Monachesimo e diaconato femminile: Il caso della diaconessa Olimpia
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Monachesimo e diaconato femminile - Maria Chiara Marzolla
Maria Chiara Marzolla
MONACHESIMO E DIACONATO FEMMINILE
© 2016, Marcianum Press, Venezia
Marcianum Press
Edizioni Studium S.r.l.
Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 041 27.43.914 - Fax 041 27.43.971
marcianumpress@marcianum.it
www.marcianumpress.it
L’Editore ha cercato con ogni mezzo i titolari dei diritti delle immagini senza riuscire a reperirli; resta a disposizione per l’assolvimento di quanto occorra nei loro confronti.
ISBN: 9788865125083
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Indice dei contenuti
Il femminile nel monachesimo e nella società: etica del reciproco riconoscimento
Introduzione
Capitolo I - L’origine del monachesimo femminile raccontata da Abelardo
1. Lo schema narrativo nella risposta di Abelardo
1.1 La prima sezione della lettera VII di Abelardo
1.2 La devozione delle donne per Cristo: la testimonianza del Vangelo di Luca
1.3 I privilegi e gli onori concessi da Cristo alle donne
1.4 La fedeltà delle discepole perdura nel momento della Croce
1.5 Gesù sceglie di apparire prima alle donne: le saluta con gioia e si fa da loro toccare
2. Le prime donne consacrate in età apostolica: un numero che crebbe velocemente
2.1 Le testimonianze degli Atti degli Apostoli e di Paolo
2.2 Preziose informazioni ricavate dai primi storici della Chiesa
3. Le donne dell’antico testamento che precorsero l’ideale monastico cristiano
3.1 Donne profetesse: l’esempio di Maria, sorella di Aronne
3.2 Altre celebri donne dell’Antico Testamento: esemplari nella vita e nella preghiera
4. Vedove e diaconesse nella chiesa antica
4.1 Le particolari lodi rivolte alle donne consacrate
5. La grazia che si manifesta nella debolezza femminile
5.1 La grazia divina è per le donne di tutti i popoli
6. Anche i pagani apprezzano e onorano la figura della vergine
7. La concezione della castità femminile nei Padri della Chiesa
8. Pregio ed originalità dello scritto di Abelardo
Capitolo II - Le vergini: una scelta di vita emancipatrice
1. La libertà insita nella castità
1.1 Verginità nel mondo pagano: le Vestali
1.2 La castità è vanto per gli apologisti
1.3 La verginità come rivoluzione del Cristianesimo
Capitolo III - Il diaconato femminile nella Chiesa antica
1. Il diaconato femminile antico: un ministero certamente istituito
1.1 Le mansioni affidate alle diaconesse
1.2 L'assenza quasi totale di tale ministero in Occidente
2. Le testimonianze dei Padri cappadoci sulla figura della diaconessa
2.1 Le diaconesse figlie del ministro Terenzio
2.2 La parola διάκονος per indicare una vera e propria ministra
2.3 Gregorio di Nissa e l’attività direzionale della diaconessa Lampadio
2.4 Figure non solo rappresentative
3. Testimonianze epigrafiche ed evoluzione del termine
3.1 Decisioni dei vari concili in merito all’istituzione delle diaconesse
3.2 Provvedimenti di Giustiniano
3.3 La fine per le donne di un ministero attivo: il Concilio di Trullo
3.4 Le testimonianze di Teodoro Balsamone e Matteo Blastares
3.5 Da ministero attivo a puro titolo onorifico
4. Il diacono di Febe nel celebre passo paolino
4.1 Febe come διάκονος e προστάτις
4.2 Le tre diverse possibili interpretazioni
4.3 Un argomento trascurato dalla tradizione esegetica
4.4 Esempi di traduzione nelle differenti Bibbie Cristiane
4.5 I commenti di alcuni scrittori ecclesiastici al passo paolino
4.6 Le conclusioni a cui giunge Corrado Marucci
4.7 Tentativi progressivi di depauperare il diaconato femminile
Capitolo IV - Olimpia di Costantinopoli: fonti storiche e agiografiche
1. Fonti storiche relative a Olimpia di Costantinopoli
1.1 La Vita anonima di Olimpia: testo e osservazioni. Nascita, giovinezza e matrimonio
1.2 Traversie per il controllo del patrimonio di Olimpia
1.3 La santità di Olimpia e delle innumerevoli donne che la seguirono
1.4 Olimpia e le altre donne del monastero: quasi una scuola di diaconesse
1.5 L'amicizia e la collaborazione con Giovanni Crisostomo
1.6 Proseguimento della comunità fondata da Olimpia dopo la sua morte
1.7 Conclusione della Vita
Capitolo V - La vicenda e il contesto storico dell'attività ecclesiale di Giovanni Crisostomo
1. Formazione di Giovanni Crisostomo
1.1 Le pesanti ostilità nei confronti del Crisostomo
1.2 L’attenzione del vescovo alla vita femminile consacrata
Capitolo VI - L'epistolario di Giovanni Crisostomo per Olimpia: tra amicizia, collaborazione, fedeltà e servizio
