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Morti e sepolti: E' passato tanto tempo, c'era la guerra, a nessuno importerà. Invece...
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Morti e sepolti: E' passato tanto tempo, c'era la guerra, a nessuno importerà. Invece...
Ebook277 pages

Morti e sepolti: E' passato tanto tempo, c'era la guerra, a nessuno importerà. Invece...

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La prima indagine del Commissario Sasso

Questura di Napoli, ai giorni d’oggi.
Il commissario Antonio Sasso – appassionato scommettitore, estimatore di allibratori e affezionato cliente di strozzini - e l’ispettore Anna Nardi – che aspetta il principe azzurro e per ingannare l’attesa ne ospita di altri colori tra le lenzuola -, sono chiamati su una scena del crimine, un vecchio palazzo signorile di Napoli in Via Tarsia, dove un giovane albanese, operaio in nero di una impresa edile che sta eseguendo lavori di ristrutturazione proprio nel palazzo, è stato ucciso.
Qualcuno gli ha sfondato il cranio con un piccone. Sotto il suo corpo viene ritrovato anche un panetto di droga.
Ma quando il cadavere viene rimosso, ecco la sorpresa. Sotto, in un’intercapedine del pavimento, c’è uno scheletro vecchio di almeno sessant’anni. Un uomo, anche lui ucciso con un colpo violento alla testa.
La Dia interviene sul posto e prende in carico il caso di evidente traffico di droga. Ad Anna Nardi viene assegnato il caso di Bacol Shebani, l’albanese ucciso. Antonio Sasso, sotto la minaccia di una valutazione del suo stato di servizio dopo la scoperta della sua passione per le scommesse, si occuperà invece dello scheletro sepolto.
Tra traffici di droga, mafia russa e badanti straniere, le indagini si fanno serrate.
E tutto, ma proprio tutto, porta Nardi e Sasso in quel condominio di Via Tarsia dove durante la seconda guerra mondiale risiedevano alcuni ufficiali della Wehrmacht e dove ancora abitano i vecchi inquilini. Sasso e Nardi conoscono così l’avvocato Scorza e la sua badante e gli insegnanti ormai in pensione Cannavacciuolo, marito e moglie che possono ripercorrere quel periodo storico sfortunato.
Si parla di Napoli sotto le bombe, dei morti, soprattutto della famiglia Del Vecchio, che viveva nel palazzo, sterminata dall’esplosione di una bomba il 4 dicembre 1942 mentre attraversava la città sul tram numero 9.
I due poliziotti ascoltano, ma sembra non esserci risposta alle loro domande: chi e perché ha ucciso Bacol Shebani?
Di chi sono quelle ossa ritrovate sotto il pavimento?
Piano piano la matassa si dipana, svelando una storia che riporta al passato e si annoda alla Storia, con la esse maiuscola. Ogni tassello troverà il suo posto, ogni cadavere la sua dignità.
Nardi e Sasso chiuderanno i cerchi. I colpevoli e le vittime troveranno la loro giusta posizione e alla fine al lettore spiacerà davvero uscire dal commissariato, ancora, di sicuro, pieno di storie.
Romanzo vincitore della Menzione d'Onore Premio Amarganta 2017
 
LanguageItaliano
Release dateNov 21, 2016
ISBN9788894806120
Morti e sepolti: E' passato tanto tempo, c'era la guerra, a nessuno importerà. Invece...

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    Morti e sepolti - Alessandro Testa

    ALESSANDRO TESTA

    Morti e sepolti

    Edizioni Il Vento Antico

    Pagina di benvenuto

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    Informazioni su questo libro

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    Indice

    About this Book

    Napoli, ai giorni d’oggi.

