Invito alla lettura delle Metemorfosi di Ovidio: Premessa, traduzione, note e commento di P. M. Fumagalli
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Invito alla lettura delle Metemorfosi di Ovidio - Pio Mario Fumagalli
OVIDIO
INVITO ALLA LETTURA DELLE METAMORFOSI
DI OVIDIO
INVITO ALLA LETTURA
DELLE METAMORFOSI
DI OVIDIO
Premessa, traduzione, note e commento di
P. M. Fumagalli.
ISBN 9788890983474
EDIZIONI ALEF @ 2014
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PREMESSA
I cosiddetti programmi ministeriali
prevedono nel penultimo anno dei licei lo studio della letteratura latina del periodo augusteo: la conseguenza di questa scelta si riflette spesso sulle antologie degli autori, nelle quali, compresso – vorrei dire oppresso - com’è fra Virgilio, Orazio e Livio, Ovidio non trova spazio o ne ha pochissimo. Eppure ho sperimentato che Ovidio, in particolare l’Ovidio delle Metamorfosi, piace ai ragazzi, che li coinvolge, come accade solo nel caso di Catullo, anche se per motivi completamente diversi. D’altra parte, a questa mancanza
, tuttora permanente negli anni del Liceo, corrisponde la quasi-certezza, per lo studente che scelga la facoltà di Lettere, di dover sostenere almeno un esame su Ovidio nei primi tre anni accademici.
Io credo che non sia dovuto al caso il fatto che sia cresciuto l’interesse del grande pubblico (e di conseguenza anche quello della scuola) per le Metamorfosi di Ovidio qualche tempo dopo l’uscita delle Lezioni americane di Italo Calvino,1 che lo
scrittore avrebbe dovuto tenere nell’Università di Harward (a Cambridge) nell’anno accademico 1985-86, e che la morte improvvisa gli impedì di pronunciare. L’opera avrebbe dovuto essere composta da sei saggi: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità: un violento ictus gli impedì di aggiungere il sesto, Consistenza, soltanto pensata. Calvino critico non parla spesso degli antichi, ma, quando lo fa, colpisce nel segno. Nella lezione sulla Leggerezza egli scrive: "E’ nel seguire la continuità del passaggio da una forma all’altra che Ovidio dispiega le sue ineguagliabili doti: quando
1 Mi verrebbe spontaneo affermare che la morte –triste constatazione- funge talvolta da cassa di risonanza.
racconta come una donna s’accorge che sta trasformandosi in giaggiolo: i piedi le rimangono inchiodati per terra, una corteccia tenera sale a poco a poco e le serra gli inguini; fa per strapparsi i capelli e ritrova la mano piena di foglie." O quando racconta delle dita di Aracne, agilissime nell’agglomerare e sfilacciare la lana, nel far girare il fuso, nel muovere l’ago da ricamo, e che a un tratto vediamo allungarsi in esili zampe di ragno e mettersi a tessere ragnatele. Tanto in Lucrezio quanto in Ovidio la leggerezza è un modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla
scienza: le dottrine di Epicuro per Lucrezio, le dottrine di Pitagora per Ovidio (un Pitagora2 che, come Ovidio ce lo presenta, somiglia molto a Budda). Ma in entrambi i casi la leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura, con i mezzi linguistici che sono quelli del poeta, indipendentemente dalla dottrina del filosofo che il poeta dichiara di voler seguire.
3 Leggerezza
, dunque, ma anche rapidità
, che è il titolo della seconda lezione americana, ma di cui Calvino aveva già parlato,apropositodiOvidio,nelsaggiointroduttivo all’edizione Einaudi delle Metamorfosi4: "Le Metamorfosi sono il poema della rapidità: tutto deve succedersi a ritmo serrato, imporsi all’immaginazione, ogni immagine deve sovrapporsiaun’altraimmagine,acquistareevidenza, dileguare. E’ il principio del cinematografo: ogni verso come
2 Ovidio parla di Pitagora nell’ultimo libro delle Metamorfosi, XV, vv. 609 sgg.: il lungo discorso del filosofo sulla metamorfosi come legge universale dovrebbe costituire la base filosofica del poema.
