Il diritto penale come etica pubblica: Considerazioni sul politico quale “tipo d'autore”
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Il diritto penale come etica pubblica - Massimo Donini
35-36
1. La sovraesposizione della magistratura penale oltre il repubblicanesimo: specificità di un fenomeno italiano
In nessun Paese che io conosca le amministrazioni locali e quelle regionali, i parlamentari, gli esponenti dei partiti, di regola insieme agli imprenditori, sono così esposti come in Italia all’azione penale e alle indagini delle Procure della Repubblica, e poi al controllo e talvolta anche all’applicazione di sanzioni effettive da parte della magistratura giudicante.
Non è un giudizio di valore. Il mestiere del politico è da noi particolarmente a rischio penale
, anche se non ancora come quello dell’imprenditore, specialmente in forma societaria. L’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari, avvenuta nel 1993 nel pieno di Tangentopoli, può essere vista solo come una delle condizioni giuridiche del sistema perché esso funzioni
così. Lo stesso dicasi, per quello che concerne le singole condizioni giuridico-istituzionali del fenomeno del rischio penale
della classe politica, dell’effettiva indipendenza della magistratura italiana¹, comprese la politicizzazione e la visibilità mediatica di alcuni pubblici ministeri, del ruolo iperattivo e libero da vincoli della stampa e della televisione nella fase delle indagini, e della perdita di credibilità dei partiti politici e delle loro comunicazioni simboliche
post-ideologiche, quale veicolo di rappresentanza. Il fenomeno presenta tante peculiarità da avere sollecitato analisi continue², anche oltre gli aspetti internazionali di una espansione mondiale del potere giudiziario
³. Queste condizioni nazionali hanno favorevolmente svolto un ruolo importante nelle prime due grandi battaglie storiche che il paese ha di fatto superato anche grazie al contributo decisivo della magistratura e al prezzo di numerose vite umane che è stato sopportato dalla stessa magistratura: l’emergenza terrorismo e l’emergenza mafia. C’è poi stata la terza grande sfida che sempre la magistratura ha condotto per il risanamento delle istituzioni: tangentopoli e la corruzione istituzionale.
Questa battaglia è ancora in corso ed è la più dura di tutte, perché riguarda un vero problema di ethos nazionale, che non attiene alle sole fattispecie di corruzione: un contrasto con noi stessi, e non contro gruppi criminali in qualche misura esterni o avversi, anche se espressione della società. E dunque ancora più rilevanti a me paiono le condizioni culturali che governano la lotta
alla corruzione delle istituzioni, ma anche dell’impresa e dell’economia: cosa c’è nella testa dei politici e dei giudici, dell’opinione pubblica e dei mass-media, come si svolge effettivamente la lotta politica in Italia, quali sono realmente il costume e il comportamento della classe di governo, la sua moralità, quali insuperabili commistioni di potere esistono tra politica ed economia e magistratura stessa, tali da frenare, condizionare o bloccare ogni intervento decisivo al riguardo. E infine, quale tipo di controllo effettivo esista sul potere politico, al di là del sindacato sull’etica pubblica in termini di giudizio di criminally innocent
= politically correct. Un’equazione che a qualsiasi persona sana di mente dovrebbe apparire inconcepibile anche, e anzi soprattutto, nel Paese di Machiavelli⁴.
È stato il repubblicanesimo americano, a ripresa di tematiche dell’umanesimo civile e del repubblicanesimo italiano del Cinquecento, che dalla fine del secolo scorso ha rinnovato fortemente i temi della virtù civica e della corruzione (decadimento, lotte intestine, perdita di valori condivisi eccetera) quali aspetti centrali di una teoria del potere politico⁵: teoria costituzionale o politica, peraltro, della ‘vita activa’, non teoria del reato!⁶
L’esigenza che la virtù dei politici sia controllata e condivisa dai cittadini (come richiesto dal repubblicanesimo e dall’impegno civico che esso sollecita verso forme di patriottismo), non potendo costringere a tanto impegno quotidiano chi desidera nel tempo libero vedersi un film o guardare una partita di calcio, ha di fatto visto realizzato lo stesso risultato attraverso il controllo indiretto da parte della magistratura, oltre che della stampa.
Perché di questo andremo trattando. Per molto tempo da noi non è esistita più un’etica generale comune agli schieramenti politici, diversa da quella definita dal diritto e in particolare dal diritto penale.
La politica agisce mediante il diritto e anzi lo costruisce; solo in parte ne è da principio vincolata; ha grandi spazi⁷. Come si può pensare che essa sia ormai così priva di statuto etico-politico da avere bisogno di recuperare un orientamento ai valori attraverso il diktat di qualche provvedimento giudiziario penale?
In questa dimensione culturale si passa immediatamente da ciò che è reato a ciò che è lecito in quanto non delittuoso: come