    Il commissario Antonio Sasso – appassionato scommettitore e affezionato cliente di strozzini - e l’ispettore Anna Nardi – che aspetta il principe azzurro e per ingannare l’attesa ne ospita di altri colori tra le lenzuola -, sono chiamati su una scena del crimine, un vecchio palazzo signorile di Napoli in Via Tarsia, dove un giovane albanese, Bacol Shebani, operaio in nero di una impresa edile che sta eseguendo lavori di ristrutturazione proprio nel palazzo, è stato ucciso. Sotto il suo corpo viene ritrovato anche un panetto di droga e uno scheletro vecchio di almeno sessant’anni. Un uomo, anche lui ucciso con un colpo violento alla testa. Ad Anna Nardi viene assegnato il caso dell’albanese ucciso. Antonio Sasso, sotto la minaccia di una valutazione del suo stato di servizio dopo la scoperta della sua passione per le scommesse, si occuperà invece dello scheletro sepolto.

    Tra traffici di droga, mafia russa e badanti straniere, le indagini si fanno serrate e tutto porta in quel condominio di Via Tarsia dove ancora abitano i vecchi inquilini, fin dai tempi della seconda guerra mondiale. Sasso e Nardi conoscono così l’avvocato Scorza e la sua badante e gli insegnanti ormai in pensione Cannavacciuolo, marito e moglie che possono ripercorrere quel periodo storico sfortunato.

    I due poliziotti ascoltano, ma sembra non esserci risposta alle loro domande: chi e perché ha ucciso Bacol Shebani? Di chi sono quelle ossa ritrovate sotto il pavimento?

    Piano piano la matassa si dipana, svelando una storia che riporta al passato e si annoda alla Storia, con la esse maiuscola. Ogni tassello troverà il suo posto, ogni cadavere la sua dignità e, alla fine, al lettore spiacerà davvero uscire dal commissariato, di sicuro, ancora pieno di storie.

    Serie

    Limoni e Carboncini

    I fatti e i personaggi rappresentati nella seguente opera e i nomi e i dialoghi ivi contenuti sono unicamente frutto dell’immaginazione e della libera espressione artistica dell’autore. Ogni similitudine, riferimento o identificazione con fatti, persone, nomi o luoghi reali è puramente casuale e non intenzionale.

    E’ passato tanto tempo, c’era la guerra,

    a nessuno importerà.

    Invece...

    CAPITOLO 1

    Anna Nardi allungò un braccio sul comodino, cercando di far tacere la sveglia e si mise a sedere sul letto: intorno a lei, sparsi sul pavimento, i suoi vestiti e quelli dell’uomo che stava armeggiando in cucina.Un rubinetto aperto e richiuso, il sordo puff dello sportello del frigo, il sibilo del gas ai fornelli.

    Un’ombra apparve sulla porta della camera da letto. Per un brevissimo istante, prima che la luce del primo mattino ne svelasse il volto, immaginò che si trattasse di lui, piombato nella realtà per proseguire ciò che stavano facendo nel sogno.

    Non era lui, ovviamente, anche se come sostituto era andato più che bene.

    Antimo Spera, agente della DIA era completamente nudo.

    Mi sono permesso di fare il caffè. Lo preferisci a letto?

    Potevi svegliarmi borbottò.

    Una moka so metterla su anche da solo. E poi dormivi così bene.

    Nardi si strinse nelle spalle. Il cellulare prese a suonare, ma lei lo ignorò. Vieni qui gli disse attirandolo a sé.

    Non rispondi?

    Se è urgente richiameranno.

    E il caffè?

    Lei indicò sorridendo la sua erezione. A me sembri già bello sveglio.

    Spera le si gettò addosso nell’esatto momento in cui il cellulare riprendeva a squillare. Immobili e avvinghiati, si scambiarono uno sguardo pieno di disappunto. Mi sa che devo proprio rispondere gli disse lei.

    Spera sospirò.

    Vado a spegnere il fuoco.

    Nardi lo lasciò andare osservandone il sedere con rammarico, provando a immaginarsi lui al suo posto. Un attimo dopo, era già concentrata sulla telefonata in arrivo.

    Ispettore Nardi.

    Antonio Sasso vide arrivare il primo pugno e capì di essere stato ottimista sui duemila euro e sul fatto che sarebbero bastati a Peppino Miranda. E dire che l'aveva avvertito: se non vedo i tremilacinquecento, se manca anche solo un euro, ti abbuffo di mazzate. E Miranda non era tipo da sprecare il fiato, con l'enfisema che si ritrovava; altri lo stavano facendo per lui in un malandato garage, su un pavimento che puzzava a tal punto di urina che se non avesse già avuto i conati per i pugni allo stomaco, avrebbe vomitato per lo schifo.

