Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Rivelazione del trascendente
Rivelazione del trascendente
Rivelazione del trascendente
Ebook480 pages7 hours

Rivelazione del trascendente

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

In questo libro risolvo indiscutibilmente il Trascendente. Risolvendolo, lo dimostro; e perciò lo rivelo. Questa rivelazione non può essere naturalmente totale, ma solo parziale e, sintetica, poiché sarebbe un’assurda pretesa umana quella di sperare di risolvere tutto il Trascendente. Si potrà sempre più penetrarlo e, col penetrarlo, dimostrarlo, ma sempre in parte e in sintesi; in sintesi sempre più vasta e profonda, come ho più di una volta detto, ma sempre sintesi. Il Trascendente che, risolvendo, rivelo, è fisico, cosmico, metafisico e, dirò cosi per farmi intendere, spirituale. L’ultimo, naturalmente, è il più importante per l’uomo; ma sono tutti uniti e inscindibili fra loro.
LanguageItaliano
Release dateJun 8, 2016
ISBN9786050454116
Rivelazione del trascendente

Related to Rivelazione del trascendente

Related ebooks

New Age & Spirituality For You

View More

Related articles

Reviews for Rivelazione del trascendente

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Rivelazione del trascendente - Giulio Ser-giacomi

    Ruggieri

    SCHEMA DIMOSTRATIVO

    In questo libro risolvo indiscutibilmente il Trascendente. Risolvendolo, lo dimostro; e perciò lo rivelo. Questa rivelazione non può essere naturalmente totale, ma solo parziale e, sintetica, poiché sarebbe un’assurda pretesa umana quella di sperare di risolvere tutto il Trascendente. Si potrà sempre più penetrarlo e, col penetrarlo, dimostrarlo, ma sempre in parte e in sintesi; in sintesi sempre più vasta e profonda, come ho più di una volta detto, ma sempre sintesi. Il Trascendente che, risolvendo, rivelo, è fisico, cosmico, metafisico e, dirò cosi per farmi intendere, spirituale. L’ultimo, naturalmente, è il più importante per l’uomo; ma sono tutti uniti e inscindibili fra loro. Quello estetico l’ho già risolto nel mio primo volume; e quantunque molto dovrei dire ancora in proposito, nulla posso aggiungervi, essendosi arrestata - non esaurita - la mia ispirazione artistica. E ciò per molteplici ragioni facilmente deducibili da chi ha tenuto dietro al mio pensiero e che qui non è necessario che esponga. A quello spirituale farò seguire, a suo tempo, quello morale - già in elaborazione in me e in parte già affermato e implicitamente risolto quando avrò compiute le critiche dirette alla Teologia, alla Neo-scolastica e Scolastica, e alla filosofia in genere, specialmente moderna, che intendo fare e che sarei fin da ora pronto a fare. Di rivelazioni, secondo la concezione cattolica, ve ne sono state tante; ma queste, pur possedendo elementi di verità, sono in gran parte errate. Per meglio dire, le verità che contengono sono malamente accoppiate o unite. Non sono perciò delle vere e proprie rivelazioni fatte dagli uomini per ispirazione divina, o da Dio stesso: altrimenti sarebbero eternamente vere. Si rende dunque necessario dimostrare i loro errori e superarle e annullarle con una nuova filosofia rispondente alle esigenze e ai bisogni dei tempi moderni e precorrente l’avvenire. L’umanità vuole conoscere, vuole acquistare una superiore coscienza, vuole sapere; non più, e soltanto, credere. Essa vuole avanzare; non ne può più del dogma e del soprannaturale. La fede cieca più non soddisfa l’insoddisfatto animo umano, e coloro che credono al dogma e al soprannaturale vi credono principalmente per fede e per tradizione, non per pura ragione. Non possono essere dunque intimamente convinti di quello che si seguita ad essi a inculcare, anche se non sono in grado di dimostrarlo e di superarsi, così, di propria iniziativa. Bisogna quindi aiutarli per lo stesso loro bene, che è di tutti. Quelli che non credono al dogma e al soprannaturale, ma non sanno andare avanti, col comprendere la mia rivelazione, prima o poi si purificheranno. Non è dunque un’opera di cieca distruzione dialettica la mia, ma un perfezionamento cosciente e reale, perché come distrugge costruisce e rinnova su basi eterne. Il lettore che finora ha seguito il mio pensiero noterà in ultimo che questo nuovo lavoro è la conseguenza e il relativo complemento di tutti i precedenti. Fin da ora lo invito, dopo aver letto e considerato il presente scritto, a rileggere e considerare anche gli altri, se aspira, riuscendo a seguirmi nella mia concezione, ad avanzare. Ma per comprendermi in pieno è necessario, è indispensabile anzi, che si astragga e non si distragga. Si convincerà in tal modo della saldezza delle mie basi e della loro indiscutibile sovranità su tutte le altre. Questo libro avrei potuto anche intitolarlo: Il Sistema Universale, Sintesi dell’Universale, L’Universale trascendente, Armonia del Tutto, Costante cosmica (seguito e sviluppo), Dio e l’uomo, Super-reale e reale, Il mio realismo, Fondamenta della vera metafisica, Metafisica dell’essere e della mente, L’Essere e il pensiero, Critica ad ogni filosofia, e in vari altri modi. Ho preferito il titolo dato non perché sia più suggestivo e impressionante, ma perché tutti gli altri coinvolge e sviluppa. Iniziatolo, con le Premesse che seguono, il 4 maggio XIII (1935), subito dopo aver pubblicato La