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Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort
Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort
Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort
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Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort

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About this ebook

Louisiana è una giovane studentessa americana di 23 anni, che studia a Milano. Conduce una vita molto tranquilla sotto il controllo di una madre ossessivamente legata alla religione. Rifiutando il modello impostole da un'educazione tanto conservatrice la ragazza si innamorerà di Josh, un affermato scrittore ebreo, e conoscerà attraverso di lui per la prima volta il sesso e la passione. La sua ricerca però si fa smodata, al punto che una sera in un locale notturno incontra Samantha, una reclutatrice di Escort per una fantomatica "Intelligence", legata alla Massoneria.
Louisiana intraprenderà il lavoro di spia, riportando informazioni al termine degli incontri con i clienti. Come lei stessa ammetterà: "Della brava ragazza che i miei avevano tirato sù con immensi sacrifici, non è rimasta traccia.".
Fino a che punto quello che consideriamo il nostro destino può influire sulle nostre scelte? E soprattutto...quale sarà lo scotto da pagare per avere commesso l'errore di pensare che una puttana non debba provare dei sentimenti?
LanguageItaliano
Release dateJul 18, 2016
ISBN9786050483383
Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort

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    Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort - Letizia Turrà

    Letizia Turrà

    Aldilà del muro, diario e confessioni di una Escort

    UUID: 5c9e2a9e-6bb5-11e7-b3db-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Introduzione

    Prefazione

    Capitolo primo

    Capitolo secondo

    Capitolo terzo

    Capitolo quarto

    Capitolo quinto

    Capitolo sesto

    Capitolo settimo

    Capitolo ottavo

    Capitolo nono

    Capitolo decimo

    Capitolo undicesimo

    Capitolo dodicesimo

    Capitolo tredicesimo

    Capitolo quattordicesimo

    Capitolo quindicesimo

    Capitolo sedicesimo

    Capitolo diciassettesimo

    Capitolo diciottesimo

    Capitolo diciannovesimo

    Capitolo ventesimo

    Capitolo ventunesimo

    Capitolo ventiduesimo

    Capitolo ventitreesimo

    Capitolo ventiquattresimo

    Capitolo venticinquesimo

    Capitolo ventiseiesimo

    Capitolo ventisettesimo

    Capitolo ventottesimo

    Capitolo ventinovesimo

    Capitolo trentesimo

    Capitolo trentunesimo

    Capitolo trentaduesimo

    Capitolo trentatreesimo

    Capitolo trentaquattresimo

    Capitolo trentacinquesimo

    Capitolo trentaseiesimo

    Capitolo trentasettesimo

    Capitolo trentottesimo

    Capitolo trentanovesimo

    Capitolo quarantesimo

    Capitolo quarantunesimo

    Capitolo quarantaduesimo

    Introduzione

    "Improvvisamente avvertii e osservai che un’altra, che però ero io, si sollevò dal mio corpo e s’incamminò verso la libreria. Io restai sul divano contemplando il mio stesso percorso.

    La donna controllò la parte superiore del mobile; sfiorò uno ad uno i sette libri di Franz Kafka: Contemplazione, Il processo, Il castello, America, La metamorfosi, Lettera al padre e La condanna; c’erano anche tre dischi dei Beatles, collocati l’uno sopra l’altro.

    La donna prese ogni disco con molta attenzione, come se non volesse lasciare tracce. L’ultimo era il famoso disco bianco dei Beatles. E sorrise, lasciò i dischi al loro posto, si accovacciò, si allontanò un poco e lesse i titoli dei tre libri che occupavano l’estremità inferiore: Danubio di Claudio Magris, La biblioteca di notte di Alberto Manguel e Dietario voluble di Enrique Vila-Matas.

    Tre titoli che incitano al viaggio geografico, letterario, materiale o esistenziale ma comunque sempre un viaggio; ogni movimento, immaginario o corporeo, finisce per essere un viaggio; pensò a voce molto bassa."

    La Contemplazione, Edgar Borges

    Prefazione

    Tempo fa riflettevo sul perché una persona decida di voler scrivere un libro.

    Per molti è una questione di sfogo, per altri la ricerca della verità, per altri ancora un’analisi interiore profonda seguita dalla voglia di promulgare un messaggio.

    Credo che quest’ultima sia la ragione che mi abbia spinto a passare da un tema ad un altro quando scrivo.

    Quando ho deciso di parlare di Louisiana e della sua storia, sono partita da un piccolo racconto che avevo scritto almeno due anni prima e che avevo intitolato Aldilà del muro.

