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Missione UM-1
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Missione UM-1

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Anno 1492 della Seconda Era delle Nazioni (SEN). L'umanità sta vivendo il suo più lungo periodo di pace. Le violente guerre che scatenarono la fine dell'era delle macchine e i rigurgiti oscurantisti del successivo Grande Buio sono solo un ricordo lontano.

La civiltà della SEN vive ora sotto un'unica bandiera mondiale. Per proteggere il popolo dal ripetersi degli errori del passato, l'intera società e le leggi che la regolano si fondano su tre principi basilari, gli inviolabili Cerchi:

La terra, l'acqua e gli esseri viventi appartengono alla Terra

Le tue azioni sono le azioni di tutti

Oggi è il frutto di ieri e il seme di domani

Ma la tranquillità e la pace della SEN tremano di fronte ad un evento destinato a stravolgere per sempre la storia dell'umanità: in una notte d'Aprile una giovane e sognatrice astrofisica rileva cinquantuno cosmonavi ai bordi del sistema solare. Destinazione: Terra.

Quali sono le intenzioni dei visitatori? Sono pacifici esploratori o terribili conquistatori? Nei tre mesi di attesa all'inevitabile arrivo, queste e altre angosciose domande terranno sulle spine un intero pianeta.

E lo sbarco rievocherà gli antichi spettri del passato, riportando sulla Terra una civiltà basata sulla forza e il progresso. Una civiltà del tutto identica a quella tanto odiata che oltre due millenni prima portò i terrestri ad un passo dall'estinzione.
LanguageItaliano
PublisherAkshar
Release dateFeb 29, 2016
ISBN9788892560390
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    Missione UM-1 - Akshar

    Akshar

    La terra, l'acqua e gli esseri viventi appartengono alla Terra

    Le tue azioni sono le azioni di tutti

    Oggi è il frutto di ieri e il seme di domani

    1. L'avvistamento

    La notte del 12 aprile del 1492 SEN (Seconda Era delle Nazioni), Ralin Khalan si trovava all'osservatorio astronomico di Torlin, per studiare le tempeste magnetiche di Giove, particolarmente intense in quel periodo dell'anno. I dati raccolti in quel turno le avrebbero fornito il materiale sufficiente per concludere la sua tesi di dottorato. Ed era proprio questo il motivo che la rendeva felice, tanto che, mentre l'EPD rigurgitava valanghe di dati sulle emissioni ciclotroniche del gigante gassoso, canticchiava gioiosa i motivetti diffusi dalla radio sulla sua scrivania.

    Ralin era sola al planetario: Bendir, che solitamente condivideva con lei gli orari dei turni, aveva preferito riposarsi quella notte, avendo dovuto fare gli straordinari per la manutenzione alle antenne dell'alta frequenza.

    La completa libertà di cui godeva in quella situazione, spinse Ralin a prendersi una pausa per osservare con il telescopio manuale le profondità della Galassia. La procedura di sicurezza prevedeva infatti che almeno un operatore abilitato seguisse le scansioni dei rilevatori di flussi ciclotronici (gli EPD, appunto), in modo da intervenire tempestivamente e preservare un macchinario così delicato e costoso in caso di surriscaldamento o malfunzionamenti. Ma quella sera all'osservatorio non c'era nessuno a controllare, e Ralin era sicura che nemmeno quella volta l'EPD avrebbe avuto comportamenti anomali, tali da richiedere un suo immediato intervento.

    Entrò quindi nella stanza del telescopio manuale e, dopo una breve consultazione ai carteggi della libreria, puntò l'occhio di vetro in direzione di Plutone. Raccolse i lunghi riccioli mori sulla nuca, in modo che non le dessero fastidio, aggiustò la messa a fuoco del telescopio, e si godette lo spettacolo. Quella notte, Plutone risplendeva di una sfumatura azzurrina, che lo rendeva incredibilmente affascinante.