1. I differenti e vari livelli dell'epistolario
1.1 Due tratti distintivi di Olimpia: attività diaconale e azione caritativa
1.2 L'impegno ecclesiale di Olimpia
1.3 Il sostegno spirituale del vescovo a Olimpia
1.4 I delicati compiti affidati a Olimpia
1.5 Olimpia come tramite per mantenere i rapporti affettivi
Capitolo VII - Lo zelo ecclesiale di Olimpia per il vescovo e la Chiesa
1. Le lettere come medicina per guarire i mali dell'anima
1.1 Transitorietà della sofferenza umana e il problema dello scandalo
1.2 Porre un limite alla propria pena
1.3 Olimpia è tornata serena
1.4 La donna come protagonista nel contesto ecclesiale
Capitolo VIII - Il rapporto di amicizia tra Olimpia e il vescovo antiocheno
1. Esortazioni e lodi ad Olimpia da parte del Crisostomo
1.1 La sincerità dell'amicizia traspare in modo particolare in alcune lettere
1.2 Gioia per la vittoria spirituale
1.3 Altre tematiche dell'epistolario
Capitolo IX - La stima nei confronti di Olimpia
1. Il combattimento spirituale di Olimpia e il premio che l'attende
1.1 Olimpia fortificata nella fede
1.2 Valorizzazione del femminile nella prospettiva della fede cristiana
Capitolo X - Un altro esempio di collaborazione ecclesiale: Olimpia e Gregorio di Nissa
1. Il prologo dedicato ad Olimpia
1.1 Il prestigio di Olimpia presso le grandi personalità ecclesiali
1.2 La profonda conoscenza delle Sacre Scritture e l'autorevolezza spirituale di Olimpia
Conclusione
Sigle
Bibliografia
1. Testi
2. Studi
Indice dei nomi
Alla memoria di don Giampietro Ziviani,
sacerdote e amico, che con la sua sapienza
e la sua cultura è stato per me
un prezioso punto di riferimento.
Un ringraziamento particolare a mio marito Marco
per i preziosi consigli e per l’importante supporto
e al mio bambino Giovanni
per la gioia che mi dona.
Il femminile nel monachesimo e nella società: etica del reciproco riconoscimento
Saggio introduttivo di Gianluigi Pasquale OFM Cap.
Le pagine che ci stanno innanzi sono destinate a lasciare una traccia indelebile nella ricerca storica avanzata in merito al ruolo della donna oggi. Ruolo, la cui valorizzazione e comprensione sono tutt’altro che capite nello scenario globalizzato da noi abitato, appunto a testimone, eventualmente, del contrario. L’intuizione che soggiace in sottofondo all’intero libro ruota attorno alla posizione assunta, innanzitutto, nella Chiesa dei primi secoli, dalla donna cristiana, valorizzata dall’istituzione ecclesiale con incarichi ufficiali ad essa conferiti. A prescindere dal gheriglio teoretico a partire dal quale si ponga il lettore, è inconvertibile, almeno dal punto di vista storico-documentario, il frangente del «peso politico» progressivo e fondamentale assunto dal genio femminile in quella che fu la « res publica christiana». Sia in Occidente, sia soprattutto in Oriente, è noto a tutti il diffuso potere
e la determinante influenza che donne, soprattutto quelle appartenenti agli Istituti di Vita Consacrata, assume, piano piano, in seno al consorzio civile. Ricordo soltanto due esemplificazioni appannaggio di tutti: il ruolo dell’imperatrice Pulcheria (399-453) nel tradurre dal latino al greco al vescovo di Costantinopoli Flaviano († 449) e all’imperatore Teodosio II (401-450), suo fratello e del tutto ignaro dell’idioma romano, le Lettere
pontificie scritte in latino da Papa Leone (390-461) per il buon esito del Concilio di Calcedonia (451) e il perdurare dell’istituto giuridico del «matrimonio» (non del «patrimonio», dal quale, tuttavia, viene assicurato), lo specimen dei quali gode certamente di una rilevanza civile, piuttosto che ecclesiale, anche se quell’ultima ne rimane l’eziologia. La donna, insomma, come fa notare argutamente l’Autrice, ha veicolato per ogni società il proprio DNA epigenetico rivoluzionario, esattamente quello ad essa più consono in quel frangente storico. È, forse, superfluo far notare che si tratta di un’affermazione alquanto impegnativa sia nel suo fondamento storico, sia nel suo risvolto epistemologico. Ma proprio per questo non ingenuamente audace, quanto, invece, vera e fondata. E, al fine di fissare questo «probatur thesis», il libro si apre al lettore presentandosi come un prezioso trittico, la cui prima pala (o anta) coincide con questa precisa affermazione: «in questo senso la portata del Cristianesimo fu davvero rivoluzionaria, perché concesse alle donne un’altra possibilità di vita, o meglio una possibilità di vita in più, che la mentalità del tempo mai avrebbe potuto ammettere e nemmeno immaginare senza la consapevolezza ed il pensiero cristiani» (pag. 63).
