Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Etica del Buonsenso
Etica del Buonsenso
Etica del Buonsenso
Ebook97 pages52 minutes

Etica del Buonsenso

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Che cos’è il buonsenso? Quando e come si applica? Perchè non tutti lo usano allo stesso modo? L’autore stimola la riflessione sull’origine e sull’uso del buonsenso prendendo spunto dalla filosofia etico-morale sia antica che contemporanea ed elevandolo a strumento necessario per la ricerca della felicità. Secondo l’autore il buonsenso è un elemento innato dell’essere umano che ci consente di distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo e ciò che è giusto da ciò che è sbagliato per porre in essere i comportamenti e le azioni più corrette, talvolta in deroga alle consuetudini e alle norme. Il buonsenso spinge all’azione buona e giusta i cui effetti non saranno sbagliati per alcuno. L’uso del buonsenso restituisce serenità e felicità sia per chi agisce sia per chi riceve. Ricco di citazioni filosofiche, il volume fornisce un metodo per migliorare noi stessi e le relazioni con gli altri.
Tra gli autori citati nel testo: Socrate, Platone, Aristotele, Marco Aurelio, Seneca, Cicerone, Plutarco, Tommaso d’Aquino, Cartesio, Michel De Montaigne, Jeremy Bentham, John Stuart Mill, Adam Smith, Immanuel Kant, Philippa Foot, John Rawls…
LanguageItaliano
Release dateJul 11, 2015
ISBN9788898212651
Etica del Buonsenso

Read more from Salvatore Primiceri

Related to Etica del Buonsenso

Related ebooks

Philosophy For You

View More

Related articles

Reviews for Etica del Buonsenso

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Etica del Buonsenso - Salvatore Primiceri

    BIBLIOGRAFIA

    Premessa

    Il desiderio di trattare l’argomento sul buonsenso ha radici lontane. Fin dai tempi della mia prima formazione scolastica, poi con gli studi di diritto all’università, ho sempre in qualche modo rifiutato gli schemi, i metodi abituali della formazione. Ma non solo. Consideravo la scuola come un luogo dove le ambizioni e i talenti naturali dei giovani rischiavano di essere limitati a causa di un’uniformità generale al metodo stabilito dall’alto, ovvero una forma di giudizio continuo basato sui numeri e su un piatto livellamento delle conoscenze. Ritenevo questa una vera e propria forma di limitazione della libertà espressiva e creativa di uno studente. Specifico che non ero affatto un ribelle, ma talvolta, nonostante il carattere mite che in molti mi riconoscono, sbottavo di fronte a ciò che ritenevo ingiusto. Ponevo, cioè, alcune garbate critiche a chi dirigeva il sistema facendo spesso leva sul concetto di buonsenso, che io vedevo come l’elemento più volte mancante nel processo decisionale e valutativo scolastico.

    Il mio migliore amico, tempo fa, ascoltando pazientemente le mie teorie su come dovrebbe essere impostato l’insegnamento scolastico e sull’inutilità dei voti, mi disse che secondo lui avevo maturato una sorta di rifiuto verso l’autorità.

    Ho riflettuto qualche minuto sulle sue parole per poi capire che mancava un elemento che potesse rendere completa e giusta la sua percezione. Io non rifiuto l’autorità bensì l’abuso di autorità. In poche parole provo repulsione per l’abuso di potere. E tale sentimento l’ho gradualmente esteso nell’esperienza della vita a tutte quelle situazioni in cui ho osservato o conosciuto qualcuno che si comportava come se fosse stato investito da un potere speciale e come se, l’esercizio di questo stesso potere, fosse in qualche modo giustificato dalla propria condizione sociale o dalla propria professione. Tale forma di potere finisce con il recare danno agli altri in quanto presuntuoso e arrogante, manchevole di buonsenso. Soggette a tale grave patologia sono, per natura, le professioni in cui le decisioni di un singolo producono effetti sugli altri, ma anche gli atteggiamenti individuali alimentati dalla paura di trovarsi in condizione di inferiorità rispetto ad altri o dalla diffidenza, per vari motivi, acquisita verso il prossimo. Gli ingredienti per evitare la deriva dal ruolo responsabile all’abuso di potere sono l’etica individuale, l’etica professionale e la responsabilità.

    Se mancano queste il danno è fatto. Se invece ci sono, insieme al buonsenso, produrranno il più delle volte decisioni sagge e ben accolte dai destinatari, oltre che appaganti anche per chi le compie, in quanto accompagnate dalla gratificazione di aver fatto la cosa buona e giusta.

