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Mi.Ma
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Mi.Ma

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About this ebook

Maurizio non stava vivendo la vita che sentiva di meritarsi; era solo un semplice barista in uno dei locali più noti di Milano Marittima. La frustrazione quotidiana nel guardarsi allo specchio lo porta ad indebitarsi con un pericoloso spacciatore locale, che si metterà presto sulle sue tracce. Durante il picco della settimana di Ferragosto, nella cornice estiva di Milano Marittima e con l'aiuto dei suoi amici; tra notti folli, droghe, alcool, esperienze sessuali ambigue e feste infinite, Maurizio cercherà di dare una svolta alla sua esistenza, e di salvarsi dai trafficanti locali pronti a fargli pagare i suoi debiti.
LanguageItaliano
Release dateJan 9, 2017
ISBN9788822887795
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    Mi.Ma - Matteo Valentini

    MI.MA

    MATTEO VALENTINI

    INTRODUZIONE

    Ho sempre voluto realizzare i miei sogni, vivere la vita perfetta dove i soldi e le donne piovevano dal cielo; ho sempre voluto diventare qualcuno, e magari vedere un giorno qualche via o qualche scuola intitolata a me; ho sempre voluto aprire quelle porte che alle persone normali sono chiuse. Ma purtroppo, il mio destino non è andato in quella direzione; purtroppo mi sono dovuto accontentare anche io di una vita infelice comandato a bacchetta da qualcuno, ogni giorno della mia vita.

    Ero così vicino a raggiungere i miei obiettivi, mi mancava veramente un pelo per diventare il grande artista che volevo essere. Proprio così, l’arte era ciò che più mi interessava; era la mia rampa di lancio per entrare in una cerchia ristretta dove il mio nome sarebbe stato ricordato per sempre. Ma purtroppo, dopo quel rifiuto, dovetti mettere tutto da parte, e lasciarmi inglobare dalla vita di tutti i giorni.

    Ma poi ho scoperto che si può tentare di essere qualcuno anche se non si è nessuno, si può cercare di rendere memorabile quel poco che si ha rimanendo comunque nell’anonimato. Bastava solamente andare a vivere in un posto diverso, in un posto dove la festa continuava tutti i giorni, dove non c’era il ritorno alla vita normale alla mattina, dove la notte continuava all’infinito. E quel posto aveva solo un nome: Riviera Romagnola.

    Nel nostro piccolo paese la Riviera Romagnola non è altro che la risposta a Ibiza, Mykonos, o qualunque altra località di mare famosa nel mondo. Grazie al boom delle discoteche negli anni ‘80 la Riviera è diventata improvvisamente il luogo di vacanza più ambito dagli italiani, il luogo dove si andava in estate per cambiare faccia, cambiare abitudini, cambiare vita.

    Feste interminabili, ragazze belle come opere d’arte, caldo asfissiante e lunghissime spiagge occupate da milioni di turisti ogni anno; e poi ristoranti, locali, hotel di lusso, scopate in spiaggia, Vip, soldi che circolavano da tutte le parti. Tutto questo agglomerato non era altro che la via di fuga dal mio fallimento, il mio scappare in un posto dove potevo comunque essere importante, dove potevo comunque avere la possibilità di farmi un nome, e fare in modo che la mia gioventù non finisse mai.

    Per anni andò tutto liscio: ogni giorno era memorabile, ogni notte veniva scritta nella storia; e quella mia voglia repressa di diventare un’artista, di esprimere la vita con le mie opere, venne chiusa in un cassetto, e abbandonata in mezzo alla polvere.

    Pensavo finalmente di avere trovato la mia strada, di essere finalmente libero dalle mie ossessioni ed essere finalmente in pace.

    La pensavo così fino a poco fa, fino a quella maledetta settimana di Ferragosto. La settimana dove incontrai una persona; una persona che cambiò la mia vita per sempre...

    Sabato, 12 Agosto.

    1

    -Passami quella canna del cazzo! -Esclamò Gianfra mentre ancora stavo giusto dando il terzo tiro.

