L'amicizia (Tradotto): Traduzione dal De Amicitia di Cicerone
()
Info su questo ebook
P.S. Cicerone muore a 63 anni, ucciso da alcuni sicari, nel 43 dopo Cristo. Travolto dai giochi di potere e da una dilagante corruzione, tenta la fuga da Roma, ma, raggiunto dai nemici, affronta il suo destino. Con coraggio e dignità, come sempre.
Correlato a L'amicizia (Tradotto)
Ebook correlati
L'arte di saper invecchiare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl latino che serve Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIntelligenza Emotiva A Scuola Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRiassunto Di Abitudini Ad Alta Resa: Come Le Persone Speciali Diventano Tali Di Brendon Burchard Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Categorie correlate
Recensioni su L'amicizia (Tradotto)
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
L'amicizia (Tradotto) - Cicerone Marco Tullio
Farm
Introduzione
L'attrazione, fra uomini buoni
Marco Tullio Cicerone
De Amicitia
traduzione dal latino di Roberto Denti
Il De amicitia sembra scritto oggi, non duemila anni fa. E Cicerone, uomo politico navigato e sempre a contatto con le mutevoli facce del potere, affrontando il tema dell’amicizia, parla col cuore in mano: non solo smonta il meccanismo delle cosiddette affinità elettive fra gli uomini, ma ne rivela intime debolezze, inevitabili fratture. L'amicizia nasce dalla comune radice dell’amore, è essa stessa una forma di amore, un’attrazione fra uomini buoni. Nel senso dato dai Romani: persone per bene, persone oneste, persone virtuose. Ed è subito attrazione fatale, per la vita. Forte, fortissima, ma non indissolubile. Anzi, dalle amicizie più salde e fraterne possono nascere odi acerrimi, mortali, distruttivi. Quando? Quando, e qui riappare il Cicerone politico, ci si vuol servire dell’amicizia per giochi sporchi, per azioni malvagie, per coperture colpevoli. Cicerone pone il dito su una piaga non solo della sua epoca, svelando la grande, insanabile frattura tra sentimenti privati e azioni pubbliche. E se il libretto pare tanto moderno nello stile, il merito è tutto di Cicerone. Solo qualche lunga frase costruita secondo le ferree regole dell'oratoria è stata spezzata, ma con delicatezza. Per ottenere un duplice risultato: non togliere nulla alla forza discorsiva, alla eloquenza di un grande principe del Foro e al tempo stesso non togliere il fiato al lettore di oggi. Abituato purtroppo dalla tivù a battute brevi, a dialoghi serrati, a zapping verbali... Cicerone tiene comunque in serbo una mossa vincente, un’abile trovata teatrale: racconta un dialogo del passato in presa diretta, mescolandoci ai suoi protagonisti. E così anche noi lettori ci ritroviamo d’incanto nell’emiciclo di una villa romana, su sedili di pietra, sotto un pergolato. Per apprendere che l’amicizia è un regalo degli Dei, il più bel dono che un essere umano possa ricevere nella vita. Buona lettura!
Roberto Denti
P.S. Cicerone muore a 63 anni, ucciso da alcuni sicari, nel 43 dopo Cristo. Travolto dai giochi di potere e da una dilagante corruzione, tenta la fuga da Roma, ma, raggiunto dai nemici, affronta il suo destino. Con coraggio e dignità, come sempre.
