Milo e la libreria prodigiosa
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Milo e la libreria prodigiosa - Luigi Rigamonti
Luigi Rigamonti
Milo e la libreria prodigiosa
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Luigi Rigamonti
Milo
e la libreria prodigiosa
a Ulisse
Capitolo 1
Gatti, pioggia e dell’altro
Tutto iniziò per la testardaggine di Tufin, il gatto soriano di due anni, che aveva deciso di dormire sulla scrivania di Milo. Più che una scrivania era un tavolino rettangolare fine Ottocento di un metro per cinquanta centimetri, col cassetto sghimbescio e il piano che un tempo era stato liscio, ma in camera di Milo era l’unico posto dove fare i compiti. E quel pomeriggio c’era una tavola di disegno geometrico, che tra foglio, riga, squadre, compasso, matita, gomma, gomma-pane richiedeva l’intero spazio.
A Milo il disegno geometrico non piaceva e tardava a svolgere le tavole, però quella andava consegnata di lì a due giorni e bisognava pur iniziarla, perché sarebbero occorse ore.
Spostò Tufin e dispose il foglio sul cartone rigido che usava per supporto. Tufin gli saltò sulle gambe e cercò di ritornare sul tavolo intrufolandosi tra le braccia. Milo lo ripose a terra con una grattatina sulla nuca, invitandolo ad andare altrove. Tufin uscì sul terrazzo, ma siccome era piovuto da poco trovò sgradevole il bagnato sotto le zampe e là che fu di nuovo sulla scrivania. Anzi, sul foglio di disegno, dove stampigliò in lungo e in largo i polpastrelli.
Foglio da buttare. Ed era l’ultimo! Nemmeno se ne ricordava Milo, ma gli tornò tutto in mente. Con stizza, rabbia e impotenza. L’ultimo perché … E adesso il gatto! Milo mandò un accidente a Tufin, che s’era messo a strusciargli fra le gambe pretendendo persino qualcosa da mangiare, infilò scarpe e giacca, lasciò un biglietto in cucina per avvertire la madre, che era fuori per commissioni, se fosse rientrata prima di lui, sbirciò il cielo per assicurarsi che non pioveva così da evitare l’ombrello e uscì.
La cartoleria distava sì e no un chilometro e se la prese comoda. Correre per che cosa, per una tavola che non gli andava di fare e che gli avrebbe a stento fruttato una sufficienza?
Quando però giunse alla strada che doveva imboccare per la cartoleria trovò che era chiusa. Lavori in corso.
Milo mandò un altro accidente a Tufin, due a quei lavori e qualcosa di ben peggio a chi l’aveva fatto restare solo con quel foglio e pensò da che parte prendere. Di certo c’era un lungo giro da compiere prima di arrivare a una traversa che conducesse alla cartoleria. Se andava bene, occorreva un’ora e il cielo diventava scuro. Adesso sì che conveniva correre!
Neanche a farlo apposta di lì a un po’ ecco la pioggia mentre percorreva una stradina stretta, dove non era mai passato e dove c’erano pochi negozi, piccoli, vecchi, scuri. E come infittiva quella pioggia! Fu costretto a ripararsi sotto l’arco d’ingresso d’uno di questi, un arco minuscolo in grado di proteggere fin che la pioggia non intensificasse o non cominciasse a scendere di traverso. Qualche minuto ed era un acquazzone.
Vieni dentro se vuoi ripararti.
lo invitò una voce un po’ arrochita, preceduta dal tintinnio di una campanella.
Milo si voltò e vide un uomo piuttosto magro, grigio di capelli e altrettanto di barba con in mano un volumone. Stava sulla soglia, a mezzo tra scaffalature di legno scuro colme di libri.
Durerà almeno un quarto d’ora e ti infradici di sicuro.
e rientrò per deporre il grosso libro.
Quasi subito la pioggia prese a cadere di traverso fin addosso a Milo, che dovette arretrare sulla soglia.
Entra, lì ti bagni lo stesso.
invitò di nuovo il libraio, mentre dal fondo compariva una figura in cappello e impermeabile grigi, ombrello rosso in mano, borsa a tracolla. Quando fu vicina, Milo si accorse che era una donna, che gli parve vecchia come il libraio.
Vado. -disse alzandosi il bavero- Ah, come viene giù!
commentò soddisfatta.
Il libraio assentì.
Niente di più bello che camminare sotto una pioggia simile!
esclamò lei, passando davanti a Milo e mettendo l’ombrello fuori della porta per aprirlo. Si voltò, diede una rapida occhiata a Milo, quindi scomparve dietro un angolo.
Dove vai con questo tempaccio?
chiese il libraio.
In cartoleria a comperare un album per disegno geometrico.
rispose Milo entrando e guardandosi intorno.
Per un compito che non ti va di svolgere.
E lei come lo sa?
Me l’ha detto il tuo tono. Il tono indica i nostri stati d’animo.
e carezzò un grosso gatto comparso in quel momento su una mensola e che alle carezze fece le fusa.
Ne ho uno anch’io. Per colpa sua sono in giro sotto l’acqua.
e spiegò del foglio, l’ultimo rimasto, sporcato dalle zampe.
Il libraio fissò Milo con un’espressione sbalordita. Più che sbalordita! Il gatto interruppe le fusa, alzando le orecchie.
Vedi l’effetto del tono? -disse il libraio con la voce che sembrava faticasse a uscirgli, tanto che si mise a tossicchiare, continuando a fissarlo- Ha capito che sei arrabbiato col tuo gatto.