    Quel ragazzo grassoccio un po’ gobbo se ne stava lì tranquillo, steso sul letto di fronte a me, senza neanche muovere un muscolo per venire a prendersela. Odiavo quando faceva così.

    -Muovi il culo e vieni a prendertela che io sono già troppo fatto per muovermi!- Risposi in maniera alquanto confusa.

    Quella roba che stavo fumando era veramente potente, dopo tre tiri avevo già praticamente perso la sensibilità al braccio sinistro. Non riuscivo neanche ad avvicinare le mie scarne dita sulla faccia per grattarmi quella folta barba rossa presente. Proprio a causa di questa tipica barba da persona d’oltre manica mi chiamavano l’Irlandese. Sarebbe anche stato azzeccato, nonostante che a parte il colore dei capelli, d’irlandese non avevo proprio niente. Io un cazzo d’irlandese non l’avevo mai incontrato di persona. Me lo immaginavo anzi basso e bello ciccione, mentre io invece pesavo poco più di cinquanta chili.

    -Irlandese dai alzati un attimo e portamela che sono già steso in relax e non ce la faccio proprio a venire!- Rispose Gianfra dal suo letto, un matrimoniale alquanto sporco e sudicio posto giusto un paio di metri davanti a me. Il letto andava completare la nostra piccola quanto inospitale stanza, dove il disordine regnava sovrano, tra vestiti malamente buttati a terra e cartacce varie sparse qua e là.

    -Non ce la faccio, te lo striscio!- Replicai poggiando il posacenere con la canna sul pavimento; non prima però di aver dato un ultimo tiro bello potente, giusto per sentire un’ultima volta quel sapore di basilico entrare nella mia bocca, e aprire la mia mente al massimo.

    Posai con cura il posacenere sul pavimento, e poi con una precisione degna del miglior giocatore di bocce lo spinsi verso il letto di Gianfra, facendolo accostare perfettamente accanto alla gamba del suo letto.

    -Tieni bamboccio!- Esclamai ributtando la mia testa sul cuscino.

    -Era anche ora, pensavo te la fossi personalizzata!- Rispose raccogliendo il posacenere lasciando intravedere un enorme alone di sudore dipinto sul cuscino. Accidenti quanto cazzo stava sudando quel panzerotto, potevo chiaramente vedere le gocce scendere dalla sua testa quasi calva, attraversare la barba folta e andarsi a schiantare contro al suolo. Ero già talmente fatto che potevo sentire in lontananza l’eco che tali goccioline emanavano ad ogni tocco di esse sul pavimento.

    Tuttavia la cosa non mi stupiva per niente, era il 12 di agosto, alle quattro del mattino, e casa nostra si trovava giusto a pochi passi dalla pineta di Milano Marittima; l’umidità aveva già ormai preso il sopravvento. Lasciai perdere quel cazzone di Gianfra per un attimo, volgendo lo sguardo verso il computer acceso accanto al mio letto: stavo guardando l’ultima puntata della mia serie TV preferita, mancavano solo gli ultimi otto minuti di tutta la stagione. Ma neanche il tempo di premere play che la porta si aprì, e la forte luce del corridoio inondò la stanza.

    -Oh vecchi, cazzo fumate senza di me?- Gridò con tono perentorio una figura oscura sulla soglia della porta. Fece un passo avanti lasciando trasparire il suo volto; era quel rompipalle di Jay. Se ne stava lì, fermo immobile a guardarmi, aspettando una risposta da me o da quell’altro panzone di Gianfra, ma nessuno di noi due aveva la minima intenzione di rispondere.

    Io lo guardavo e lui mi guardava, ammiccando leggermente e aspettando una risposta. Ma niente, non mi uscivano parole di bocca: in quel momento ero incazzato come una iena, stavo giusto per cliccare il tasto play per godermi da strafatto quegli ultimi otto fottutissimi minuti, quand’ecco che quel coglione entrò nella stanza rovinando i miei piani. Conoscendolo sapevo benissimo che si sarebbe seduto lì con noi e ci avrebbe attaccato una pezza di due ore, parlandoci di tutti i suoi soliti problemi della vita: i pochi soldi guadagnati al lavoro, i genitori che gli rompevano le palle perché strisciava la carta ogni notte... Sapevo benissimo che mi avrebbe annoiato talmente tanto che avrei dovuto rinunciare al finale di puntata, e mi sarei addormentato tra le sue inutili quanto soporifere lamentele.