costante cosmica, l’ho proseguito il 15 giugno XIX (1941), terminando di abbozzano, sotto la guida del mio costante impulso, il 23 dello stesso mese, e cioè appena dopo una settimana. Molti ora vorranno ridere, ma sono pregati di andare prima avanti nella lettura. Infatti, altre idee di completamento, venutemi subito dopo, le ho scritte a parte - perché lontano da casa - in una ventina di giorni. Tornato a Offida, pur tra le continue occupazioni dei miei doveri familiari e amministrativi della mia azienda agricola, accintomi in un primo tempo a collegare e fondere le nuove idee svolte con gli argomenti prima trattati, essendo per me troppo gravoso detto lavoro, perché meccanico; e comprendendo anche, col rileggere le diverse parti precedentemente scritte, che sarebbe stato meglio ampliarle, ho preferito rifare tutto ex novo sotto la guida della mia rinnovata ispirazione, terminando tale lavoro dopo 19 giorni. Altre idee venutemi in seguito, le ho legate alle precedenti finendo di svolgerle e di riunirle negli ultimi di agosto. Due mesi e mezzo d’ intensa e ininterrotta fatica diurna e notturna mi costa dunque questo libro. Un altro mese e mezzo ho impiegato per dattilografarlo e rileggerlo, e nuovamente dattilografarlo e rileggerlo, e ancora una volta rileggerlo apportandogli gli ultimi definitivi ritocchi e perfezionamenti; sicché il libro, dopo quattro mesi, è bell’e pronto per essere dato alla stampa. Se qualche lettore fosse tentato ancora di ridere, che rida pure, che confermi e avvalori maggiormente il noto motto latino; ma consideri anche subito che da sei anni e più il mio subcosciente mi preparava a questo ulteriore sviluppo del mio pensiero! Ho cercato questa volta di rendere la trattazione il più possibile armonica e sistematica per soddisfare anche le menti più esigenti; ma, tutto ciò, se è indispensabile per facilitare agli altri la comprensione del mio sistema, è secondario data l’evidenza che fin dal principio risalterà dei risultati conseguiti. Per il lettore avido di notizie di tal genere, dirò inoltre che tale lavoro, forse, non l’avrei, almeno per ora compiuto, se, all’improvviso, col rileggere qua e là quelli precedenti, per rendermi esatto conto delle mete raggiunte, non avessi ubbidito, dopo tanto tempo, ad un superiore impulso. Ed avendo riscontrato che le mie vecchie teorie reggono più che mai, e perciò non sono caduche, perché non false, ma perennemente vere, ho sentito istantaneamente la necessità di proseguirle per meglio svolgerle e completarle. Il lettore che ama il nuovo abbia dunque un po’ di pazienza: si raccolga in sé stesso e, sopra tutto, mi legga e mi studi con amore e con calma per penetrarmi. Solo così potrà riuscire a comprendere la mia dialettica, che è più sottile di ogni altra, e non rimarrà in ultimo deluso. Per colui che è invece tuttora tenacemente attaccato al passato, lo scorno, lo ripeto ancora una volta, sarà assai forte; ma peggio per esso perché è destinato a scomparire se non è in grado di riconoscere gli errori nei quali, più che vivere, vegeta, e di perfezionarsi spiritualmente e moralmente. Data l’importanza degli argomenti svolti, non ho potuto trattenere la mia mania di stampa - come bellamente definì il dottor Piccirilli il prepotente mio bisogno di rendere pubblico il mio pensiero - per attendere la fine della guerra. I valori dello spirito mai debbono essere sospesi o abbandonati, specie se sono rinnovatori, e, come nell’ora attuale, tanto desiderati e perciò necessari. E questo un segno, del resto, della assoluta mia certezza nella vittoria dell’Asse. Non mi si può dunque muovere alcun rimprovero per la mia apparente prematura pubblicazione, né accusarmi d’incomprensione, di mancanza di senso politico, o di leggerezza, o di superficialità, o di altro. Perché, conseguita la vittoria delle armi sulle forze dell’incoscienza e del male, non si dovrà né si potrà riposare sugli allori, ma si dovrà combattere un’altra guerra, più pura e più nobile, però, com’è quella delle idee. E le mie idee, già in gran parte note, ma meglio espresse e maggiormente svolte e dimostrate in questo volume, sicuramente quanto prima si divulgheranno e trionferanno; e libereranno il mondo dai novelli farisei, e con pura coscienza lo rinnoveranno.

    ***

    Nel presente trattato che, per esclusiva comodità del lettore, invece che in più capitoli, preferisco suddividere in due parti, e non formare in una, come in un primo tempo avevo pensato, essendo nell’Universo tutto uno, realmente dimostro:

    -  1°) che il vuoto non esiste.

    Di conseguenza:

    - 2°) che lo spazio non esiste e che la materia muovesi su sé stessa e eternamente in sé si rinnova nelle sue forme;

    - 3°) che l’Universo è perciò un tutto pieno e le espansioni e contrazioni della materia che lo compone sono effimere, ma supposte vere dall’uomo perché non conosce ancora la realtà;

    - 4°) che l’Universo è illimitato ed eterno;

    - 5°) che l’Universo è sempre esistito come sempre esisterà; che è cioè increato e quindi non originato dal nulla;

    - 6°) che il tempo nella sua assolutezza non esiste;

    - 7°) che Dio, sia pure inteso quale puro verbo, è l’anima dell’Universo e l’Universo è la sua manifestazione estrinseca. (Non panteismo, né panlogismo o altro di simile, come superficialmente può sembrare).