Milo lo guardò incredulo. Il gatto volse il muso verso di lui, muovendo un poco le orecchie e il libraio rimirò entrambi con un sorriso. E con che occhi!
Così devi comperare un album da disegno. Io non ne ho, non sono anche cartolaio. Perché non hai girato il foglio?
chiese dopo qualche nuovo colpo di tosse per sollecitare la voce, che restava tremula.
Milo storse la bocca.
È rovinato?
Milo annuì di malavoglia.
Un disegno vecchio mal riuscito?
Milo scosse la testa senza rispondere.
Non ti va di parlarne. Succede a tanti, grandi e piccoli. E poi nemmeno ci conosciamo! Mi chiamo Aldo.
Milo disse il proprio nome.
E come vedi faccio il libraio. Ti piace leggere?
Nel tono della domanda c’era una vera e propria ansia per la risposta.
"Ho letto Tom Sawyer. E Peter Pan." Milo si sforzò senza successo di ricordare qualche altro titolo tra quelli che aveva in camera.
Bene! -esclamò il libraio, mentre il gatto si leccava le fauci- Li ho anch’io qui, guarda.
e lo condusse verso una scaffalatura dietro l’ingresso.
Questo è come il mio.
disse Milo indicando un Tom Sawyer.
Se ne vendono, sì. Ha anche belle illustrazioni. -annuì il libraio- E guarda come brillano! -esclamò, trattenendo a stento altra emozione che sembrava mescolata a incredulità- Brillano, sì, sì, brillano proprio!
continuò tanto vivace quanto perplesso, volgendo il libro come se volesse mostrarlo al gatto.
I miei non so dove sono stati comperati, erano dei regali.
precisò Milo come scusandosi.
Importa che si leggano, non dove si comperano. -il libraio guardava alternativamente Milo e il libro- Perlomeno di solito.
e strizzò l’occhio prima a Milo poi al gatto, che rispose strizzando i propri, che teneva sempre chiusi.
Milo guardò gatto e libraio a bocca aperta.
Capisce, sì, sì, capisce.
sorrise il libraio e il gatto riprese a fare le fusa.
Capisse anche il mio Tufin, non sarei dovuto uscire per l’album!
Me lo vuoi dire perché il retro del foglio è inutilizzabile?
Uno scherzo.
buttò là Milo, rodendosi un’unghia che di colpo infastidiva.
Di un compagno di scuola?
Sì, uno che …
Fa il gradasso?
Milo assentì, rodendone un’altra. Rivedeva quando, mentre attendevano l’arrivo della professoressa di disegno sempre in ritardo, quel compagno gli aveva preso un foglio per farci un aeroplano da lanciare dalla finestra e alle sue rimostranze gliene aveva scarabocchiato un altro, ridendo insieme ai tre che lo accompagnavano dovunque.
Bullismo, si dirà. Esatto! E che non è una novità odierna, visto che tutto questo a Milo accadeva cinquanta e passa anni or sono.
Quel foglio pasticciato era l’ultimo. Girato, sarebbe andato bene, senza le strusciate dei polpastrelli. Ma allora, ma allora, se ne può dedurre che tutto iniziò non per la testardaggine di Tufin, ma per la prepotenza di quel compagno. O no?
Sono più diffusi di quello che credi questi tipi. -commentò il libraio- Guarda, la pioggia sta diminuendo. Approfittane! Tieni. -gli disse porgendogli un ombrello. -Non ti preoccupare, quando avrai tempo passerai a restituirmelo. Ne ho un altro.
Dopo una indecisione Milo prese l’ombrello, garantendo che sarebbe tornato il prima possibile a renderlo e se ne andò sotto la pioggia, non cantando ma rimuginando fantasie di rivalsa e liberazione. Superman, fantasticava! Era l’unico super eroe di quegli anni e ne leggeva talvolta gli albi a fumetti. Averlo come amico e quando quelli arrivano ecco che li prende, li sbatacchia e gli fa passare certe idee! Gli sarebbe piaciuto scrivere una storia così ed era tanto intento a pensarla, figurandoseli in mutande appesi per i piedi davanti a scuola che piangevano chiedendo scusa, pietà e perdono mentre tutti ridevano, che sbagliò strada e dovette tornare indietro.
Ne avete pensata qualcuna anche voi qualche volta, vero? A meno che non siate di quelli che Milo vorrebbe appendere per i piedi, nel qual caso stateci attenti; oppure smettetela. Di fare quel che fate, non di leggere.
"Cosa ne pensi? -aveva chiesto, dopo che Milo si era allontanato, il libraio al gatto, mostrandogli il Tom Sawyer, che non aveva più poggiato e il cui titolo brillava alla luce delle lampade- E subito ti ha visto, subito!"
Il gatto aveva annuito, aprendo gli occhi in una fessura e una vivida luce gialla fosforescente aveva attraversato la libreria, zebrando scaffali e libri.
Capitolo 2
Polvere di libri e Edmond Dantès
Milo arrivò alla cartoleria di lì a una mezz’ora e dopo altrettanto se non più riuscì a dedicarsi alla tavola, che lo occupò fino a poco prima di andare a letto.
Aveva cenato il più in fretta possibile, sperando che i genitori lo imitassero, cosa che ovviamente non successe. Alzarsi prima che avessero terminato era impraticabile. Una volta che aveva tentato di farlo, spiegando che doveva finire dei compiti, suo padre gli aveva risposto che aveva avuto tutto il pomeriggio per