A questo prima pala del trittico, il volume che abbiamo tra le mani ne apre, poi, una seconda, dalla prospettiva filosofica certamente più appetibile: la questione del diaconato femminile nella Chiesa antica, così strettamente inquilina all’altra dell’emancipazione femminile[1]. Argutamente e senza entrare nel merito di questioni di «gender studies», da questo secondo versante l’Autrice, muovendosi con fine perizia metodologica innanzitutto sulle fonti, veicola un’altra fondamentale intuizione sconosciuta ai non addetti ai lavori e che ci corre, dunque, l’obbligo di anticipare mediante la citazione delle sue stesse parole: «possiamo comprendere dalle testimonianze degli antichi, quanto venisse avvertita come rivoluzionaria la scelta di vivere in continenza e castità per tutta la vita, anche quando questa scelta fosse effettuata dagli uomini. Ma se tanto potevano impressionare gli uomini che decidevano per una tale esperienza esistenziale, ancor più destavano meraviglia le donne, che, come ho detto, finivano per sottrarsi all’autorità maschile, autorità che era considerata assolutamente naturale e fuori discussione, perché doverosa» (pag. 62-63). La posta in gioco messa qui in evidenza colpisce nel bersaglio proprio l’attualità del pensare comune perché la «castità [...] diviene l’ambito privilegiato nel quale si concretizza una reale emancipazione femminile» (pp. 57-58). Tradotto in codici sociali e linguistici attuali, l’affermazione rimbalza, appunto, in tutta la sua veridicità per la società e per contributo da essa apportato al convivere umano nelle relazioni etiche plurali caratterizzanti l’attuale scenario tardomoderno. Se, tuttavia, viene così tradotta: il diaconato rimane un dispositivo ecclesiale, giuridico ed esistenziale di sottofondo
; la scelta libera della verginità, invece, appunto perché libera, ma anche perché proposta evangelicamente dalla Chiesa ad alcune donne che, come Olimpia, scelsero di vivere nella status verginale, permette a queste di situarsi in una incontrovertibile posizione di privilegio[2] in quanto smarcate
dagli obblighi matrimoniali, non di poco conto.
Detto in maniera più precisa – e a scanso di qualsiasi equivoco – la perspicua seconda intuizione dell’Autrice sta proprio qui: se l’emancipazione femminile, seppur ancora parziale, di cui siamo felici spettatori in Occidente, è avvenuta grazie all’implemento del ruolo professionale riconosciuto alla donna in quanto soggetto femminile, prima ancora che di quello riproducente la razza, tutto ciò – con buona pace di chi pensa il contrario – è avvenuto ante litteram grazie al Cristianesimo che, assieme al valore inconfutabile del matrimonio e dei figli, propose e propone alla donna, e all’uomo, anche quello della verginità per una dedizione maggiore, e ovvia, alla Chiesa e, per converso, alla società. A questa affermazione, l’Autrice arriva, in modo del tutto onesto, dopo un immane lavoro di scavo nelle fonti di pensatrici e pensatori cristiani e non. E, tuttavia, a ragione, preme sul dettaglio che questo fenomeno di emancipazione ha radici cristiane e che al cristianesimo[3] vada messo in capo. Guardando all’Occidente, in cui è compreso anche l’Oriente cristiano, affermare il contrario, vorrebbe dire varare un’operazione teoretica piuttosto scorretta e, comunque, contraddetta, purtroppo, da quanto è a tutti noto accadere oggi nel mondo non-occidentale in genere. Non deve, però, sfuggire al lettore l’operazione ermeneutica che sta alla base della ricerca documentaria fin qui condotta e che per noi, finora, riveste i panni dell’emancipazione femminile: quella del diaconato femminile, operazione ermeneutica che vediamo essere stata adottata e fatta propria dall’Autrice. Trattandosi di un polo magnetico piuttosto di indole teologica, conviene, dunque passare alla terza e ultima sezione del trittico e, come si dice, entrare a gamba tesa in medias res.
