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I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio: Analisi e prospettive in Europa e in Italia
I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio: Analisi e prospettive in Europa e in Italia
I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio: Analisi e prospettive in Europa e in Italia
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I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio: Analisi e prospettive in Europa e in Italia

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Questo volume riprende il lavoro portato avanti all’interno del dottorato di ricerca in “Sociology of Regional and Local Development”, XXVII ciclo, presso l'Università di Teramo. La ricerca di dottorato, di cui questa pubblicazione è una sintesi, ha approfondito le dinamiche del fenomeno dei turismi in bicicletta, fenomeno che negli ultimi anni ha conosciuto un rinnovato interesse sia negli utenti che all’interno delle politiche dei vari Stati, ma che manca, almeno in Italia, di un approfondimento scientifico.
Il testo parte da un excursus sulla storia della bicicletta passando poi all’individuazione di una definizione di “cicloturismo” che possa individuare compiutamente il fenomeno, identificando le diverse tipologie dei soggetti che utilizzano la bicicletta all’interno della loro esperienza turistica.
Una successiva analisi della letteratura esistente e delle fonti statistiche e documentarie, nazionali e internazionali (riferimenti storici, normativi, economici e sociologici), ricostruisce l'evoluzione del fenomeno ponderando il peso dei fattori strutturali che possono influenzare la formazione delle rappresentazioni sociali inerenti al tema della ricerca.
LanguageItaliano
PublisherHomeless Book
Release dateJan 29, 2016
ISBN9788898969708
I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio: Analisi e prospettive in Europa e in Italia

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    I turismi in bicicletta come strumenti di sviluppo del territorio - Raffaele di Marcello

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    Premessa

    Questo volume riprende il lavoro portato avanti all’interno del dottorato di ricerca in "Sociology of Regional and Local Development", XXVII ciclo, presso l’Università di Teramo. La ricerca di dottorato, di cui questa pubblicazione è una sintesi, ha approfondito le dinamiche del fenomeno dei turismi in bicicletta, fenomeno che negli ultimi anni ha conosciuto un rinnovato interesse sia negli utenti che all’interno delle politiche dei vari Stati, ma che manca, almeno in Italia, di un approfondimento scientifico.

    Il testo parte da un excursus sulla storia della bicicletta passando poi all’individuazione di una definizione di cicloturismo che possa individuare compiutamente il fenomeno, identificando le diverse tipologie dei soggetti che utilizzano la bicicletta all’interno della loro esperienza turistica.

    Una successiva analisi della letteratura esistente e delle fonti statistiche e documentarie, nazionali e internazionali (riferimenti storici, normativi, economici e sociologici), ricostruisce l’evoluzione del fenomeno ponderando il peso dei fattori strutturali che possono influenzare la formazione delle rappresentazioni sociali inerenti al tema della ricerca.

    Il volume riporta, inoltre, i risultati di tre approfondimenti del lavoro di dottorato: il primo relativo alle politiche e azioni che, a livello nazionale e locale, le varie istituzioni stanno portando avanti; il secondo con uno studio sulle attività ricettive dedicate ai turisti ciclisti, per meglio individuare qual è lo stato dell’arte a livello normativo e quali sono le prospettive di crescita del fenomeno; e l’ultimo, svolto sul campo, relativo all’ipotesi di un progetto pilota, denominato Ve.Le. – per la ciclovia adriatica Venezia-Lecce, portato avanti con finalità di studio, ma con implicazioni operative che, nel tempo, si vanno sempre più concretizzando, per conseguire una maggiore conoscenza del contesto di indagine, mediante tecniche di rilevazione non standard, in particolare con l’osservazione all’interno del mondo del cicloturismo (associazionismi, operatori turistici, amministrazioni, ecc.) e la ricognizione di dati e informazioni reperibili attraverso seminari, convegni, incontri, contatti con testimoni privilegiati, ecc.;

    Il presente volume vuole rappresentare non già un punto di arrivo nelle complesse tematiche relative all’utilizzo della bicicletta per fini turistici, e all’interazione con altre forme di turismo (non ultimo quello sportivo e ambientale) ma un contributo all’acquisizione di nuovi elementi utili ad ampliare ulteriormente il patrimonio di conoscenza sull’argomento.