    Descrivevo in quel contesto di come nella vita esistano persone che vivono tutta la loro esistenza dietro a un muro e non permettano alla loro mente di andare oltre di esso. Il nostro più grande limite a volte siamo proprio noi a imporcelo, non guardando al prossimo con il giusto spirito e alla vita quale grande premio quotidiano.

    Altro punto fondamentale era la convinzione che esista un destino che lega tutti noi esseri umani l’uno all’altra, rimango fermamente convinta che potremo anche fare il giro del mondo ma alla fine arriveremo alla destinazione prescelta per noi dal fato o dal Karma, a seconda di come lo vogliate interpretare.

    Ecco perché parlo di una donna che decide di vivere la sua vita affidandosi al destino con il dovuto rispetto degli eventi e delle emozioni, anche se deciderà comunque di metterle da parte, convinta che non debbano contare per lei, perché una donna che sceglie di fare la prostituta non necessita di soddisfare i bisogni dell’anima.

    Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo l’ho fatto nella piena coscienza che stavo scrivendo di un tema molto forte (anche per alcune tra le persone che mi conoscono), e che avevo il dovere di parlare di questi argomenti in modo sincero e senza remore.

    Credo che a tutti capiti di porgersi degli interrogativi nei confronti della vita e delle scelte. Volevo quindi fosse chiaro che, una volta intrapresa una strada, la stessa possa modificare chi la percorre e gli eventi successivi a quel percorso.

    Mi è stato più volte chiesto se questa storia rappresenti più o meno una sorta di eventi autobiografici.

    Ribadisco che, tranne per alcune location e situazioni reali sinceramente no, non lo è, è frutto della mia immaginazione, una fervida immaginazione e di un ardito spirito di curiosità verso quello che viene definito occulto, che sin dall’infanzia mi accompagna.

    Ho semmai raggiunto un accordo con me stessa: quando scrivo ho il dovere di parlare di quello che mi piace senza troppe esitazioni, e senza la paura di essere giudicata da nessuno.

    Il mio unico interesse è fare in modo che il lettore venga sommerso dal vortice delle emozioni durante la lettura del romanzo quasi come vivesse sulla propria pelle le sensazioni che la mia protagonista ha vissuto. In molte occasioni infatti, Louisiana fa in modo che i suoi dialoghi creino un filo diretto con il lettore, come se lo avesse davanti.

    Ringrazio come sempre la mia preziosa famiglia per il supporto e l’appoggio, e chiedo perdono per la mia assenza nei momenti di isolamento più intensi che, ahimè, si verificano naturalmente per chi scrive.

    Dedico questo libro a tutte le persone che amano, senza riserve.

    Buona lettura e a presto!

    Letizia T. (www.letiziaturra.com)

    Capitolo primo

    Way down Louisiana close to New Orleans, way back up in the woods among the evergreens….

    Spegne la radio. Spegne la sigaretta.

    Da un po’ di tempo ha anche iniziato a fumare, dapprima per darsi un tono, poi col tempo, anche quella si è trasformata in un’abitudine da cui è divenuto difficile separarsi.

    Per un’intera settimana il volto di Milano è stato uggioso, la pioggia non ha mai cessato di battere sui marciapiedi e questo brano sembra essere l’unico raggio di sole che filtra nella sua stanza buia.

    Sul tavolino un bicchiere d’acqua mezzo pieno, un flacone degli inseparabili tranquillanti, e quel famoso libro di William Shakespeare.

    Ascolta quella canzone consapevole del legame che c’è tra lei e quel brano. E’ strambo pensare che ci sia un legame tra una persona e una musica, eppure è così.

    Tutto merito del luogo da cui proviene, tutta colpa di suo padre: amante di Chuck Berry e della musica Soul in generale, Richard Backer è il General Manager di un’industria farmaceutica. E' di origini irlandesi, ma cresciuto in Florida. Sua madre Margareth, nata e cresciuta fino all’età 17 anni a New Orleans, è una casalinga tutta casa e chiesa, puntigliosa e taciturna in quasi tutte le occasioni, tranne durante le manifestazioni parrocchiali, fa infatti parte del gruppo della parrocchia di East Baton Rouge, e da anni combatte ardentemente per la raccolta fondi e la riunificazione delle comunità dei ragazzi di colore.

    Ecco perché lei si chiama così.

    La Louisiana è il luogo in cui è cresciuta fino a 19 anni, proviene per l’esattezza dalla capitale, Baton Rouge, paese di quasi 450 mila abitanti saliti vertiginosamente a 900 mila circa dopo l’uragano Katrina del 2005, che ha visto costretti gli abitanti di New Orleans a lasciare la Città per trasferirsi lì data l’emergenza di evacuare dalle loro abitazioni.

