questo libro, struggente e delicato, colpisce più di ogni altra cosa, è capire quanto queste righe di dolore costituiscano la testimonianza di fede di una famiglia devota che, rimanendo sempre all’interno di questa comunione spirituale, non può però esimersi dal levare un grido di dolore che chiamerà come testimone lo stesso Dio. Il buon Padre Celeste che in tempo di misericordia aveva dato nelle loro mani protese – Donatella, dono di Dio – quella meravigliosa bambina con gli occhiali, avrebbe poi impietosamente rivolto il suo sguardo altrove.

    Ma se è la fede che può permettere ancora a Benito e Teresa di credere, un giorno, nella possibilità di una vita accanto a Donatella, è l’amore che li porta a immaginare che il sogno, sì, a volte ritorna.

    Pasquale Allegro

    (scrittore e consulente editoriale)

    Nota dell’autore

    "Che ne sarà di noi,

    se alla fine dei nostri giorni

    non abbiamo saputo cogliere

    le opportunità di amare gli altri".

    La prima parte di questo racconto si contraddistingue per il suo molteplice contenuto di esperienze vere, vissute in prima persona.

    La seconda parte prosegue narrando una realtà fantastica frutto di un sogno fatto come se, per un desiderio di compensazione, avessi voluto colmare il vuoto lasciato dalla perdita di mia figlia con la scoperta di un mondo irreale.

    Un sogno talmente chiaro e vivificante che supera la nostra quotidiana immaginazione.

    Parte prima

    Esperienza vissuta

    1

    "Non è né la carne, né il sangue,

    ma il cuore, che ci rende padri e figli".

    (J. Schiller)

    Quella mattina del 20 novembre del 2006, il tempo sembrava identico a quello dei giorni già trascorsi. Da qualche settimana la temperatura era instabile a causa delle vaste perturbazioni che provenivano dall’oceano Atlantico.

    Nel cielo nuvole grigie e minacciose si spostavano con rapidità da ovest verso sudest, provocando piogge sparse su quasi tutta la penisola. A casa, i ragazzi delle scuole elementari, dopo aver fatto colazione si preparavano per andare a scuola, accompagnati dai loro genitori. Il telegiornale della mattina aveva annunciato un disastro in India: una bomba era esplosa su un treno vicino alla stazione di Belacoba. Tra le macerie si cercavano morti e feriti. In Europa, il traffico nelle città diventava sempre più caotico e ormai continuava a peggiorare di giorno in giorno. Le autorità regionali e quelle comunali cercavano di trovare soluzioni strategiche, come quelle di costruire metropolitane, cavalcavia, sopraelevate, ma tutto sembrava inutile. Le città diventavano metropoli sempre più grandi e, come piovre, allungavano i loro tentacoli stritolando e divorando ettari di campagne intorno.

    Dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York, avvenuto l’11 settembre 2001, il mondo intero aveva subito una ferita mortale, causando e alimentando nell’animo umano insicurezza e sgomento. Si conobbe, allora, il terrorismo in tutta la sua malefica espressione e si

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