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Hoenir il Druido l'iniziazione
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Hoenir il Druido l'iniziazione

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Hoenir, Crise, Autolico e Kowen sono giunti al cospetto degli dei; finalmente, essi apprendono il vero significato della loro missione e capiscono di essere i Prescelti. Una prova di iniziazione consentirà di stabilire se essi sono degni di assimilare le energie necessarie ad affrontare la battaglia finale. Uno di loro, tuttavia, sembra essere di troppo…

Con l’aiuto del Vendicatore Daeron è sfuggito alla prigionia cui era stato costretto dal Ciambellano e si reca nelle terre orientali alla ricerca di alleati nella guerra cosmica.

I barbari dell’est, sobillati da Isabò, sono stati unificati sotto la guida di un capo supremo, che mette a ferro e fuoco il continente e punta dritto verso la capitale dell’Impero.

A corte Lord Verminaard convoca il Consiglio di Guerra ma solo per imporre le sue decisioni in modo autoritario; la sua strategia bellica, tuttavia appare a molti suicida ma nessuno sa obiettare.

La fame e gli stenti, unitamente alla sciagurata condotta del Ciambellano esasperano la popolazione, sino a provocare un drammatico redde rationem tra il rappresentante dell’autorità costituita e l’eroe del popolino: il Vendicatore!

Nel frattempo, Hoenir ed i suoi amici ultimano il loro percorso di crescita interiore e sono pronti ad affrontare la terribile minaccia che incombe sul mondo…
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateMar 9, 2016
ISBN9788867825066
Hoenir il Druido l'iniziazione

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    Hoenir il Druido l'iniziazione - Daniele Bello

    grazie.

    Prologo

    1.

    Dalle Cronache delle invasioni¹:                             

    Questo è il frutto delle indagini e dello studio cui ho sottoposto i fatti storici (materia difficile ad accertarsi), scrutando ogni singolo indizio e testimonianza.

    Gli argomenti da me addotti assicurano la possibilità di interpretare gli eventi passati in rassegna con una certezza che non si discosta essenzialmente dal vero.

    Sulla base degli antichi insegnamenti del Grande maestro del metodo storico, ho vagliato con accuratezza le fonti e ho ritenuto mio dovere descrivere le azioni compiute in questa guerra non sulla base di informazioni ricevute dal primo che capitava, in modo approssimato o arbitrario, ma analizzando con infinita cura e precisione (nei limiti del possibile) ogni particolare cui avessi assistito di persona o che altri mi avessero riportato.

    Il tono severo della mia storia suonerà forse noioso all’orecchio esigente; mi basterà che stimino la mia opera quanti intendono scrutare la verità delle vicende passate o di quelle future (perché il passato, per una legge immanente al mondo umano, tende a ripresentarsi di nuovo, simile o identico). Che la mia storia possa essere possesso per l’eternità; essa non è composta per l’ascolto immediato del pubblico, ma non è destinata a spegnersi dopo poco tempo².

    "L’anno 968 dell’Era di Glynis, primo anno dell’Era del Nuovo Credo, secondo l’attuale datazione, rimase tristemente famoso negli annali della storia delle Marche orientali e del Continente del sole che tramonta (che gli antichi conobbero con l’arcaico nome di Europa).

    Le vicende che sconvolsero tutto il mondo civilizzato in quel periodo vengono spesso citate dagli storici con un nome desunto dalla fantasia popolare: ‘Il ritorno dei Figli dell’Oscurità’.

    Le origini di tale appellativo non sono ancora chiare, ma numerose fonti riferiscono che, a coniare tale locuzione, furono le popolazioni delle Terre desolate. Sembra, infatti, che un’orda di Demoni provenienti da altre dimensioni avrebbe tentato in un tempo lontanissimo di invadere il nostro mondo, venendo però respinta dalle forze del Bene.