    Louisiana viveva in una bellissima casa, studiava presso Istituti privati, partecipava alle feste più esclusive, non aveva che da chiedere per vedere realizzato ogni suo desiderio.

    Nonostante nessun problema economico si sentiva oppressa all’interno del nucleo famigliare e dal luogo nel quale era nata e cresciuta. I soldi nella loro casa non erano mai mancati ma il prezzo da pagare era stata la totale assenza della figura paterna nella sua vita.

    La madre le aveva anche imposto un indottrinamento religioso ossessivo che l’aveva portata ad avere repulsione della religione e di Dio, come conseguenza.

    Riteneva infatti non potesse esistere un Dio superiore che ci aveva creati a sua immagine e somiglianza, ma che piuttosto eravamo frutto di un’energia proveniente da chissà dove e tutti gli eventi che si verificarono intorno a lei (come l’arrivo dell’uragano), le fecero pensare sempre di più che aveva ragione.

    Anche lei come il padre adorava la musica, per questo ogni volta che ne sentiva il bisogno ascoltava le canzoni che la ricollegavano profondamente alla sua spiritualità.

    "Una spiritualità che va oltre la religiosità imposta da mia madre, che mi scava la pelle arrivando fino al mio sangue.

    Una spiritualità forte come il legame che ho sempre avuto con il sesso ma che gestisco con opportuno riserbo per la vergogna, quell'emozione che bagna i miei occhi di lacrime e mi fa intravedere quel ritorno all’illuminazione, alla luce forte che staziona in ognuno di noi.

    Avrei voluto godere di quella normalità e quella pace a lungo ricercata, ma non vi è mai stato modo per me di mantenerla sempre lì costante, tanta era la voglia della pace di rifugiarsi in un luogo misterioso dove nessuno avrebbe mai potuto scovarla, me compresa."

    Aveva un taccuino su cui era solita annotare aforismi e pensieri di questo genere.

    Nel giorno in cui ricevette la notizia dai suoi cari e dai giornali dell’uragano e di quali tragici eventi avevano scosso le vite di coloro che conosceva scrisse:

    Sono scappata da quel luogo che ho sempre reputato orrendo, ma mai come ora mi sento triste per non aver salutato quelle persone che rappresentarono la mia prima esistenza e che ora sono state spazzate via, insieme ai loro sogni...

    Oggi Louisiana vive a Milano da quattro anni, è una studentessa di 23 anni, bella, alta, con una massa sensuale di capelli ricci e mori, carismatica e dai grandi occhi.

    E’ bella lei, talmente bella che non ha bisogno di mettere abiti che la rendano appariscente, gli uomini la noterebbero comunque. Non ha amici, tranne una compagna di stanza con la quale condivide un grande affetto e una grande stima.

    Questa è la storia. La storia in cui si narra la mia vita.

    Sarà raccontata senza ipocrisia e senza ritocchi fantasiosi né riassunti, perché quando si parla della vita delle persone non si può ridurre tutto a due minuti di riassunzione degli eventi, ogni vita merita rispetto e il mio unico dovere sarà quello di raccontarvela, per quanto possibile, interamente.

    Se pensate che leggendo questo racconto vi sentirete più leggeri o conoscerete solo quello che fa una studentessa tutti i giorni dal mattino alla sera come fosse una sorta di diario giornaliero, allora vi consiglio di cambiare libro.

    Questa è una storia seria, piena di sentimento e rappresenta la vita di una donna che ha davvero amato, oltre ogni aspettativa: me stessa.

    Questa mattina sono pronta per andare in Università per la lezione, ma come sempre prima riceverò la telefonata di mia madre.

    Sapessi com’è dura qui tesoro, è arrivata la crisi dopo il disastro, abbiamo tutti il terrore di essere interrotti nel cuore della notte dal prossimo catastrofico evento o di essere derubati dei nostri beni, l’età avanza, i dolori anche... tuo padre la notte dorme sempre poco

    Come sarebbe, penso, mio padre che torna a casa a dormire?

    Cosa dirti mia cara, oggi siamo qui, domani chissà, non ci resta che affidarci a nostro Signore Gesù!

    Mamma ti prego non ricominciare, vorrei per una volta andare a lezione senza tutte le tue storie su quanto è dura la vita e che Dio pilota ogni nostro giorno, non credi che abbia anch’io diritto di vivere tranquillamente la mia età?

    A me non fu riservata la stessa scelta, Dio ha deciso di darmi te in dono che avevo 45 anni e per me non fu affatto facile, pensavo di non potere avere più nessuna possibilità di concepire un figlio, ma il Signore opera in modo imperscrutabile!

