Di sognanti e altri eroi
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Anteprima del libro
Di sognanti e altri eroi - Niccolò Testi
I classificato
Per narranti e sognatori
Di Davide Camparsi
Lo vide sorgere dal mare come un’alba, mentre guidava; l'acqua salmastra che ruscellava lungo il corpo nudo in scomposte cascate di oltre trenta metri.
Lo stava ancora fissando quando l'occhio deforme del gigante incontrò il suo sguardo. L'iride azzurra era venata da screziature dorate che lampeggiavano lungo il bordo dell'enorme pupilla, in una danza di folgori d'agosto.
Nonostante apparisse terribile, pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua.
Con uno sforzo tornò a concentrarsi sulla strada, evitando per un soffio di essere speronato da un autista che giungeva dalla direzione opposta. Anche quello fissava a occhi sgranati il ciclope che passeggiava confuso lungo il litorale.
Era già cominciata...
D’altro canto, Lize non sarebbe stata così allarmata al telefono se non si fosse trattato di un’emergenza. Strinse il volante tra le mani premendo il piede sull’acceleratore. Doveva fare in fretta, prima che la situazione precipitasse.
Il pensiero tornò a Bob, che gli aveva insegnato gran parte di quel che sapeva quando non era che un pivellino sprovveduto, e delle Camere dei Sognanti conosceva solo quel che sapevano tutti; che servivano a debellare il male dal mondo. Non poteva credere che il vecchio se ne fosse andato.
Lize gli aveva detto al telefono che era entrata nella Camera solo per accertarsi che tutto procedesse nel migliore dei modi. La voce le tremava ancora, e questo la diceva lunga su quanto fosse scossa. Aveva sbirciato il vecchio di spalle, al centro dei lettini disposti a raggiera, seduto sulla solita poltrona di pelle che aveva modellato con i gomiti spigolosi e il culo ossuto nel corso degli anni; il capo reclinato in avanti, come stesse prendendo fiato, recuperando l’ispirazione.
Solo che c’era qualcosa che non andava.
La piccola Agnes mormorava nel sonno, i capelli rossi un fuoco ribelle contro le lenzuola candide del lettuccio. Un grasso uomo d’affari russava in modo allarmante e l’anziana Irine contraeva i pugni in gesti nervosi e corrucciati.
Lize si era fatta avanti, appoggiando una mano sulla spalla di Bobby. Il vecchio era semplicemente scivolato su un fianco, emettendo un rantolo soffocato.
Lei aveva ritratto la mano come se si fosse scottata. Non l’aveva confessato a Dave, ma gli occhi le si erano confusi di lacrime prima che l’orrore la sommergesse.
Gli ospiti della Camera dei Sognanti dormivano ancora, un sonno profondo ma già agitato: non c’era più nessuno a narrare per loro, nessuno che addomesticasse i loro incubi, ora che Bobby era morto.
Oltretutto, in quel momento non vi erano altri Narranti a diposizione per completare il lavoro del vecchio. Alvaro si trovava fuori città alla ricerca di nuovi candidati e Ruth era partita per il viaggio di nozze solo il giorno prima.
"Davi-Davi, caro, abbiamo un problema", aveva esordito al telefono, quando era riuscita a contattare l’unico altro Narrante disponibile in un raggio di chilometri.
Dave, che si era svegliato di soprassalto al trillo del cellulare, aveva ascoltato: prima toccato dalla morte di Bobby, poi inorridito quando si era reso conto di ciò che Lize gli stava dicendo.
Arrivò in fondo al rettilineo con gli pneumatici che stridevano ed esalavano un acre odore di gomma bruciata fin dentro l’abitacolo, decidendo solo all’ultimo di frenare prima dello Stop, invece che sfidare la sorte nel tentativo di guadagnare tempo prezioso.
Fu quello a salvargli la vita.
Il cavaliere catafratto lanciato al galoppo lo travolse comunque, accartocciando per l’impatto il muso dell’auto con un clangore assordante di lamiere.