    Inoltre dimostro:

    - 8°) come si sviluppa la vita e come avviene il passaggio dall’atomo all’uomo;

    - 9°) da che deriva l’essere e, in particolare, la personalità umana;

    - 10°) che la volontà umana non è libera, come si crede e si vuole far credere. (Né determinismo teologico, né idealistico);

    - 11°) che il peccato originale è tutta una fantasia e che la redenzione cristiana è errata e, come tutte le cose false, dannosa;

    - 12°) che cosa sono l’anima e la coscienza, e come si sviluppano l’una e l’altra;

    - 13°) come la fede cieca, tradizionale, dommatica, dev’essere sostituita dalla fede vera, cosciente, consapevole, ossia dalla conoscenza, e dalla relativa applicazione di questa alla vita;

    - 14°) che lo Stato non dev’essere più sottomesso moralmente alla Chiesa, come pretendono i teologi; ma deve far riconoscere e far valere la sua superiorità e i suoi giusti diritti su tutti gli uomini;

    - 15°) come si sviluppa il mio processo mentale; e, nell’ingranaggio della sintesi, tante altre verità. Le quali tutte, rivoluzionando e perfezionando l’attuale intendimento della vita umana, profondamente la trasformano e la rinnovano, uniformandola all’Assoluto.

    PREMESSE TEORICHE

    Geni si nasce, non si diventa; e se i

    tre quarti del genio sono dati dalla costanza,

    la vera costanza è dei geni.

    Occorre spiegare questo concetto? Come si nasce belli o brutti, buoni o cattivi, intelligenti o non, si nasce geni. Il genio, perciò, non ha alcun merito nell’esser tale, essendo stato fornito da Dio delle sue rare qualità: come tutti gli altri uomini sono stati forniti da Dio di tutti i loro pregi e difetti. Tre quarti del genio sono dati dalla costanza perché se il genio non si manifesta e rimane in potenza, la sua azione e la sua utilità sono nulle. Occorre quindi molta costanza, ma questa costanza superiore che possiede il genio è un’altra virtù in lui innata e che egli deve necessariamente svolgere, perché corrisponde ai suoi intimi bisogni spirituali. Perciò, anche nella esplicazione di questa, egli non ne ha veramente alcun personale merito.

