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Parole Plastiche
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Ebook117 pages1 hour

Parole Plastiche

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Sono storie, racconti, momenti. Sono parole plastiche, perché con le parole si creano immagini, forme, pensieri.
LanguageItaliano
PublisherAna T
Release dateJan 27, 2017
ISBN9788826007465
Parole Plastiche

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    Parole Plastiche - Ana T

    racconto

    In amore vince chi fugge (a volte)

    racconto

    Si puo' sentire la mancanza di qualcuno che non si conosce veramente?

    E se ti dicessi che mi manchi nelle piccole cose? La sera prima di addormentarmi, la mattina al risveglio, mentre prendo un caffé o mentre leggo un po'. Non ti parlo di tramonti, di passeggiate in luoghi lontani,né di stelle, né di lune, né di spiagge o di cime nevose. Ti parlo di oggi. Ti parlo di ieri. Ti parlo di questo momento preciso.

    Cosa mi risponderesti? Che probabilmente si puo'.

    Oggi sono uscita a fare una passeggiata, a respirare un po' l'aria di queste strade cariche di un sentimento bohemiene, strade che parlano degli inizi di un secolo che a tutti sembra cosi' lontano, ma che é il nostro. La cosa strana é che la gente mi sorride, mi parla. E' come se sentisse il senso di precarietà che porto con me, come se indovinasse nella mia camminata, nel modo perso in cui poso lo sguardo sui palazzi, le strade, le vetrine dei negozi, che qualcosa sta per finire.

    Che io sto per finire. Che non saro' qui per sempre.

    A volte mi chiedo se non sentiamo l'odore della morte in qualcuno che amiamo prima che questa arrivi. Mi ricordo l'ultima volta che ho visto mio nonno vivo. O forse non era proprio l'ultima, ma la mia mente ha fotografato quell'istante preciso. Ero nella piazza orgoglio di tutti i miei paesani acquisiti, era sera, aveva piovuto, eppure era già inizio estate. Lui era seduto su una panchina:solo. Vestito col suo completo grigio, il suo gilet, le bretelle sopra la camicia bianca, la giacca perfettamente stirata, la cravatta dal nodo preciso. A quel tempo avevo preso l'abitudine di andarlo a baciare quando lo vedevo. E cosi feci, dissi arrivo subito all'amica che era con me, ed andai a baciarlo. Lui sorrise e fece il gesto solito di portarsi la mano al portafogli, un'abitudine rassicurante, ricordare ai propri nipoti che con cinquemilalire sono sempre in grado di ringraziarci del nostro affetto. O forse é solo una voglia di sentirsi utili. Di determinare una gratitudine in noi. Per anni non ho piu' speso quelle cinquemilalire. Era tutto quello che mi restava di lui.

    Io quella sera ho sentito l'odore, ma non l'ho riconosciuto. Non sapevo ancora granché della morte. Della perdita. Cosi andai via, ma non potei evitarmi di voltarmi, qualcosa mi straziava il cuore, forse era vederlo seduto li, stranamente solo, con quegli occhi acquosi persi nel vuoto; ricordo che avrei voluto tornare indietro, sedermi con lui su quella panchina, fargli un po' di compagnia come lui aveva fatto con me bambina; ma non lo feci, continuai la passeggiata. Quando penso a lui me lo rivedo tornare a casa da mia nonna col suo cappello di peltro ancora sulla testa, il cappotto lungo, con il cartoccio di mostacciuli che aveva vinto al circolo durante la partita di biliardo. O mentre la mattina mi tagliava il pane in cubetti precisissimi per accompagnare la mia zuppa di latte: quella che mi faceva lui era dolce e buonissima.Ho smesso di bere il latte da piu' di vent'anni, i mostacciuli non li mangio piu' perché in realtà non mi sono mai veramente piaciuti, ma era solo per farlo contento; niente di questo mi manca, solo il tempo. Solo il ricordo fumoso. Lo rivorrei su quella panchina per stargli accanto nel suo momento di malinconia. Nel suo addio. Per dirgli che mi sarebbe mancato, e non solo in quel momento, ma anche vent'anni dopo. Chiudo gli occhi e rivedo la nebbia di quella serata. Una strana foschia. La memoria deve aver gravato di simboli questa ultima immagine, ma é poco probabile fosse vera, perché mio nonno é morto qualche giorno dopo, ed era il 27 giugno. Eppure nei miei ricordi é cosi.