Come al rallentatore, Dave vide il cavallo da guerra pesantemente corazzato capriolare sopra al cofano e l’uomo d’arme essere sbalzato di sella, per poi ricadere in uno sciame di scintille sul fondo scabroso dell’asfalto. Il parabrezza esplose nello stesso istante, scagliando frammenti di vetro ovunque, ferendogli il viso in una miriade di scalfitture.
Dolorante ma illeso, detergendosi con il dorso della mano i rivoli di sangue che gli rigavano il viso, si tirò a fatica fuori dall’abitacolo, giusto in tempo per veder sopraggiungere il secondo cavaliere. Imperniato nella staffa, questi reggeva con la sinistra l’asta di un’orifiamma che garriva candido nel vento. Il cavallo si arrestò sbuffante davanti al muso dell’auto distrutta, poi l’uomo estrasse una spada con la mano libera e l’abbatté in ampi e violenti fendenti contro il radiatore fumante, mentre lui si lasciava cadere all’indietro, sul ciglio della strada. Il cavaliere lo fissò con disgusto, come se un nemico di tal fatta non fosse degno del suo onore, e poi si lanciò di nuovo al galoppo verso la collina che poco più avanti increspava il profilo monotono del litorale. Dave sospirò di sollievo, solo per rendersi conto con sgomento che la terra aveva preso a tremare: intuendone la causa, barcollando sulle ginocchia, cercò svelto riparo contro la fiancata dell’auto.
Vi riuscì appena in tempo, mentre il fragore della cavalleria investiva in pieno l’ampia striscia di terreno con il rumore di migliaia di zoccoli ferrati lanciati al galoppo, e lì rimase rannicchiato, invaso dal terrore che uno dei cavalieri corazzati decidesse di infilzarlo con le lance lunghe oltre quattro metri di cui erano armati. Aprì gli occhi solo quando la tempesta di metallo, cuoio, finimenti e sudore si fu allontanata e rimase a fissare la sommità della collina dove i cavalieri erano radunati, in apparente attesa.
Sebbene confuso, pensò che non fosse una buona idea indugiare per scoprire di chi o cosa si trattasse.
Si alzò in piedi, portandosi al centro della carreggiata e poi cominciò a percorrerla svelto a piedi.
Sono un Narrante
, disse al motociclista. Ho bisogno d’aiuto: è un’emergenza
.
Lo vedo
, rispose l’altro, e poi, allargando le gambe per tenere in equilibrio il mezzo sotto di sé, indicò qualcosa alle sue spalle. Sognanti?
Dave si voltò nella direzione che l’altro gli stava indicando.
I catafratti erano ancora sulla collina, ma adesso un’ombra opaca li abbracciava tutti: la loro attesa era conclusa.
L’astronave si librava a qualche centinaio di metri dal suolo e sembrava aver attraversato la galassia più e più volte, tanto lo scafo appariva segnato da innumerevoli collisioni con detriti e meteore. Ruotava su se stessa, pigra e lenta, lanciando ogni tanto bagliori nel cielo che andava scurendo. Più sotto i cavalieri inveivano contro di essa, urlando sfide in arcaiche lingue dimenticate, agitando spade e vessilli.
Sognanti
, convenne Dave.
Il motociclista imprecò.
Siamo in guai grossi? È da più di vent’anni che non vedevo una cosa del genere. Forse non l’ho mai vista, a dir la verità
.
Credo di sì, amico. Mi serve la tua moto
.
L’uomo indugiò sull’astronave e poi scosse il capo, smontando in fretta dal mezzo.
Al diavolo
, disse. Sbrigati, fai quel che devi fare. Non voglio essere responsabile di una cosa del genere
.
Dave annuì. Nemmeno lui lo desiderava, ma ci era dentro fino al collo.
Diede gas proprio mentre l’astronave iniziava a ruotare più velocemente su se stessa.
Non c’era nulla che distinguesse un Sognante da una persona qualunque, se non un test ideato per caso da un gruppo di scienziati