Rime
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Info su questo ebook
A cura di Daniele Lucchini.
La versione in brossura è ordinabile dal sito di Finisterrae.
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Anteprima del libro
Rime - Gregorio Comanini
Colophon
Finisterrae 6
Titolo originale dell’opera: Canzoniere diviso in tre parti, spirituale, morale, d'onore
Prima pubblicazione: Mantova, 1609
Prima volta in Finisterrae: 2005
Aggiornamento: 2007
Antologia a cura di Daniele Lucchini tratta dall'edizione dei fratelli Osanna.
In copertina: Giuseppe Arcimboldo
Vertunno, 1590 (particolare)
© 2005 Daniele Lucchini, Mantova
www.librifinisterrae.com
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9781326635558
Epigrafe
Correrò quest'avventura
come un angelo caduto giù dal ciel.
Senza ali non avrò paura,
solo voglia di cadere un po' più in là.
Daniele Lucchini, Girovago
Prefazione
Nato a Mantova alla metà del XVI secolo e morto a Gubbio nel 1608, il canonico lateranense Gregorio Comanini fu teologo, filosofo, poeta e studioso d'arte. Alla sua penna si deve in particolare uno dei primi testi di critica dell'arte, Il Figino, overo del fine della Pittura¹.
Sviluppato come un dialogo a tre tra un pittore, un letterato ed un teologo, il libro si dipana in una sottile e quasi cervellotica classificazione delle arti basata su definizioni prese a prestito dai filosofi greci, su tutti Platone, secondo un gusto per la catalogazione e la speculazione tipico della cultura del Cinque e Seicento nell'Europa meridionale.
Al termine del suo percorso l'autore arriva ad individuare due categorie d'arte: l'icastica, che imita il vero naturale (più propria della pittura), e la fantastica, che inventa cose immaginarie (più propria della poesia).
Sincero estimatore e della tavolozza e della penna, però non si spinge mai a stabilire una superiorità tra le due muse. In lui anzi la pratica stessa della rima è da considerarsi sempre strettamente collegata agli studi e all'interesse per l'arte figurativa.
Per capire meglio quanto stiamo esprimendo potrà essere molto utile prestare attenzione ai seguenti versi tratti dal suo canzoniere:
Son io Flora, o pur fiori? / Se fior, come di Flora / ho la sembianza, e ‘l riso? e s’io son Flora, / come Flora è sol fiori? / Deh, né fiori son io, né men son Flora: / anzi son Flora, e fiori: / mille fiori, una Flora; / però, che i fior fan Flora, e Flora i fiori. / Sai come? i fior in Flora / cangiò saggio pittore, e Flora in fiori
.
Si tratta della trasposizione lirica del dipinto noto appunto come La Flora di Giuseppe Arcimboldo, l'amico pittore milanese apprezzato più alla corte imperiale di Praga che in patria e passato alla storia per i suoi ritratti composti di ortaggi, vegetali, libri.
Proprio nell'incontro