    Quando i fratelli Catania ebbero finito. rimase carponi a fissare un preservativo accartocciato, sputando schiuma rossa mentre cercava di rialzarsi. Miranda e la bombola d'ossigeno si erano avvicinati: a sentirlo respirare pareva un sub in immersione, ma in quel momento i polmoni imbolsiti dello strozzino erano di gran lunga migliori dei suoi.

    Te la sei chiamata gli disse, mostrandogli la busta coi duemila euro appena ricevuti. Tremila e cinque meno due fa mille e cinque: se fra una settimana non me ne porti tremila, ti faccio spezzare tutte e due le gambe.

    A un suo segnale i fratelli Catania sollevarono lui e la bombola, portandoselo via. Sasso attese qualche minuto, quindi barcollò fino allo squarcio nella saracinesca arrugginita e uscì a sua volta sotto la pioggia che cadeva a scrosci; rassegnato, prese a camminare ragionando su come trovare i tremila. E per quanto si sforzasse, finiva sempre per arrivare alla stessa conclusione.

    Non gli restava che fare quella chiamata.

    Quindi sei ancora vivo.

    L'avvocato Giorgio Lopez aveva il tono di chi si aspettava la telefonata. Mi avevano detto che Peppino Miranda ti cercava: in cosa posso aiutarti?

    Penso tu possa immaginarlo.

    Lopez grugnì mentre in sottofondo Sasso sentiva il bip di una chiamata in attesa per lui. Quanto? chiese infine.

    Tremila.

    Però.

    Che fai, ti spaventi? Tu una cifra così la usi per le mance.

    Sì, per i caffè sospesi; passa da me stasera dopo le dieci.

    Chiusa la comunicazione, Sasso rispose alla chiamata in attesa.

    C'è stato un omicidio in via Tarsia, salita Pontecorvo spiegò l’ispettore Nardi.

    Era arrivato all'altezza del Museo. Devo precipitarmi?

    Faccia un po’ lei: qui ci sta un morto e sono già arrivati la scientifica e il medico legale. Se non ha ancora ripreso l’auto dal meccanico faccio mandare una volante.

    Sasso stava per rispondere di sì quando vide l'insegna di un punto scommesse.

    Lascia stare, mi arrangio da solo.

    L'arrivo della polizia aveva attirato curiosi e bloccato il traffico sotto una pioggerellina maligna che rendeva scivolosa la strada. Nardi lo aspettava davanti a un cancello spalancato su un cortile; quando lo vide, gli fece segno di affrettarsi. Alcuni operai erano addossati al muro, le braccia conserte e l’aria di chi vede il guadagno di una giornata di lavoro in nero sfumare per colpa della polizia.

    Stanno facendo dei lavori di ristrutturazione spiegò, aggredendo le pozzanghere con un paio di scarponi da trekking e squadrandolo da capo a piedi. Sasso nemmeno provò a darsi un contegno: i suoi vestiti erano impregnati del tanfo del garage e i duecento euro vinti al centro scommesse non gli avevano curato la nausea.

    Dov'è?

    Nel seminterrato rispose l’ispettore, indicando la porta attraverso la quale poliziotti e tecnici entravano e uscivano, silenziosi e veloci. Appena dentro, un uomo di mezza età gli andò incontro.

    Se non ce ne fosse già uno lì dentro, commissario, direi che il morto ammazzato è lei.

    Dottor Pansini. Sasso strinse la mano del medico legale, guardandosi intorno prima di infilarsi i copri scarpe e raggiungendo il punto in cui i tecnici della scientifica si erano raggruppati. A chi appartiene questo posto?

    È un vano condominiale rispose Nardi.

    Il nome della vittima? chiese ancora, osservando il cadavere. Giovane, muscoloso, abbronzato; indossava abiti da lavoro ed era a pancia in giù, braccia e gambe aperte. Qualcuno gli aveva sfondato il cranio con il piccone che i tecnici avevano già infilato in una grossa busta di plastica.

