Da "viandante" a "pellegrino": L'Acqua che rende buona la vita
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Da "viandante" a "pellegrino" - Andrea Mariani
Andrea Mariani
Da viandante
a pellegrino
L'Acqua che rende buona la vita
© 2016, Marcianum press
Edizioni Studium S.r.l.
Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 041 27.43.914 - fax 041 27.43.971
marcianumpress@marcianum.it
www.marcianumpress.it
Impaginazione e grafica: Linotipia Antoniana (Padova)
L'editore ha cercato con ogni mezzo i titolari dei diritti dell’immagine di copertina senza riuscire a reperirli; resta a disposizione per l’assolvimento di quanto occorra nei loro confronti.
ISBN 978-88-6512-510-6
ISBN: 9788865125106
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Indice dei contenuti
Sigle
Introduzione
1. Il cammino
: una straordinaria metafora
1.1. Vivere è camminare: da un inizio verso una meta
1.2. Il Battesimo: acqua per una vita nuova
2. Dalla porta della fede l'esperienza morale
2.1. Credere: dono e responsabilità restando in cammino
2.2. La grazia battesimale: per una morale di vita e di amore
3. Dalle labbra alla vita: Cristo annunciato, celebrato e vissuto
3.1. Il Kerygma: l'annuncio è il Risorto
3.2. Pane e Perdono: il cibo e lo stile del pellegrino
4. Un'avventura indispensabile oggi: la formazione
4.1. L'educazione: urgenza e necessità
4.2. L'ispirazione di fondo: gradualità e progressione
5. Non da soli: il cuore della comunità
5.1. Cristo il vero Catechista: l'umanità buona del Maestro
5.2. Un incontro da vivere: la bellezza e la fatica del pregare
Conclusione
Bibliografia
STRUMENTI DI CATECHESI
Catechesi
16
Andrea Mariani
Da viandante
a pellegrino
L’Acqua che rende buona la vita
Sigle
Nota [1]
AAS Acta Apostolicae Sedis. Commentarium officiale (Romae 1909 ss.).
CCC Catechismo della Chiesa Cattolica, Vaticana, Città del Vaticano 1992.
DV Concilio Ecumenico Vaticano II, Dei Verbum. Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione, in AAS 58 (1966) pp. 817-836.
ECEI 1-8 Enchiridion CEI, Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana, 1-8 Dehoniane, Bologna 1985-2011.
EdE Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia. Esortazione apostolica, in AAS 95 (2003) pp. 5-36.
EG Francesco, Evangelii Gaudium. Esortazione apostolica, in AAS 105 (2013) pp. 1019-1137.
EN Paolo VI, Evangelii Nuntiandi. Esortazione apostolica, in AAS 58 (1976) pp. 5-76.
EVat, 1-28 Enchiridion Vaticanum, Documenti ufficiali della Santa Sede, 1-28, Dehoniane, Bologna 1985- 2014.
EVBV Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Paoline, Milano 2010.
LF Francesco, Lumen Fidei. Lettera enciclica, in AAS 105 (2013) pp. 555-596.
LG Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen Gentium. Costituzione dogmatica sulla Chiesa, in AAS 57 (1965) pp. 5-75.
PF Benedetto XVI, Porta Fidei.Motu Proprio, in AAS 103 (2011) pp. 723-734.
RMa Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater. Lettera enciclica, in AAS 79 (1987) pp. 361-433.
VS Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor. Lettera enciclica, in AAS 85 (1993) pp. 1133-1228.
[1] Le sigle bibliche sono quelle in uso nella Bibbia di Gerusalemme.
Introduzione
La vita di ciascuno è un grande movimento: l’amore, gli affetti, le sofferenze, la fatica, gli incontri. Tutto dice che ogni persona è in cammino. E spesso questo non avviene in modo solitario: si viaggia insieme. La stessa esperienza di fede conferma tutto questo.
La vicenda di Abramo, padre nella fede ne è la dimostrazione. Egli lascia ogni sicurezza, abbandona la sua terra e si mette in cammino. E questa dinamica nasconde anche un rischio che è sempre presente. Credere, infatti, non significa vedere ma camminare, non poche volte in piena notte, anche se si intravede una luce pur piccola, minuscola.
Camminare non è il semplice girovagare. Chi cammina si mette in discussione, ha davanti a sé una meta, segue degli obiettivi, è chiamato a cambiare.
Al contrario, il girovago, si muove su se stesso, si ferma alle sue convinzioni, ai suoi piccoli progetti; è un viandante che si muove a caso e gira a vuoto.
