L'isola del nuovo. Cinquant'anni da Palermo.: Interviste, riflessioni, giudizi sul Gruppo 63
By Fausto Curi, Alberto Arbasino, Nanni Balestrini and
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Testimonianze di:
Arbasino•Balestrini•Barilli•Guglielmi•Curi•Fabbri•Raffaeli•Cortellessa•Bello Minciacchi•Carbognin•Weber
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L'isola del nuovo. Cinquant'anni da Palermo. - Fausto Curi
isbn 978-88-7000-615-5
grafica e produzione digitale: Mucchi Editore (MO)
In copertina, (per gentile concessione):
©Nanni Balestrini, Bandiera, 2005, Ink jet su forex.
© Stem Mucchi Editore
via Emilia est, 1741 - 41122 Modena
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Prima edizione digitale: marzo 2014
Fausto Curi
L’isola del Nuovo
Cinquant’anni da Palermo
Interviste, riflessioni, giudizi
sul Gruppo 63
Arbasino • Balestrini • Barilli
Guglielmi • Curi • Fabbri • Raffaeli
Cortellessa • Bello Minciacchi
Carbognin • Weber
Mucchi Editore
L’Isola del Nuovo è naturalmente, per noi, la Sicilia, nel cui capoluogo, Palermo, non solo hanno avuto luogo le Settimane Internazionali della Nuova Musica, ma, dal 3 all’8 ottobre 1963, si è svolto il primo incontro degli scrittori del Gruppo 63. Trascorsi esattamente cinquant’anni da quei giorni, non si tratta di commemorare quell’incontro, si tratta invece di verificarne, nei limiti molto precisi di alcune interviste, l’importanza storica. Poiché, d’altro canto, il lavoro degli scrittori e dei critici del Gruppo 63 non si è esaurito con quell’evento siciliano (pur, crediamo, fondamentale), ma è proseguito negli anni fino ad oggi con prove diverse (poesie, romanzi, saggi), conviene non trascurare l’ipotesi di una persistente vitalità del Gruppo e, quindi, l’opportunità di accertare, sempre nei limiti accennati, se vitalità davvero si dia. Siamo perfettamente consapevoli che l’indagine critica e storiografica non si fonda su delle interviste, e sulle riflessioni e sui giudizi che esse contengono, per rilevanti che questi siano, ma il libretto che presentiamo ha ambizioni limitate e modeste: mettere a confronto opinioni e punti di vista che costituiscano non un concerto ma un insieme di dissonanze significative. Si va da alcuni aderenti al Gruppo 63 (quelli che Renato Barilli chiama i superstiti
) a studiosi assai più giovani, che del Gruppo hanno fatto esperienza soltanto attraverso delle letture. Fra costoro, sia chiaro, annoveriamo anche coloro che qui appaiono solo come autori di domande, nella convinzione che quelle domande, soprattutto perché rivolte da giovani, siano non meno significative delle risposte che hanno ottenuto.
Un’ultima osservazione riguardo al titolo di questo libretto, L’Isola del Nuovo. Sulla qualità e il valore del Nuovo
che nacque cinquant’anni fa in Sicilia e si è poi variamente sviluppato negli anni, è lecito, si capisce, nutrire le opinioni più diverse. Sembra giusto segnalare però che, assai diversi l’uno dall’altro, coloro che si riunirono in quello che denominarono Gruppo 63 avevano un aspetto in comune: costituivano davvero un’ isola
, non nel senso di un aristocratico isolamento, ma perché il loro motivato e probabilmente necessario antagonismo li isolava dai più. I quali, peraltro, a provocare e a costruire l’isolamento, più con la barriera del silenzio che con la vigilanza delle parole, hanno spesso robustamente cooperato.
Fausto Curi
Le interviste ad Arbasino, Balestrini, Guglielmi, Fabbri, Raffaeli, Bello Minciacchi sono state realizzate da Fausto Curi. Le domande a Barilli e a Cortellessa le ha rivolte Luigi Weber, quelle a Curi sono di Francesco Carbognin.