    L’esercito delle tenebre sarebbe stato quindi esiliato ai confini dell’universo, ma avrebbe poi sempre cercato di varcare di nuovo le barriere che lo separavano dal nostro cosmo; secondo le profezie, un giorno i nemici della Luce sarebbero infine riusciti ad abbattere le barriere e avrebbero tentato di conquistare ancora il nostro mondo.

    I figli dell’Oscuro avrebbero poi scatenato un conflitto cosmico, dal quale solo una delle forze in campo sarebbe uscita vincitrice. L’apporto della razza umana sarebbe stato fondamentale per le sorti del conflitto.

    Le leggende or ora descritte, che i vecchi raccontavano davanti al focolare, nelle lunghe notti ai confini dell’Impero, nascondevano ben più di un semplice fondo di verità.

    Non è inutile sottolineare che il Nuovo credo, affermato in questi ultimi anni superando le secolari divergenze ideologiche tra Druidi, Sacerdoti di Glynis e Seguaci di Haimal, è germogliato soprattutto grazie agli insegnamenti appresi nel corso di questa guerra così funesta.

    Per la prima volta, dopo anni di infinite e spesso sterili diatribe, che non di rado degeneravano in vere e proprie dichiarazioni di inimicizia tra i popoli che professavano fedi diverse, i sostenitori delle tre grandi religioni fecero fronte contro il nemico comune e affrontarono assieme la spaventosa minaccia dell’Entropia. La terribile lezione imparata spinse i sacerdoti e i teologi a valorizzare i punti in comune tra le varie fedi, dando così inizio alla elaborazione di una nuova concezione filosofica che conquistò rapidamente sia gli intellettuali sia il popolino. Grazie anche al placet imperiale, il Nuovo Credo divenne ben presto la religione ufficiale dell’Impero e si diffuse ovunque.

    Tutto ebbe inizio con il terribile inverno dell’anno 968 E.G.; se nelle Marche orientali il clima fu mite rispetto alle temperature degli anni precedenti, nelle terre selvagge dell’Est la stagione fu rigida, flagellata da grandine, ghiaccio e tempeste di neve. Il raccolto fu gramo e portò fame e carestia, riducendo agli stenti buona parte della popolazione dell’Antico continente. I popoli delle Marche occidentali vennero afflitti da terribili sventure, tanto che molti abitanti delle città si rifugiarono nelle campagne alla ricerca di cibo (gli approvvigionamenti di viveri, nelle grandi città, erano infatti divenuti pressoché impossibili).

    In quello stesso periodo fecero la loro apparizione le agguerrite orde degli invasori, provenienti dall’Est. Le popolazioni nomadi che abitavano quei territori così aspri erano da tempo avvezze a sopportare un ambiente ostile e un clima avverso. Per secoli, vissero di caccia, raccolta e pastorizia attraversando in lungo e in largo le sconfinate steppe orientali. Le poche incursioni che i barbari avevano fatto in precedenza nelle regioni civilizzate del continente vennero sempre respinte dal vigoroso e disciplinato esercito imperiale. Ma tutto era destinato a cambiare...

    Nessuno sa di preciso cosa accadde in quegli anni. Fatto sta che, agli inizi dell’anno 968 E.G. (anno 1 della Nuova Era), essi si riversarono nei territori dell’Occidente, compatti e uniti come mai erano stati. Un coacervo di popoli, un tempo lacerati da secolari e sanguinose faide, si presentò nell’Antico Continente come una forte coalizione. Era guidata dal popolo degli Huni, che obbediva ciecamente agli ordini del crudele Atli, uno spietato condottiero che aveva risalito in poco tempo i gradini del potere sino a diventare il khan della sua tribù. Egli era riuscito quindi a raggruppare sotto di sé gli Huni e a rendere suoi vassalli i popoli delle steppe. Accanto al culto degli antenati, Atli aveva imposto la venerazione dello spaventoso demone Isabò, che aveva promesso ai suoi eletti il dominio sul mondo intero in cambio della devozione più totale.