Il pellegrino sa dove desidera andare e con chi sta camminando. Egli è audace, forte, gioioso, deciso nel suo passo, carico di energia e di speranza, ha delle attese da portare avanti. Chi cammina così è aperto all’altro ed all’Altro.
La vita battesimale dischiude un itinerario; apre all’incontro con la vita nuova donata dall’Alto che è la stessa vita di Gesù nel battezzato che lo chiama a compiere il bene. Spesso, invece, l’uomo contemporaneo si perde dietro a se stesso, vive senza obiettivi, non ha una meta da raggiungere, né ha audacia per andare avanti. Quante volte ci si ferma scoraggiati e delusi.
Spesso la paura arresta il cammino, blocca il viaggiare. Il credente invece sa osare, sfida ogni situazione della vita e procede sempre in avanti.
Qui non si vuole anticipare nulla. È chiesto solo un esercizio prima di scorrere le righe che seguono. Perché non porsi queste domande?
"Chi sono io?"; "Perché mi trovo nella situazione che sto vivendo?"; "Dove desidero andare?".
Tentare di rispondere aiuta certamente a cogliere non solo il cuore dello scritto che segue ma soprattutto è la condizione per non rimanere viandanti ed imparare ogni giorno ad essere pellegrini.
C’è un esodo da compiere per poter scoprire che il cammino è bello e che ciò che lo rende tale per il credente è l’incontro, è partecipare della stessa vita del Maestro di Nazareth: qui pulsa il cuore della fede.
E allora ci si sente si vivi dentro, felici, pur senza la pretesa di risolvere tutti i problemi che l’esistenza presenta.
Questa dunque è la sfida: credere e camminare.
E tu che aspetti?
Coraggio, non fermarti!
1. Il cammino
: una straordinaria metafora
Via, strada, percorso: il simbolo del cammino attraversa periodi, culture, spazi, sino a raggiungere il quotidiano; si potrebbe dire che camminare è vivere.
Camminano il nomade ed il pellegrino. Oggi poi vi è il viaggio virtuale e telematico con la sua forza tanto attraente ed accattivante.[1] Pensare al viaggio significa, quindi, rivolgersi ad una molteplice modalità con cui è possibile compierlo.
Ma ciò che non manca mai, o, meglio, non dovrebbe mancare, è il chiedersi il perché del suo realizzarsi: il suo senso.[2] La storia del pensiero ha offerto non poche e non banali intuizioni.
Per gli antichi, il viaggio, spesso compiuto tra prove e sofferenze incredibili, rivelava l’importanza della forza dell’uomo di affrontare e vincere la fatica. Era il banco di prova delle virtù del viaggiatore: eroismo, resistenza, dominio di sé, capacità di sopportare il dolore.
Il viaggio ha simboleggiato anche una forma di sapienza presente nella persona. Infatti, se lo star fermi era segno di fissità, di immutabilità, di chiusura alla novità del sapere, il viaggio era il tempo per l’uomo di raggiungere la sapienza, la saggezza, la maturità. Viaggiare ha significato una possibilità reale di imparare, conoscere, apprendere fino a cogliere che non può mancare la possibilità di raggiungere la meta: la contemplazione della verità.
Ma tutti raggiungono nella vita tale intuizione?
Tuttavia, purtroppo, non manca chi cammina per camminare. Questi viaggia, ma senza una destinazione da raggiungere: non si pone il problema. Ciò che gli importa è bruciare l’attimo che non si riesce mai a fermare.
Il senso del viaggio si esaurisce nel viaggio stesso, nell’essere continuamente sulla strada, in una continua ed incessante partenza. La cultura contemporanea spesso dimentica da dove viene e verso dove l’uomo è diretto;[3] tutto ciò non annulla l’affascinante dinamica interpretativa dell’uomo che cammina.