    Gli hanno portato via il portafogli e quelli lì fuori giurano di non conoscerlo spiegò Nardi, e anticipando la domanda successiva indicò la finestra. Un netturbino si è fermato in quel punto per accendersi una sigaretta e ha visto il cadavere.

    Pansini diede il permesso di voltare il cadavere. Il viso era una maschera di sangue, schegge d’osso e materia grigia; a Sasso ricordò uno di quei mostri alieni le cui teste si aprivano per lasciar uscire orribili mascelle telescopiche. Il corpo nascondeva anche un pacco rettangolare di color marrone scuro, rivestito da pellicola trasparente.

    Droga azzardò Nardi. Sasso annuì distrattamente, perché nel frattempo un altro particolare aveva attratto la sua attenzione.

    Guardi, comissario disse Nardi, indicando un’apertura del pavimento, nel punto in cui una vecchia mattonella era stata staccata lasciando intuire uno spazio vuoto. Sembra un deposito perfetto. Ci toccherà sfondare il pavimento… ma mi ascolta?

    Certo mentì Sasso, che invece era con la testa all'incontro con Lopez.

    Tornati in Questura, Sasso si chiuse nella sua stanza in attesa che Nardi gli portasse notizie sull'identità della vittima. Il dolore era aumentato, se possibile, aggiungendosi alla stanchezza, costringendolo a una doppia dose di antidolorifici. Si piegò sulla scrivania scivolando rapidamente in un sonno profondo, dal quale fu svegliato alcuni minuti dopo.

    Gesù, mi pari il quadro della disperazione.

    Sasso alzò la testa e, strizzando gli occhi, fissò il nuovo entrato. In effetti non si può dire che sia al top del bioritmo, ma con tutta l’amicizia che ci lega dubito che tu sia venuto qui per misurarmi la febbre.

    L'uomo indossava vecchi jeans e una felpa ancor più vecchia, sulla quale poggiavano lunghi capelli sul punto di diventare grigi. Il commissario Marco Carrozza, della Narcotici, amico dai tempi delle elementari, ne conosceva le debolezze senza giudicarlo. Sasso gli era grato per questo.

    Ho saputo dell'omicidio e di quello che avete trovato.

    E cosa ne pensi?

    Penso che teniamo un cazzo di problema.

    Per un po' di droga? obiettò Sasso, incredulo.

    "Si tratta di Charas puro, indiano, tagliato pochissimo."

    Vabbuo’ è hashish, ma perché sarebbe un problema?

    Carrozza estrasse una sigaretta e se l'infilò in bocca senza accenderla. Due settimane fa la Narcotici di Bari ne ha sequestrati quasi seicento chili. Quella che hai trovato tu è già stata inviata al laboratorio centrale per stabilire se si tratta della stessa partita.

    E tu pensi di sì?

    Esatto. Nel qual caso, teniamo il cazzo di problema di cui sopra, anzi due. Primo, a importare e distribuire l’hashish qui al sud sono i Russi.

    Sasso espresse il proprio stupore con una smorfia: immaginava quale fosse il secondo problema. Russi, crimine organizzato: la DIA si prenderà il caso.

    Carrozza annuì. Niente omicidio per te, niente operazione antidroga per me che sto dietro a questo traffico da mesi. Ad ogni modo, ero passato per informarti che la vittima era albanese e lavorava in nero per l'impresa edile che sta ristrutturando il palazzo. La mia idea è che abbia scoperto per caso un nascondiglio e che lo abbiano ammazzato per questo. Teneva precedenti per furti e taccheggio, niente di che, ma verificheremo che non volesse rivendersela alla mafia albanese. Ti farò sapere promise avviandosi verso la porta; prima di uscire, gli rivolse una lunga occhiata.

    Anto’, a proposito di problemi...

    Non è niente di quello che pensi. Ieri ho bevuto un bicchiere di troppo in pizzeria e adesso ho lo stomaco sottosopra ma passerà.

    Carrozza abbassò lo sguardo. Guarda che Peppino Miranda è una bocca fusa, ci manca solo che si prenda una pagina a pagamento del Mattino per pubblicizzare il tuo pestaggio.

    Ma quale pestaggio.