In questa terza pala intravediamo la figura della «diaconessa Olimpia». Vedremo: non scelta a caso. Olimpia di Costantinopoli (361-408) rappresenta uno dei casi più interessanti di monachesimo femminile metropolitano. Orfana dall’età infantile, molto ricca e di alti natali, viene educata dal prefetto della città e dal teologo Gregorio di Nazianzo (329-390). Sposata a un alto funzionario imperiale, che muore pochi mesi dopo le nozze, rifiuta il matrimonio che l’imperatore Teodosio tenta d’imporle con le minacce e si vota a una dura ascesi. Al suo personaggio si collega in modo speciale l’ideale della vedovanza cristiana, da viversi in unione spirituale con lo sposo defunto, in attesa di ricongiungersi a lui. Legata al vescovo Nettario (422-496), che tiene conto delle sue opinioni nel gestire gli affari della Chiesa e la ordina diaconessa nonostante la giovane età, Olimpia fonda un monastero di cinquanta donne, che presto diventeranno duecentocinquanta. Dislocato al centro della città, ma perfettamente protetto, il cenobio prevede un passaggio che consente di entrare in chiesa evitando la pubblica via, a salvaguardia della segretezza. Nel 397 nella vita di Olimpia entra un altro dei grandi Teologi dell’Oriente cristiano: Giovanni Crisostomo (344-407). La formazione monastica, una dura stagione solitaria vissuta in montagna e i rigorosi studi esegetici compiuti ad Antiochia, fanno di lui un uomo molto intransigente. Olimpia lo stima immensamente e inizia a sostenere le sue battaglie contro la corruzione del clero, cosa che le procurerà infiniti dolori. Di lei Giovanni Crisostomo ammira la totale assenza di vanità femminile e il dominio di sé. L’ostilità dell’imperatrice Eudossia (422-496), del clero bizantino e di Teofilo († 384), potentissimo vescovo d’Alessandria, si scatenano ben presto contro la predicazione di Giovanni, costringendolo all’esilio, mentre Olimpia resta in città a difendere la sua causa, sfidando il potere religioso e quello imperiale.
Le Lettere che Giovanni scrive a Olimpia dallo sperduto villaggio armeno dov’è confinato – alcune delle quali qui riportate – sono quanto di più alto l’uomo abbia scritto di una donna. E anche questa documentazione conferisce pregio al volume della Dr.ssa Maria Chiara Marzolla, che mi onoro di presentare, assieme alle «tavole illustrate» poste in annesso al volume. Una sua frase riepiloga i mutui sentimenti di amore in Cristo, che non vengono meno, anzi si rafforzano nella lontananza: «...anche noi, trasportati a così grande distanza, grandi frutti di letizia traiamo...dal tuo valore » (p. 173). Olimpia riceverà la notizia della morte di Giovanni nel 407 e morirà l’anno successivo. Parallelamente a quanto avviene in Oriente, il monachesimo affonda le sue radici anche in Occidente, mentre alcune personalità di primaria grandezza si costituiscono ponte vivente fra i due mondi, anche se l’Autrice, fa giustamente notare la sproporzione tra questi due mondi in merito alla questione che ci interessa: l’emancipazione femminile posta in equazione al diaconato femminile. Per i Teologi le pagine a seguire sono, da quest’angolo visuale, un autentico «piatto imbandito» di informazioni, alle quali, pertanto rimandiamo. Accenniamo soltanto al fatto che le diaconesse fossero assai preparate nelle scienze bibliche, teologhe a baluardo dell’eresia, investite di delicate funzioni ecclesiali. Sporge, però, l’interrogativo se «le diaconesse appartenevano allo stato laicale e non a quello del clero» (pp. 71). L’Autrice, da par suo, mantiene una posizione di perfetto