    -Allora vi hanno mangiato la lingua bambocci? Passatemi sta canna visto che l’ho pagata anche io!- Accese la luce, facendomi per un attimo perdere la vista: mi ero ormai talmente abituato all’oscurità, che tale illuminazione era più dolorosa dello spray al peperoncino.

    -Spegni quella cazzo di luce mongoloide!- Risposi con tono perentorio e infastidito.

    Jay, senza neanche rispondermi, si avventò subito sul letto di Gianfra sradicandogli dalle labbra la canna, arrivata ormai circa a metà.

    -Oh coglione stai calmo, si chiede prima!- Urlò Gianfra tossicchiando leggermente a causa del fumo andatogli di traverso.

    -Si chiede un cazzo, se non venivo a controllare ve la fumavate senza di me, pezzenti!- Concluse Jay dall’alto del suo metro e novanta, tirando con potenza quella canna infinita, e ribaltando quei suoi occhi azzurri all’indietro.

    Si sedette accanto a Gianfra sul letto, e dopo appena due tiri cominciò subito a rompere le palle come suo solito per tutti i problemi della sua vita: -La Giada ieri si è fatta scopare e oggi non mi ha ancora risposto a nessun messaggio.

    -E a me cazzo me ne frega? Tanto si sapeva che quella va con tutti.- Rispose Gianfra massaggiandosi le guance, ancora completamente intontito da quell’aroma orientale.

    -No, no, o viene solo con me o la ammazzo quella stronza! È tutta estate che ci provo!

    -Ma ammazzati te faccia di merda, e spegni sta cazzo di luce che devo guardare il computer.- Replicai intromettendomi nella loro conversazione.

    Quel bamboccio se ne stava lì a rompere le palle come al solito, mentre io volevo solo rilassarmi un attimo dopo quasi dieci ore di lavoro, tra l’altro nella settimana più lunga e incasinata dell’estate.

    Mentre lo fissavo, vedevo il suo volto diverso dal solito: mi sembrava avesse la pelle più liscia, molto meno rugosa e affaticata rispetto a sempre. Mi veniva quasi voglia di andarlo ad accarezzare; quel fumo marocchino che ci aveva dato quell’algerino di Karim era davvero potente.

    -Vaffanculo idiota, sono sempre io che vengo tagliato fuori dalla pausa fumo però!- Replicò Jay ormai su di giri.

    -Coglione ricordati sempre chi è che va a parlare con Karim, che se fosse per te non metteresti piede fuori di casa dal gran che sei sfaticato.- Tagliai corto mettendolo fuori gioco.

    Era tutto merito mio e dei miei soldi anticipati se eravamo sempre riforniti di fumo ed erba in quella casa: ero io che mi lanciavo sempre all’attacco quando vedevo Karim o uno dei suoi sottoposti algerini di Cervia. Ogni sera dopo il lavoro andava a parlare con quei quattro-cinque nordafricani alti e dalla faccia alquanto pericolosa, ma senza tanti indugi riuscivo sempre a farmi dare un’ottima dose a basso prezzo. Probabilmente ce la facevo perché durante il lavoro al bar offrivo praticamente tutto a Karim, ingraziandomelo per poi avere appunto la roba a basso prezzo.

    Purtroppo però ultimamente avevo esagerato, indebitandomi di oltre 2000 euro con lui; ed ero sicuro che prima o poi sarebbe andata molto male se non avessi saldato il mio debito.

    -Beh quindi allora cosa pensi di fare?- Intervenne Gianfra ormai in fase di assopimento.

    -Non lo so, per ora provo solo a tenerla d’occhio di nascosto, ma se vedo che va con qualcun altro la ammazzo!

    -Per me puoi fare quello che vuoi, ma ricordati che suo padre è uno sbirro, non vorrei venirti a trovare in galera dopo...- Sentenziò Gianfra facendo per un attimo tossire Jay a causa del fumo.