3 I. Calvino, Lezioni americane, 1: Leggerezza, Milano, Garzanti, 1988. 4 I. Calvino, Gli indistinti confini. Introduzione a Ovidio, in P. Bernardini Mazzolla (a cura di), Metamorfosi, Torino, Einaudi 1979.
ogni fotogramma dev’essere pieno di stimoli e di movimento. [….]. Ci sono pure i momenti […] in cui il racconto deve rallentare, passare a un’andatura più calma, rendere il trascorrere d’un tempo come sospeso, una velata lontananza. In questi casi, che fa Ovidio? Perché sia chiaro che il racconto non ha fretta, si ferma a fissare i minuti particolari [….]. E’ continuando ad arricchire il quadro che Ovidio raggiunge il risultato di perfezione e di pausa. Perché il gesto di Ovidio è sempre quello di aggiungere, mai di togliere; di andare sempre più nel dettaglio, mai di sfumare nel vago
.
Dopo questa potente sintesi di Calvino, torniamo allo scopo di questo lavoro. Le Metamorfosi, dunque, oggetto di ammirazione, a volte di una vera e propria venerazione da parte di studiosi e di specialisti, sono trascurate - come si è detto - nei nostri Licei e a esse ci si accosta solo all’Università. Queste mie pagine vogliono essere un tentativo di offrire un assaggio
di quest’opera meravigliosa. Per questo ho scelto miti celebri, li ho introdotti, tradotti nel modo più letterale possibile, ho raccolto nella parte finale note esplicative e morfosintattiche, cercando di sottolineare i casi più evidenti di intertestualità. Se tutto ciò avrà l’esito di avvicinare qualche giovane alle Metamorfosi, riterrò di non aver perso tempo inutilmente.
IL PROEMIO DELLE METAMORFOSI DI OVIDIO. - FONTI E MODELLI. – INTERPRETAZIONI.
Insolitamente breve (quattro versi) rispetto alle consuetudini epiche, il proemio delle Metamorfosi colpisce per la vastità del progetto del poeta: raccontare la storia del mondo sotto specie metamorfica, cioè nella successione infinita di forme che ha assunto dal caos primordiale fino ai tempi del poeta.
In nova refert animus mutatas dicere formas/ corpora: di, coeptis (nam vos mutastis et illas)/ adspirate meis primaque ab origine mundi/ ad mea perpetuum deducite tempora carmen.
L’estro mi spinge a celebrare il mutare delle forme in corpi nuovi; o dèi (poiché siete stati voi a trasformare anche quelle), ispirate la mia impresa e guidate un componimento ininterrotto dall’origine remota del mondo ai miei tempi
.
Come Virgilio, che dopo le Bucoliche e le Georgiche, con l’Eneide aveva realizzato il grandioso progetto di un poema di tipo omerico, di un epos nazionale per la cultura romana, anche Ovidio, dopo le opere di carattere erotico, che gli avevano dato grande fama, segue un’altra direzione. La veste formale è quella epica (e l’esametro ne è il segno distintivo) e così le grandi dimensioni (quindici libri), ma il modello è quello esiodeo (Teogonia, ma soprattutto soprattutto Eèe), è quello di una sorta di poema catalogico, collettivo, cioè tale da raggruppare una serie di storie indipendenti accomunate dallo stesso tema, la metamorfosi. Il tema delle trasformazioni
era già stato trattato sia da Cinna, nella famosa Zmyrna, sia da Licinio Calvo. Questo tipo di poesia aveva avuto grande fortuna in età ellenistica, con gli Aitia di Callimaco (una serie di vicende mitiche accomunate dal motivo eziologico) e con il
perduto poema in esametri di Nicandro ( ̓EteroioÚmena, part.