    All’inizio di Stralci e polemiche, avevo fatto presente che era mio desiderio di approfondire, in una successiva pubblicazione, la spiegazione del Trascendente e del trascendentale, troppo sintetizzata ne Il Trascendente e l’uomo. La critica a L’Universo in espansione, di Sir Arthur Eddington, prima; miei inderogabili impegni, poi, e le cruente lotte per la conquista del nostro Impero e per il sacrosanto diritto alla libertà dei mari e delle terre, sia del nostro popolo che dei nostri alleati, infine mi hanno sino ad oggi distolto dal dedicarmi a quest’altro lavoro. I miei scritti, è vero, sono compiuti nella maggior parte di getto - e nulla potrei concludere se non avessi tale vena -; ma derivano sempre da una lenta maturazione, da un continuo, anche se da me stesso non sempre e completamente avvertito, processo interiore; e basta poi una percezione, un’idea, un contrasto, perché infine, come al contatto dei due poli scocca la scintilla, la mia mente, per determinate cause a ragioni, sia pronta a dettarmi quello che scrivo. Ma quando per l’una o per l’altra circostanza sono realmente distolto dalla mia mania, come dicono gr inconsapevoli, pur non abbandonandomi mai il pensiero di quanto vorrei compiere e la conseguente spontanea coordinazione dei più disparati valori reali, si spezza in certo qual modo la mia intima armonia, la mia facoltà di assimilazione, la mia visione, tanto che, all’inizio, mi sembra impossibile riconquistarla. Il processo mentale è però continuo, e più passa il tempo, più si accumulano in me nuovi e più profondi principi da svolgere: più arduo, quindi, mi sembra al primo aspetto il mio compito. Talvolta, anzi, delle nuove incognite, considerandole isolatamente, mi appaiono insolubili; ma col concentrarmi e con la spontanea mia volontà di scrivere, ben presto torna in me la facoltà della sintesi, della unione delle parti e di me stesso con il Tutto; e allora, nel pronto ripossesso di questa chiave, ritrovo subito la vena e riesco facilmente a interpretare quei germi di fusione e di purificazione che altri ancora non sentono, né comprendono. Specialmente ora, dunque, che la mia mente è piena di concetti che vorrei sistematicamente svolgere, mi trovo, dirò cosi, quasi smarrito di fronte al metodo da seguire. Mi lascerò tuttavia guidare dal mio impulso, impulso però cosciente, e cioè intuitivo e ad un tempo razionale, perché da qualunque argomento volessi iniziare la trattazione raggiungerei sempre lo scopo prefissomi, essendo l’Universo infinito e tutte collegate in esso le sue innumerevoli parti. Ho molteplici ragioni per ritenere che le verità sino ad ora affermate sono indiscutibili, specie nelle loro basi fondamentali; non solo perché il pensiero puro dal quale sono guidato, e cioè la visione ideale e totale - sempre in sintesi, intendo, - della realtà, non può farmi fallire, ma perché mi avvedo che le mie teorie vengono a mano a mano confermate dalla scienza stessa. Chi non ricorda, infatti, il miracolo scientifico della resurrezione d’ individui i quali, se non fossero stati curati con adrenalina, non avrebbero potuto seguitare, sia pure per breve tempo, a vivere? Taluni potrebbero obiettare che quei tali, se non sono morti, vuol dire che non erano morti per davvero. Ma queste cose le lasceremo dire a chi è in malafede o è predisposto alla incomprensione, poiché se non vi fosse stato il concorso della scienza, quegl’individui non avrebbero certamente rivisto la luce. Così, la falsa idea della separazione dell’anima dal corpo all’atto della morte, avrebbe seguitato a trionfare o, meglio, a illudere e turlupinare il popolo. E questa febbre di progresso non ti spiega nulla, o lettore? Non ti fa comprendere che l’uomo, sia pure inconsapevolmente ancora, e perciò solo sotto aspetti materiali e immediati, aspira a racchiudere in sé il Tutto? Non vi è giunto tuttora spiritualmente, ma i suoi unilaterali, e perciò limitati, modesti tentativi pratici, lo provano. La mania della velocità - dico mania per farmi intendere dagli arretrati - non dimostra ad esempio che l’uomo vorrebbe essere ovunque nello stesso attimo, come Dio? E la radio e la televisione non confermano questo innato desiderio umano di voler tutto ad un tempo contenere? E le teorie astronomiche? E i progressi sulla conoscenza della struttura dell’atomo non avvalorano sempre più il prepotente bisogno dell’uomo di sapere, di volersi, cioè, unire coscientemente, ossia durante la vita, a Dio? Sì, proprio durante la vita, perché all’atto della morte lo spirito rimane, come era prima, in Dio - e ciò lo svolgerò in seguito -; mentre il corpo, privo di forza vitale e di ragione, torna a funzionare con le sue parti in natura essendo sempre ogni particolare attivo nella Vita, nella vita terrena e universale, e non potendo l’Autocoscienza assoluta arrestare la sua stessa volontà che è la sua stessa ragione d’essere. L’Autocoscienza è sempre attiva, è sempre presente, e le sue più alte realizzazioni organiche, considerate isolatamente, non costituiscono che un barlume, barlume di forma e di coscienza, in confronto di quella infinita, totale. Concentrandosi, localizzandosi quindi, per un certo tempo, in organismi animati o apparentemente inanimati, più o meno voluminosi, quelle più o meno complesse sintesi sempre riflettenti l’Autocoscienza - anche se questo certo tempo va da pochi attimi, come per alcuni microrganismi, ad un periodo di milioni e milioni di anni, come per i mondi, e di miliardi e miliardi di anni, come per le Galassie, con tutto il loro contenuto -, essa è sempre pronta a dare sviluppo alle sue affiliazioni, nel senso che il generarsi degli esseri è eterno, è continuo, è incessante; anche se, ripeto, nella relatività del suo tempo una gran parte di materia sembra destinata, per chi non sappia intuire, e penetrare la vita generale nelle sue infinite forme, a conservare per sempre il suo aspetto inorganico. Inorganico? Inorganico proprio del tutto? I corpi organici non sono infatti composti di elementi inorganici? Noi, noi uomini di questo mondo, della nostra Terra, non siamo costituiti con gli stessi elementi di essa? E quando essa era una semplice nebulosa non erano già vivi in Dio, ossia in atto in altri mondi, per quanto separatamente, ossia qua e là per l’Universo, e in potenza in essa, ossia pronti a formarsi con le favorevoli condizioni ambientali, tutti i successivi aspetti che subì, che ha subiti, che subisce e che subirà? Tutto ciò non è reale? Molti si ostinano a ritenere reale solo l’immediato, a considerare la realtà soltanto dal suo aspetto esteriore e attuale e non si sforzano di penetrarne l’interiorità, la supposta trascendenza; né riescono, perciò, a considerare questo reale intuitivamente e unitamente e a dedurne tanti fattori positivi, fondamentali, universali. Ne ho già date, mi pare, molteplici prove. Ultima è quella della critica alle più moderne congetture sulla struttura del Cosmo che può ben ricollegarsi a quanto ho esposto embrionalmente nel mio primo libro, e precisamente nel capitolo Considerazioni cosmiche. E ancora una volta la scienza mi ha dato ragione! Il lettore ricorderà che ne La costante cosmica ritenevo assurda, principalmente, - provandolo con tante intuizioni fisiche e metafisiche - l’ipotesi dell’astronomo Eddington, il quale supponeva che le velocità di recesso delle Galassie fossero proporzionali alla loro distanza. Anzi, su questo principio egli aveva fondato tutto un sistema di.... armonia universale, armonia però di principio e non di fine, malamente contrastando con altri principi. Infatti, la normale ragione fa ritenere all’ uomo che se ogni cosa ha un principio deve necessariamente avere anche una fine; e che perciò anche l’Universo, secondo la conseguente logica, dovrebbe andare soggetto alle stesse leggi. Le bellezze dell’Eddington e di altri, le generali confusioni fra il particolare e l’universale so di averle indiscutibilmente confutate; ed anche se le ulteriori conquiste della scienza avessero ancora appoggiato le teorie dell’inglese e di altri, avrei seguitato a sostenere la mia tesi perché sotto qualsiasi punto inattaccabile; ed avrei potuto esporre, come farò nella presente pubblicazione, nuovi argomenti dimostrativi per annullare quelli altrui, per quanto fondati sulla scienza; ma su una scienza unilaterale, non universale. Prima o poi, dunque, il tempo mi avrebbe dato - come mi ha dato - ragione. Infatti, subito dopo la pubblicazione de La costante cosmica, e cioè più presto di quanto supponessi, recatomi un giorno all’Osservatorio astronomico del Campidoglio per avere l’elenco dei principali Osservatori del mondo, seppi da un egregio dottore che era stato scoperto, dall’astronomo Hubble, - dell’Osservatorio di Monte Wilson - che la velocità dalle Galassie non è proporzionale alla loro distanza di allontanamento; scoperta, questa, che annullava scientificamente, e subito, la teoria dell’Eddington. Si rafforzò così in me il principio della inesistenza del vuoto e di tutte le conseguenze fisiche e metafisiche. Qualche mese dopo, e precisamente il 30 gennaio XV (1937), lessi sul Giornale d’Italia un articolo del prof. Armellini, dell’Accademia Pontificia, che per comodità del lettore e per le susseguenti mie spiegazioni, - le quali non sono delle divagazioni, come apparentemente potrebbero apparire, - qui testualmente riporto:

    ATTUALITÀ ASTRONOMICHE - UN COLPO DI SCENA NELLA SCIENZA MODERNA

    LA CADUTA DELLA FAMOSA TEORIA DELL’ ESPANSIONE DELL’UNIVERSO

    Dunque la teoria dell’Eddington era famosa! Famosa perché ha divulgato delle idee sconosciute all’umanità, anche se prive di senso speculativo. Famosa perché esposta da un astronomo straniero che andava per la maggiore e elle gli altri non erano in grado di confutare; mentre la mia speculazione, appartenendo ad un italiano quasi sconosciuto, non poteva, naturalmente, casere considerata nel suo giusto valore!

    L’Osservatorio di Monte Wilson, in California, pubblica ora una elaborata memoria del suo primo astronomo prof. Hubble; memoria che viene riprodotta integralmente nell’ultimo fascicolo dell’Astrophisical Journal di Chicago e che, se fosse lecito usare nella scienza il linguaggio drammatico, potrebbe considerarsi come un vero colpo di scena, sebbene fosse già atteso da alcuni studiosi più riflessivi. Ed ecco di che si tratta. L’astronomo Hubble, ben noto nel mondo scientifico per le ricerche sopra le nebulose extragalattiche, ha studiato ora le nebulose comprese fra la diciannovesima e la ventunesima grandezza stellare; e cioè le nebulose più distanti che siano accessibili allo specchio riflettore del Monte Wilson, che ha un diametro di due metri e mezzo. Come i lettori sanno, il futuro specchio di cinque metri è ancora in lavorazione e potrà funzionare solo fra qualche anno, onde lo specchio strumento adoperato dall’Hubble è il più potente che tuttora esista al mondo. Può quindi ben dirsi che la sua memoria esprima l’ultima parola della scienza. Come dicevamo dunque, Hubble ha studiato le nebulose più distanti che il suo strumento potesse rivelare e poi ha esaminato la velocità con cui esse sembrano [l’inclinato è mio] allontanarsi da noi; velocità che, secondo una famosa ipotesi - dedotta per primo dal De Sitter in base alle equazioni generali della Teoria della Relatività - era dovuta al fatto che l’Universo si espandeva. E qui, per rendere chiaro anche ai profani ciò che stiamo per dire, dobbiamo fare una breve premessa. Com’è noto, osservando lo spettro di una nebulosa extragalattica si trova che tutte le righe spettrali sono fortemente spostate verso il rosso e che questo spostamento è tanto maggiore, quanto è maggiore la distanza della nebulosa. Questo è il fatto, indiscutibile, dato dalle osservazioni. Per spiegarlo ci sono ora due vie. Un gran numero di scienziati, quali De Sitter, Eddington, Lemaitre ed in generale tutti i seguaci più ardenti della Teoria di Relatività, hanno ritenuto che tale spostamento dimostrasse - in base ad un teorema di fisica dovuto a Doppler - [è evidentemente puerile che uno scienziato cerchi di risolvere un problema dell’Universo a mezzo di un teorema di fisica] che la nebulosa si allontanava da noi. Ed ammettendo (e questo era il punto debole, data l’incertezza delle osservazioni) che tale velocità di allontanamento fosse esattamente proporzionale alla distanza, ne hanno dedotto che l’Universo era [molto interessante quell’era] in continua espansione. Non solo: ma conoscendo la velocità con cui l’Universo si espande, hanno cercato di determinare l’età dell’Universo stesso [sic!] o più esattamente, da quanto tempo esso abbia cominciato ad espandersi [sic!]. Altri scienziati invece adottarono una spiegazione certamente meno suggestiva, ma molto più semplice, [sarebbe stato meglio dire: meno fantastica, più logica, più rispondente alla ragione e alla realtà] sostenendo che questa velocità delle nebulose era una semplice apparenza e che lo spostamento delle righe verso il rosso era sostanzialmente dovuto alla perdita di energia che subiscono i fotoni nell’attraversare lo spazio. Verità vuole che si dica che questi ultimi scienziati [quali sono? perché non sono stati nominati? forse perché hanno detto qualche verità?] costituivano una minoranza [e ciò dimostra la leggerezza e la superficialità della maggioranza umana, anche nel campo della scienza] molto seria e rispettabile, ma certamente esigua. [Dunque è il numero che impone la verità? Non è forse l’intelligenza che in fine prevale sul numero, sulla massa e fa riconoscere la verità?] Però i loro argomenti apparivano cosi solidi che lo scrivente si pose dalla parte loro ed affermò [l’inclinato è mio, perché non dimostrò, ma semplicemente riportò] queste idee nel terzo volume del suo Trattato di astronomia siderale e in un articolo intitolato La verità sull’espansione dell’Universo che venne pubblicato nel primo numero della rivista Sapere. Ora Hubble ha studiato accuratissimamente lo spostamento delle righe spettrali di queste nebulose lontanissime e, con una rigorosa analisi, è giunto oggi a concludere che i risultati delle osservazioni sono nettamente incompatibili (definitely inconsistent) con ogni idea di espansione dell’Universo! Più esattamente, ci sarebbe - secondo Hubble - una sola via di accordare i risultati delle osservazioni con l’ipotesi dell’espansione e questa via consisterebbe nel supporre [l’inclinato è mio perché non basta supporre, ma occorre dimostrare] che l’Universo sia molto piccolo. In altre parole, bisognerebbe supporre che il raggio di curvatura dell’Universo non superasse quattrocentosettanta milioni di anni di luce, mentre Eddington lo stimava di milleduecento milioni di anni e Curtis arrivava fino al trilione. [Povero universo! Come è trattato male dagli uomini! Perché non se lo mettono in vendita i signori astronomi?]. A dir vero, valori anche più piccoli erano stati dati nel 1924 da Silberstein, ma oggi sembrano insostenibili. [Meno male che sembrano, ma la scienza positiva non sa né può andare avanti.] Infatti scrive Hubble - ammettiamo pure che il raggio dell’Universo sia di quattrocentosettanta milioni di anni luce [ecco che si vuole ammettere ciò che concepisce solo l’empirico cervello umano] e accettiamo pure (sebbene a malincuore) la prima conseguenza che ne risulta e cioè che il nostro Universo [e perché nostro? Se ne ammette dunque implicitamente e inconsapevolmente un altro? E come se ne può ammettere un altro perché non ammetterne degli altri, e così di seguito, all’infinito? Il pensiero non può essere limitato, non può fermarsi al limitato!] e quindi anche la nostra Terra, sia assai più giovane di quanto credono i geologi. [E perché questo paragone? Cosa c’entra l’età della nostra Terra con la presunta età dell’Universo? E come se si volesse confrontare l’età di una cellula del nostro corpo, che, a sé stante, ha una ancor più breve vita, con l’età di tutto il nostro organismo. Infatti, le cellule del nostro corpo, come i mondi dell’Universo, non si rinnovano continuamente? Ma se il nostro organismo, come qualunque altro singolo essere limitato, ha una durata relativa, l’Universo, che