    Introduzione

    Qualsiasi considerazione sul cicloturismo non può prescindere dall’analisi dell’evoluzione di quello che è l’oggetto principale di tale tipologia di turismo: la bicicletta.

    La nascita del mezzo e la sua evoluzione storica, che analizzeremo sinteticamente nel primo capitolo, dimostrano come, nel tempo, non sempre l’utilizzo della bicicletta abbia seguito logiche prettamente utilitaristiche, come ben evidenziato da Bijker (1997), in uno studio dove affronta la «costruzione sociale del biciclo e della bicicletta» (p. 1). Nel libro l’autore, uno dei sostenitori dell’approccio della costruzione sociale della tecnologia (nota anche come SCOT, acronimo di "Social Construction Of Technology"), espone il frutto della ricerca condotta nell’arco di un decennio con l’obiettivo di formulare una teoria, su ampia scala, del cambiamento sociotecnologico, dando conto delle origini delle tecnologie e di come le società le recepiscono. Tra gli esempi che Bijker illustra per dimostrare le sue teorie c’è, appunto quello della storia dell’evoluzione della bicicletta. La SCOT, attraverso il principio di simmetria,¹ dimostra come lo storico sia tentato di spiegare il successo delle teorie vincenti facendo riferimento alla loro verità oggettiva, o alla superiorità tecnica, mentre si propongono spiegazioni sociologiche (citando influenze politica o ragioni economiche), solo nel caso di teorie fallimentari o abbandonate. Nel caso della bicicletta l’autore afferma che si può essere portati ad attribuire il successo della cosiddetta bicicletta di sicurezza (modello che, con ulteriori aggiustamenti, è giunto fino ai giorni nostri, dando origine ai modelli attuali) alla sua tecnologia avanzata rispetto alla primitività della Penny Farthing (la bicicletta con due ruote diseguali, di cui l’anteriore molto grande). La storia, però, insegna come le valutazioni sulla utilità dei diversi modelli, in passato (ma anche ai giorni nostri) sono state spesso diverse da quelle che, attualmente, potremmo aspettarci.

    La bicicletta, infatti, nasce come possibile sostituto del cavallo (con uno scopo, quindi, prettamente utilitaristico), ma da subito se ne apprezzano le possibilità sportive e ricreative. Per gli utilizzatori più frequenti, spesso eccentrici giovani di buona famiglia, elementi come la velocità, il brivido e la spettacolarità, molto accentuate nel Penny Farthing, erano requisiti fondamentali che non si ritrovavano, o si ritrovavano in maniera minore, nella bicicletta di sicurezza. Per anni, quindi, nonostante la superiorità tecnica di quest’ultimo modello, la bicicletta con la ruota alta ha avuto maggior successo, relegando in secondo piano la produzione di modelli tecnologicamente più avanzati, molto più sicuri e affidabili. Solo successivamente, altri fattori sociali, come l’esigenza di utilizzo della bicicletta per i trasporti, la diffusione del mezzo tra le donne dell’epoca (che, per questioni di abbigliamento, avevano bisogno di mezzi più comodi), ecc., hanno influenzato e cambiato le relative valutazioni sui modelli di biciclette.

    Al di là delle critiche che sono state mosse all’approccio SCOT, tali valutazioni sono valide, sempre per la bicicletta, ancora oggi, anche al di fuori dal campo strettamente tecnologico. Non si spiegherebbe, altrimenti, il ritorno all’utilizzo di modelli tecnicamente superati (come le cosiddette biciclette a scatto fisso²) o, estremizzando, lo stesso aumento dell’uso delle due ruote a pedali per esperienze al di fuori da quelle sportive, come gli spostamenti urbani (spesso in condizioni urbanistiche e trasportistiche sfavorevoli) o l’uso a fini turistici.

