La scelta del lupo
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Book preview
La scelta del lupo - Fabrizio Proietti
Indice
Copyright
Uno (la campana spezzata)
Due (risveglio)
Tre (incontro con l’eremita)
Quattro (la casa e la salute)
Cinque (l’orto)
Sei (tisane)
Sette (casa di cura)
Otto (la vita lì)
Nove (salita al monte e Rogovedo)
Dieci (meditazione)
Undici (il flauto)
Dodici (il francese, la decisione)
Tredici (l’ultimo giorno)
Quattordici (il ritorno a casa)
Nota dell'autore
Copyright
Titolo: La scelta del lupo.
Autore: Fabrizio Proietti.
La scelta del lupo è un racconto pubblicato nella collana ebook 10Pagine.
Copyright © 2013 LibrosìEDIZIONI.
ISBN: 978-88-98190-22-5
La collana 10Pagine è solo in formato ebook.
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Hai scritto un racconto? allora invialo a librosi@librosi.it. Potresti vederlo pubblicato sulla collana 10Pagine di LibrosìEDIZIONI.
Uno
(la campana spezzata)
Un falco si posò sul tetto della chiesa di San Giovanni, a tre metri dalla torre campanaria.
Marchetto era nella torre, seduto vicino alla campana più piccola. Teneva lo sguardo fisso in direzione del ponte.
Si accorse del falco. Il passaggio del rapace davanti al sole aveva generato come un dardo d’ombra scagliato da una mano invisibile contro i suoi occhi.
Si alzò e andò ad affacciarsi al finestrone dalla parte del tetto. Poggiò i gomiti sulla balaustra.
Era un falco bellissimo: le ali di uno scuro lucente; il piumaggio dorato.
Non ne aveva mai visto uno così da vicino. Non pareva per niente intimorito dalla presenza del ragazzo, anzi, a sua volta lo guardava, inclinando la testa ora a destra ora a sinistra.
Marchetto restò immobile per evitare che l’uccello, spaventandosi, volasse via; cercando di estendere il più possibile la durata di quel momento.
Improvvisamente il falco emise un grido rauco, volse lo sguardo al vuoto e, con un salto, si tuffò oltre le mura del castello.
Marchetto tornò velocemente al finestrone che dava sulla valle, per meglio seguire il volo del falco.
Planava basso verso il ponte sul Nera. Laggiù brillava qualcosa di insolito. Il ragazzo guardò attentamente, fissando quel luccichio.
Un soldato del regio esercito francese, fermo al centro del ponte, stava puntando il fucile in direzione del campanile.
Quando col dito premette lievemente sul grilletto, la pallottola saettò verso la campana, colpendola, e rimbalzò contro la parete della chiesa, passando a pochi centimetri dalla fronte di Marchetto che non si rese ben conto dell’accaduto finché l’onda sonora dell’esplosione raggiunse le sue orecchie. Acuì ancor più lo sguardo. Altri soldati correvano verso il castello. Ne contò quattro, forse cinque. Volse lo sguardo alla campana e restò alcuni secondi a fissare il profondo squarcio che l’attraversava longitudinalmente. Guardò ancora verso il fiume. I soldati non si vedevano più, nemmeno quello restato indietro per sparare. Erano ormai al coperto delle prime case. Vicini. Sentiva i passi veloci lungo la strada che saliva al castello. Allora scese di corsa le scalette di legno lungo la parete interna alla chiesa e si precipitò fuori. Corse via, nella direzione opposta a quella da cui stavano arrivando i soldati, annunciati dalle voci urlanti. Pochi passi in salita, poi quindici metri in discesa. Dieci, dodici passi, fino all’angolo con la via trasversale, l’angolo che avrebbe impedito ai soldati di capire immediatamente la direzione della fuga.
Pochi secondi d’esitazione negli inseguitori, sulla via da seguire, e sarebbe stato in salvo.
Questo pensava Marchetto, nel suo sprint verso la salvezza, ma così non fu.
Il primo dei soldati, il più veloce, attraversò la porta del borgo e vide il ragazzo. Istintivamente bloccò la corsa, portò il calcio del fucile alla spalla, prese per bene la mira e tirò un colpo.
Il soldato era al culmine della breve ma intensa fatica, dovuta alla salita. Uno spasmo del diaframma nell’istante del tiro deviò il colpo leggermente in alto a destra.
Marchetto correva. Udì lo schiocco secco del moschetto e la pallottola sibilare al fianco.
L’angolo con la via laterale scivolò lontano insieme alla speranza di raggiungere incolume la salvezza. Non si voltò, proseguì la corsa. Non sentì più nulla. Né le grida dei soldati, né le rondini nel cielo, né i suoi stessi passi.
Il soldato abbassò il fucile, osservando il ragazzo che continuava a correre, come se nulla fosse stato, come se il colpo esploso appartenesse a un sogno, un sogno bizzarro, dove a comandare non erano le leggi della fisica ma quelle riflesse nell’imprevedibile fantasia sciolta dal sonno. Non avrebbe mai immaginato di poter mancare quel bersaglio così vicino.
Marchetto voltò l’angolo a sinistra, dopo pochi metri un secondo verso destra e subito ancora a sinistra. Il viottolo costeggiava le ultime case del castello, in lieve discesa. A destra le mura fortemente inclinate scemavano verso il basso, tanto che, dopo pochi metri, saltò oltre.
Si ritrovò a scendere lungo l’irto e scoperto pendio, verso i campi, in direzione di Castel di Lago.
Si voltò indietro senza smettere di correre. Dei sodati nessuna traccia. Forse avevano desistito dall’inseguirlo, magari pensando che la lezione gli fosse bastata. D'altronde era soltanto un ragazzo e poi: cosa aveva fatto di così grave?
Se ne stava seduto fra le campane, pronto a suonarle all’arrivo dei francesi, come già aveva fatto altre volte. L’efficacia era assoluta, più di cento fischi o urla. Tutti, nel raggio di un chilometro, sentivano lo scampanare scomposto di Marchetto e capivano che i francesi erano alle porte. I renitenti alla leva potevano così darsi per tempo alla macchia ed evitare l’arruolamento coattivo.
Arrivò alla strada che dava accesso agli orti e che girava attorno allo scoglio su cui sorgeva il castello.
Una sottile colonna di polvere si alzò dal terreno, seguita dallo schiocco secco di una pallottola. Dalla parte del fiume, correvano lungo la strada, verso di lui, due