Indicativo è il viaggio di Ulisse: un percorso di ritorno dalla guerra di Troia verso la sua tanto desiderata terra natia: Itaca. Quella patria, fisicamente abbandonata, non è però mai scomparsa dal cuore dell’eroe omerico ed una volta ritrovata, il lettore comprende che, paradossalmente, il viaggio aveva assunto una forma circolare: fin dall’inizio era già presente la finalità ultima. Ulisse sa dove va, lo aspettano una casa, una patria, volti noti ed amati. È un viaggio pieno di avventure. (...) È essenzialmente un ritorno volto al passato, riannodando l’ordine interrotto entro prospettive familiari e conosciute
.[4]
Si tratta, pertanto, per Ulisse, di un viaggio paradigmatico che non consiste semplicemente nell’approdo ad un’ isola, seppur tanto amata, che ha comportato il superamento di mille ostacoli, prove e pericoli. Qui, si vede chiaramente, che il camminare diviene scoperta, possibilità di esplorare mondi ignoti e sconfinati, ricerca del nuovo, carica di desiderio e simultaneamente esperienza di timore dinanzi a ciò che è imprevedibile. Non è questa la parabola dell’esistenza umana?
La vita ha inizio quando l’essere viene al mondo e giorno dopo giorno affronta il quotidiano intriso di desideri e di sogni, di speranze e di paure, di insuccessi e di vittorie. L’essere umano sperimenta che il suo camminare, passo dopo passo, è per lui occasione per misurare la sua disponibilità ad affrontare l’imprevedibile; in tutto ciò sente forte il suo limite.[5]
In questo modo è comprensibile che camminare non è un semplice termine verbale che indica movimento; esso è molto di più; è ciò che definisce l’essere nel mondo dell’uomo.
L’uomo è viator, vivere – si potrebbe affermare – significa essere per strada. Questa non è una situazione contingente, ma la condizione stabile dell’uomo sulla terra. L’ontologia della strada indica una meta; il camminare è propriamente il luogo della speranza.[6] Il camminare e la speranza ricordano che ogni persona è sempre in-cammino. È un itinerario che è proiettato verso un traguardo che l’attende, verso un incontro che è tutto da vivere eternamente.[7] Diversamente, la stessa vita, si svuoterebbe di senso.
1.1. Vivere è camminare: da un inizio verso una meta
L’esistenza è un viaggio veloce, rapido, che non conosce fermate, interruzioni. Il cammino è una delle metafore più adeguate per rappresentare il vivere umano-cristiano. Solitamente la figura del camminare richiama immediatamente il movimento fisico da un luogo ad un altro; in realtà non è l’unico. È cammino anche ciò che guida la persona alla conoscenza di sé, dell’altro, di Dio.
Camminare richiede spesso coraggio; implica sempre un lasciare, un abbandonare ciò che si conosce per inoltrarsi verso un ignoto. Si potrebbe affermare che la vita come cammino ha con sé un allontanamento, un distacco, un esilio. Non a caso il morire è descritto come l’ultimo viaggio che la persona compie, ritornando, paradossalmente, al suo principio che è una meta ricca di mistero che interpella il cuore e l’intelligenza umana.
La vita, quindi, implica muoversi, districarsi in percorsi a volte tortuosi, in una sorta di labirinto, misurando passo per passo ciò che non si conosce, alla ricerca di una meta.
In termini biblici, si tratta di raggiungere quella città meravigliosa che è dono di Dio: la Gerusalemme celeste.[1] Qui l’uomo raggiunge il senso del suo essere ed esserci; comprende che la vita ha uno scopo, un traguardo; l’esistenza non è un camminare in un tunnel senza via d’uscita.
Non è un caso che l’amato papa Francesco richiami continuamente l’importanza di tale simbologia nella vita umana e cristiana. Infatti, credere è camminare.[2] Dio lo si trova mentre si cammina, si passeggia, lo si cerca e ci si lascia cercare da lui. Sono due strade che s’incontrano
.[3] Non per nulla la prima esperienza religiosa è proprio quella del cammino:
Vattene verso la terra che io ti indicherò (Gen 12,1)
.[4]
Pertanto, dobbiamo sempre ricordare che siamo pellegrini, e che peregriniamo insieme
.[5]
Camminare, dovrà essere anche la dinamica che deve abitare la Chiesa in quanto abitata dal Maestro che la guida. L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi. (...) È vitale per la Chiesa non chiudersi, non sentirsi già soddisfatta e sicura con quel che ha raggiunto
.[6]
E si cammina insieme, non da soli. Noi cristiani siamo parte dell’unico gregge di Cristo che cammina insieme, (...) collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli (...) ma anche accettare le scuse degli altri perdonando
.[7]
La Chiesa è chiamata a camminare in compagnia di Cristo; il credente vive la fede non dimenticando che credere è non ritenersi degli arrivati.
Ed il punto di arrivo del camminare è così pace, gioia, armonia; spesso il traguardo è simboleggiato da un ricco banchetto in cui si vive la bellezza