    Resta solo il rimpianto di parole mancate, adesso come allora , non gli ho mai detto che gli volevo bene. Non sono stata capace di capire che era arrivato il momento, che un bacio e un abbraccio non bastavano. Che a volte le parole sono importanti, e che non bisogna vergognarsi del loro suono. Eppure lo amavo enormemente mio nonno; é stato il primo uomo che abbia amato in qualche modo. A volte mi chiedo se in realtà non sia stato l'ultimo, se la mia capacità di amare non sia stata chiusa con lui in una tomba fredda.

    Loro , la gente che incontro, questi sconosciuti, sono più bravi. Mi cercano, mi parlano. Approfittano del fatto che non c'é più tempo; chissà quale odore sentono quando mi incontrano.

    Chissà se a loro manchero'. Chissà se a queste strade manchero'. La vita é una lunga ossessione di eternità. Si vive cercando di fare qualcosa che resti, e quando ci si accorge che il nostro destino é un umile passaggio su terra, cerchiamo di restare impressi, gravati nella memoria di qualcuno. Gioiamo con sadismo del vuoto che lasceremo, che sarà l'unica traccia del fatto che ci siamo stati.

    E tu? Sentirai la mia mancanza? O saro' un ricordo lontano, che ti affiorerà per caso, in un gesto, magari chiudendo la macchinetta del caffé la sera, o affacciandoti al balcone e vedendo il sole con una luce giovane.

    Mancare vuol dire essere stati amati. Ma é anche il piu' grande paradosso, perché non lo sapremo mai, che una mancanza presuppone una scomparsa. Un addio. Un arrivederci mai mantenuto. Un silenzio.

    Sono tornata a casa da poche ore, sento l'odore delle sigarette fumate, del traffico nelle strade, della gente incontrata. Ma non mi ricordo già più il tuo. Ed allora penso solo che non me lo ricordo perché non lo conosco veramente. E' stato troppo corto il respiro, troppo distratta la memoria. Guardo fuori la finestra. In strada c'é un mare giallo. Le foglie d'autunno galleggiano sull'asfalto della mia strada. Dei bambini giocano a rincorrersi, hanno già i piumini e i guanti. A uno di loro cade il cappello. Lo raccoglie, ma una foglia gli é rimasta attaccata, lui non se ne accorge. Gli altri ragazzini ridono, ma non gli dicono niente. Chissà se resterà il ricordo di questa foglia, di questo giorno, in qualcuno di loro.

    Vorrei chiamarti, ma é troppo presto. Starai ancora lavorando. Allora continuo a guardare fuori. I ragazzini sono ancora là, glissano sulle foglie, cadono, si rialzano. Ridono, ed io con loro. Vorrei uscire e giocare con loro. Dimenticare il peso dei miei anni, le rughe delle mie mani, le amarezze, i tempi sbagliati, e questo sentimento di precarietà. Vorrei correre con loro senza pensare a domani, nell'ilarità del momento presente. Il telefono squilla.Sei tu, continuo a guardare la tua fotografia che si affaccia sullo schermo. Il telefono continua a vibrare. E' solo un oggetto, non puo' sapere che tu non lo fai più da tempo. Tu hai smesso di cercarmi. Il telefono segna una chiamata senza risposta. E' tutto quello che resta della mia mancanza. Ti richiamero' tra poco.

    Perché infondo mi manchi già, eppure sei ancora là.

    Strano, non riesco a ricordarmi del tuo odore. Se mi ricordassi saprei. Prendo il

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