    Triste era il destino di quanti avevano la ventura di scontrarsi con gli Huni. Per loro il fato serbava unicamente la scelta tra la sottomissione immediata oppure l’annientamento. Intere città furono rase al suolo dalla furia devastatrice del popolo eletto e gli abitanti vennero passati per le armi. In pochissimo tempo, i barbari calarono dalle steppe inospitali dell’Est, devastando a più riprese le Terre desolate. Gli unici in grado di opporsi furono gli uomini del Boemir, che riuscirono a organizzare una resistenza strenua e a impedire la rovinosa caduta del regno.

    La marcia degli Huni e dei loro alleati proseguì imperterrita sino alle opulente pianure del Sud, mettendo sotto assedio gli Esarcati delle Marche orientali. Una parte delle truppe dei nomadi, invece, proseguì a Ovest, verso la Foresta nera, dove molti barbari trovarono la morte in circostanze misteriose e tuttora inspiegate. I superstiti si diressero verso la penisola di Ausonia, saccheggiando le campagne e puntando verso Nuova urbe, la capitale delle Marche occidentali.

    Nel frattempo, le truppe barbariche, guidate da un feroce e inumano comandante che si presentava come la reincarnazione vivente di Isabò, davano inizio all’assedio di Byze...".

    Cartina 1. La città di Byze

    Capitolo 1. - Il concilio dei druidi

    1.

    Dopo molti giorni di cammino, Dwar Ev aveva finalmente raggiunto il limitare della Foresta dei carnuti e attendeva di essere ammesso al concilio dei Druidi.

    Per essere accolti all’interno del conclave dei saggi conoscitori del Wyrd e dei segreti della Madre ancestrale, era richiesto di completare una serie di riti di iniziazione e di purificazione, ai quali nessuno poteva sottrarsi, neppure il Grande maestro. Dwar Ev era giunto in ritardo, a causa di un terribile temporale che aveva reso impraticabili i sentieri che dalla penisola di Ausonia conducevano nelle regioni del Nord-Ovest. In quel terreno smisurato la vegetazione si era ripresa il potere assoluto, nonostante l’uomo avesse tentato nei secoli di contenderle il dominio con i suoi insediamenti e le sue costruzioni.

    Dopo il Cataclisma, i territori occidentali dell’Antico continente erano spopolati, fatta eccezione per le regioni della ridente Ausonia e per gli sporadici insediamenti posti in prossimità del mare, nelle regioni dell’Hiberia e della Proventia. Gli abitanti di quei luoghi erano da tempo uniti tra loro in una federazione di città-stato, nota come Marche occidentali; se per secoli essi avevano tributato un ossequio, sia pure formale, all’Imperatore di Byze, dal 768 E.G. avevano proclamato la loro scissione dal governo centrale e gestivano la cosa pubblica in totale autonomia. Di tanto in tanto, essi convocavano il Senato che si riuniva a Nuova urbe per decidere delle questioni che riguardavano l’intera collettività; per il resto, ogni borgo era pressoché autosufficiente.

    Da un lato, ovunque si respirava un afflato di libertà che era difficile riscontrare nelle Marche orientali e nei vari Ducati delle Terre desolate; dall’altro, crescenti forme di campanilismo impedivano una gestione razionale e coerente dei problemi di portata più ampia. Le vie di comunicazione tra i vari territori, ad esempio, denotavano una evidente incuria, anche a causa della graduale perdita delle nozioni necessarie a riparare ponti e strade. Di conseguenza, un temporale piuttosto violento o una nevicata potevano mettere in serio pericolo la sicurezza dei viaggiatori (sempre più rari, in verità) che si spostavano da un insediamento all’altro. Senza contare che le foreste, che dominavano il paesaggio dell’entroterra, erano infestate da lupi e fiere.

    Per unirsi al concilio dei Druidi, Dwar Ev aveva dovuto percorrere sentieri accidentati, dormire notti all’addiaccio e attraversare una catena montuosa in pieno inverno, sotto la minaccia costante di frane e slavine. Mentre riandava alle tappe del viaggio tormentato che lo aveva condotto sano e salvo sino alla Foresta dei carnuti, il giovane Druido ripassava le formule magiche che lo avrebbero aiutato ad acquisire la calma e la serenità necessarie per affrontare il raduno. Erano frasi rituali, antiche di millenni, in grado di far sprigionare le energie più recondite della mente e di far risalire al livello del pensiero cosciente doti e capacità sopite.