è illimitato ed eterno, non può avere un’età ed una vita limitate, non può avere un principio ed una fine! E tutto ciò, quantunque lo abbia già affermato e risolto, meglio lo chiarirò e dimostrerò in seguito.] Ma vi sarà una seconda conseguenza forse più dura ad essere accettata dagli astronomi; vale a dire la densità media dell’Universo risulterà circa mille volte superiore alle cifre dedotte da osservazioni, abbastanza sicure, sopra la massa delle nebulose e sopra le loro distanze reciproche. [Una concezione arbitraria sulla densità dell’Universo, causata dalla supposta sua minore o maggiore grandezza, sarebbe già in contrasto con quelle cifre, abbastanza sicure, dedotte da osservazioni sulla massa delle nebulose, ecc.] Anche questo estremo salvataggio apparisce dunque come una forzata interpretazione (forced interpretation, scrive Hubble) delle osservazioni. [Grazie a Dio c’è un astronomo, fra i tanti, che ha un po’ di senso logico.] Come si vede, la teoria dell’espansione dell’Universo sembra battuta in modo completo. [L’inclinato è mio, perché anche lo scienziato, quando vuole fare della logica, deve fare attenzione alle sue espressioni; altrimenti cade in evidente contradizione. Quel come si vede e quel sembra suonano assai male all’orecchio del filosofo, e ci vuole ben altro perché tale supposizione diventi solida.] Ma, ciò che ora importa, è di esaminare quali riflessi possa portare questa conclusione sul campo di un’altra famosa teoria di relatività. Ci limiteremo a brevissimi accenni. Anzitutto dobbiamo dire che, già da tempo, i relativisti più seri consideravano la teoria dell’espansione dell’Universo come una sovrastruttura della Relatività. [Da un assurdo, naturalmente, è facile cadere in un altro assurdo.] Soprastruttura che aggravava una teoria matematicamente elegantissima, ma i cui fondamenti di osservazione non sono forse completamente consolidati [sfido io con teorie completamente sballate, una teoria matematica, anche elegantissima in sé stessa e per sé stessa, non può che aggravare la situazione!] e, dal lato matematico noi siamo completamente dalla loro parte, giacché l’espansione corrispondeva ad una soluzione particolare delle equazioni generali di Einstein e queste equazioni possono, almeno teoricamente, avere ben altre soluzioni. [Fortuna che l’autore dice di essere solo dal lato matematico, ossia teorico, dalla loro parte.] Dal lato della filosofia naturale, la questione si presenta invece un po’ diversa. [Ed ecco la contradizione principale, perché la matematica è una legge, una formula vivente della natura che non può quindi essere disgiunta da essa.] La teoria di Relatività non è un edificio, di cui si può tranquillamente abolire l’ultimo piano senza curarsi dei piani sottostanti. [È evidente! Bisogna abbattere tale teoria dalle fondamenta, dimostrando che la relatività non è che un assurdo, costruendo ex novo una teoria su altre basi, una teoria pratica su basi metafisiche trascendenti, puramente logiche, realmente universali, ossia illimitate e infinite.] E l’espansione dell’Universo, oltre che sostenuta dai relativisti più ardenti, era stata anche ammessa come un’ulteriore prova astronomica della Teoria di Relatività: ora questa viene a mancare. [La verità, la mia verità, prima o poi s’imporrà.] E questa mancanza si aggrava quando si considerino altri dubbi, ora sorti, sopra altre prove astronomiche; anzi quando si consideri che le stesse esperienze fondamentali di Michelson e Morley - che diedero origine alla teoria - non sembrano ora immuni da ogni sospetto. [È certo che, se mancano le basi, l’edificio mai potrà essere solido.] Secondo noi, è merito indiscusso e indiscutibile di Einstein l’aver posto nettamente i concetti della relatività dello spazio e del tempo e il concetto della loro indissolubile unione. [Che spazio e tempo siano indissolubilmente uniti è un altro errore fondamentale; perché lo spazio, se per spazio s’intende l’interminabile abisso di spazio vuoto fra una Galassia e un’altra, come dice l’Eddington, in nessun modo esiste; mentre il tempo, pur non esistendo nella sua assolutezza, cioè nella totalità dell’Universo, esiste relativamente, ossia è relativo ai e fra i singoli elementi od esseri dell’Universo stesso.] Ma forse lo svolgimento della teoria potrà in avvenire essere riguardato come una approssimazione, indubbiamente migliore - ed anche qui siamo tutti d’accordo - della Meccanica celeste [ma che svolgimento, ma che approssimazione, ma che accordo d’Egitto!] ma forse ancora inadeguato quando si tratti d’immensi spazi e di altissime velocità. [E qui l’autore dimostra di avere un barlume di ravvedimento, ma quegli immensi spazi - vuoti - non gli permettono di andare avanti.] In ogni modo, per ripetere ciò che mi diceva un illustre collega, può osservarsi che la Teoria di Relatività - e più le esagerazioni che se ne sono tratte - [da un principio assurdo, e assurdo in tutte le basi, non si può che precipitare sempre più nell’assurdo] insieme a molti meriti, [sic!] ha avuto però lo svantaggio di abituare il pubblico a ciò che potrebbe chiamarsi il desiderio del meraviglioso. [Il pubblico desidera ancora il meraviglioso perché, non conoscendo la vera Realtà, ed avendo pieno il capo di concetti fiabeschi, soprannaturali, fantastici, in sostituzione della vera realtà, è propenso a pascersi d’illusioni anche scientifiche.] Ora tale desiderio è assai pericoloso, giacché - se non viene moderato - trascina inesorabilmente la scienza nel romanzo. [Desiderio non del meraviglioso, per essere precisi, essendo la vera Realtà veramente e realmente meravigliosa; ma dell’irreale, del chimerico, e perciò del romanzo, come, giustamente, questa volta dice l’autore.] Ovviamente i romanzi scientifici seducono il pubblico, ma hanno breve vita; ed oggi assistiamo alla caduta di uno che sembrava fra i più suggestivi. [L’autore, almeno nella conclusione, va pienamente d’accordo con me.] Certamente però questa ridda di ipotesi, più o meno brillanti o più o mene fantastiche, potrebbe evitarsi tornando alla forma fondamentale di Galileo; di non ammettere cioè nella scienza tutto ciò che non appare perfettamente chiaro e perfettamente dimostrato. [Quanto sopra è in parte rispondente al vero; soltanto quando, cioè, la scienza si occupa delle osservazioni dirette, oggettive, empiriche. Ma le ipotesi scientifiche più o meno fantastiche servono pure, talvolta, a qualche cosa: ad essere annullate dal filosofo, il quale, dalla troppo evidenza dei loro numerosissimi errori, può assurgere alla dimostrazione metempirica della verità assoluta. Come in parte io ho già fatto, come nel corpo di questo volume ancor meglio faccio e come in avvenire, se Iddio me lo permetterà, sempre meglio e sempre più estesamente farò.]