Fausto Curi intervista Alberto Arbasino
1 luglio 2013
Tu hai fatto parte del Gruppo 63, ma ne sei stato sempre un po’ distaccato. Questo probabilmente ti consente oggi di esprimere sul Gruppo un giudizio più obiettivo di quello che possono esprimere gli altri; tanto più che, oltre che un narratore e un cronista d’eccezione, tu sei un critico.
Va detto, in primo luogo, che il Gruppo 63 era costituito da una piattaforma generazionale anagraficamente piuttosto uniforme, dato che avevamo tutti la stessa età. Voglio dire che i diversi esponenti del gruppo – da Manganelli, a Sanguineti, a Balestrini, a Giuliani, a Guglielmi, Barilli… – erano giovani coetanei che a un certo punto si erano messi in testa – e a mio parere giustamente – di approfittare del boom economico (iniziato nel ’56 e destinato ben presto a estinguersi, ma ancora in corso in quei primi anni Sessanta) per rialzare il livello medio della letteratura. Questo era, secondo me, l’intento di fondo del Gruppo: sollevare il livello medio della letteratura…
Per capire quanto fosse necessario il Gruppo 63, basterebbe rileggere la tua intervista a Pasolini del 1963, nella quale tu e lui fate a gara nel denunciare lo squallore di quel momento letterario. Ma mentre tu hai saputo trarne delle conseguenze, Pasolini, a mio parere, non l’ha fatto…
Io ritengo invece che occorrerebbe modificare un po’ il giudizio su Pasolini. Pasolini, per lo più, è rimasto universalmente famoso per le opere cinematografiche, piuttosto che per le opere letterarie. Non penso tanto a quelle in prosa (come Ragazzi di vita e Una vita violenta…, libri che non sono un gran che, del resto): penso soprattutto alle opere poetiche – molto belle, a mio giudizio (in particolare Le ceneri di Gramsci, bellissime, ma intraducibili). Insomma: la sua fama, ormai universale, si deve quasi esclusivamente ai film, oltre che a quel fattore decisivo costituito dalla morte tragica, dal mito del poeta assassinato
. Pasolini andrebbe allora riconsiderato all’interno di un giudizio meno restrittivo, maggiormente sensibile ai diversi aspetti dell’attività artistica e intellettuale. Circa la situazione letteraria italiana dell’epoca, per esempio, io e Pasolini eravamo perfettamente d’accordo nel denunciarne lo squallore. E figuriamoci se dovessimo incontrarci nuovamente oggi, per dialogare sul livello più o meno squallido dell’attuale cultura italiana… Non se ne parlerebbe nemmeno…
Che cosa ti ha portato verso il Gruppo 63: semplice curiosità o un interesse più forte?
Di certo un interesse più forte: esisteva realmente, alla base del Gruppo 63, una notevolissima comunità di intenti, diretti al tentativo di rialzare i livelli squallidi della letteratura di allora. Ogni componente del Gruppo possedeva, per di più, una posizione economica sufficientemente stabile all’interno della cosiddetta industria culturale
: non essendo, dunque, arpionati dal bisogno, non si era nemmeno disponibili allo scendere a compromessi con il mercato. Tradizionalmente, a ben vedere, la cultura italiana è una storia di compromessi e di necessità: basti pensare quanti compromessi l’artista italiano fosse indotto a compiere dalla ristrettezza economica, nell’epoca del fascismo; senza contare, poi, che fino alle soglie del XX secolo, la buona letteratura era rimasta appannaggio di una classe aristocratica colta, istruita (si pensi al contino Leopardi e al conte Manzoni…), anche se non abbiente come quella francese, comunque provvista di belle biblioteche, formata su letture scelte e circondata da una società che sapeva e poteva sostenerla.
Considerando il Gruppo come una collettività, e non come un insieme di individui, ci sono tuoi interessi e aspetti del tuo lavoro che puoi considerare affini o analoghi a quelli del Gruppo?
Certamente. La stessa possibilità di leggere, in quel breve giro d’anni, scrittori e intellettuali come Sanguineti, Manganelli, Balestrini, Eco e critici come Guglielmi, Giuliani, Curi…, era proprio offerta dal lavoro che ognuno di noi andava svolgendo ispirandosi al senso di appartenenza alla comunità