    Già. Quale pestaggio? Ci vediamo, Anto’.

    Carrozza si chiuse la porta alle spalle.

    Cinque minuti dopo, Nardi la riaprì. Indossava un paio di scarpe da donna.

    Allora, la vittima si chiamava Bacol Shebani, era…

    Albanese, con piccoli precedenti e lavorava a nero.

    E lei come lo sa? gli chiese, stupefatta.

    Carrozza rispose Sasso.

    Nardi stava per commentare ma fu interrotta dal cellulare; scambiate poche frasi, riagganciò e riprese gli scarponi che aveva sistemato sotto la scrivania. Ci vogliono di nuovo in Via Tarsia. Hanno ispezionato lo spazio sotto le mattonelle e dicono che dobbiamo andare a vedere. C'è ancora il dottor Pansini.

    CAPITOLO 2

    "Faccio questo lavoro da così tanto tempo che nemmeno più mi ricordo il primo, ma questo qui, Gesù Giuseppe Sant'Anna e Maria!" esclamò Pansini quando li vide entrare.

    Nella buca aperta in fondo allo scantinato c’era uno scheletro. La tomba a cui era stato strappato aveva il fondo piatto, vecchio cemento misto a pietre di diverse dimensioni in una mal riuscita copia del calcestruzzo. Pansini fece un passo in avanti. Ma ci pensa? Per trovare questo cadavere ce n'è voluto un altro!

    "E’ così streveso" commentò Nardi.

    Già, proprio strano le fece eco Sasso, chinandosi sul mucchio d’ossa; un panetto di droga era finito in ciò che restava della mano. L'immagine perfetta per una campagna antidroga. Quando si rialzò, sentì le forze abbandonarlo; un attimo dopo era disteso sul pavimento, con Nardi che lo prendeva a schiaffi e Pansini che gli tastava il polso. Ripresosi, scostò l'ispettore e fece cenno al dottore che era tutto a posto.

    So che glielo ho già detto prima, ma oggi ha un aspetto che pare uscito anche lei da quella strana tomba: non poteva prendersi un giorno di permesso?

    Avrei potuto, ma mi sarei perso tutto questo teatro di cadaveri rispose, rialzandosi a fatica e uscendo all’aria aperta.

    La prossima volta le faccio il massaggio cardiaco coi piedi bofonchiò Nardi quando l'ebbe raggiunto.

    Pure tu, però, gli schiaffi; una respirazione bocca a bocca sarebbe stata più gradita.

    Nardi si sforzò di non arrossire. Va bene, me ne ricorderò la prossima volta che muore. Per la cronaca, il magistrato di turno è Cirillo.

    Oggi solo belle notizie. Il rapporto scrivilo tu e mettici uno scippo al posto mio. Ora me ne vado a letto, ti lascio piena autonomia.

    "Ma noi dobbiamo occuparci di quello lì o del morto fresco?"

    Quello fresco ha la precedenza. Pansini incaricherà gli antropologi forensi perché si occupino dello scheletro.

    Con queste parole lasciò definitivamente via Tarsia in una volante, diretto al proprio materasso. Mentre l'auto andava senza fretta, arrivò la chiamata di Fernanda. Sasso rifletté se rispondere o meno, poi aprì la comunicazione; meglio adesso che dopo, nel pieno del sonno.

    Avevi promesso di chiamarmi per farmi sapere.

    Me lo ricordo ma sto lavorando. Ti avrei parlato stasera.

    Puoi farlo adesso? Mi secca dovertelo dire ma da quando ti ho dato quei soldi non riesco a stare tranquilla e continuo a chiedermi perché me li hai chiesti in contanti e perché così in fretta.

    Vuoi dire perché te li ho chiesti dal momento che ci eravamo, per così dire, lasciati precisò lui.

    "Non ci siamo lasciati per così dire, Antonio. Lo abbiamo fatto davvero, anche se tu continui a far finta che non sia successo nulla."