    ARMELLINI

    dell’ACCADEMIA PONTIFICIA

    * * *

    Appena letto l’articolo scrissi, anzi riscrissi, prima che ad altri, al prof. de Santillana, il quale, con tanto impegno, aveva volto in Italiano L’Universo in espansione, dell’Eddington.

    Offida, 30 gennaio XV (1937)

    Egregio professore,

    mi permetto di dare seguito alla lettera che le inviai il 29 aprile XIII, ossia un anno e nove mesi or sono.

    Ha letto l’articolo dell’Armellini sul Giornale d’ Italia di oggi? Per quanto io non sia uno scienziato, né abbia mai avuto la pretesa di esserlo, perché mi sento un puro filosofo, - che è qualche cosa di più dello scienziato, del semplice scienziato - tuttavia le intuizioni e dimostrazioni espresse nell’opuscolo La costante cosmica, che principalmente criticano la teoria sull’ espansione dell’Eddington, se non sono state ancora riconosciute ufficialmente, o perché non comprese, o per altre ragioni, cominciano già, sia pure indirettamente, a trionfare. Nel mio lavoro, non essendo io, per l’appunto, uno scienziato, non avevo potuto considerare la perdita di energia dei fotoni nel percorrere tanta distanza per giungere fino a noi, e il conseguente spostamento delle righe spettrali verso il rosso, che facevano ritenere reale, dall’Eddington e da altri, la velocità di recesso delle nebulose extragalattiche; ma quante osservazioni e affermazioni che ancora la scienza, è vero, non ha accettate, ma accetterà col tempo, io ho espresse in quel piccolo volume! Per quanto, dunque, come mi scrisse altra volta lei, io non fossi allora, né sia.... ora in grado di conoscere e di apprezzare il linguaggio dello scienziato, tuttavia quel linguaggio lo superai, l’ho superato e lo supererò - le dispiaccia o no - per molto altro tempo. Forse lo supererò per sempre. Perché dove arriva il pensiero puro, la logica pura, non può arrivare la scienza umana che, per quanti progressi faccia, è destinata a rimanere, per nostra disgrazia, di fronte all’illimitato e all’eterno, e al pensiero, eternamente bambina. Ella, forse, anche questa volta non mi risponderà, come non rispose alla mia del 29 aprile XIII; rimarrà anzi infastidito dalla mia petulanza; ma io le invio ugualmente il mio cordiale saluto.