    -Se per caso il pisello di qualcun altro arriva a contatto con lei, stai pur sicuro che in galera ci vado molto volentieri!- Concluse il mio amico spegnendo finalmente la canna nel posacenere.

    Con calma si alzò, si guardò intorno, e passandosi la mano sui lunghi capelli biondi se ne andò senza neanche salutare.

    -La luce porca puttana!- Urlai mentre stava già uscendo dalla porta senza adempiere al suo compito più importante.

    -Va bene, va bene, ecco!- Disse spegnendola e tirandosi la porta dietro.

    Finalmente il buio e il silenzio calarono in quella stanza. Potei finalmente buttare la testa sul cuscino e cominciare a godermi le leggere visioni che quella sostanza paradisiaca mi aveva lasciato in giro per il cervello.

    Me ne stavo lì con gli occhi chiusi mentre nella mia testa potevo ancora vedere la forma della luce del lampadario cambiare di tonalità: una macchia informe passare da un rosso acceso, al blu, al viola, e infine quasi al verde. La vedevo correre da destra a sinistra nella mia testa, come fosse un corridore in fase di allenamento; facendomi quasi dimenticare che il mio computer era ancora acceso, pronto a proiettare gli ultimi minuti del mio godimento superficiale e conformista a me più caro.

    Strabuzzai gli occhi, e andai subito a raggiungere con la mia mano destra il mouse; un movimento, un click, ed ecco che l’episodio era finalmente partito.

    Guardai intensamente i minuti finali, ma la canna mi aveva forse stordito troppo. A fatica riuscii ad arrivare alla fine, constatando tristemente che il finale non era come me lo aspettassi.

    Cazzo che delusione; una stagione intera per finire poi con questa cagata banale e scontata, ero troppo incazzato.

    Nello stesso momento sentii una leggera sensazione di eccitamento pervadermi il corpo, era già un paio di giorni che non mi toccavo l’uccello: dovevo farmi una sega.

    Accesi la torcia nel mio IPhone e la puntai verso Gianfra per accertarmi che stesse dormendo, sembrava tranquillo, anzi a tratti russava. Era il momento perfetto per concludere quel piacere con me stesso.

    Spensi la torcia, aprii Google sul computer e mio fiondai subito su Porn Hub.

    -Vediamo un po’ cosa abbiamo di nuovo oggi...- Sussurrai a me stesso mentre scorrevo la lista dei video new entry.

    BIONDA MATURA CON AMICO DEL FIGLIO, mmm... Troppo commerciale pensai.

    TEEN DAL CORPO HOT CON PROFESSORE A SCUOLA... No anche questa niente, tipa troppo brutta.

    COPPIA AMATORIALE SCOPA NEI BAGNI DELL’UNIVERSITÀ... Eccolo qua, perfetto pensai.

    Feci subito partire il video, trovandomi davanti questa meravigliosa ragazza americana, bionda, con un fisico snello e due tette talmente belle da farti venire voglia di vendere tua madre per averle. Feci scivolare la mia mano sinistra lentamente giù per l’addome, arrivando a stringere finalmente il mio fallo, già completamente duro e teso, pronto per essere svuotato. Inizia ad agitare la mia mano freneticamente, smuovendo la pelle su e giù con velocità sempre più smisurata. Ad ogni colpo un fremito colpiva le mie gambe, andando pian piano ad espandersi sempre più su, prima all’altezza dello stomaco, e poi fino al cervello.

    Che sensazione meravigliosa, quella canna mi aveva aperto completamente la testa, ed ora mi stavo facendo la sega più bella della mia vita. Mentre guardavo quel porno scorrere sulla mia destra, sentivo già il sangue nelle vene del mio pisello correre velocemente, talmente forte che avevo paura esplodessero da un momento all’altro. Altre due o tre tirate, e poi ecco che finalmente, all’apice del godimento, venni con un getto che parve infinito; sporcandomi tutto il ventre.