: le cose che vengono mutate
a cui corrisponde l’ovidiano nova…mutatas…formas…corpora, che raccoglieva appunto storie di metamorfosi, né si può dimenticare l’Ornithogonia di Boio (o Beo), di cui conosciamo poco più che il titolo. Dunque Ovidio, se da una parte opera una scelta di poetica alessandrina, dall’altra rivela anche l’intenzione di comporre un poema epico, proprio quel genere letterario che la poetica callimachea aveva fermamente rifiutato: di qui il carattere ibrido, onnicomprensivo, di questo poema, che sembra voler mettere insieme e conciliare intenzioni e scelte letterarie solitamente incompatibili, reciprocamente esclusive, a conferma dell’ambiziosa novità del progetto concepito. In altre parole: Ovidio usa l’esametro [ma l’esametro ovidiano è molto più simile a quello neoterico che a quello virgiliano: come i neoteroi, Ovidio non predilige l’enjambement e tende a costruire frasi delimitate dal verso. La struttura preferita è quella di due sostantivi, accompagnati ciascuno da un attributo e la presenza di un verbo. Con questo schema a cinque membri la disposizione varia a piacere e non raramente il verbo viene collocato al centro per formare una struttura che si avvicina al cosiddetto verso aureo. Altre volte una frase molto breve occupa un solo emistichio, spesso la dizione è variata dall’inserzione di parentetiche, uno stilema questo che Ovidio recepisce direttamente dalla poesia di Callimaco], parla di perpetuum….carmen…., ma considerare le Metamorfosi come poema epico, nel senso propriamente detto, ormai sembra del tutto fuori luogo. L’ultimo grande studioso che sosteneva una
tesi del genere, Brook Otis5 partendo da una profonda analisi
5 Ovid as an Epic Poet, Cambridge 1970.
della struttura, della tecnica narrativa del poema ovidiano, ne individuava i caratteri epici in senso profondo
(e non solo superficiale
), che, a suo avviso, lo distinguevano nettamente dalla poesia elegiaca e alessandrina, e lo inserivano a pieno titolo nel solco del genere epico, seppure in una maniera del tutto particolare, che non coincide con la linea omerico- virgiliana.
Un diverso approccio è stato da altri studiosi, quasi tutti posteriori a Otis, i quali, hanno lasciato in disparte la questione del genere letterario, o l’hanno considerata un problema marginale, e hanno concentrato la loro attenzione sulla poetica
delle Metamorfosi. La scelta della metamorfosi come elemento unificante del poema implica un modo di interpretare la realtà: dietro le apparenze, Ovidio ne ricerca l’essenza; dietro il mutamento, il carattere psicologico dei personaggi: la stessa metamorfosi che essi subiscono diventano un modo per esplorare il mondo anche nei suoi aspetti più strani e apparentemente irrazionali. Recentemente alcuni studiosi, a
cominciare da Rosati6, hanno interpretato questa visione del
mondo, che ha le caratteristiche dell’instabilità, del mutamente continuo, del paradosso, non tanto come il prodotto di un poeta e di una cultura inquieta, ma come una consapevole e talvolta ironica rappresentazione del grande spettacolo del mondo.
Poeta doctissimus, Ovidio ha l’ambizione di gareggiare con tutti i capolavori della letteratura greco-latina, dai poemi omerici alla Teogonia, dalle Argonautiche di Apollonio Rodio (nel libro VII delle Metamorfosi, con il romanzo
di Giasone e Medea, che si ferma là dove incomincia la tragedia di
6 G. Rosati, Narciso e Pigmalione. Illusione e spettacolo nelle
«Metamorfosi», Firenze 1983.
Euripide), al De rerum natura di Lucrezio (nei passi filosofico- didascalici) e all’Eneide di Virgilio (con la cosiddetta piccola Eneide
dei libri XIII-XIV delle Metamorfosi) : intertestualità e arte allusiva sono due caratteristiche fondamentali dell’arte ovidiana e del suo poema in grado di assurgere a emblema di tutto l’universo materiale e culturale, di tutto l’universo presente e passato; un poema che si leva oltre i limiti imposti
dalle varie poetiche per progettarsi come summa di tutto il patrimonio letterario del mondo occidentale7.