    GIULIO SER – GIACOMI

    Scrissi subito dopo al prof. Armellini nei seguenti termini.

    Offida, 2 febbraio XV (1937)

    Gentilissimo professore,

    ho letto il suo articolo sul Giornale d’ Italia del 30 u. s. che mi ha vivamente interessato occupandomi anch’ io, per quanto non sia uno scienziato in genere, né un matematico, né un astronomo in ispecie, ma solo un filosofo, dei massimi problemi dell’Universo, e perciò della vita. S’ella avrà la cortesia di leggere il mio opuscolo che critica la teoria sull’espansione dell’Universo, dell’Eddington, e che le invio contemporaneamente alla presente, potrà notare, per quanto la scienza non sia ancora giunta alle mie conclusioni, né potrà mai giungervi, - essendo queste puramente logiche - come io, fin dal 1935, avessi annullato la suddetta teoria e seriamente intaccata, per ciò che si riferisce all’espansione e a tutte le sue premesse, anche quella della relatività. Molto gradirei, quindi, un suo giudizio, o almeno una sua risposta, anche perché desidererei vivamente essere illuminato, se la mia richiesta non le sembrerà importuna, sui risultati delle osservazioni nettamente incompatibili con ogni idea di espansione dell’Universo, ai quali è giunto il prof. Hubble e che lei, per ragioni comprensibili, non ha svolti nell’articolo. Con i più distinti ossequi e ringraziamenti, mi creda

    suo dev.mo

    GIULIO SER – GIACOMI

    Nessuna risposta ricevetti. E ciò mi dispiacque non tanto per me, ma per il prof. Armellini il quale poteva pur degnarsi di compiere un atto di semplice educazione; ed anche perché, intavolando la discussione con lui, avrei potuto fargli direttamente quei rilievi che ho aggiunti poi al suo articolo per, in certo qual modo, illuminarlo sul mio pensiero. Non sarei stato dunque io a guadagnarci, ma lui. Però - poi pensai uno scienziato, o uno che si reputa tale, è troppo lontano dal filosofo vero, specie se, come l’Armellini, appartiene all’Accademia Pontificia; la quale, per ragioni di vita propria e per altro, è restia ad accettare qualsiasi rinnovamento delle cognizioni e della vita attuali e qualunque rivelazione del Trascendente che urti e superi i suoi principi. Nemmeno il prof. de Santillana si compiacque di rispondermi, ma ciò non mi meravigliò affatto poiché, nell’ addietro, io gli avevo già scritto ed egli mi aveva risposto. Si poteva quindi ritenere chiusa la nostra breve polemica e perciò era inutile riaccenderla data l’incapacità del de Santillana, come di tanti altri, di comprendermi e di ribattermi a dovere. Ritengo però necessario, non solo per una sempre maggiore chiarificazione del mio pensiero e di quello altrui, ma anche per far meglio conoscere il modo di polemizzare dei miei avversari, riportare altre poche lettere che solo apparentemente divagano il lettore e lo allontanano dallo scopo del libro stesso. Avevo dunque scritto una prima volta al de Santillana come segue.

    Roma, 15 marzo XIII (1935)

    Egregio professore,

    ho letto L’Universo in espansione di Sir Eddington da lei tradotto. Pubblicherò quanto prima una critica severa a tale teoria. Ho superato già tale concezione, ma nello studio che sto facendo riunirò gli elementi sparsi nei miei scritti e chiarirò ancor meglio le ragioni dell’infinità dell’Universo e l’espandersi delle sue parti entro sé stesso, dimostrando così il suo assoluto dinamismo e ad un tempo la sua eterna stabilità. Non si fermi su queste mie parole in apparenza contradittorie. La prego di leggere i lavori che le invio e di considerare particolarmente ciò che ha attinenza con l’astronomia.

    Gradirò poi qualche sua osservazione.

    Distinti ossequi.

    GIULIO SER – GIACOMI

    Gl’inviai infatti Spirito ed arte e Stralci e polemiche.

    Ed ecco la risposta che ne ricevetti qualche tempo dopo.

    (Senza data)

    Egregio Signore,

    ho letto il libro e l’opuscolo [un libro di 139 pagine grosse e fitte è un opuscolo?] che ella mi ha cortesemente fatto pervenire. Le dirò le mie opinioni molto francamente pensando con ciò esserle utile. I complimenti lasciano il tempo che trovano. Ella è essenzialmente un temperamento mistico. La percezione di una realtà che, potrei dire soprasensibile, ma che posso dire anche interiore, si impone al suo spirito con tale forza, da rendere in certo modo secondaria la realtà percettibile. E questa una dote molto rara, e a cui ella fa bene a tenere sopra ogni altra cosa. La visione di una realtà spirituale è stata il privilegio sempre di pochi grandi spiriti, e sono quelli che hanno, per un verso o per altro, dominato la storia umana anche se da essa si appartavano. Le ricordo però che una tale possibilità è scissa dalle capacità intellettuali propriamente dette: talvolta si aggiunge ad essa e si hanno i grandi pensatori del tipo platonico; tal altra si aggiunge ad una capacità contemplativa o realizzativa che dà i grandi religiosi; tal altra resta a sé, priva di mezzi di espressione, e crea i veggenti e i semplici. Dei quali è il regno di Dio. D’accordo. Ella dovrebbe vedere qual è il terreno in cui potrà portare le sue capacità spirituali. Ella dimostra una notevole attitudine per le percezioni artistiche. Altrettanto per la discussione scientifica? Non oserei dire. Veda, ad ogni attività sono necessari gli strumenti. E atto di intelligenza e doverosa umiltà il provvedersene.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1