    -Merda mi sa che adesso mi viene un infarto.- Sussurrai nuovamente a me stesso, perdendo quasi conoscenza per un secondo.

    Guardai il buio e l’oscurità della notte sopra la mia testa, accompagnato dai gemiti della tipa nel film porno sulla mia destra. E pian piano, cominciai a perdere le forze, fino a che gli occhi mi si chiusero, e caddi in un profondo stato comatoso.

    2

    Un click di una fotocamera mi fece svegliare di soprassalto. Era già giorno, la luce entrava forte dalla finestra; la mia schiena era incollata al letto dal gran che sudavo, il caldo mi stava letteralmente divorando.

    Avevo ancora la vista parecchio annebbiata, faticavo a riconoscere le figure attorno a me, potevo però sentire risate distinte tutto attorno, e rumori di pacche sulle spalle.

    -Grande Irlandese! Questa mi sa che va subito sul gruppo!- Esordì una voce che non riuscivo ancora a definire bene.

    -Cos.. Che cazz.. Ma chi siete?- Balbettai con la bocca ancora impastata.

    -Potevi anche andare in bagno a pulirti dopo esserti segato merdone!- Escalmò un’altra voce possente diversa dalla precedente.

    Riorganizzando le idee, riuscii a fatica a visualizzare la situazione: in piedi davanti a me, Gianfra e Jay col cellulare in mano intenti a fare un video, stavano ridendo a crepapelle.

    -Ma cazzo ridete idioti?- Domandai con tono aggressivo.

    -Guarda cos’hai in mano bamboccio!- Rispose Gianfra indicando le mie parti basse.

    Volsi lo sguardo verso di esse, rimanendo sconcertato da tale spettacolo: avevo ancora il cazzo in mano dalla sera prima, lo sperma secco me la aveva praticamente incollata a lui.

    -Ma porca puttana!- Esclamai togliendo la mano dal mio arnese.

    -Potevi anche farli due passi fino al bagno!- Puntualizzò Jay.

    -Ero troppo stonato per arrivare così lontano!- Risposi alzandomi in piedi e fiondandomi verso il bagno, mentre quei due bambocci continuavano a seguirmi riprendendo ogni particolare.

    -La smettete porca troia?- Dissi entrando nella doccia e sbattendo loro lo sportello in faccia.

    Girai la manopola e cominciai subito a lavarmi con l’acqua gelida, faceva troppo caldo anche solo per azzardare una leggera corrente tiepida.

    Nel frattempo i miei due amici riposero il cellulare e uscirono dal bagno dopo essersi fatti le ultime risate.

    -Sbrigati che siamo già in ritardo per il lavoro!- Gridò Gianfra dall’altra stanza.

    -Come in ritardo, ma che ore sono?

    -Le cinque e quarantasette! Alle sei iniziamo rimbambito!

    -Ma come le cinque e quarantasette? Ma se mi sono addormentato che non erano neanche le cinque?

    -Appunto, hai dormito più di dodici ore!

    Merda, come cazzo faceva ad essere così potente quel cannone da mandarmi in coma per mezza giornata? E tra l’altro mi sentivo ancora più stanco del giorno prima.

    D’altronde era già il 12 di Agosto, eravamo arrivati nella settimana clou della stagione, nonché la conclusiva diciamo.

    Ormai non reggevo più il ritmo: dieci, anche undici ore al giorno in quel locale per una paga misera. Certo era divertente, si stava al bancone a far da bere e una sera sì e una no ci si andava pure a distruggere in discoteca; però era una fatica fisica incredibile arrivati a metà agosto.

    Ogni sera centinaia e centinaia di persone si riversavano in centro città, bevendo all’infinito dalle sette di sera alle quattro di mattina, ed io ero lì come un matto a correre dietro ai loro desideri, ai loro fammi qualcosa di fruttato; no questo è troppo scarico; questo è annacquato; mettici poco ghiaccio e chi più ne ha più ne metta.

    Le lamentele di tutte quelle facce da cazzo che mi si presentavano al bar con un cappellino anni 20 e una collana di rose comprata dagli indiani mi faceva venire voglia di superare il bancone e prenderli

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