    Il mio convincimento, nonostante l’osservazione della realtà mi abbia posto dinanzi a seri dubbi circa la capacità dell’uomo ad agire con buonsenso, è che la natura umana sia predisposta al bene.

    Se l’uomo sia capace naturalmente di distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo e ciò che è giusto da ciò che è sbagliato è un dilemma fonte di innumerevoli riflessioni e studi nel corso della storia.

    Varie analisi e test psicologici hanno rivolto la loro attenzione allo studio dei comportamenti dei bambini riuscendo a far ipotizzare come un certo senso di giustizia sia già presente nel loro codice genetico.

    Ma cosa accade dopo? Se l’uomo nasce buono, allora cosa può permettere l’agire male, spesso ai danni dei propri simili?

    È qui che assume un ruolo fondamentale l’educazione perché è proprio il contesto in cui una persona cresce, sviluppando le sue attitudini e inclinazioni caratteriali, a modellare la sua mente.

    Ecco perché schemi e modelli possono essere talvolta pericolosi se non si lascia spazio alla libertà, alla creatività e alla discrezionalità delle persone all’interno di un sistema (come in quello scolastico citato prima, ad esempio), nei limiti della correttezza e della ragionevolezza. È il caso del burocrate che esegue sempre allo stesso modo le pratiche che ha tra le mani senza tenere conto dei destinatari e dei casi specifici; dell’insegnante che decide se uno studente va promosso o bocciato in base alla sola media matematica dei voti; dell’avvocato che pretende di risolvere i problemi delle persone solo attraverso le cause giudiziarie perché non conosce le tecniche di mediazione; del giudice che porta avanti per anni, fino alla condanna, il processo ai danni di un senza tetto e senza reddito per aver rubato due mele in un supermercato; del politico che si esprime secondo la lezione imposta dal suo partito al solo fine di fare carriera, e così via.

    L’agire meccanicamente annulla il fattore umano e produce distorsioni nella società limitando la personalità dell’individuo e l’inclinazione al buonsenso. È possibile che in alcuni casi non ci sia violazione di regole, ma l’incapacità di assumere il buonsenso come principio generale sopra ogni norma, diffonde, comunque, un senso di ingiustizia.

    A volte il buonsenso manca per utilitarismo. L’interesse personale può essere di due tipi, ambizioso o di mantenimento. C’è chi punta ad accrescere il proprio successo e per farlo, scende a compromessi che danneggiano gli altri, ma c’è anche chi si accontenta dello status quo perché tutto sommato va bene così. Tale soggetto, rassegnato, talvolta in modo inconsapevole, allo status quo, trova estremamente complicato riattivare la propria materia cerebrale al fine di rendersi migliore per sé e per gli altri, con la conseguenza che il suo accontentarsi limita il potenziale accrescimento di benessere per l’intera società.

    Usare buonsenso significa avere coscienza del proprio ruolo all’interno di una società, salvaguardare la propria dignità e quella degli altri, agire con autorevolezza e coraggio, anche in contrasto con la regola consolidata se il caso specifico lo richiede e se gli effetti della deroga sono migliori per tutti senza alcuna conseguenza negativa.

    In questo volumetto, che spero possa essere il primo di una serie, viaggeremo alla scoperta del buonsenso aiutati dagli spunti di riflessione proposti da autorevoli pensatori di tutti i tempi, da Socrate a John Rawls, passando per Kant, Bentham e Mill.

    La proposta di questo volume è, quindi, basata principalmente sul piano etico e filosofico.

    L’intenzione, piuttosto ambiziosa, è quella di provare a riprendere piena coscienza e consapevolezza dei valori naturali dell’essere umano, quei valori che possano aiutarci ad utilizzare il buonsenso nella vita di tutti i giorni e sul lavoro.

    Meriteranno approfondimento in prossimi volumi anche il profilo psicologico del buonsenso e il profilo legato alla giustizia, comunque accennato in alcuni passaggi di queste pagine.

    Riprendere confidenza col buonsenso significa partire da sé stessi per agire bene sia da soli, che insieme e per gli altri. Il buonsenso è un dono che ci permette di agire tendendo al bene comune.

    Buonsenso a tutti.

    ALLA RICERCA DI UNA DEFINIZIONE: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

    Capitolo I

    Che cos’è il buonsenso? È compito piuttosto

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1