    In quel momento, Dwar Ev incrociò lo sguardo di un altro Druido che stava ultimando gli esercizi preparatori; timidamente, si azzardò a sussurrare: Sai se il Concilio è già iniziato? Non vorrei che il nostro ritardo ci mettesse in cattiva luce agli occhi dei maestri più anziani....

    L’altro iniziato increspò le labbra in un mezzo sorriso, poi rispose: Non preoccuparti, non siamo gli unici ad aver affrontato un lungo viaggio per giungere sin qui. L’assemblea degli iniziati non avrà luogo sino a quando l’ultimo dei Druidi non avrà raggiunto la Foresta dei carnuti, là dove le linee del Wyrd vibrano più intensamente che in altre parti del pianeta.

    Dwar Ev parve rassicurato da quelle parole e assunse un’espressione più rilassata: Ti ringrazio. Sai, è la prima volta che prendo parte a un concilio e ho il timore di trovarmi inadeguato rispetto alle prove da affrontare.

    Il suo interlocutore sorrise di nuovo: Nessuno di noi può essere preparato ad affrontare un concilio. Sembra si sia tenuto l’ultima volta molti secoli fa, in occasione dello scisma dei territori dell’Occidente. Altri ritengono che i Druidi, disinteressati delle vicende umane, vollero riunirsi dopo il grande terremoto che sconvolse l’Ausonia, più di quattrocento anni fa. Sia come sia... siamo tutti impreparati per un simile evento.

    Dwar Ev rimase impressionato dalla preparazione di quel druido che non sembrava tanto più anziano di lui e, per qualche istante, non riuscì a proferire parola; l’altro allora gli porse la mano in segno di amicizia: Mi chiamo Dwar Reyn e sono uno studioso della storia dei raduni druidici. In questi giorni io e te avremo la fortuna di assistere a un evento speciale. Qualcosa che serberemo nelle nostre menti e nei nostri cuori per tutto il nostro breve soggiorno su questa terra; forse ne conserveremo traccia anche nelle nostre vite future. Ti va di affrontarlo assieme?.

    Con un sorriso sulle labbra, Dwar Ev strinse con convinzione la mano di quel suo nuovo amico. Non aveva più timore di affrontare il Concilio, ora.

    2.

    Nella desolazione pianeggiante della Sarmazia, ricoperta da un manto di candida neve, Atli passava in rassegna le truppe con i suoi luogotenenti; questi lo seguivano ovunque, mantenendosi a una rispettosa distanza di tre passi; quanto bastava per lasciare il condottiero libero di spostarsi, riducendo al minimo la possibilità di un attentato. Nessuno avrebbe osato violare questo rituale, che si era consolidato in quei mesi di dure battaglie; non rispettarlo avrebbe comportato la morte per il trasgressore.

    In quel momento, lo spettacolo che si offriva agli occhi dei soldati era duro da sopportare, persino per dei veterani che avevano affrontato terribili battaglie e scontri cruenti. Atli aveva le mani lorde di sangue, dopo avere ucciso a mani nude l’ultima persona che aveva provato a mettere in discussione la sua autorità, disobbedendo ai suoi ordini.

    Il Khan degli Huni vestiva una tunica di pelle fatta di lana grezza, ricoperta da un folto strato di pellicce di animale selvatico, secondo la foggia barbarica. Aveva una carnagione olivastra dagli zigomi accentuati; i capelli di colore nero corvino erano raccolti in una lunga treccia che accentuava il suo aspetto rozzo. I suoi occhi azzurri sembravano animati da un’aura malefica; ben pochi riuscivano a fronteggiare il suo sguardo spiritato, che diventava insostenibile quando egli pagava alle fosche divinità il suo ennesimo

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