    L’evoluzione della bicicletta, e il suo stesso utilizzo, non dipendono quindi solo da fattori tecnologici, ma da una serie di fattori sociali che, nel tempo, hanno determinato il successo o l’insuccesso di determinati modelli o tipologie di utilizzo, e lo studio dei fattori di successo, o presunto insuccesso, è fondamentale per comprendere fenomeni anche attuali.

    Per capire, quindi, il complesso fenomeno della riscoperta dell’utilizzo della bicicletta, anche a fini turistici, in un ambito generale che contempli la gestione del territorio, i sistemi trasportistici, il turismo, ecc., non ci si può concentrare solo sui casi perdenti, ma occorre estendere l’analisi anche a quei casi che, ad oggi, sembrano essere quelli vincenti, cercando di comprendere l’evoluzione storica dei fenomeni.

    Spostandoci nel campo della mobilità, l’invenzione e la diffusione dell’automobile, tecnologicamente più evoluta della bicicletta e più efficace, in termini di velocità e capacità di trasporto di persone e merci, ha portato ad un aumento dei viaggi, sia per lavoro che per turismo. Già nel 1998, nel mondo, si calcolava ci fosse un’automobile ogni quattro persone (Urry, 2007); tale numero è cresciuto negli anni e in Italia, nel 2012, il tasso di motorizzazione è stato pari a 621 autovetture ogni mille abitanti (fonte dati ISTAT).

    Come evidenziato dal Parlamento Europeo (Maffii, 2010), la diffusione dell’automobile privata ha, senza dubbio, consentito alle persone di beneficiare di livelli di mobilità senza precedenti, consentendo l’accesso a funzioni urbane sempre più disperse e specializzate (Cervero, 1998; Newman e Kenworthy, 1999). La flessibilità, la libertà di spostamento e i bassi costi operativi e di manutenzione sono vantaggi che hanno consentito alle automobili di diventare rapidamente il mezzo di trasporto preferito, sostituendo i tradizionali modi di trasporto sulla breve distanza come camminare o andare in bicicletta (Mackett e Robertson, 2000; Rietveld, 2000; Thorson e Robusté, 1998).

    Tuttavia, tali innegabili vantaggi, che da soli potrebbero far propendere per il successo del mezzo meccanico rispetto ad altri mezzi di trasporto, devono essere valutati assieme alle conseguenze negative, tra cui congestione degli spazi pubblici, emissioni di gas a effetto serra, incidenti e rumore, non solo sull’ambiente urbano locale ma anche sulla qualità della vita e sull’efficienza economica delle città. Il crescente numero di spostamenti in automobile ha inoltre ridotto la loro efficacia a causa della congestione del traffico che riduce al minimo la velocità e, infine, ha favorito una maggiore espansione urbana e la dispersione della popolazione (Monzon e Vega, 2006). Anche dal punto di vista turistico l’aumento del numero delle automobili e il conseguente aumento del traffico urbano ed extraurbano, nelle località di destinazione turistica, ha in molti casi contribuito a snaturare le caratteristiche che rendono tali località appetibili per i viaggiatori, riproponendo le stesse condizioni di congestione urbana dei luoghi di provenienza dalle quali, spesso, i visitatori vogliono allontanarsi nei periodi di vacanza.

    La supremazia tecnologica dell’automobile rispetto alla bicicletta, che decenni fa aveva decretato il successo della prima rispetto alla seconda, a causa di una serie di fattori, molti dei quali esterni alla tecnologia del mezzo (ma altri, quali l’inquinamento, il consumo energetico, ecc., strettamente legati a questa), attualmente fa riscoprire il valore delle due ruote a pedali, molto più efficienti nell’ambiente urbano su percorsi di breve percorrenza, e più sostenibili da un punto di vista ambientale e salutistico.