    Devo andare, mi racconterai un altro giorno di come tu abbia vissuto male la tua giovinezza senza figli quando li aspettavi e con un marito che non c’era mai a causa del lavoro.

    Louisiana non dire così, sai bene quanto tuo padre ci abbia amate e quanto ci è costato, noi ci siamo fatti da soli! Vai pure a fare la tua lezione e diventa una brava persona, diventando qualcuno con sacrificio otterrai sempre i risultati sperati! Prego sempre per te, buona giornata.

    Chiudo il ricevitore sconfortata. Ciao Mamma, beata te che vivi nel tuo mondo fantastico, forse anche pieno di illusioni, ma qui non siamo in un Sistema dove regna la meritocrazia e, cosa ancora più importante... Dio non esiste.

    Ormai le telefonate con mia madre sono diventate per me scopo di redenzione ad appena 23 anni e aggiornamento sulle condizioni meteo dei rispettivi paesi dove viviamo!

    Non mi sono mai sentita a mio agio con lei, né con mio padre.

    Lo ricordo da bambina come fosse oggi. Se ne stava spesso sull’uscio della porta della mia cameretta sempre con la casa in una scatola, come diceva la nonna e mi guardava, aspettandosi che io mi girassi per salutarlo. Quasi sempre non lo facevo per puro disprezzo, lo detestavo per il fatto che ci mettesse al secondo posto rispetto al suo lavoro.

    Quando andava via per lunghi periodi si portava persino dietro le foto incorniciate fatte magari durante i pochi giorni che trascorrevamo insieme in montagna o al mare, quei giorni in cui anche una conchiglia era in grado di regalarmi emozioni inattese.

    Anche in quelle poche volte insieme, se ne stava sempre attaccato al computer per mandare i dati in azienda.

    Mi ricordo di mia madre, sempre impassibile e taciturna intenta a guardare il mare, nascosta dal suo enorme cappello e dai suoi occhiali da sole, scuri.

    Non me l’ha mai detto ma deve essere stata una sofferenza enorme stare al fianco di un uomo che per metà della loro unione aveva investito il suo tempo nella carriera.

    E forse io arrivata in così tarda età, avevo dato un senso alla sua vita quando ormai il suo corpo era quello di una cinquantenne, una specie di nonna che deve occuparsi di una bambina vivace e allegra, ma che non riesce a contenere.

    Almeno fino a quando non ebbi compiuto 18 anni il rapporto con mio padre fu inesistente. Era come se i miei sentimenti si bloccassero di colpo, di fronte alla sua imponenza di uomo d’affari, freddo e distaccato. Un distacco disarmante per me.

    Col tempo imparai ad accettare le nostre differenze e lo perdonai per non esserci stato nei momenti in cui avevo più bisogno di lui. Con mia madre invece è stato tutto sempre complicato, ci sono troppe distanze generazionali e di pensiero tra noi due, mi sembra più di parlare con una nonna o una vecchia zia quando sono al telefono con lei.

    I miei compagni di Università hanno genitori giovani, o perlomeno giovanili, a me invece Dio ha dato una madre settantenne, piena di acciacchi e di un bigottismo senza pudore! Mai parlato di sesso o di ciclo mestruale con lei, persino la prima sbronza l’ho presa qui a Milano.

    E poi ogni mattina con la sua telefonata rischia di svegliare Maria Antonietta, la mia compagna di stanza.

    Dovreste conoscerla. Siciliana, milanese di adozione, le dico sempre che se non ci fosse bisognerebbe inventarla.

    Mi fa incazzare perché pur essendo una donna di indubbie qualità, in amore diventa una specie di zerbino su cui tutti gli uomini che passano si puliscono i piedi.

    Quello che più mi piace di lei è che non ha inibizioni nel dire ciò che pensa, non sparla mai di nessuno anche se su di lei si narrano le peggiori cose in Università, e mi ascolta senza interrompermi. Lo fa perché ama darsi da fare per gli altri, e come tutte le donne che amano troppo, non è in grado di saper ricevere, pretendendo la stessa cosa indietro. Le riesce quasi impossibile.

    Forse in lei c’è un po’ di mia madre (di quella che avrei desiderato avere), però più giovane e che parla di sesso e lo pratica anche, senza freni.

    Ci vorrebbero a questo mondo un po’ più di persone che parlano liberamente di ciò che rispecchia la natura primordiale dell’uomo, senza la preoccupazione di non sentirsi compresi o giudicati dagli altri.