    Ralin iniziò a fantasticare su viaggi verso mete sperdute nei meandri più nascosti della Galassia, a bordo di gigantesche cosmonavi. Le capitava spesso, osservando le stelle, di diventare l'eroina di uno dei tanti romanzi di fantascienza che leggeva per combattere la noia nei lunghi turni notturni all'osservatorio astronomico. Non era un passatempo ben visto dagli altri membri dell'osservatorio perché le storie di fantascienza, ambientate nell'Era delle Macchine, erano considerate un'esaltazione del terribile uso della tecnologia fatto nei secoli passati. E quindi un rinnegamento dei principi della SEN. Ralin perciò si immergeva nei suoi romanzi solo durante le pause dei turni notturni, sicura del fatto che almeno Bendir non l'avrebbe giudicata in alcun modo.

    La ragazza, rimirando il profilo di Plutone uscire dall'oblò della sua nave, era in procinto di impostare i parametri per il salto iperspaziale, quando un evento inaspettato la fece tornare alla realtà: le parve infatti di aver intravisto una piccola luce lampeggiare nell'oscurità dello spazio. Non poteva essere, pensò, era sicuramente frutto della sua immaginazione. Incuriosita, spostò di qualche grado l'obiettivo, mettendo a fuoco le lenti nella zona incriminata. Ingrandendo l'immagine però, l'unica luce a popolare l'oculare era una stella lontana. Ma proprio quando stava per puntare nuovamente il telescopio su Plutone, ecco un secondo luccichio comparire, proprio vicino alla stella che stava osservando.

    La giovane astrofisica ebbe un sussulto di sorpresa. Quindi non me lo ero immaginata, l'avevo visto davvero. pensò, ma decise di non perdere altro tempo a fantasticare sui fenomeni luminosi dell'universo, e ritornò al suo lavoro, ossia controllare l'analizzatore di flussi ciclotronici che aveva abbandonato pochi minuti prima. Provò a focalizzare la sua attenzione sui dati che i macchinari stavano elaborando, ma la mente continuava insistentemente a ritornare ai bagliori osservati al telescopio. Era più forte di lei, il sospetto che potesse essere una luce artificiale continuava a pulsarle in testa inesorabile.

    «Che stupida che sei Ralin», si ammonì la giovane «leggi troppi romanzi di fantascienza, e adesso finisci per immaginare cose assurde. Ha proprio ragione il direttore Makal, quando ti rimprovera.» E imitando il timbro profondo del suo superiore, aggiunse a voce alta: «Ralin, faresti meglio a leggere i libri di storia anziché quelle baggianate, così scopriresti che la corsa alla tecnologia, duemila anni fa, provocò la peggiore guerra mai vista, e non fantastiche avventure tra le stelle.»

    I dubbi però persistettero, e tutta la sua attenzione era ormai completamente assorbita da quelle due piccole luci lampeggianti agli estremi confini del sistema solare, mentre l'EPD continuava imperterrito a fornire informazioni sulle tempeste magnetiche di Giove.

    Per la prima volta nella sua vita, Ralin fece una cosa che qualunque persona di buon senso non avrebbe mai neanche pensato, e che per sua natura le era totalmente estranea: andare deliberatamente contro una regola. La Seconda Era delle Nazioni, infatti, nacque dalle ceneri della disastrosa anarchia succeduta al crollo della cosiddetta Era delle Macchine, antica civiltà in cui il potere e il benessere erano nelle mani di pochi eletti. Per evitare il caos indiscriminato e le disparità sociali del passato, i Fondatori della Seconda Era stabilirono il sacro principio di inviolabilità delle leggi: il fatto stesso che una persona violasse le regole, specie se deliberatamente, era moralmente più grave dei danni provocati dalla violazione stessa.

    Mentre stava camminando spedita verso la sala del telescopio automatico, disse a voce alta, come per volersi togliere un senso di colpa: «Questa notte mi hanno lasciata sola al planetario, dunque non posso attendere che un responsabile autorizzi l'utilizzo dei telescopi. Già, se quello che sospetto è vero, proprio non posso. Speriamo solo di riuscire a finire tutto prima che arrivi Makal».