    I fattori di successo di una tipologia di mobilità rispetto ad un’altra sono ben definiti da un concetto fortemente avviluppato con le interazioni e le pratiche sociali: il concetto di motilità. Questo concetto viene utilizzato da Kaufmann (2005) per raggruppare tre aspetti della mobilità: le infrastrutture; l’accessibilità delle stesse; le competenze e le rappresentazioni. Il primo aspetto riguarda l’effettiva presenza di strade, piste ciclabili, stazioni ferroviarie, porti, aeroporti ecc.; il secondo aspetto riguarda l’accessibilità universale alle infrastrutture; il terzo è relativo al fatto che il soggetto abbia le cognizioni e le competenze per muoversi (patente di guida, conoscenza dei luoghi, spirito di esplorazione, ecc.).

    Ad esempio, per promuovere l’utilizzo della bicicletta, sono necessarie tutte le componenti della motilità: piste e percorsi ciclabili; biciclette adatte ad ogni fisico e fascia di età e conoscenza degli itinerari; capacità e voglia di spostarsi con tale mezzo (Osti, 2010).

    Motilità, quindi, non solo come agevole pratica della mobilità ma come potenzialità, nel senso di consapevolezza, da parte di un soggetto, di essere in grado di recarsi, volendolo, in un dato posto con un dato mezzo (Osti, 2010), potenzialità che, da alcuni studiosi, viene definita come spazio di attività (Schönfelder e Axhausen, 2003).

    Per quanto riguarda il turismo, esso si presenta come una forma paradigmatica di mobilità. Seppure la derivazione del termine provenga dell’inglese tour, che, letteralmente, ha anche il significato di giro, e quindi evoca un movimento fine a se stesso, per il puro piacere di farlo (Osti, 2010), le ricerche in materia si sono concentrate molto sui luoghi di destinazione, piuttosto che sul movimento verso questi dai luoghi di residenza (non a caso le statistiche sul turismo, soprattutto se finalizzate ad evidenziarne l’impatto economico, si concentrano sui pernottamenti). Il valore, inteso come impatto economico, del turismo, tende quindi ad essere considerato in base alla permanenza su un luogo di destinazione. D’altra parte la predominanza della destinazione rispetto al viaggio è insita nella maggior parte delle tipologie di turismi, concentrate sul valore, anche simbolico, di una meta, mettendo in secondo piano l’attività, ritenuta strumentale rispetto al raggiungimento di tale meta, del viaggiare.

    Questo, naturalmente, non è vero per altre tipologie di turismi, come quello religioso legato al pellegrinaggio, dove il viaggio ha un senso mistico che è parte fondamentale dell’esperienza turistica (Mazza, 2007), o quello itinerante, in camper o, appunto, in bicicletta³. Proprio il turismo in bicicletta, nella sua versione itinerante, mette in primo piano il viaggio rispetto al luogo di destinazione, che in alcuni casi può anche non essere definito. L’esperienza turistica, quindi, diviene scoperta dei luoghi percorsi, recuperando qual senso del viaggio che affonda le proprie radici nelle letterature antiche, nel mito di Ulisse (Leed, 1992).

    Rimanendo nel campo del turismo possiamo osservare come questo si sia evoluto, negli ultimi decenni, da un modello fordista ad uno post-fordista (Bernardi e Filippi, 2004).

    Il primo è basato sulla standardizzazione dei prodotti turistici, con pacchetti preconfezionati rivolti ad un consumatore passivo e con limitate esigenze; il secondo si basa su un prodotto turistico personalizzato, spesso autoconfenzionato, diretto ad un turista più attivo (Fayos-Solà, 1996).

    Mentre il turismo fordista si basava sulle economie di scala (aumento della produzione con diminuzione dei costi unitari), quello post-fordista si fonda sulle economie di scopo (diminuzione dei costi unitari all’aumentare della varietà di beni e servizi prodotti), ottenute integrando la tradizionale catena del valore del turismo con altre catene del valore (trasporti, divertimento, eventi, culture, eno-gastronomia, ecc.), coinvolgendo il consumatore nel processo di progettazione dell’offerta (Pencarelli, 2001). Il valore finale è, quindi, rappresentato dall’azione congiunta di tutti i protagonisti del settore, e il successo dipende dalla capacità di gestire e governare il network delle relazioni: il turismo diventa «un sistema integrato di creazione del valore» (Fayos-Solà, 1996: p. 408).