    Non mi è mai importato granché di piacere alle persone, quando sei giovane hai la presunzione di pensare che ce la farai a vivere anche senza il parere degli altri, la loro disapprovazione può farti anche in certi casi gioire perché ti senti rivoluzionaria, ma uno dei (segreti) motivi per la quale mi sono trasferita in Italia è perché ho voglia di avere emozioni forti, vorrei innamorarmi in parole povere.

    Esco di casa con la mia (ordinaria) rapidità, Mari Anto (come la chiamo io) non si è svegliata nonostante la chiamata di mia madre, ci si sarà abituata ormai, lei arriva sempre tardi a lezione, a volte non viene neppure in Università, è sempre stata convinta che funzioni come al Liceo: va a letto o pratica sesso orale con i professori più severi e riesce così ad ottenere sempre ottimi voti, tanta è la paura di questi poveretti di vedersi rovinare la reputazione per il fatto di essere andati a letto con una loro studentessa.

    Io a lezione invece ci devo andare, non amo fare sesso con i professori e preferisco stare all’aria aperta, anche solo per andare a prendere il caffè nel bar sotto casa.

    A casa mia a Baton Rouge avevo una stanza di 50 mq tutta per me, qui dividiamo 45 mq in due, sarà anche per quello che esco di casa appena posso.

    La cucina la usiamo poco, anche se sono riuscita nell’ultimo anno a cimentarmi in qualche deliziosa ricettina, dopo tre anni di Mc Donald’s non ce la faccio più, ormai odio anche le patatine che mi sono sempre sembrate fantastiche.

    Come al solito arrivo alla fermata di corsa in preda al panico, con il cuore che batte più forte degli auricolari che ho nelle orecchie per la corsa fatta sulle scale per la paura di perderlo, e ad un tratto... il mio cuore si ferma. Vedo Lui.

    Lui è alto, in un abito color crema, orologio e scarpa così eleganti che mi sento subito a disagio nelle mie ballerine e il mio trench beige.

    Lo guardo attentamente. Porta gli occhiali da vista, sta guardando nervosamente il telefonino. I suoi capelli lunghi e neri cadono sulle sue spalle.

    Lui si volta e mi guarda distrattamente. Probabilmente si sente osservato.

    Mi volto dall’altra parte facendo finta di non averlo notato e arrossisco subito.

    Saliamo sul bus, io seconda porta e lui terza, ma ci ritroviamo dato l’affollamento sul mezzo, vicini ad appena pochi centimetri, l’uno dall’altra. Posso sentire il suo profumo, forte, intenso.

    Ha la faccia da ebreo e questa cosa mi piace molto, adoro i visi schematici e spigolosi, che tanto sanno di professorino.

    Mi giro nuovamente per guardarlo e lui si volta a guardarmi, ci fissiamo, sono sensazioni che si avvertono ma che non si riescono a descrivere, entrambi abbiamo la consapevolezza che quello sarà un incontro fortuito, che non ci rivedremo più perché uno dei due si trova lì solo per caso.

    Allora forse dovremmo lasciare che questo vortice ci trascini e ci porti con sé, ma è arrivato il momento per me di scendere.

    Quando scendo alla mia fermata, Lui è ancora sul bus. Cerca i miei occhi, ma per la vergogna non gli rivolgo neppure un ultimo sguardo, mi fa male lo stomaco dall’adrenalina ma il linguaggio del corpo mentre mi muovo dice ogni cosa. Mi sento come se fossi appena scesa dalle Montagne Russe.

    Da tutto il giorno sono inquieta. Non riesco neppure a raccontare a Mari Anto quanto mi è accaduto, mi sento una stupida a provare ciò che provo.

    Non ho mai sentito questa cosa per nessuno prima d’ora. Dalle mie parti le ragazze a venti anni hanno già figli e marito.

    Per me sarà diverso, io non mi sposerò per tradizione, mi sposerò perché lo desidero ardentemente, con la consapevolezza che quella è la persona che desidero ancora più ardentemente.

    Vado a letto e Lui è nei miei sogni. Non posso fare a meno di pensarlo.

    Non posso fare a meno di scriverne sul mio taccuino il mattino seguente: Questa notte ho sognato Te e le tue mani, ho accarezzato ogni singola ciocca dei tuoi morbidi e lunghi capelli e le tue lunghe dita mi hanno stretto i fianchi quasi fino a bloccarmi il respiro, la nostra pelle non ha più lasciato filtrare la luce perché ci siamo uniti nel corpo. Le tue labbra erano morbide e non hai mai aperto gli occhi.

    Prima di questo sogno il più ricorrente era quello di fare l’amore con un uomo

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