L'amicizia
Il miglior dono degli Dei
L'amicizia
All’augure Quinto Mucio piaceva raccontare, ricordandole con brillante allegria, molte cose di suo suocero Lelio, che non esitava a definire, in ogni suo racconto, un saggio. E, una volta indossata la toga virile, mio padre m’aveva portato da Scevola affinché potessi, nei limiti del lecito, non staccarmi mai dal fianco di quel vecchio. Così mandavo a mente molti concetti da lui trattati con saggezza, con concisione ed eleganza, sforzandomi di imparare, di diventare più dotto grazie alla sua esperienza. Dopo la sua morte, presi a frequentare il pontefice Scevola, che oso ritenere la persona più importante di Roma per intelligenza e sensibilità politica. Ma meglio non divagare, ritorniamo all’augure ... un sacerdote che, nell’antica Roma, prediceva il futuro scrutando il volo degli uccelli. Spesso l’augure teneva banco e ricordo che una volta, seduto nell’emiciclo di casa (mi trovavo lì anch’io con pochi intimi) toccò un argomento che era un po’ sulla bocca di tutti. Di sicuro ti ricorderai, Attico, anche perché eri grande amico di Sulpicio, quanto stupisse e scioccasse la gente il fatto che egli, tribuno della plebe, fosse diviso da un odio mortale dal console Pompeo, con cui pure aveva vissuto in strettissima e affettuosa amicizia.
E così Scevola, accennato a quel fatto, ci raccontò la conversazione di Lelio sull’amicizia, fra lui e l’altro genero, Fannio, figlio di Marco, pochi giorni dopo la morte di Scipione l’Africano. Mi sono scolpito nella mente i passaggi importanti di quella discussione, che ho esposto, a modo mio, in queste note: ho infatti lasciato parlare i protagonisti per evitare di inserire troppi dico
e dice
e perché quella chiacchierata sembrasse avvenire fra persone presenti, proprio qui davanti a noi.
Poiché tu spesso mi pregavi di scrivere qualcosa sull’amicizia, l’argomento mi è parso degno sia dell’interesse di tutti che della nostra familiarità: e così l’ho fatto volentieri, per essere, su tua richiesta, d’aiuto a molti. Ma come nel Cato Maior, dedicato a te sul tema della vecchiaia, ho lasciato parlare Catone da anziano (nessuno mi pareva più adatto di lui a parlarne, lui vissuto così a lungo e, pure in tarda età, decisamente una spanna su tutti) così, saputo dai nostri genitori che l’amicizia tra Lelio e Scipione era degna di essere ricordata, la persona di Lelio mi è sembrata ideale per dissertare sull’amicizia, usando gli stessi argomenti che Scevola ricordava da lui illustrati. Questo genere di discorsi, che poggia sull’autorità di uomini del passato e per di più assai stimati, non so come, sembra avere maggior peso. E così, rileggendo quanto ho scritto, a volte mi sembra di non esser io a parlare, ma Catone …
Se allora io, da anziano, ho scritto a un anziano riguardo alla vecchiaia, così ora in questo libro, da grande amico, scrivo ad un amico riguardo all'amicizia. Vorrei che tu per un po' allontanassi la mente da me e pensassi che a parlare fosse Lelio in persona ... mi segui? Fannio e Mucio si recano dal suocero, dopo la morte dell’Africano, e conversano sul tema dell’amicizia. Leggendo queste righe, vedrai che ti ritroverai…
II) FANNIO. Le cose, Lelio, stanno così: non c’è stato uomo migliore né più illustre di Scipione l’Africano. Ma devi ammettere che ora gli occhi sono puntati su di te, che tutti ritengono un vero saggio. Fino a poco tempo fa si attribuiva questo titolo a Catone, i nostri padri facevano altrettanto con Acilio. In verità per motivi diversi: Acilio perché era un esperto di diritto civile, Catone perché aveva pratica di molte cose e perché se ne riferivano molte azioni in Senato e nel Foro, saggi provvedimenti, decisioni risolute, risposte acute: per questo, in là con gli anni, era stato soprannominato Catone il saggio.
Ma si è soliti dirlo anche di te, per ben altro motivo, e non come fanno le persone comuni, ma quelle istruite, non solo per la tua natura e per il tuo modo di agire, ma anche per gli studi e la cultura ... E ti chiamano saggio come nessuno in tutto il resto della Grecia (certo chi spacca il capello in quattro non annovera tra i saggi nemmeno i cosiddetti Sette ...) e sappiamo bene che ad Atene ci fu uno solo, Socrate, il più sapiente persino per l’oracolo di Apollo. Ebbene la gente