    I caratteri generali della produzione fordista sono la produzione di massa e l’omogeneizzazione dei prodotti, l’uniformità e la standardizzazione, così come la costituzione di ampie scorte: nel turismo la produzione è costituita da vacanze di massa, con pacchetti vacanza, voli charter, ecc., e l’acquisto di ampi volumi di prodotti turistici elementari.

    Le caratteristiche della produzione post-fordista sono, invece, la produzione a lotti di prodotti personalizzati, la loro differenziazione e la segmentazione della clientela; nel turismo le vacanze diventano maggiormente personalizzate e gli operatori sempre più specializzati, aumentano i prodotti e la clientela viene divisa in segmenti.

    In generale il modello di consumo fordista è un consumo di massa, con consumatori inesperti e motivati quasi esclusivamente dal prezzo; lo stesso accade nel turismo, con turisti di massa, omogenei e prevedibili, con poche esigenze e motivati principalmente dai prezzi, dove l’oggetto dell’esperienza turistica è la cosa da vedere (sight-seeing⁴), non nella sua autenticità ma come immagine preconfezionata ad uso e consumo del turista stesso.

    Nell’era post-fordista il consumo diventa sempre più individuale, i consumatori appaiono più consapevoli e caratterizzati da una volatilità di preferenze e da esigenze sempre più specifiche; anche i turisti sembrano essere maggiormente indipendenti, consapevoli e flessibili, alla ricerca di forme alternative di turismo e di autenticità (Goffi, 2010).

    Tra gli elementi di distinzione fra turismo fordista e post-fordista ci sono la temporalità (localizzazione temporale), la spazialità (localizzazione fisica) e l’integrazione con altre attività non strettamente turistiche (Santana Turégano, 2009a). Il cicloturismo è tipicamente post-fordista, in quanto è un turismo destagionalizzato (contrariamente al turismo di massa, concentrato in determinati periodi dell’anno), contribuisce alla valorizzazione delle località turisticamente meno conosciute (marginalizzate dal turismo fordista, che predilige luoghi strutturati turisticamente) e si integra perfettamente con altre attività del tempo libero e di promozione del territorio (attività sportive, tutela dell’ambiente, eno-gastronomia, ecc.) (Santana Turégano, 2009b).

    Altra caratterizzazione del turismo in bicicletta è quella del cosiddetto serious leisure che Stebbins definisce

    the systematic pursuit of an amateur, hobbyist, or volunteer activity that is sufficiently substantial and interesting for the participant to find a career there in the acquisition and expression of its special skills and knowledge (Stebbins, 1992: p.3).

    Le caratteristiche del turista serio, tipiche di un nuovo ceto medio internazionale, definite da Stebbins (2007: pp. 13-15), possono essere sintetizzate in sette punti (Costa, 2008).

    • il bisogno di perseverare tenacemente nella o nelle attività intraprese perché ciò genera feeling positivi con il superamento delle avversità;

    •la possibilità di fare una carriera non lavorativa, collezionando punteggi che segnano le tappe dell’auto-realizzazione attraverso il pieno coinvolgimento nell’attività;

    • la consapevolezza, molto riflessiva, del fatto che le attività svolte sono la conseguenza di conoscenze, di allenamenti, di competenze acquisite;

    • l’acquisizione di benefici durevoli nella realizzazione del proprio sé, che viene liberato, rigenerato e rinnovato dalle attività, con conseguenze positive sull’immagine personale;

    •la formazione di un ethos sociale all’interno dei gruppi che partecipano alle attività, delineando rapporti di complicità molto soft che delineano reti amicali lasche;

    •la possibilità di potersi identificare con forza e determinazione in obiettivi e traguardi liberamente scelti e raggiunti;

    •il perseguire l’esperienza del gioco⁶, del decontrollo controllato delle emozioni, all’interno di regole che fanno parte del corso principale della vita.

