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Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani
Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani
Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani
Ebook77 pages56 minutes

Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani

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About this ebook

Mi chiamo Antonio Vedrani, sono nato il quindici Giugno millenovecentotrentootto a Pieve di Cento. La mia vita, l'ho dedicata al mio lavoro, che adoro, fare l'infermiere. Ho iniziato questa professione all'età di trent'anni, con una grande voglia di lavorare, di avere contatto con gli ammalati.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 9, 2016
ISBN9788893320832
Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani

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    Un cuore pieno d'amore. Antonio Vedrani - Letizia Rillo

    assoluta.

    L’INFANZIA

    La mia infanzia non è stata spensierata, anche se i miei genitori hanno fatto il possibile perchè lo fosse, vivendo in un periodo, che c’era la guerra, sono il figlio più piccolo, di quattro figli, vivo in compagnia dei genitori e di un nonno ( padre di mio padre). Nei primi anni che ho vissuto, il ricordo più bello è la mamma, perchè è unica al mondo, che occupa una figura insostituibile, ogni essere umano ha avuto una mamma, salvo eccezioni, una persona adorabile sotto ogni aspetto, nel sapere accudire i figli, nel darle un’adeguata educazione, nel portarli sulla retta strada. Disponibile in ogni avvenienza nel proteggere, nel difendere, nel perdonare, ogni scappatella, nascondendo qualche errore di percorso, durante la vita. E’ disposta a subire insulti da persone estranee pur di difendere i propri figli, nel bene e nel male, nel torto o nella ragione, un istinto che nasce dal sangue materno. Quando in casa, disturbo, faccio i capricci, oppure non voglio studiare o grido, la mamma mi dice: -- Stasera quando torna tuo padre, gli racconto come ti sei comportato? – Ma quando la sera arriva mio padre, che è quasi sempre nervoso, per il duro lavoro giornaliero o per qualcosa andato storto, la mamma nota l’ambiente un pò burrascoso, non gli dice niente, per la paura, della sua reazione. Perchè è d’abitudine, essere rigidi, così che i ragazzi, hanno il timore di essere picchiati, non gridano, giocano e ubbidiscano aiutando nei piccoli servizi. La mamma cancella tutto quello che è successo durante la giornata, consolando mio padre, facendogli passare una serata tranquilla insieme alla sua famiglia. La mamma è il perno centrale o che disfa o che costruisce la famiglia. Oggi la famiglia è cambiata e le mamme non possano più seguire i figli, per molte ore perchè devono lavorare. Ho un bellissimo ricordo, della colonia, lungo il fiume Reno. Per arrivarci cammino con altri bambini, su una ferrovia che ci passa un vaporino che si ferma in ogni paese, proseguendo lungo un viottolo, sugli argini del fiume. Quando arrivo alla colonia, che esiste tutt’ora, gioco, faccio il bagno, controllato dai gestori della colonia, che è una famiglia. Il giorno pranzo in un salone insieme agli altri e per merenda mi danno un quadretto di cioccolato oppure di marmellata, che mi dona molta energia essendo bambino ne ho bisogno, ma le piu volte la porto alla mamma, quando torno a casa, percorrendo la stessa strada della mattina. Inizio, le scuole elementari, quando c’è la guerra, sono semichiuse, noi ragazzi abbiamo il terrore di restare uccisi sotto i bombardamenti, trascuriamo lo studio e non capiamo l’importanza, che ha, per costruire la persona, a diventare veri uomini o donne, nel comportamento, nel dialogo, nel lavoro, nella società. Il lavoro scarseggia, le esigenze, il fabbisogno si complica nelle famiglie numerose, con tanti figli da sfamare. I ragazzi hanno un vestito per la festa, un pantalone e una maglia o una camiciola, semplice, anche rammendati per lavorare la terra daurante la settimana. Scarpe di gomma o sandali, quando si rompano si resta in casa, senza andare a scuola, non abbiamo i soldi per rinnovarle o farle riparare. I più adulti vanno per le case contadine, per chiedere un pezzo di pane o della frutta oppure un pezzetto di maiale, perchè raccogliendo dalla terra sono i più ricchi. Vi descrivo fatti accaduti, nel passato dal millenovecentoventuno al millenovecentoquarantacinque, in Emilia Romagna, dove sono nato e cresciuto precisamente a Pieve di Cento nel Bolognese. Paese che ha destato tanto odio, rancore, amarezza, suicidi, scatenati dall’ideale, fanatismo, dall’ignoranza, inalfabetismo umano. Senza ragionare e non sapendo cosa facessero, tra neri e rossi (fascisti-comunisti), ( partigiani ), con una percentuale elevata di morti inutilmente ( sessanta – sessantacinque ) circa trucidati da ambo le parti considerando che il paese allora contava millecinquecento abitanti, mentre a Cento (Ferrara) hanno solo picchiato risparmiando tante vite umane. A Pieve vengano sottratti (tolti ) dai loro cari con bambini in tenera età, famiglie intere, li caricano su machine, di sera e li fanno scomparire nel nulla. Provocano torture disumane, infine la morte in una totale inciviltà. Tanti non vengano più restituiti alle proprie famiglie, per una degna sepoltura. Ricordo da bambino, che ogni sera scattava il coprifuoco, ognuno di noi deve rientrare a casa prima delle ore ventuno. Se qualcuno viene sorpreso o trovato per strada! Viene aggredito e bastonato, con calci, pugni, mandandolo in Hospedale, (periodo fascista). Nel frattempo i partigiani si organizzarono stampando volantini da portare in diversi luoghi e nelle casa ( propaganda organizzata) dove poi il commando partigiano distribuisce gli ordini. Si formano le staffette (donne—uomini ) con lo scopo di mantenere i collegamenti per essere aggiornati contro

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