    Invasa da un'eccitazione ed una foga mai provate prima, attivò lo strumento, augurandosi che il suo collega Bendir non avesse lasciato qualche lavoro di manutenzione in sospeso. Ormai in preda all'agitazione, inserì le coordinate di Plutone, e poi calibrò manualmente la posizione fino al punto voluto. Annotò le coordinate sul suo taccuino e infine impostò la scansione dello strumento dallo spettro dell'infrarosso fino ai raggi cosmici. L'impazienza aveva preso il sopravvento, perciò non si limitò a starsene seduta sulla sedia attendendo le scansioni della strumentazione, ma spalmò zigomo e sopracciglio sull'oculare del telescopio, con la speranza di poter vedere nuovamente dei bagliori nell'oscurità.

    Fu accontentata, e con una regolarità sorprendente: ogni sessanta secondi esatti, una nuova effimera luce si accendeva all'interno dell'area puntata dal telescopio, per poi ritornare fredda oscurità in un batter di ciglia. In Ralin il nervosismo scemò minuto dopo minuto, giacché le sue supposizioni stavano prendendo lentamente corpo. Ad ulteriore conferma, vennero dopo pochi minuti i primi risultati delle analisi spettrografiche: la strumentazione rilevò una non meglio identificata massa situata a circa una decina di miliardi di chilometri fuori dal sistema solare. Con rinnovato autocontrollo, Ralin salvò i dati della scansione e ne fece partire una seconda, allo scopo di affinare i risultati ottenuti.

    Ad ogni scansione la risoluzione dei dati forniti dallo spettrografo era sempre maggiore, e si delinearono i profili di alcune decine di corpuscoli. Procedette in modo scientifico per circa un'ora, raccogliendo scansioni sempre più accurate e confrontandole con le precedenti. Continuò anche quando la situazione si era già fatta chiara: cinquantuno oggetti metallici erano letteralmente apparsi al di fuori del sistema solare.

    Il tempo volò in fretta, senza che Ralin se ne rendesse conto, troppo concentrata nel nuovo lavoro di analisi che stava svolgendo di sua spontanea iniziativa. Mancava poco all'alba quando il direttore dell'osservatorio astronomico Skunde Makal, arrivato con leggero anticipo rispetto all'inizio del suo turno, interruppe bruscamente i ragionamenti di Ralin, entrando adirato nella sala del telescopio: «Khalan, spero che lei abbia una buona ragione per violare ben due norme del regolamento interno, lasciando acceso un macchinario incustodito, ed utilizzando senza permesso un dispositivo in manutenzione.»

    «Professor Makal» disse seria la dottoranda, come se non avesse sentito il suo docente «posso cambiare argomento della mia tesi?»

    2. Il Consiglio Interfederale

    La sala del Consiglio Interfederale era gremita. Qin Galad, il presidente in carica del Consiglio Interfederale, fu come di consueto il primo ad arrivare. Data l'importanza della riunione straordinaria però, nemmeno i ministri e i consiglieri delle Cinque Federazioni si fecero attendere. Paradossalmente, gli unici mancanti erano gli scienziati degli osservatori di Torlin e Magharad, ossia coloro che avrebbero dovuto aprire i lavori dell'assemblea, annunciando la conferma dell'avvistamento.

    Finalmente, dai proiettori per le oloconferenze, si materializzarono le figure degli astronomi, ed i lavori ebbero inizio. Qin Galad, con l'autorevolezza che lo contraddistingueva in tutti i discorsi al pubblico, fece una breve introduzione spiegando il motivo della seduta straordinaria, e presentando gli ospiti all'assemblea. Cedette quindi la parola alla madre della scoperta, ossia Ralin Khalan. La giovane, inizialmente intimorita dalla platea a cui doveva parlare, tentò di presentarsi al pubblico, ma ne uscì un borbotto indecifrabile. Incalzata dal Presidente a continuare, prese il coraggio a due mani, ed espose con sicurezza crescente il resoconto che aveva preparato:

    «Come accennava poc'anzi il Presidente, questa notte, a seguito di un avvistamento casuale di bagliori intermittenti nelle profondità dello spazio, ho scansionato la zona, rilevando cinquantuno oggetti metallici, che si stanno spostando in direzione del nostro sistema solare. Al momento del primo avvistamento, posso stimare la loro velocità pari a circa un decimo della velocità della luce. Dai rilievi successivi eseguiti con il professor Makal, direttore dell'osservatorio di Torlin, abbiamo constatato che l'andatura è progressivamente diminuita, fino ad assestarsi a circa settecentocinquanta chilometri al secondo. Nel momento in cui gli oggetti non identificati sono usciti dal nostro orizzonte - circa le 6 di stamani - erano in procinto di entrare nel sistema solare. Passo ora la parola alla mia collega dell'osservatorio di Magharad, per i dettagli su quanto accaduto da allora ad adesso.»

    Eriya Dorai, direttrice dell'istituto scientifico di Magharad, schiarì la voce, quindi espose il suo rapporto: «Vorrei innanzitutto ringraziare la dottoressa Khalan, che con la sua tempestiva comunicazione ci ha permesso di impostare i telescopi e gli spettrografi prima che gli oggetti entrassero nel nostro orizzonte visivo. In questo modo abbiamo potuto continuare la tracciatura della traiettoria degli oggetti, senza introdurre interruzioni nelle misurazioni. Detto questo, confermo sia la velocità di crociera - ora costante - sia la direzione dello sciame. Se non dovessero esserci cambiamenti di rotta, gli oggetti non identificati incrocerebbero l'orbita di Marte tra circa novanta giorni.»

    L'intera sala tacque qualche istante, poi Qin Galad si prese la responsabilità di esporre il quesito che tutti i presenti all'assemblea volevano porre: «Cosa sapete dirci sulla natura di questi oggetti?»

    Ralin, istintivamente, disse: «Non naturale.»

    All'udire queste parole, l'intero Consiglio cadde in un pacato silenzio, che provocò non poco imbarazzo nella dottoranda. Nonostante fosse comodamente seduta nella sala conferenze dell'osservatorio di Torlin, Ralin ebbe l'impressione che gli sguardi dei Consiglieri, proiettati in tre dimensioni al centro della stanza, fossero tutti rivolti a lei. Per uscire dalla situazione di disagio, la giovane proseguì dicendo: «Quello che voglio dire è che nessun asteroide varia la sua velocità in questo modo, almeno non naturalmente. Considerando le dimensioni stimate degli oggetti e la loro composizione metallica, potremmo ipotizzare che siano degli oggetti artificiali. Delle cosmonavi.»

    La compostezza dei partecipanti alla riunione ebbe un sussulto, e si alzò rapidamente un brusio tra le parti sedute alla grande tavola rotonda di legno laccato. Ancora una volta, Qin Galad fece valere il suo ruolo, ed alzando la voce quel tanto che bastava a sovrastare i bisbigli di sottofondo, riprese la parola:

    «Manteniamo la calma per cortesia. Ormai è evidente a tutti il calibro della scoperta: non siamo soli nell'universo, e una civiltà aliena sta dirigendosi con tutta probabilità verso il nostro pianeta. Questo non significa sistematicamente che le loro intenzioni siano malvagie. Anzi, essendo un popolo evidentemente più sviluppato del nostro, non è improbabile che essi stiano semplicemente cercando un contatto interculturale con noi.»

    «Quello che lei dice è ciò a cui noi tutti auspichiamo» intervenne bruscamente Ezhar Mordeg, rappresentante della Federazione Europea. «Ciononostante il suo ragionamento può applicarsi solo alla nostra civiltà moderna. Noi non conosciamo nulla di questa razza aliena che sta giungendo a noi, e per quanto ne sappiamo potrebbero essere un popolo bellicoso dedito alla conquista ed alla schiavizzazione. L'umanità stessa, fino al buio che ha preceduto la nascita della Seconda Era delle Nazioni, era guerrafondaia e animata da odio e violenza.»

    Ezhar Mordeg era rinomata per la sua franchezza, a volte considerata perfino inopportuna. I lunghi capelli argentati, e

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