    Savelli (2004), citando Urbain (1991), aggiunge un’ottava caratteristica del nuovo turismo, assimilabile a quelle sopra esposte: - la pratica di esperienze interstiziali sia sul piano temporale (short breaks, bassa stagione) che spaziali (esplorazioni di luoghi non turistici). L’interstiziale «nel cuore dello spazio conosciuto o quotidiano interpreta in maniera soggettiva le risorse e le opportunità del luogo e reinveste lo sguardo necessario all’esperienza dello straniamento e al piacere della scoperta» (Savelli, 2004, p. 23).

    Tutte le caratteristiche di cui sopra si ritrovano nel turismo in bicicletta, che lo stesso Stebbins (2007), nella sua accezione sportiva, definisce serious business⁷.

    Nei capitoli che seguono analizzeremo il fenomeno cicloturismo, sia in ambito europeo che italiano, cercando di individuare una definizione quanto più ampia possibile del fenomeno e le sue ricadute sui territori interessanti.

    NOTE

    1 Il principio di simmetria è uno dei quattro principi cardine del cosiddetto Strong Programme, a volte definito anche sociologia forte, variante della sociologia della conoscenza scientifica, concepita negli anni settanta dai sociologi David Bloor e Barry Barnes della Science Studies Unit di Edimburgo. Lo Strong Programme cerca di spiegare le origini e lo sviluppo della conoscenza scientifica attraverso fattori sia sociali che culturali, studiando allo stesso modo le teorie scientifiche che, nel tempo, si rilevano vere o false. Precedenti approcci sociologici restringevano il loro oggetto di studio alle teorie scientifiche false o decadute, partendo dall’assunto che tali teorie dipendessero dal pregiudizio, dall’impreparazione o da interessi economici dei ricercatori, non interessandosi delle teorie rivelatesi vere, in quanto le stesse non erano altro che lo svelarsi di una verità naturale. Lo Strong Programme è costituito, nel suo nucleo, da una serie di principi metodologici per l’analisi sociologica della conoscenza scientifica, analisi che, secondo Bloor dovrebbe essere: causale, cioè interessata alle condizioni che producono credenze o stati di conoscenza; imparziale rispetto alla verità e alla falsità, alla razionalità o all’irrazionalità, al successo o al fallimento (entrambi i termini di queste dicotomie richiedono una spiegazione; simmetrica nel tipo di spiegazione (gli stessi tipi di causa devono spiegare le credenze vere e le credenze false); riflessiva. In linea di principio i suoi modelli di spiegazione devono essere applicabili alla stessa sociologia, che non può ovviamente pretendere di essere immune dall’analisi sociologica. (Bloor, 1976: p. 15).

    2 La bicicletta a scatto fisso ha la particolarità di avere un solo rapporto (non ha quindi il cambio) e nessun meccanismo di ruota libera, per cui la pedalata è solidale con il movimento della ruota posteriore. Non è perciò possibile pedalare a vuoto all’indietro, né smettere di pedalare, a meno che non si voglia rallentare bruscamente l’andatura. Nelle scatto fisso spesso il freno è sostituito proprio dal meccanismo dei pedali che, venendo bloccati, impediscono il movimento della bicicletta. Tale possibilità, però, è vietata in Italia dove è prevista la presenza di almeno un freno (quello anteriore).

    3 In realtà quando si parla di turismo itinerante ci si riferisce, nella quasi totalità degli studi, del turismo a bordo di caravan e camper (Oriolo, 2012), trascurando una componente fondamentale dei vari turismi in bicicletta che è, appunto, quella itinerante.

    4 Per una più puntuale disanima della teoria del sight-seeing si vedano Burgelin (1967) e Savelli (2002).

    5 «La ricerca sistematica di un’attività amatoriale, hobbistica, o di volontariato che sia sufficientemente consistente e interessante per il partecipante per trovarvi una carriera nell’acquisizione e nell’espressione delle sue competenze e conoscenze» (traduzione dell’autore).

    6 Per la concezione del turismo come gioco dei giochi si veda Guiotto (2005).

    7 «The bicycle is not to be taken lightly. Bicycling is serious business. Do not go slowly in front of a serious cyclist. A dedicated sportsman or woman works through the pain barrier to gain peak performance.» (Stebbins, 2007). «La bicicletta non

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