ORGANIZZAZIONE DEL MATERIALE E TECNICA NARRATIVA.
Il primo problema che probabilmente si presentò a Ovidio fu quello dell’organizzazione dell’immenso materiale narrativo che intendeva esporre, cioè le mutatas…formas….in nova….corpora, le trasformazioni dei corpi in altri del tutto diversi dal caos ai tempi suoi. Ovidio affronta il problema accostando al sistema cronologico (una cronologia abbastanza vaga e flessibile), altri criteri che permettano di raggruppare le varie storie in base al tema (o per affinità di argomenti, o di metamorfosi, o invece per opposizione, o per affinità di rapporti genealogici fra personaggi, o per continuità geografica, e altri ancora). Come osserva Bar chiesi8,
l’analogia può creare bruschi salti spazio-temporali, e anche
7 E. Pianezzola, Il mito e le sue forme, introduzione a Ovidio, Metamorfosi,
trad. di M. Ramous, Milano, 1992.
8 Problemi d’interpretazione di Ovidio: continuità di storie, continuazione di testi, in Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici, 16, 1986, pp. 86 sgg.
anacronismi; la continuità spazio - temporale può marcare l’irriducibilità dei contenuti. D’altronde un poema che conteneva oltre 250 storie, di lunghezza diseguale, non poteva ricorrere a criteri selettivi rigidi, che eliminassero il materiale di collocazione incerta o complicata: in altre parole, la
cronologia doveva passare in secondo piano fin quasi a scomparire, per permettere, come afferma Rosati9, al poema, nel procedere del percorso narrativo, di setacciare e accogliere in sé, mettendole insieme piuttosto per ‘metonimia’, il maggior numero di storie, tutto il materiale che esso
incontrasse sulla sua strada (comprese le vicende in cui il tema della metamorfosi ha una funzione marginale o non compare affatto).
Per semplificare, i testi scolastici propongono solitamente questa suddivisione dell’opera: nei libri I-II sono raccontate le metamorfosi dovute all’amore degli dèi per le donne mortali; nei libri III-IV si trovano i casi di esseri umani trasformati a causa dell’odio o dell’ira degli dèi; nei libri VI-XI sono trattate storie d’amore di esseri mortali; gli ultimi quattro libri, infine, sono prevalentemente legati alla guerra di Troia, al viaggio di Enea e al suo arrivo nel Lazio, a storie dell’antica Roma fino alla trasformazione di Cesare in costellazione. Una parte dell’ultimo libro è dedicata alla dottrina pitagorica, che appare fondamentale per l’interpretazione filosofica
del poema. Infatti, per dare una sorta di dignità filosofica alla sua opera, per evidenziarne l’unità, per sottolineare l’importanza della metamorfosi come tema unificante del poema, Ovidio ricorre all’autorità della filosofia pitagorica. Il lungo discorso di Pitagora (rivolto al re romano Numa Pompilio) indica nel
9 Introduzione a Ovidio, Metamorfosi, Milano, 1997.
mutamento (omnia mutantur, nihil interit)10 La legge dell’universo, a cui l’uomo si deve adeguare: Tutto scorre, e ogni immagine che si forma è instabile
./ Il tempo stesso scorre con moto incessante/ come un fiume. Fermarsi infatti non può né il fiume/ né l’ora lieve, ma, come l’onda è sospinta dall’onda,/ e quella che giunge è incalzata e incalza l’onda precedente,/ così il tempo insieme fugge e insegue/ ed è sempre nuovo: ciò che era prima è lasciato,/ ciò che non era diviene e tutto si rinnova
. Di questa filosofia, che richiama in un certo senso la metempsicosi, la reincarnazione delle anime in diverse forme di vita (ma che ingloba in sé anche elementi eraclitei, stoici e platonici), Ovidio, secondo alcuni studiosi, non è molto convinto, così come non sembra, nel complesso,