    L'auto passò su una buca ed ebbe un sobbalzo, provocandogli una fitta nel punto in cui uno dei fratelli Catania aveva forse ecceduto. Mentire a Fernanda era difficile, ma in quelle condizioni diventava un'impresa da Guinness dei primati. Non mi pare una cosa difficile da capire: mi hanno clonato il bancomat. È questione di un paio di settimane prima che la banca me li rimetta nel conto; posso capire i tuoi dubbi, ma riavrai i soldi.

    Però quel tuo problema...

    Non è un problema, Fernanda!

    Seguì un lungo silenzio. Ci sono cose che non riesco a togliermi dalla testa; forse è come dici tu, ma io non posso conviverci. Spero solo che il mio aiuto non sia servito a peggiorare le cose.

    Possiamo parlarne questo fine settimana?

    La linea si interruppe. Sasso ordinò all'autista di fermarsi e fece appena in tempo ad aprire la portiera che l'ennesimo conato lo assalì, costringendolo a vomitare.

    I duecento euro vinti si erano volatilizzati, complici le bizze di un cavallo piantatosi a poche decine di metri dall'arrivo. Il pensiero che Lopez lo avrebbe aiutato rendeva meno cocente quella perdita, ma aumentava in lui il desiderio di rifarsi. La fortuna gira, pensò camminando lungo la Riviera di Chiaia per raggiungere lo studio, basta solo insistere.

    Ti immaginavo con stampelle e bende disse l'avvocato vedendolo entrare.

    Sasso fece cenno che era tutto a posto. Hai i soldi?

    Ho qualcosa di molto meglio! Provvederò io stesso a saldare il tuo debito con Peppino Miranda, così non dovrai prenderti il fastidio di incontrarlo di nuovo.

    Non è questo quello che ti avevo chiesto! protestò Sasso.

    Lo so, lo so. Tu mi avevi chiesto tremila euro pensando che saresti venuto qui per ritirarli col proposito di darli a Miranda, ma all'ultimo momento ti saresti fermato in un centro scommesse o avresti incontrato uno dei tuoi tanti amici allibratori e te ne saresti giocati la metà. Il che significa che quando Miranda avesse avuto i millecinque tra le mani, avrebbe ordinato ai fratelli Catania di darti un'altra lezione. E forse questa volta non saresti stato così fortunato da cavartela con dei lividi e qualche contusione. Lopez si sporse verso di lui, oltre la scrivania. Dico bene?

    Sasso non rispose.

    Anto’ stammi a sentire: non sono tuo amico e nemmeno tuo fratello, ma tengo ai miei interessi e a ciò che mi può essere utile. E tu mi sei sempre stato utile, coi piccoli favori e le soffiatine: l'ultima cosa che desidero e dover leggere il tuo nome in un giornale.

    Cosa cazzo sono per te tremila euro? sbottò Sasso, infuriato. E per tua regola sono perfettamente in grado di badare a me stesso; se non intendi darmeli dillo che la finiamo qui e vado a cercarli altrove.

    Si alzò, troppo in fretta per evitare il capogiro. Lopez lo raggiunse in tempo per impedirgli di cadere, poi lo aiutò a sedersi.

    Nessuno ti darà quei soldi.

    Questi sono affari miei.

    Lopez gli sedette accanto. Inutile che ti sbatti perché una mia persona di fiducia è già andata da Miranda coi contanti. E adesso tu mi stai a sentire lo ammonì.

    D'accordo disse in tono rassegnato.

    "Tutto quello che devi fare è tenere le orecchie aperte e farmi sapere quando una certa cosa accadrà.

    Una certa cosa?

    Ti contatterò quando sarà il momento. Ti basterà una telefonata, anzi un semplice whatsapp e i tremila euro saranno dimenticati.

    Sasso incrociò il suo sguardo, e comprese di non avere scelta. Lo stomaco gli si strinse mentre pensava che, alla fine, aveva solo cambiato strozzino.

    CAPITOLO 3

    Roberto Russo non era giovane e forte come Antimo Spera ma ci sapeva fare e, cosa non da poco, cercava solo il sesso di una notte e una doccia veloce prima di andarsene; lei sapeva che il vice questore era sposato, ma la sua fama di femminaro professionista era bastata a spazzare ogni possibile senso di colpa. Non ci fosse stata lei, sarebbe toccato a

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